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Pio XII tra realtà e spy story

Ultimo Aggiornamento: 17/05/2010 19:13
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Pio XII tra realtà e spy story

Il sogno di padre Blet


di Raffaele Alessandrini

Su Pio XII "oggi sono affiorate nuove verità e ringraziando Dio anche molti ebrei americani sono a favore della beatificazione. Il mio sogno? Poter scrivere un libro su Pio XII che racconti tutto il suo pontificato e mostri che fu il vero precursore del Vaticano ii". A parlare, in una puntuale intervista rilasciata a Filippo Rizzi e pubblicata su "Avvenire" il 12 novembre 2009, è lo storico gesuita Pierre Blet, il superstite del quartetto ignaziano - con il francese Blet lavorarono altri tre confratelli e colleghi ora scomparsi:  l'italiano Angelo Martini, il tedesco Burkhart Schneider e lo statunitense Robert Graham, in ideale rappresentanza delle nazioni coinvolte nel tremendo conflitto - che compì l'impresa storiografica, voluta da Paolo VI, di redigere l'opera monumentale in dodici volumi degli Actes et documents du Saint Siège relatifs à la seconde guerre mondiale.

Manco a dirlo, l'occasione dell'intervista a padre Blet è data dall'ennesima fantasiosa ricostruzione sull'operato della Santa Sede e di Papa Pacelli negli anni della guerra fredda:  prima Maurizio Molinari, su "La Stampa" del 19 settembre, e poi soprattutto Ignazio Ingrao, sul settimanale "Panorama" del 29 ottobre, hanno presentato padre Graham come spia del controspionaggio anti-Kgb. La propensione al genere romanzesco non è di per sé un male - anzi può essere uno svago molto più sano e onesto di tanti altri - ma andrebbe sempre tenuta ben distinta dalla storia. In caso contrario la fantasia trapassa nel falso e la pretesa di costruzioni giocose applicate a vicende serie, e per lo più tragiche, denuncia se non altro leggerezza irresponsabile.

Graham lo sapeva bene. Lo storico gesuita - minuto, aveva un viso magro e affilato ove sotto le spesse lenti brillavano due occhi vivacissimi e attenti - era infatti uomo dotato di humour. Amava le spy-stories e quanti lo conoscevano, anche superficialmente, sapevano quanto egli fosse solito scherzarci sopra. Senza mai venir meno al rigore scientifico. Come testimonia l'edizione degli Actes et documents, opera - osserva padre Blet - di cui probabilmente si coglierà appieno la portata quando l'Archivio Segreto Vaticano aprirà tutti i fondi sul periodo 1939-1945. "Troveranno - ha ripetuto lo storico gesuita ad "Avvenire" - quello che abbiamo pubblicato nei nostri dodici volumi e scopriranno che non abbiamo nascosto niente. Mi sembra difficile che si potrà contraddire quanto è ampiamente mostrato nei documenti già pubblicati".

A conferma dell'intervista a Blet, Adriano Ossicini su "Europa" dell'11 novembre 2009 è intervenuto su un libro recente di Michael Hesemann (Pio XII, il papa che si oppose a Hitler, Milano, Paoline, 2009, pagine 334, euro 24), che ancora una volta smentisce le accuse di antiebraismo mosse a Papa Pacelli per i suoi presunti "silenzi" e passività di fronte alla Shoah. Fin dagli anni della nunziatura a Berlino Pacelli aveva preso posizione contro il nazismo. Risulta inoltre come già nel corso di un suo viaggio in America egli avesse tentato "di sollecitare un'azione polemica contro Hitler, avendo scarsi aiuti in questo senso". Ma un fatto - sottolinea Ossicini - ""taglia la testa al toro" ed è la documentazione che la famosa enciclica di Pio xi Mit brennender Sorge fu in sostanza redatta da Eugenio Pacelli, il quale oltre tutto suggerì che, a differenza di tutte le altre encicliche, non fosse redatta in latino, ma in tedesco, per poterla far leggere in tutte le chiese in Austria e in Germania".

Ma soprattutto, in relazione all'atteggiamento assunto da Papa Pacelli di fronte alla Shoah, Ossicini scrive:  "Io non posso dimenticare che il nostro impegno nel periodo della Resistenza in difesa degli ebrei ebbe un appoggio massiccio e diretto di Pio XII. Ho documentato in un mio volume, Un'isola sul Tevere, come l'azione da noi svolta, ad esempio al Fatebenefratelli per nascondere ebrei come falsi malati, fu direttamente appoggiata dal Papa che tramite il cardinale vicario Francesco Marchetti Selvaggiani, mi fece fornire luoghi e modi per nascondere un notevole numero di ebrei".

Esiste però un episodio illuminante che riguarda direttamente lo stesso Ossicini. La vicenda del futuro psicologo e politico italiano, allora giovane antifascista, è nota:  imprigionato per ordine del Tribunale speciale - protagonista attivo della Resistenza, era infatti stato tra gli iniziatori del movimento dei cattolici comunisti, divenuto poi Partito della sinistra cristiana - una volta uscito dal carcere si recò da Pio XII per ringraziarlo dei suoi appoggi. Manifestando tra l'altro al Papa il suo rammarico per il sequestro, da parte della polizia, di una lettera dalla quale emergeva notizia di un colloquio avuto con monsignor Tardini da cui risaltava il radicato atteggiamento polemico del Pontefice per il fatto che i fascisti seguissero i nazisti nella persecuzione degli ebrei. Ossicini temeva infatti che questo avesse potuto recare difficoltà alla Santa Sede. Ma Pio XII replicò con nettezza:  "Se fosse stato questo a portare a voi difficoltà sarebbe stato Nostro dovere difendervi".


(©L'Osservatore Romano - 13 novembre 2009)
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