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Giovanni Crisostomo De sacerdotio

Ultimo Aggiornamento: 14/09/2009 15:27
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14/09/2009 15:21

La vita solitaria non porge molte occasioni di provare la virtù.

V. Pertanto non ci dovrebbe destare un’ammirazione esageratamente grande il monaco, che standosene solo non soffre turbamenti né commette grandi e numerose colpe: egli non ha le occasioni che stimolano e risvegliano l’anima. Invece, quando uno dedicandosi a intere moltitudini e costretto a sopportare i disordini di tutti, sa mantenersi diritto e forte, guidando l’anima fra le tempeste come se fosse in bonaccia, questi sarebbe degno d’essere acclamato e ammirato da tutti, ché ha offerto una prova sufficiente della sua fortezza. Non devi pertanto meravigliarti se io, fuggendo i ritrovi e le compagnie numerose, non vado incontro a molti biasimi, come non sarebbe degno di ammirazione che io dormendo evitassi le colpe, o fuggendo la lotta non m’occorresse di cadere, o astenendomi dal combattere non fossi vinto. Ma chi, dimmi, chi può denunziare e smascherare la mia perversità? questo tetto e questa cella? ma essi non sanno articolare parola. O forse mia madre che più d’ogni altro conosce le mie tendenze? ma fra me e lei non c’è nulla di comune né mai siamo venuti a qualche contrasto, e se anche ciò fosse avvenuto, non c’è madre tanto disamorata e ostile verso la sua prole, da accusare e perseguitare in faccia a tutti senza che alcun motivo ne la costringa, quello che essa ha generato, partorito ed allevato. E tu pure, che più di tutti sei solito a levarmi a cielo con lodi presso chiunque, non ignori che se si sottoponesse a rigorosa prova l’anima mia, la si troverebbe in molte parti viziata; se vuoi persuaderti che io non parlo così per modestia, ricordati quante volte, discorrendosi fra noi di tali faccende, ebbi a dirti che se mi si proponesse di significare in quale condizione vorrei ottenere lode, se nel governo della Chiesa oppure nella vita monastica, io avrei dato coi pieni voti la preferenza alla prima. Né mai ho cessato di esaltare [parlando] con te quelli che sapevano egregiamente disimpegnare quel ministero: or dunque nessuno potrebbe negare che io non avrei fuggito quell’[ufficio] che tanto ammiravo, se ne fossi stato all’altezza. Ma che? nulla é più dannoso nel governo della Chiesa, di questa certa inerzia e trascuratezza, che altri stimano una specie d’ascesi, mentre io penso ch’ella non sia altro se non un velarne della mia propria inettitudine, col quale io posso celare la maggior parte delle mie mancanze, impedendo che siano conosciute. Chi é avvezzo a godere di questa inoperosità e vivere in grande quiete, anche se é dotato di grandi qualità viene conturbato e disorientato dall’inerzia, e la mancanza d’esercizio tronca una parte non piccola delle sue energie: che se poi oltre al tenersi lontano da tali cimenti, é anche di carattere indolente, come appunto é il caso mio, qualora abbia assunto questo ministero non farà più di quanto farebbe una statua di marmo. Ecco la ragione per cui anche di quanti vengono da quel genere di palestra a questi cimenti, pochi ottengono buon esito; la maggior parte di loro vanno incontro al comune biasimo, perdono le staffe e soggiacciono a vicende disgustose e tristi; e nulla di straordinario in questo, che quando gli esercizi e le palestre non sono proporzionati allo stesso genere di cimenti, per nulla differisce uno che sia allenato, da un altro che non sia tale. Infatti colui che scende in questo stadio deve spregiare la gloria, dominare l’irascibilità ed essere pieno di grande prudenza; ora chi preferisce la solitudine non ha occasione di esercitarsi in queste virtù, perché non ha molti che lo molestino, onde sia condotto a reprimere l’impeto dell’animo; non ha ammiratori né acclamatori che lo ammaestrino a tenere a vile gli applausi della moltitudine; né d’altra parte possono [i monaci] darsi piena ragione della grande prudenza che si richiede nel ministero ecclesiastico. Pertanto, quando essi vengono al cimento di lotte delle quali non hanno curato l’esercizio, si turbano, danno nelle vertigini, sono ridotti all’impotenza, e accade spesso che molti, oltre che non ne acquistano, vi perdono anche le virtù che prima possedevano.

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