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Si apre il convegno internazionale sturziano

Ultimo Aggiornamento: 12/10/2009 19:03
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03/10/2009 09:25

  L'Europa di fronte alle prospettive aperte dalla globalizzazione

Una volta conveniva sfidarsi ora è meglio collaborare


Pubblichiamo alcuni stralci di una delle prolusioni di apertura del convegno internazionale sturziano.

di Lech WaLEsa

Viviamo in tempi particolari e affascinanti. Quasi ogni giorno siamo testimoni della rivoluzione tecnologica. I nostri figli e i nostri nipoti vedono il mondo differentemente da noi e hanno la possibilità di spiccare il volo da un punto diverso rispetto alla nostra generazione, che consegna loro un'Europa e un mondo trasformati rispetto a come li ha ricevuti.
L'Europa, nella sua forma attuale, è stata edificata da oltre 50 anni. La rivoluzione pacifica operata da Solidarnosc ha permesso alle Nazioni centrorientali del continente di prendere parte a questo processo. Finora questa idea dell'Europa ha funzionato abbastanza bene perché è stata realizzata sullo sfondo di grandi progressi di civiltà e di uno sviluppo rapidissimo. Grazie ai processi della globalizzazione e anche alla reale integrazione dei Paesi e delle nazioni, siamo entrati in una nuova epoca che ha le sue leggi, un'epoca in cui la rivalità, la lotta per i beni della terra, l'allargamento dei propri confini dovrebbero essere superati dalla forza della collaborazione, perché non conviene combattere e le frontiere stanno scomparendo.
Tuttavia, bisogna dire chiaramente e con forza, che davanti all'odierno mondo globalizzato non c'è altra via che l'integrazione. Non solo in relazione agli obiettivi politici, ma soprattutto in vista della sicurezza e dell'interesse economico. Una volta conveniva sfidarsi, combattere, ma ora conviene collaborare. Viviamo nell'epoca dei vasi comunicanti:  il benessere di un Paese rappresenta un successo per il suo vicino, il suo fallimento è una sconfitta per gli altri.
Nei suoi presupposti la Comunità europea era ideata in questo modo. Si tratta di sviluppare il progetto in modo creativo e con coraggio. Naturalmente all'interno dell'Unione si scontrano interessi particolari. Ma questi complicati problemi quotidiani non devono offuscare le principali idee unificatrici. Bisogna cambiare il modo di pensare al mondo, si deve pensare in termini di cooperazione e di solidarietà. A volte ho l'impressione che ci vorranno intere generazioni. È chiaro che ai nostri figli e ai nostri nipoti riesce molto più facile pensare in questo modo. La nostra generazione purtroppo rimane in larga misura legata all'epoca precedente. Parliamo molto di globalizzazione e integrazione, ma dai nostri discorsi non emerge un pensiero strutturato al livello globale, né tantomeno un preciso programma per il mondo. Adottiamo vecchi metodi. Il nostro pensiero manca di solidarietà, quella solidarietà che aveva guidato verso la libertà noi polacchi e altre nazioni oppresse.
È stata proprio la solidarietà ad aprirci il mondo e le prospettive nel 1980 e nel 1989. Credo che questo atteggiamento, anche nell'epoca della globalizzazione, possa essere una via verso la pace e la felicità di molte generazioni nell'Europa e nel mondo. Oggi c'è bisogno di solidarietà a livello continentale e mondiale. Anche l'Europa deve essere solidale mentre cerca la propria via nella nuova epoca.
La solidarietà può risultare utile anche per trovare risposte a dilemmi e domande su come dovrebbero essere l'Europa e il mondo. In queste dispute abbiamo a che fare da molto tempo con due principali modi di vedere e di governare. Secondo il primo, che definisco di sinistra, tutto deve derivare dalla libertà. Non sono previste regolazioni e limiti, considerati superflui, c'è solo la libertà. Questo modo di pensare non funziona, per esempio, di fronte alle minacce interne alla civiltà o di fronte al terrorismo. Il secondo metodo, che chiamo genericamente di destra, fonda le azioni e la civiltà su valori, possibilmente, universali. È radicato nella tradizione. Questo modo mi è più congeniale.
L'Europa deve trovare una buona via di mezzo tra i due metodi. È importante pensare all'economia, ma non si può dimenticare il secondo importante polmone dell'Europa, quello spirituale. Bisogna pensare al denaro e al benessere, ma non si devono trascurare i valori eterni. Bisogna coltivare la libertà, ma pensare anche al suo giusto uso, a non abusare di questo beneficio. L'Europa ha ricevuto importanti lezioni in questo senso e possiede la saggezza delle nazioni che la compongono. Dobbiamo trarre le giuste conseguenze da queste lezioni e cogliere l'enorme possibilità che noi e le prossime generazioni abbiamo davanti. Davanti a noi e a loro ci saranno lunghi anni di pacifica convivenza nel benessere, a condizione che ci richiamiamo ai sicuri valori universali. Perché senza i valori non ci sarà nemmeno l'Europa!


(©L'Osservatore Romano - 3 ottobre 2009)
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