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OMELIA del Cardinale Bagnasco nel 5° anniversario della morte di Mons. Luigi Giussani

Ultimo Aggiornamento: 27/02/2010 10:24
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Arcidiocesi di Genova

Martedì 23.2.2010

5° anniversario della morte di Mons. Luigi Giussani

OMELIA del Cardinale Bagnasco

"Esserci!"

Carissimi Fratelli e Sorelle, cari Amici!
Come ogni anno, ci troviamo a pregare il Signore per l'anima di don Giussani e per raccomandarci
alla sua intercessione presso il cuore di Cristo. Tra noi, pellegrini nel tempo, e i nostri defunti,
sappiamo esistere un legame di affetto e crediamo correre un filo di reciproco sostegno. Essi ci
precedono non solo con il loro esempio, ma ci aiutano con la loro preghiera. Ci sentiamo dunque a
casa, in famiglia: a cinque anni dal suo "dies natalis" sentiamo don Giussani quanto mai presente,
anzi ancor più presente e interessato a ciascuno di noi grazie alla trasparenza dell'eternità. E'
proprio in ragione di questa ineguagliabile trasparenza che le vicende e le persone acquistano agli
occhi mortali migliore prospettiva, le parole e i gesti appaiono nella loro verità più profonda.
Possiamo dire rivelano meglio la loro luce.
1. La stagione del '68 scombina le carte della cultura, della società e insidia lo stesso
cristianesimo. Tutto, allora, sembrava dovesse essere destrutturato in nome di un futuro il cui unico
volto era quello del cambiamento: un cambiamento chiaro nel demolire ma vago nel progettare.
Don Giussani abbraccia la storia che la divina Provvidenza gli dava di vivere, ama il suo presente e
si immerge a testa alta, senza paura, con la generosità e l'intelligenza dei testimoni, con il coraggio
disarmato di Davide che affronta il gigante. Egli sa, infatti, che il cristianesimo può essere messo in
crisi, sotto accusa, dileggiato, ma non può soccombere perché il cristianesimo è Cristo. Non è un
sistema di idee, ma il Vivente, e la vita cristiana è un incontro. Sa che la Chiesa non è un'azienda o
una società umana, ma è un mistero, il sacramento della presenza e del rincontro di Dio con gli
uomini. E' quindi una compagnia che, prima che essere una scelta, è dono dall'Alto. E un dono si
accoglie con gratitudine, e si ama con tutto se stessi. Da qui il metodo che parte dall'esperienza, per
chiarirsi progressivamente e decisamente nelle implicazioni dottrinali e morali del mistero di Gesù e
della Chiesa.
2. Alla base dell'avventura di don Giussani, sta l'esperienza della consonanza, della
corrispondenza profonda e semplice tra il Vangelo e il cuore dell'uomo, così come anche menti
grandi e tormentate hanno riconosciuto: "Non perché mi sia stato detto che tu eri il Figlio di Dio
ascolto la tua parola - scriveva André Gide -; ma la tua parola è bella al disopra di ogni parola
umana e da ciò riconosco che sei il Figlio di Dio". E' l'enigma dell'uomo che affascina don
Giussani, così come deve affascinare ogni credente, meglio, ogni uomo. E questo enigma è stato
colto, tematizzato e vissuto nella storia umana con le parole e nei modi più diversi, ma che tutti si
ricongiungono nella questione fondamentale del senso: "Da quando ho l'uso della ragione tanto mi
tormenta il problema della sopravvivenza spirituale che tutto il resto m'è indifferente" confessava
Kafka (Confessioni e diari, Mondadori, Milano 1996, pag. 673). Oppure, in termini ancor più
radicali, come esprimeva A. Camus: prima o dopo l'uomo deve "giudicare se la vita valga o non
valga la pena di essere vissuta" (Il mito di Sisifo, cap. I). Ieri come oggi, la domanda resta, e ognuno
deve ripercorrere la strada della domanda che è inscritta nelle fibre del suo essere e dell'universo;
deve trovare una risposta plausibile se non vuole vivere seguendo la menzogna meno evidente.
Deve fare questo percorso non per rispettare un imperativo categorico dettato da qualcuno, ma per
essere fedele a se stesso, e se proprio non gli interessa nemmeno il valore della fedeltà personale,
deve farlo almeno perché non può fuggire da sé, deve necessariamente vivere con se stesso, trovare
2
una forma di coesistenza con sé, col suo essere che gli urla in ogni istante "perché", "per che cosa".
Non è forse questa la condizione metafisica che nessuno può eludere anche se la cultura negativa
deride la questione e vorrebbe deprivarla di significato e di importanza? Ma se essa tenta
disperatamente di coprire la realtà con la menzogna, ed enfatizza i predicatori del disincanto che
appiattisce sull’immediato, l'uomo concreto - fatto di carne e sangue, di ragione e cuore - prima o
dopo reagisce e si rivolta, si fa mendicante di infinito e di assoluto, stende la mano a chi può dargli
un briciolo di verità che lo spieghi a se stesso e che gli consenta di guardare "più in là'", oltre le
proprie solitudini, oltre se stesso e il mondo perché tutto è avvertito così piccolo e stretto.
3. Anche in questo sta l’oggi di don Giussani: è l’oggi del Vangelo perennemente attuale
anche quando qualcuno vorrebbe farlo apparire fuori moda. Di questa luce ha estremo bisogno
l'uomo di sempre, ancor più forse l'uomo di oggi che vorrebbe confinare Cristo Gesù ai bordi della
vita e della società. E' un'ora irta di sfide e di opportunità che, come in altri tempi della storia,
provoca la fede ad essere più coerente e più coraggiosa, ma anche più pensata per poter parlare con
tutti con il linguaggio della fede e della ragione. L'ora è decisiva per l'umanità dell'uomo e della
civiltà: la demolizione della soggettività, la denigrazione di ciò che lo rende persona unica e
irripetibile nella sua unità molteplice e nella sua luce spirituale, terrestre ma aperto alla
trascendenza, si gioca ormai su molti fronti: quello della vita e della famiglia, della libertà e
dell'educazione. Possiamo dire, come il funambolo di Nietszche - che l'uomo è oggi sospeso fra
l'umano e il disumano. Possono i discepoli di Gesù essere assenti dal "cortile dei gentili", dagli
areopaghi della società, rinchiusi in circoli poco illuminati e autoreferenziali? Don Giussani è
andato al largo e ha spinto al largo con l'audacia dell'amore e della verità cristiana. Il Santo Padre
Benedetto XVI è esempio di operaio instancabile nella vigna del Signore, vigna che è grande come
l'umanità, i Paesi e le culture; egli non cessa di spiegare le vele per avventurarsi nel mare aperto col
solo desiderio di essere pescatore di uomini nel nome del Maestro. E tutti noi vogliamo seguirlo con
l'ardore, l'amore e l’obbedienza che ci viene donata dal sapere che siamo figli di Dio e che
possiamo invocarlo come Padre di tutti; consapevoli che la parola del Vangelo è come la pioggia
che non ritorna al cielo senza aver fecondato misteriosamente la terra dell'uomo, senza aver portato
frutto attraverso quelle vie che Dio solo conosce e che alimentano la fiducia e la generosità della semina.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
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27/02/2010 10:24

e perchè m'è venuto incollato così?
bah! non ci capisco più niente
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