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Il Papa il 2 maggio 2010 a Torino per l'Ostensione della Sindone

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2010 12:03
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Il volto di Cristo e un Velo di mistero

Benedetto XVI visiterà la Sindone a Torino

di Robert Moynihan*

WASHINGTON, martedì, 17 novembre 2009 (ZENIT.org).-

Uno dei tessuti più misteriosi del mondo, che mostra l'immagine di un uomo torturato e crocifisso, è conservato nella Cappella Reale di San Giovanni Battista nel Duomo di Torino. E' la Sindone.

La tradizione sostiene che sia il sudario di Gesù, usato per avvolgerlo nella tomba dopo la sua crocifissione, e che l'immagine sul telo sia un “ritratto” di Cristo mentre giaceva nella tomba.

Benedetto XVI si recherà a Torino l'anno prossimo, il 2 maggio, per vedere la Sindone. Il Vaticano e l'Arcidiocesi torinese hanno annunciato la visita due settimane fa.

“Come primo atto della visita, il Santo Padre sosterà in preghiera personale davanti alla Santa Sindone”, ha reso noto l'Arcidiocesi.

Il Papa vedrà la Sindone insieme a milioni di fedeli nei 54 giorni dell'ostensione, dal 10 aprile al 23 maggio 2010. L'Arcidiocesi di Torino ha un sito web, www.sindone.org, dove si può prenotare la visita nel periodo di esposizione.

Visitando la Sindone e pregando davanti a lei, il Pontefice mostrerà il suo rispetto e la venerazione per questo lenzuolo misterioso.

Ma la Sindone è davvero autentica?

Diamo uno sguardo ai fatti.

Più di un secolo fa, nel 1898, l'immagine della Sindone venne fotografata per la prima volta. Il fotografo era l'italiano Secondo Pia, al quale venne permesso di immortalarla mentre veniva esibita nel Duomo di Torino.

Il pomeriggio del 28 maggio 1898, quando guardò la placca fotografica, vide l'immagine molto più chiaramente di come si poteva vedere dal vivo, perché si tratta di un'immagine in negativo.

Questo fatto non era mai stato osservato prima dell'arrivo della fotografia. Vuol dire che solo negli ultimi 110 anni abbiamo potuto renderci conto di quanto sia realmente misteriosa questa immagine.

Nel XX secolo ci sono state sempre più richieste alla Chiesa di “misurare” l'età della Sindone utilizzando il metodo del Carbonio 14, stabilendo così una volta per tutte se si trattava di un tesuto antico o risalente a periodi più recenti.

Parla la scienza

Io stesso ho avuto un ruolo in questo – un ruolo piuttosto insignificante, ma ad ogni modo l'ho avuto – perché ero reporter della rivista Time nel 1987 e nel 1988, quando si svolse la datazione della Sindone con il Carbonio 14.

Ero presente alla conferenza stampa del 13 ottobre 1988, quando il Cardinale Anastasio Ballastrero, allora Arcivescovo di Torino, e altri presentarono i risultati dei laboratori – per i quali la Sindone doveva essere datata tra il 1260 e il 1390. Era dunque di origine medievale, per cui non era possibile che fosse autentica.

In quel momento ho diffuso quei risultati. Posso testimoniare lo choc che rappresentò per molti, che credevano che il lenzuolo fosse autentico e confidavano che i risultati attestassero che risaliva a un periodo “tra il 50 avanti Cristo e il 50 dopo Cristo”.

Le prove scientifiche, però, sembravano chiare: la tela aveva solo circa 650 anni di vita, non 2000. Il “verdetto della scienza” era stato dato.

Da allora molti hanno creduto, e credono ancora, che il caso della Sindone sia chiuso, che si tratti di una misteriosa pittura o stampa medievale, ma non del sudario di Cristo.

Il caso è quindi chiuso? No.

Sono nate serie questioni sul processo di datazione del 1988 – non sulla qualità della datazione al radiocarbonio, ma sull'identità e sulla possibile contaminazione del pezzo di lenzuolo datato.

Le tecniche di datazione al carbonio sono migliorate in modo costante nel corso dei decenni. All'inizio, 50 anni fa, erano richieste grandi quantità di materiale, ma negli anni Ottanta il processo di datazione ha iniziato a richiedere quantità molto più esigue di materiale originale.

Nel 1978 è stato istituito per studiare la Sindone lo Shroud of Turin Research Project (S.Tu.RP), composto da circa 30 scienziati di diversi credo religiosi e anche da atei.

Il gruppo S.Tu.R.P. ha pianificato vari studi sulla tela, includendo la datazione al radiocarbonio.

Una commissione guidata dai chimici Robert H. Dinegar e Harry E. Gove ha consultato numerosi laboratori capaci già nel 1982 di datare con il carbonio piccoli pezzi di tessuto. Sei laboratori hanno mostrato interesse nel realizzare la procedura: il Brookhaven National Laboratory di Upton (New York, USA); l'Atomic Energy Research Establishment di Harwell (Oxfordshire, Regno Unito); il laboratorio Rochester di New York (USA); l'Università di Oxford (Regno Unito), l'Università dell'Arizona di Tucson (USA) e l'ETH di Zurigo (Svizzera).

Consapevoli della grande pubblicità che gli esperimenti avrebbero scatenato, i laboratori hanno ingaggiato una competizione feroce. In seguito si è compiuta una separazione tra il gruppo S.Tu.R.P. e i laboratori candidati.

Durante una conferenza sulla datazione al carbonio a Trondheim (Norvegia) nel 1985, i rappresentanti di tutti i laboratori candidati hanno annunciato congiuntamente la fine della collaborazione con il gruppo S.Tu.R.P. e hanno proposto che il Museo Britannico dirigesse il progetto.

Carlos Chagas Filho, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, ha approvato a malincuore la proposta. Nel 1986 si è svolta una riunione con le autorità ecclesiastiche per stabilire come procedere.

Nuovo progetto

Il 10 ottobre 1987, il Cardinale Ballestrero ha annunciato ai sei laboratori che solo tre di loro, quelli di Oxford, Tucson e Zurigo, avrebbero partecipato alla datazione. L'unica istituzione con compiti di supervisione sarebbe stata il Museo Britannico, guidato da Michael Tite.

I campioni sono stati prelevati il 21 aprile 1988 nel Duomo. Erano presenti il Cardinale Ballestrero, quattro sacerdoti, il portavoce dell'Arcidiocesi Luigi Gonella, fotografi, un cineoperatore, Michael Tite e i rappresentanti dei laboratori.

I pezzi originali e quelli di controllo sono stati collocati in 12 cilindri metallici identici. La datazione delle parti di controllo, che in origine si era stabilito dovesse rimanere sconosciuta, è stata pubblicata da “L'Osservatore Romano” il 23 aprile. Questa fuga di notizie, insieme alle violazioni del protocollo, ha appannato la credibilità di questa fase del procedimento, alimentando i sospetti di manipolazione.

I laboratori non hanno lavorato separatamente e in contemporanea. Tucson ha realizzato le prove a maggio, Zurigo a giugno e Oxford ad agosto, scambiando informazioni nel frattempo. Il quotidiano “Avvenire” ha pubblicato il 14 ottobre la notizia che i direttori dei tre laboratori si erano riuniti segretamente in Svizzera, fatto poi confermato dagli interessati.

Il 28 settembre 1988, il direttore del Museo Britannico e coordinatore dello studio, Michael Tite, ha comunicato i risultati ufficiali all'Arcidiocesi di Torino e alla Santa Sede. Il 13 ottobre, il Cardinale Ballestrero li ha annunciati pubblicamente.

Il documentario italiano del 2008 “Sindone, Prove a Confronto”, di David Rolf, suggerisce che le parti scelte per la datazione non potevano dare un risultato preciso. Si dice che la quantità di carbonio 14 trovata potrebbe essere stata significativamente intaccata dal clima, dai metodi di conservazione utilizzati nel corso dei secoli e dal carbonio sprigionato dall'incendio che danneggiò il sudario.

Il Cardinale Ballestrero, poco prima della morte, nel 1998, disse in un'intervista pubblicata il 5 settembre 1997 dal quotidiano tedesco Die Welt: “A mio avviso, la Santa Sindone di Torino è autentica. Le analisi al radiocarbonio, che la facevano risalire al Medioevo, sembra siano state realizzate senza le cure dovute”.

La tradizione della Chiesa, anche se non “scientifica”, sostiene che Tommaso e Giuda Taddeo (il Taddeo dei 70, Taddeo di Edessa) si recarono a Edessa nel 33 d.C. Una leggenda afferma che portavano con sé un telo con l'immagine di Gesù.

Nel 544 d.C., un telo con un'immagine che si crede sia di Cristo venne trovata sopra una delle porte di Edessa, nelle pareti della città. Gregorio Referendarius di Costantinopoli descrisse in seguito il telo come un'immagine di un corpo intero con macchie di sangue.

La questione è semplice: se nel 1988 sono state compiute prove su un campione che non era della Sindone originale, o che era stato contaminato nel corso dei secoli, allora la datazione non ha senso.

Il velo della Veronica

Un'immagine altrettanto misteriosa ma meno conosciuta si trova nella cittadina di Manoppello. E' un piccolo telo che molta gente ritiene il vero “velo della Veronica”. Sono andato a Manoppello per vederlo. Se lo si guarda direttamente sembra trasparente, ma se si rimane a quasi un metro al lato, o a una certa distanza, si può vedere il volto di un uomo giovane, con gli occhi aperti.

Quello che alcuni credono di questo telo è ancor più drammatico della Sindone di Torino. Pensano che si tratti del velo che copriva il volto di Gesù nella tomba, e che ciò che si vede nell'immagine sia il volto di Cristo al momento della resurrezione, quando apre gli occhi.

Benedetto XVI ha visitato Manoppello nel settembre 2006.

E' entrato nel santuario e ha pregato davanti all'altare per circa cinque minuti, poi si è recato dietro a questo e ha pregato davanti alla reliquia, conosciuta come il “Volto Santo” e il “Velo della Veronica”.

Il Papa non ha parlato delle origini del velo.

“Questo è il senso anche di questa mia visita. Insieme cerchiamo di conoscere sempre meglio il volto del Signore e dal volto del Signore attingiamo questa forza di amore e di pace che ci mostra anche la strada della nostra vita”, ha detto in quell'occasione.

Qualunque sia la verità su queste immagini, il fatto fondamentale è che ci riportano il volto di Gesù.

Cristo stesso ci ha detto di guardare il volto di chi ci circonda, del più piccolo dei suoi fratelli. E' questo il volto che dobbiamo cercare.

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*Robert Moynihan è fondatore e direttore della rivista mensile Inside the Vatican. E' autore del libro “Let God’s Light Shine Forth: the Spiritual Vision of Pope Benedict XVI” (2005, Doubleday). Tiene un blog su www.insidethevatican.com e può essere contattato all'indirizzo editor@insidethevatican.com.

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