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la beatificazione di don Carlo Gnocchi

Ultimo Aggiornamento: 26/10/2009 18:09
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26/10/2009 18:01



A Milano la beatificazione di don Carlo Gnocchi

Un imprenditore della carità elevato agli onori dell'altare


Don Carlo Gnocchi:  un nome legato indissolubilmente alle opere di carità. Un prete autentico che ha messo in pratica gli insegnamenti evangelici offrendo aiuto e sostegno ai fratelli che erano nel bisogno. La sua figura "resta di grande attualità ancora oggi. Come profeta di speranza e come eroe della carità, egli continua a ispirare impegno e imitazione". Così ha tratteggiato la vita e l'opera di don Gnocchi l'arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, nel presiedere il rito della sua beatificazione. La cerimonia si è svolta in piazza del Duomo a Milano, domenica mattina 25 ottobre, alla presenza del cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo della diocesi ambrosiana, che ha presieduto l'Eucaristia.

"Don Carlo fu un eroe e un santo - ha proseguito il prefetto Amato - e il segreto dell'eroismo della sua santità fu il suo amore per Cristo:  "Solo Cristo - egli diceva - può essere principio di vita divina per l'uomo. Cristo fu per il nostro beato l'unica avventura della sua vita sacerdotale. Fu un prete tutto di Cristo, tutto della Chiesa, tutto del prossimo bisognoso e sofferente". Il presule lo ha definito "prete fino in fondo" e il suo ministero sacerdotale "fu il servizio ai giovani come educatore sapiente, come cappellano eroico, come benefattore generoso dei mutilatini. Il suo incontenibile entusiasmo apostolico era ancorato alla Provvidenza divina, da lui vista, come don Bosco, incarnata concretamente nelle persone buone e generose".

Don Gnocchi ebbe, infatti, ha aggiunto il prefetto, "un'energia creativa, una imprenditorialità tutta milanese nel trovare mezzi e persone per far crescere e prosperare quella che lui chiamava "la mia baracca". Era un vero imprenditore della carità".

Nell'omelia il cardinale Tettamanzi ha detto che è "nella ricerca del volto di Cristo impresso nel volto d'ogni uomo che don Carlo ha consumato la sua vita. Lo ha cercato in ogni soldato, in ogni alpino - ferito o morente -, in ogni bimbo violato dalla ferocia della guerra, in ogni mutilatino vittima innocente dell'odio, in ogni mulattino frutto della violenza perpetrata sull'innocenza della donna, in ogni poliomielitico piegato nel corpo dal mistero stesso del dolore".

È proprio qui il segreto dell'amore di don Carlo per l'uomo:  "La vivissima coscienza che nel cuore di ogni essere umano abita lo splendore del volto di Dio. Ma ogni cristiano è chiamato ad amare sino alla fine e senza paura ogni essere umano, sapendo che in tutti è l'impronta incancellabile del volto di Dio, di tutti Creatore e Padre".

"La seconda lettura - ha aggiunto il porporato - tratta dalla lettera di Paolo a Timoteo (1 Timoteo, 2, 1-5), ci rimanda ad un tratto caratteristico della carità di don Gnocchi. L'Apostolo raccomanda, in particolare, "che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio".

Don Carlo ha saputo coinvolgersi con dedizione entusiasta e disinteressata non solo nella vita della Chiesa, ma anche in quella della società. E lo ha fatto coltivando con grande intelligenza e vigore l'intimo legame tra la carità e la giustizia:  una carità che "tende le mani alla giustizia", egli diceva". "Noi - ha affermato il cardinale - possiamo continuare la sua opera chiedendo oggi alla giustizia di tendere le mani alla carità. Don Carlo è stato mirabile nell'operare una sintesi concreta di pensiero e di impresa, appellando alle diverse istituzioni pubbliche e insieme alle molteplici forme di volontariato, ponendo come criterio necessario e insuperabile la centralità della persona umana sempre onorata nell'inviolabilità della sua dignità e nella globalità unitaria delle sue dimensioni - fisiche, psichiche e spirituali -, insistendo sull'opera educativa e culturale come decisamente prioritaria per lo sviluppo autentico della società. Mai egli ha dimenticato il privilegio e comandamento evangelico del servizio agli "ultimi"".

Una menzione poi alla vocazione sacerdotale del nuovo beato:  "Ha vissuto la sua vocazione come impegno leale nel mondo - ha detto il porporato - senza sminuire, anzi arricchendo, il suo essere di sacerdote. Impegno nel mondo così come si presentava al suo tempo:  lontano dalle nostalgie del passato, calato cordialmente nel presente, aperto, profetico e anticipatore del futuro, mai nel segno del pessimismo o della paura. Egli era convinto che il tempo nel quale Dio lo aveva chiamato a vivere era il migliore possibile. Nell'opera Educazione del cuore scrisse:  "Amiamo di un amore geloso il nostro tempo, così grande e così avvilito, così ricco e così disperato, così dinamico e così dolorante, ma in ogni caso sempre sincero e appassionato. Se avessimo potuto scegliere il tempo della nostra vita e il campo della nostra lotta, avremmo scelto... il Novecento senza un istante di esitazione"".

Infine, il cardinale ha concluso ricordando le parole di don Gnocchi rivolte al mondo moderno, con le quali "augurava un tempo nuovo, un nuovo tipo di umanità; augurava la personalità cristiana, cioè "cristianesimo e cristiani attivi, ottimisti, sereni, concreti e profondamente umani; che guardano al mondo, non più come a un nemico da abbattere o da fuggire, ma come a un (figlio) prodigo da conquistare e redimere con l'amore". Sono parole preziose anche per noi:  amiamo il nostro tempo; impegniamoci nel nostro mondo; portiamo in tutti gli ambienti della nostra vita le speranze umane e la "speranza grande" che ci viene da Cristo, il vincitore della morte e di ogni male".



(©L'Osservatore Romano - 26-27 ottobre 2009)
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