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Pascendi Dominicis Gregis e Il Giuramento Antimodernista

Ultimo Aggiornamento: 27/09/2009 07:21
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27/09/2009 07:20

IL GIURAMENTO ANTIMODERNISTA

Acta Apostolicæ Sedis, 1910, pp. 669-672

IO (NOME). fermamente accetto e credo in tutte e in ciascuna delle verità definite, affermate e dichiarate dal magistero infallibile della Chiesa, soprattutto quei principi dottrinali che contraddicono direttamente gli errori del tempo presente.
Primo: credo che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza e può anche essere dimostrato con i lumi della ragione naturale nelle opere da lui compiute (cf Rm 1,20), cioè nelle creature visibili, come causa dai suoi
effetti.

Secondo: ammetto e riconosco le prove esteriori della rivelazione, cioè gli interventi divini, e soprattutto i miracoli e le profezie, come segni certissimi dell'origine soprannaturale della religione cristiana, e li ritengo perfettamente adatti a tutti gli uomini di tutti i tempi, compreso quello in cui viviamo.

Terzo: con la stessa fede incrollabile credo che la Chiesa, custode e maestra del verbo rivelato, è stata istituita immediatamente e direttamente da Cristo stesso vero e storico mentre viveva fra noi, e che è stata edificata su Pietro, capo della gerarchia ecclesiastica, e sui suoi successori attraverso i secoli.

Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli apostoli tramite i padri ortodossi, sempre con lo stesso senso e uguale contenuto, e respingo del tutto la fantasiosa eresia dell'evoluzione dei dogmi da un significato all'altro, diverso da quello che prima la Chiesa professava; condanno similmente ogni errore che pretende sostituire il deposito divino, affidato da Cristo alla Chiesa perché lo custodisse fedelmente, con una ipotesi filosofica o una creazione della coscienza che si è andata lentamente formando mediante sforzi umani e continua a perfezionarsi con un progresso indefinito.

Quinto: sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall'oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell'intelletto a una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, creatore e signore nostro, ha detto, attestato e rivelato.

Mi sottometto anche con il dovuto rispetto e di tutto cuore aderisco a tutte le condanne, dichiarazioni e prescrizioni dell'enciclica Pascendi e del decreto Lamentabili, particolarmente circa la cosiddetta storia dei dogmi.

Riprovo altresì l'errore di chi sostiene che la fede proposta dalla Chiesa può essere contraria alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso che oggi viene loro attribuito, sono inconciliabili con le reali origini della religione cristiana.

Disapprovo pure e respingo l'opinione di chi pensa che l'uomo cristiano più istruito si riveste della doppia personalità del credente e dello storico, come se allo storico fosse lecito difendere tesi che contraddicono alla fede del credente o fissare delle premesse dalle quali si conclude che i dogmi sono falsi o dubbi, purché non siano positivamente negati.

Condanno parimenti quel sistema di giudicare e di interpretare la sacra Scrittura che, disdegnando la tradizione della Chiesa, l'analogia della fede e le norme della Sede apostolica, ricorre al metodo dei razionalisti e con non minore disinvoltura che audacia applica la critica testuale come regola unica e suprema.

Rifiuto inoltre la sentenza di chi ritiene che l'insegnamento di discipline storico-teologiche o chi ne tratta per iscritto deve inizialmente prescindere da ogni idea preconcetta sia sull'origine soprannaturale della tradizione cattolica sia dell'aiuto promesso da Dio per la perenne salvaguardia delle singole verità rivelate, e poi interpretare i testi patristici solo su basi scientifiche, estromettendo ogni autorità religiosa e con la stessa autonomia critica ammessa per l'esame di qualsiasi altro documento profano.

Mi dichiaro infine del tutto estraneo ad ogni errore dei modernisti, secondo cui nella sacra tradizione non c'è niente di divino o peggio ancora lo ammettono ma in senso panteistico, riducendolo ad un evento puro e semplice analogo a quelli ricorrenti nella storia, per cui gli uomini con il proprio impegno, l'abilità e l'ingegno prolungano nelle età posteriori la scuola inaugurata da Cristo e dagli apostoli.

Mantengo pertanto e fino all'ultimo respiro manterrò la fede dei padri nel carisma certo della verità, che è stato, è e sempre sarà nella successione dell'episcopato agli apostoli (1), non perché si assuma quel che sembra migliore e più consono alla cultura propria e particolare di ogni epoca, ma perché la verità assoluta e immutabile predicata in principio dagli apostoli non sia mai creduta in modo diverso né in altro modo intesa (2).

Mi impegno ad osservare tutto questo fedelmente, integralmente e sinceramente e di custodirlo inviolabilmente senza mai discostarmene né nell'insegnamento né in nessun genere di discorsi o di scritti. Così prometto, così giuro, così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.



Note:

1 Ireneo, Adversus haereses, 4, 26, 2: PG 7, 1053.
2 Tertulliano, De praescriptione haereticorum, 28: PL 2, 40.



san Pio X


Per quanto non si usi più fare questo giuramento, esso NON potrà mai essere "abolito", entrato nella storia del Magistero della Chiesa nè è diventato parte integrante e, come dice san Paolo, parte di quel DEPOSITO DELLA FEDE che accresce la nostra sana Tradizione...


“Pascendi Dominici Gregis”: l’attualità dell’antimodernismo di san Pio X


Storici e teologi a convegno per il centenario dell’enciclica


Di Luca Marcolivio

ROMA, giovedì, 29 novembre 2007 (ZENIT.org).- L’enciclica Pascendi Dominici Gregis compie cent’anni ma rimane attualissima. Se ne è parlato in un convegno tenutosi martedì sera presso la Pontificia Università San Tommaso.

Pascendi Dominici gregis - Lettera Enciclica - 8 settembre 1907
www.totustuus.biz/users/magistero/p10pasce.htm

Gli aspetti eminentemente storici dell’enciclica sono stati esposti da Roberto de Mattei, docente di Storia del cristianesimo all’Università di Cassino e all’Università Europea di Roma. “L’elezione di Papa Pio X nel 1903 – ha esordito il professor de Mattei – fu, in primo luogo, un fatto inaspettato, $risultando favorito, in quel conclave, il cardinal Rampolla”.

De Mattei ha poi illustrato lo sfondo storico-culturale di quegli anni: “L’inizio del secolo XX si caratterizza per una grande accelerazione del progresso tecnologico e sociale. Modernismo e progressismo sono le parole chiave del pensiero dell’epoca che inizia a permeare il mondo cattolico, anche grazie a notevoli mezzi finanziari”.

“In queste circostanze la salita al soglio pontificio del Cardinal Giuseppe Sarto, con il nome di Pio X – ha proseguito lo storico – ruppe certe dinamiche interne alla Chiesa stessa. Egli era un uomo di autentica pietà e assoluta ortodossia, dotato di grandi capacità pastorali, ma poco incline alla diplomazia e al compromesso”.

“Lavorando in stretta simbiosi con il Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Merry Del Val – ha spiegato De Mattei – si circondò di pochi e fidati collaboratori in ambito curiale, attirandosi notevoli ostilità da parte di una grossa fetta del mondo cattolico”.

“Sin dai primi anni del pontificato lavorò a quattro importanti obiettivi: il nuovo Catechismo; il nuovo Codice di Diritto Canonico; l’incoraggiamento dei fedeli a una comunione frequente; la lotta al modernismo. Quest’ultimo punto ebbe uno sviluppo significativo con la pubblicazione del decreto Lamentabili, una sorta di nuovo Sillabo nel quale citava 65 errori delle nuove dottrine”.

“Di poco successiva è la Pascendi, pubblicata in un’epoca in cui il cattolicesimo aveva già, oltre ai nemici dichiarati, molti avversari occulti che operavano al suo interno – ha aggiunto – . Costoro, ovviamente erano i più subdoli e pericolosi, avendo una conoscenza diretta della Chiesa. Il loro obiettivo era quello di trasformare la Chiesa da dentro lasciandone intatto l’involucro strutturale”.

“La lotta al modernismo si concretizzò essenzialmente nei seguenti punti:

- un ritorno alla dottrina tomista;
- un maggiore controllo sui seminari con relativa sospensione di quei formatori che risultassero ‘infetti dal modernismo’;
- vagliare le pubblicazioni a stampa, proibendo le letture contro la morale;
- istituzione dei ‘censori ecclesiastici’;
- proibizione dei congressi per sacerdoti non autorizzati dai Vescovi;
- istituzione di ‘consigli di vigilanza’ per il clero;
- obbligo da parte dei Vescovi di riferire ogni quattro anni alla Santa Sede sul rispetto dei punti sopra elencati”.


“Con il decreto del 1° settembre 1907, il Papa impose il ‘giuramento antimodernista’: fu un colpo mortale a questa corrente di pensiero che, caduta nel dimenticatoio per oltre cinquant’anni, riemerse come un fiume carsico soltanto a cavallo del Concilio Vaticano II”, ha continuato.

“Fu in quegli anni che Jacques Maritain affermò: ‘il modernismo storico fu un modesto raffreddore da fieno, se paragonato all’attuale febbre modernista’. Pochi anni dopo, nel 1972, papa Paolo VI, lanciò il celebre allarme sul ‘fumo di satana’ ormai ‘entrato nel tempio di Dio’”.

“A distanza di un secolo – ha poi concluso de Mattei – la Pascendi Dominici Gregis con la sua condanna del modernismo quale ‘sintesi di tutte le eresie’ è ancora attualissima ed è auspicabile che i cattolici la riscoprano per contrastare il modernismo attuale, ben più nocivo di quello del passato, sia per i mezzi intellettuali più perfidi e sopraffini, sia perché ripete un errore che è stato già condannato”.

Di carattere filosofico è stata la relazione di Giovanni Turco, docente di Filosofia e Storia all’Università di Udine. “Con il modernismo – ha affermato – la storia, la religione e la ragione sono depotenziate: la storia diventa fenomeno del divenire e la religione sentimento religioso. Questo percorso impedisce di accogliere la fede autenticamente intesa come adesione alla rivelazione”.

“Le conseguenze più deteriori del modernismo – ha aggiunto il professor Turco – sono l’attribuzione di una medesimo valore a tutte le religioni, la riduzione della carità a filantropia, la riduzione della ragione a doxa (opinione) fino ad arrivare, in ultima analisi all’indifferentismo assiologico e all’agnosticismo. La ragione umana, al contrario, è capace di riconoscere i doveri dell’uomo verso Dio”.

“La strada da seguire è ben diversa e implica un ritorno alla metafisica, ovvero all’incontro libero e liberante tra l’intelligenza e la realtà, sulla scia di san Tommaso”, ha poi concluso.

È poi seguito il contributo di padre Giovanni Cavalcoli, OP, docente alla Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna. “Papa Pio X – ha sottolineato – non era un prelato dagli spiccatissimi interessi accademici. Era tuttavia un santo e, con grande spirito sovrannaturale, intuì quanto le dottrine moderniste erano ispirate dalla superbia del demonio”.

“Quanto al modernismo attuale – ha proseguito il religioso – esso compie l’errore di giudicare il tomismo e il magistero della Chiesa con criteri, per l’appunto, modernisti. In questa concezione della fede, l’uomo sente Dio come immanente o interno a sé; Dio si manifesta nel sentimento e nella coscienza, quindi non è trascendente”.

“Oggi il modernismo è ben più pervasivo di cent’anni, avendo contagiato anche una parte della Curia cardinalizia e dell’espiscopato. Il clero dovrebbe, al contrario, regolare il suo agire sulla base dell’umile affidamento a Cristo e al magistero, non certo sulla base del successo facile o del rispetto umano”, ha poi concluso.

La chiusura del convegno è stata affidata a monsignor Luigi Negri, Vescovo di San Marino e Montefeltro. Anche monsignor Negri ha accennato al problema dell’equivoco post-conciliare ricordando la condanna della “ermeneutica della discontinuità” da parte di Papa Benedetto XVI. “Un’ermeneutica che vede il Vaticano II come l’alba di una nuova chiesa”, ha commentato.

“San Pio X – ha affermato Negri – ha dimostrato come tutte quelle correnti vicine al razionalismo e al modernismo portano inevitabilmente all’ateismo. Esse rappresentano un impietoso tentativo di eliminare Dio dalla considerazione della vita e della società. Se si elimina il divino, l’uomo diventa oggetto di manipolazione in tutti i sensi”.

“I totalitarismi non sono stati ‘incidenti di percorso’ ma consapevoli e deliberate costruzioni di società senza Dio”, ha aggiunto il Vescovo.

“A tutto ciò si contrappone la Dottrina Sociale della Chiesa che, da circa un secolo e mezzo, pone al centro la dignità della persona umana, la priorità della famiglia, la libertà scolastica, secondo i principi della sussidiarietà che il modernismo nega, attribuendo allo Stato un ruolo privilegiato: non a caso il totalitarismo rimpiazzò l’Europa delle nazioni con l’Europa degli Stati”, ha ricordato.

“Oggi ci troviamo di fronte a una battaglia epocale tra una concezione autentica e una concezione razionalista e ‘massonica’ della Chiesa – ha proseguito il presule –. Parimenti c’è un ecumenismo giusto, quello che affianca al dialogo la missione e un ecumenismo ‘d’accatto’ che contrappone dialogo e missione”.

“All’inizio del secolo attuale, nell’anno giubilare è stata pubblicata la dichiarazione Dominus Jesus che indica chiaramente nella Chiesa la fonte della verità: auspichiamo che al pari del Sillabo e della Pascendi, la Dominus fra cento anni possa essere ricordato come il documento magisteriale che ha impedito la dissoluzione del cattolicesimo nel mondo”, ha poi concluso.
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