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Guardate che capovolgimento! In una concezione sentimentale della fede è la forza del sentimento, è la «volontà di verità» - siamo messi male! - che crea il suo oggetto. Come aveva scritto uno studente di sinistra sotto un volantino dei nostri amici universitari: «Questo che voi dite è una evidenza o un credo?». Tante volte per noi non è conoscenza vera, ma è un credo: la fede apparterrebbe a un credere che non ha nulla a che vedere con il conoscere, con l'uso della ragione. Esattamente la prima obiezione che si è sentito rivolgere don Giussani nella prima ora di religione! Altro che fede come metodo di conoscenza! E questo succede dopo un anno di Scuola di comunità sulla fede! Allora quando si parla di Cristo, dell'oggetto della fede, non si parla di realtà, dunque non è coinvolta la ragione, e per questo non ci viene in mente per affrontare la sfida della vita. Il contenuto della fede non lo riteniamo reale: la fede è ridotta a sentimento.
e) Riduzione del cristianesimo a etica o cultura
E, infine, la terza riduzione della fede a etica. Quello che resta sono alcuni valori della cultura cristiana o qualche regola dell'etica cristiana. Ci siamo sorpresi tante volte quest'anno a difendere questi valori, ma senza il bisogno di parlare di Lui, della Presenza riconosciuta e amata. Si difende la vita, ma chi di noi riuscirebbe a stare davanti a un dramma come quello di Eluana soltanto difendendo la vita? Chi di noi, se non ci fosse la compagnia di Uno presente, riconosciuto e amato? Se non ci fosse la "carezza del Nazareno", chi sarebbe in grado di stare davanti a un dramma così?! Se non c'è questa Presenza, crolliamo noi per primi. Noi respiriamo - dentro e fuori della Chiesa - questa riduzione, la fede ridotta a una determinata visione del mondo e della vita, a una morale o a un insieme di valori che, come tale, può essere stimata o combattuta: c'è chi, come i cristiani o certi laici, la sostiene, e chi la combatte in nome del principio di autodeterminazione radicale dell'individuo. Il cristianesimo dei valori è una tentazione a cui noi non siamo estranei. E ciò che don Giussani denunciava già nel 1982, quando ai responsabili degli universitari amaramente diceva che «è come se il movimento di Comunione e Liberazione, dal '70 in poi, avesse lavorato, costruito e lottato sui valori che Cristo ha portato, mentre il fatto di Cristo [...] "fosse rimasto parallelo"». Ma un cristianesimo così è insufficiente a sostenere la vita, e appena la vita si complica, l’incertezza prende il sopravvento. 19 (continua) |