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I venticinque anni del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari

Ultimo Aggiornamento: 12/02/2010 18:34
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08/02/2010 19:36

I venticinque anni del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari

Accanto al malato


di Zygmunt Zimowski

Presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari

La pastorale sanitaria rappresenta l'attività propria svolta dalla Chiesa nel settore della sanità, è espressione specifica della sua missione e manifesta la tenerezza di Dio verso l'umanità sofferente. Dopo l'esortazione di Gesù "va' e anche tu fa' lo stesso" (Luca, 10, 37), non è più lecito delegare il lenimento della sofferenza soltanto alla medicina, ma piuttosto è necessario ampliare il significato di questa attività umana. Nella Lettera per la Giornata mondiale del malato, il Papa ricorda di proposito l'opera del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari che quest'anno celebra i venticinque anni della sua istituzione e ringrazia per il cammino percorso. L'azione del Pontificio Consiglio, che ha una valenza mondiale di indirizzo e di sollecitazione delle istituzioni cattoliche, è particolarmente attuale oggi, quando la medicina concentra la propria attenzione sulla realtà biofisica della malattia. È necessario, infatti, riscoprire l'attenzione olistica alla persona umana che contraddistingueva l'azione taumaturgica di Gesù, e già presente nell'Antico Testamento. Ciò significa - lo ricorda l'enciclica Salvifici doloris - unire le sofferenze morali col dolore di determinate parti dell'organismo:  delle ossa, dei reni, del fegato, dei visceri, del cuore.

Così la medicina ha bisogno della pastorale non solo per fornire le basi degli impegni etici e morali, ma anche per sostenere gli atteggiamenti e la prassi degli operatori sanitari per un'adeguata assistenza, nel tempo, a chi è nel dolore della malattia. Non è facile, infatti, avere a che fare con i malati, specialmente quando non si può fare altro che essere presenti. La pastorale può insegnare che l'azione più importante è essere presenti, "sapersi sedere per terra", "per sette giorni e sette notti", "senza dire nulla" (cfr. Giobbe, 2, 13). Solo così il mondo della medicina può essere liberato dalla presunzione febbrile e disperata di controllare tecnicamente la vita umana. Credere che tale presenza sia quello che si può e si deve fare nella prospettiva di una impotenza terapeutica, implica la fede degli operatori in una presenza nel mondo e nell'al di là del mondo. La pastorale sarà allora tesa a proclamare il senso della relazione con Dio e la comunità; ad affermare la possibilità della guarigione; a utilizzare le conoscenze delle scienze umane per aiutare nella sofferenza, a ricordare che l'uomo è mortale, ma nato per l'eternità. A testimoniare, inoltre, il Vangelo della vita che si apre a una grande varietà di impegni nella difesa del valore del nascituro, del bambino abbandonato, dell'anziano, del malato nella fase terminale della vita.
 
Già nell'enciclica Spe salvi Benedetto XVI aveva ammonito che la "misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente, indicando nel contempo una responsabilità che è propria dell'intero sistema socio-sanitario e del singolo operatore. Esiste un sistema sanitario complesso, una rete assistenziale economica e organizzativa espressa in molteplici forme e strutture sanitarie, e il Papa ricorda "quelle direttamente gestite dalle diocesi e quelle nate dalla generosità di vari Istituti religiosi. Ma c'è pur sempre una precisa responsabilità personale dell'operatore sanitario che è ineludibile e frutto di un cammino spirituale centrato sul Cristo presente nei malati e servito con umiltà e amore.

Il Papa richiama il Messaggio ai poveri, ai malati e a tutti i sofferenti, che i padri conciliari rivolsero al mondo, al termine del concilio Vaticano II, definendo i malati fratelli del Cristo sofferente, e con lui, operatori per la salvezza del mondo. Certo, la Croce di Cristo può aiutare un malato a dare un senso alla sua situazione di vita. Ma questo è un cammino spirituale che deve trovare un aiuto nella consolazione e nella solidarietà di coloro che li circondano. Nella Lettera Benedetto XVI sottolinea questa collaborazione del malato a partire dall'importanza della sua preghiera e dell'offerta delle sue sofferenze per la vita dei sacerdoti definiti "ministri degli infermi". Se consideriamo la prospettiva che la "malattia" può essere letta in senso più ampio come emblema della situazione umana, ne consegue che, in fondo, la pastorale della salute è la pastorale della Chiesa. L'uomo di oggi, come quello di ieri, è in attesa della guarigione definitiva, in quel Regno ove "non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate" (Apocalisse, 21, 4).

Il Messaggio del Santo Padre è, in definitiva, sì in occasione della diciottesima Giornata mondiale del malato, è sì celebrativo del venticinquesimo anniversario del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, è sì uno strumento di indicazioni spirituali per gli operatori sanitari e pastorali, ma può essere letto come un manifesto di quell'amore per il prossimo, tanto a lui caro, che deve connotare la testimonianza cristiana in ogni ambito dell'attività umana.



(©L'Osservatore Romano - 8-9 febbraio 2010)
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