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Verso l'Eurabia?

Ultimo Aggiornamento: 09/03/2010 08:24
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09/03/2010 08:24

Verso l'Eurabia?

di Maria Antonietta Calabrò

Il Medio Oriente si sta svuotando di cristiani. E l’Europa si sta riempiendo di musulmani. Altri cinquanta milioni sono attesi, secondo le stime ufficiali della Commissione europea, entro cinquant’anni, nel 2060, per «rimpiazzare» il 15 per cento della popolazione europea lavoratrice, ormai invecchiata. Ciò avverrà attraverso al Hijra, il concetto islamico di migrazione. In un senso o nell’altro, in Oriente e in Occidente, il cristianesimo deve fronteggiare il suo declino, mentre l’islam procede nella sua avanzata. «Le Monde Diplomatique» di qualche settimana fa ha affrontato in un ampio saggio di Patrick Haenni e Samir Amghar il tema dell’«islam conquistatore, un mito che ritorna». La scorsa estate «Newsweek» ha dedicato la copertina al concetto di «Eurabia», negandolo, sull’onda dell’ottimismo generato dalla nuova politica di Obama nei confronti dei musulmani. Ma il fallito attentato contro i «crociati» che avrebbe dovuto far saltare in aria un aereo, decollato dall’Europa e diretto negli Usa, proprio il giorno di Natale, ha smorzato gli entusiasmi e riproposto domande e interrogativi. E così pure gli omicidi dei cristiani in Medio Oriente e in Africa (che sono ormai cronaca quotidiana) e le polemiche sui minareti e sul velo in Svizzera e Francia, per non parlare dell’avanzata xenofoba in Olanda, notizia proprio di ieri.

Bat Ye’or è la studiosa dell’islam cui si deve l’elaborazione del concetto di «Eurabia», reso celebre in Italia dagli scritti di Oriana Fallaci. È l’islam— sostiene — la causa del declino del cristianesimo, a cominciare dal Medio Oriente. Poi lancia un appello — nel corso di questa intervista— a cristiani ed ebrei a non lottare l’uno contro l’altro, facendo così il gioco jiadista.

- Perché i cristiani sono sempre meno in Medio Oriente?
«Il declino della popolazione cristiana e ebrea indigena è la conseguenza di molti fattori. I principali mi sembrano la totale espropriazione dei vinti e l’islamizzazione delle loro terre conquistate dalla jihad, in conformità ai dettami della sharia; la conversione forzata; i massacri nelle campagne e nelle città, la schiavitù; la deportazione in massa, lo sfruttamento fiscale, la disumanizzazione, la vulnerabilità. Ma anche le costanti guerre tribali fra musulmani come accade oggi in Iraq. Ho definito l’insieme di questi fattori legati alla politica musulmana verso i non-musulmani con la parola dhimmitudine. Questo concetto rappresenta una condizione religiosa e legale iscritta nella legge della jihad valida anche oggi. La pirateria aerea e marittima, il rapimento di ostaggi, le minacce terroriste sono nella tradizione di ben 13 secoli di jihad, da quando cioè i cristiani e gli ebrei europei erano costantemente vittime sulle coste del Mediterraneo di aggressione, assassini o cattura per i mercati di schiavi. La jihad costituisce un’ideologia che unisce religione, legge e politica. Regola ogni comportamento dei musulmani con i non-musulmani, sia in tempo di guerra, di tregua o di sottomissione (appunto dhimmitudine) ».

- Qual è la differenza tra la jihad islamica e l’estremismo e la violenza in altre religioni, compresa quella praticata nel corso della storia dai cristiani?
«La jihad contro gli infedeli è una guerra permanente che può essere combattuta con mezzi militari o pacifici: proselitismo, propaganda, corruzione. Tuttavia la tregua deve sempre essere uno stato di non-guerra, e mai di vera pace. Ne è un esempio il terrorismo internazionale che oggi impone all’Occidente uno stato di paura constante e la disorganizzazione della vita normale. Il mondo, per l’islam, si divide infatti in dar al-islam e dar al-harb » .

- Che cosa significa?
«I territori del dar al-islam sono quelli retti dalla legge islamica, mentre i non-musulmani sono gli harbi, ossia i "cittadini del dar al-harb" o "territorio della guerra", designato in tal modo perché è destinato a passare sotto la giurisdizione islamica o con la guerra (harb), o attraverso la conversione dei suoi abitanti. C’è un’altra possibilità: il territorio è lasciato in una pace relativa a condizione che l’islam si possa sviluppare. La pace è raggiunta solo con la sottomissione o la conversione. Le altre religioni non hanno questa visione imperialistica» .

- L’opinione pubblica vede la jihad come una versione musulmana delle crociate cristiane. È così?
«In realtà la jihad e le crociate sono ideologie radicalmente differenti, persino opposte, emergenti da due visioni del mondo. La guerra c’è in ogni società, ma non ha il carattere di un obbligo eterno, condotto secondo leggi teologiche rigide e immodificabili considerate parola di Dio. Guerra, crudeltà e violenza esistono in ogni società ma possono essere criticate e respinte come sbagliate proprio in base ai vari credo religiosi. Non così la jihad».«Gli ebrei sono isolati in un’Europa culturalmente e politicamente palestinizzata, che sostiene l’ideologia jihadista contro Israele, e fa rivivere l’alleanza nazi-palestinese tra Hitler e il Gran Mufti di Gerusalemme. Purtroppo immagino che in futuro ebrei e cristiani si combatteranno perché entrambi saranno strumentalizzati dalle forze jihadiste che li manipolano per distruggerli entrambi. Ciò significherà la fine della nostra civiltà, faciliterà l’islamizzazione dell’Europa e favorirà gli eredi spirituali delle ideologie totalitarie opposte alla libertà e alla dignità umana. Si rallegreranno gli antisemiti che odiano la Chiesa a causa delle sue radici giudaiche e che lavorano per islamizzarla e raggiungere, non sembri eccessivo, lo scopo del Terzo Reich».

- Quale deve essere la posizione della Chiesa a suo giudizio?
«Vedo la relazione della Chiesa con Israele centrale per la sua stessa spiritualità: la Chiesa deve decidere se è fondata su valori biblici o coranici. È una scelta politica difficile quando le scimitarre islamiche pesano sulle teste cristiane. La domanda è quanto a lungo i cristiani possono permettere la demonizzazione di Israele e che si invochi la sua distruzione senza essere loro stessi distrutti dal vero nemico che supportano. Quanto più i cristiani negano la jihad e la dhimmitudine, tanto più la cristianità sarà dominata. Benedetto XVI in modo molto mite e diplomatico ha cercato di alludere a questa lunga storia di agonia cristiana, che l’islam nega, nel suo discorso di Ratisbona, a un livello altamente filosofico e storico».


Fonte: Corriere della Sera 6.3.2010, via Informazionecorretta.com


Spunti interessanti e in larga parte condivisibili. Ma allora le agenzie ebraiche non potrebbero astenersi dall'intervenire su ogni sospiro a loro non perfettamente gradito di parte cattolica? Tipo: piantare un caso perché Benedetto XVI ha deplorato "solo" la morte di milioni di ebrei, anziché il loro assassinio? Sarebbero senz'altro più credibili.

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