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Giovanni Crisostomo De sacerdotio

Ultimo Aggiornamento: 14/09/2009 15:27
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14/09/2009 08:44

Difficile compito dell’amministrare la giustizia con imparzialità.
Pericoli che possono presentarsi al vescovo per la suscettibilità delle varie classi di persone a cui deve usare cortesia.


XVII. La parte poi che riguarda i giudizi arreca infiniti pesi, grande fatica e tali difficoltà, quali non incontrano neppure i giudici dei tribunali civili. Ché difficile é trovare il giusto, e che colui che lo trova non lo corrompa. Né solamente fatica e difficoltà, ma vi si incontra pure non lieve pericolo; già taluni dei più deboli essendo stati coinvolti in processi, né trovando protezione, finirono per naufragare nella fede. Poiché molti offesi non meno degli offensori detestano chi non li soccorre, e non vogliono considerare né l’intricatezza delle questioni, né la tristezza delle circostanze, né la dignità ecclesiastica: sono giudici inesorabili che conoscono una sola difesa, cioè la liberazione dai malanni da cui sono oppressi; chi non é in grado di loro fornirla, anche se adduca mille ragioni non sfuggirà in alcun modo alla loro condanna. E poiché ho parlato di protezione, ti svelerò un altro motivo di biasimi: se colui che occupa la carica episcopale non va ogni giorno in giro per le case come un vagabondo, ne vengono indicibili malcontenti. Non solo gli ammalati, ma anche i sani vogliono esser visitati, indotti a ciò non da riverenza, ma piuttosto per pretesa d’onore e di considerazione.

Che se per l’urgenza di qualche bisogno e a vantaggio della comunità ecclesiastica gli accada di visitare più assiduamente alcuno dei più ricchi e potenti, subito gliene verrà taccia di servilismo e di adulazione. Ma che parlo io di protezione e di visite? anche solo dal modo di salutare sopportano tal peso di accuse da esserne sovente oppressi e abbattuti per lo scoraggiamento; persino degli sguardi hanno da rendere ragione; molti poi sottopongono a rigoroso esame ciò che quelli fanno ingenuamente, indagano sul tono della voce, sull’espressione degli occhi, sulla misura del sorriso: "al tale, dicono, ha rivolto il discorso con sorriso marcato, con aspetto giulivo e voce sonora; a me invece guardò poco e trascuratamente"; e se quando parla e molti stanno seduti insieme con lui, non porta l’occhio in giro da ogni lato, una parte di loro se ne adonterà come d’un insulto.

Chi dunque se non assai forte, potrà resistere a tali accusatori sia per sfuggire a ogni loro imputazione, sia per purgarsene dopo che gli fu inflitta? per vero bisognerebbe non aver affatto accusatori; ma se ciò é impossibile, almeno bisognerebbe poter liberarsi dalle loro accuse; che se anche ciò torna difficile e taluni si dilettano nel muovere querele, allora bisogna resistere fortemente all’abbattimento che ne deriva. Più facilmente sopporterebbe l’accusatore chi fosse incolpato per giusto motivo; ché non essendovi giudice più fiero della coscienza, quando siamo sopraffatti da questo che é più terribile, sopportiamo più facilmente quelli esterni che sono più benigni. Ma colui che non ha a rimproverarsi alcuna colpa, qualora venga accusato senza cagione si eccita tosto a sdegno e si abbatte facilmente nello scoraggiamento, se prima non si sia esercitato a sopportare le noie del volgo; ché non é possibile che uno falsamente accusato e condannato non si conturbi e non soffra qualche cosa per tanta iniquità.

Ma chi direbbe poi le afflizioni che debbono soffrire quando sia necessario espellere qualcuno dalla comunità ecclesiastica? e fosse pure che il male consistesse solo nell’afflizione l ma v’è anche non poca rovina; poiché v’è timore che punito oltre i giusti limiti quegli patisca ciò che fu detto dal beato Paolo, e venga assorbito da eccessivo dolore. Onde anche qui occorre gran diligenza affinché un mezzo di giovamento non diventi per lui occasione di un danno maggiore. Come un medico che non avesse inciso convenientemente la ferita, egli subirà in comune l’ira di Dio, eccitata da ciascuna delle colpe che quegli commetterà dopo una simile cura.

Or quali punizioni dovrà attendersi, quando uno non deve solo rendere ragione delle mancanze da lui commesse, ma trovasi esposto a estremo pericolo anche per i falli altrui? Che se dovendo dar conto delle nostre proprie mancanze noi paventiamo di non poter sfuggire a quel fuoco, che cosa dovrà aspettarsi di soffrire chi avrà a difendersi da tante colpe? Che poi ciò sia vero, odi il beato Paolo che lo dice, o piuttosto non lui ma Cristo che in lui parla: Ubbidite ai vostri capi e assoggettatevi a loro perché essi vegliano sulle anime vostre come quelli che hanno da renderne conto. È questo dunque un lieve timore? non è possibile affermarlo.

Ma tutte queste cose bastano per convincere anche i più increduli c ‘restii, che io ho deciso quella fuga non perché accecato da arroganza e vanagloria, ma solo perché temevo di me stesso e per riguardo alla maestà dell’ufficio.


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