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Cinquecento anni fa Leonardo realizzava il «Cenacolo»

Ultimo Aggiornamento: 14/10/2009 18:52
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14/10/2009 18:52

Cinquecento anni fa l'artista realizzava l'arazzo del «Cenacolo»

Un Leonardo d'oro e seta


Dal volume Il Cenacolo di Leonardo in Vaticano. Storia di un arazzo di seta e oro (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2009, pagine 105, euro 48) pubblichiamo stralci dell'introduzione dell'autrice.

di Sabrina Sforza Galitzia

Cenacolo:  una parola chiave di otto lettere che apre ai misteri e alle bellezze rinascimentali del tempo di Leonardo. Di quest'uomo, che scrisse nel Codice Ashburnham "poni scritto il nome di Dio in uno loco e ponvi la sua figura a riscontro / vederai quale fia piu riverita", molte sono le tracce in Vaticano. Il San Girolamo non è l'unica sua opera d'arte presente nella Pinacoteca dei Musei. Nella sala viii, adiacente a quella del celebre dipinto, su una lunga parete, racchiuso in vetrina e in penombra per assicurare la migliore protezione, si può ammirare un meraviglioso arazzo in seta e oro che riproduce il Cenacolo vinciano.

Gli arazzi sono veri e propri oggetti d'arte pittorica. La loro esecuzione dipende dalla riproduzione di un cartone, come fu d'altronde necessario a Leonardo per la realizzazione dei quattro gruppi di apostoli e del tavolo, escluso lo sfondo, per il murale commissionato da Ludovico il Moro, duca di Milano, nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie.

L'intento di questo studio è dimostrare che il cartone usato per l'arazzo non è soltanto una copia fedele, ma il medesimo usato per il murale; tale conclusione è basata su una serie di fonti, alcune delle quali inedite, che ne confermano le circostanze. Da esse se ne deduce che lo schizzo preparatorio per il retroscena del cartone è stato sicuramente elaborato da Leonardo stesso, e poi eseguito in formato naturale da un cartonista che ne ha ingrandito i dettagli sotto la sua supervisione.

Uno scambio di doni tra un Papa e un re, un corno di liocorno e un arazzo in seta e oro, diviene qui lo sfondo della storia intorno alla commissione dell'arazzo in questione. La circostanza si aggancia a un matrimonio, che viene festeggiato in Francia, tra Caterina de' Medici e Henry d'Orleans.

Le nozze ebbero luogo nella cattedrale di Marsiglia il 28 ottobre 1533; vennero celebrate da Papa Clemente vii, zio della sposa, e organizzate dal re di Francia Francesco i, padre dello sposo.

Ambedue vittime di una malattia, Caterina perdette i genitori a pochi giorni dalla sua nascita; fu proprio per il loro matrimonio che Leonardo preparò una seconda Festa del Paradiso ad Amboise il 25 gennaio 1518. Sarebbe cresciuta sotto la tutela dello zio Giulio de Medici allora cardinale, il quale, una volta eletto Papa nel 1523, col nome di Clemente vii, decise di darla in sposa al delfino di Francia.

Lo storico Paolo Giovio, allora al servizio di Clemente vii, nella Historiae sui temporis, parla di questo evento quale testimone oculare, avendovi presenziato; definisce il Papa e il re di Francia due "augusti genitori", e precisa che l'uno si conferma con un amuleto di pregio, un corno di liocorno in scatola su base di oro, l'altro con un arazzo in quo Belgarum arte suprema Christi Coena cum discipulis, serico atque auro intexta visebatur.

Entrambi gli oggetti rivestono un significato religioso:  il primo simboleggia la purezza di Cristo Redentore, che è propria di quest'animale fiabesco chiamato liocorno o unicorno, il secondo è la rappresentazione della Pasqua di Resurrezione attraverso l'Ultima Cena di Cristo. Leonardo, nella sua arte, fa uso di entrambe le immagini iconografiche. L'unicorno non appare in alcuna pittura, ma su due disegni:  nell'uno, allegoria della purificazione conservata al Louvre, è ritratto con il corno puntato su una zuffa di animali, mentre un cinghiale entra in scena e un giovane fa rimbalzare su di essi un raggio di sole attraverso uno specchio; nell'altro, uno schizzo da un manoscritto di Windsor, appare in grembo a una fanciulla, un tempo simbolo della costellazione della Vergine; tale immagine è stata usata anche come emblema per rappresentare la Beata Vergine Maria con in braccio Cristo.

Questa la premessa alla cronaca dell'epoca, quando nel 1499 non si parlava solo delle magnifiche scoperte di Cristoforo Colombo, ma anche di un re di Francia, Luigi xii, che appena invasa Milano desiderava ardentemente portare in Francia il murale del Cenacolo di Leonardo da Vinci.

Come si evince dalla ricostruzione dei fatti, egli riuscì a esaudire questo suo ambizioso desiderio, dandone commissione all'autore di riprodurlo su arazzo. Ironia della sorte, non molti anni dopo, esso ritornerà in Italia dalla Francia, dove, in Vaticano, ancora oggi lo si ammira nella sua maestà inalterata.

In rispetto ai cicli della natura, esattamente a cinquecento anni dalla sua manifattura, che risale al 1509, l'arazzo rinasce attraverso questa pubblicazione, emulando la puntualità della fenice che si rinnova ogni cinque secoli, come rileva anche lo stesso Leonardo, nel Manoscritto H di Francia:  "Constantia - Alla constantia / s asomiglia / la finjce la quale intendendo per natura la sua renovatione / è costante a sostenere le cocenti fiamme / le quali la consumano e poi di novo rinasscie".


(©L'Osservatore Romano - 15 ottobre 2009)
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