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Il clima postconciliare e la pedofilia.

Ultimo Aggiornamento: 23/03/2010 15:31
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23/03/2010 15:27

Il clima postconciliare e la pedofilia. Parte prima.

L'altro giorno abbiamo riportato un brano della lettera al Papa agl'Irlandesi in cui Benedetto XVI ricollega il diffondersi di comportamenti pedofili nella Chiesa al lassismo post Vaticano II, causando le ire di un vecchio conciliolatra come Zizola. Da un lato si chiarisce sempre più che lo scandalo pedofilia è utilizzato strumentalmente dall'ala modernista della Chiesa, anzi perfino da essa fomentato e alimentato (basta vedere, ad es., con quanto gusto ci sguazzano dentro Küng, quelli di Golias o di Noi siamo Chiesa: leggete due illuminanti post di Fides et forma, uno sul gesuita che ha premeditatamente riesumato adesso vecchi casi degli anni '70, l'altro sulla grancassa che Noi siamo Chiesa suona con gusto per richiamare attenzione sullo scandalo, con la connivenza dell'inadeguato cardinale di Vienna).

Dall'altro lato, gli approfondimenti e gli studi sociologici ci mostrano che la diffusione della pedofilia è figlia bastarda del Concilio. Chiariamoci: quell'inclinazione criminale c'è sempre stata, e la si può ritrovare nei gruppi progressisti come in quelli tradizionali. Ma finché la Chiesa aveva una dottrina e una disciplina solide, essa aveva i mezzi interni per contrastarla efficacemente. E infatti, notate che la maggior parte dei comportamenti devianti oggetto di scandalo iniziano dagli anni '60 in avanti.

Oggi dedicheremo la giornata, 'monograficamente', a questo tema, con alcuni tra i più significativi interventi sul tema. Che non fanno che sviluppare l'intuizione di Benedetto XVI il quale, come appunto abbiamo visto, ravvisa nella temperie postconciliare una delle cause del tristo fenomeno. Il primo approfondimento è di Massimo Introvigne, sociologo delle religioni.

***

È evidente che la “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” di Benedetto XVI non è rivolta ai sociologi. Il Papa parla a una Chiesa ferita e disorientata dalle notizie relative ai preti pedofili. Denuncia con voce fortissima i “crimini abnormi”, “la vergogna e disonore”, la violazione della dignità delle vittime, il colpo inferto alla Chiesa “a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione”. A nome della Chiesa “esprime apertamente la vergogna e il rimorso”. Affronta il problema dal punto di vista del diritto canonico – ribadendo con forza che è stata la sua “mancata applicazione” da parte talora anche di vescovi, non le sue norme come una certa stampa laicista pretenderebbe, a causare la “vergogna” – e della vita spirituale dei sacerdoti, la cui trascuratezza è alle radici del problema e cui chiede di ritornare attraverso l’adorazione eucaristica, le missioni, la pratica frequente della confessione. Se questi rimedi saranno presi sul serio è possibile che la Provvidenza, che sa trarre il bene anche dal peggiore di mali, possa nell’Anno Sacerdotale avviare per i sacerdoti “una stagione di rinascita e di rinnovamento spirituale”, dimostrando “a tutti che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia (cfr Rm 5, 20)”. Peraltro, “nessuno si immagini che questa penosa situazione si risolverà in breve tempo”.

Tuttavia il Papa – che pure non intende certamente rubare il mestiere ai sociologi – offre anche elementi d’interpretazione delle radici di un problema che, certo, “non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa”. Dopo avere evocato le glorie plurisecolari del cattolicesimo irlandese – una storia di santità che non può e non deve essere dimenticata –, Benedetto XVI fa cenno agli ultimi decenni e alle “gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese”. “Si è verificato – spiega il Papa – un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici”. C’è stata una “rapida” scristianizzazione della società, e c’è stata contemporaneamente anche all’interno della Chiesa “la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo”. “Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso”. “Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali” furono “disattese”. “È in questo contesto generale” di “indebolimento della fede” e di “perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti” “che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi”.

In questo quarto paragrafo della “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” Benedetto XVI entra su un terreno che è anche quello del sociologo, e che naturalmente non è rigidamente separato dagli altri elementi d’interpretazione. Certo, le norme del diritto canonico furono violate. Certo, la vita di pietà di molti sacerdoti si affievolì. Ma perché, precisamente, questo avvenne? E quando? Riprendendo temi familiari del suo magistero, Benedetto XVI elenca fra le cause il “fraintendimento” del Concilio – altrove ha parlato di una “ermeneutica della discontinuità e della rottura” –, non i documenti del Vaticano II in se stessi. Ma anche questo “fraintendimento” fu possibile in un quadro generale da cui la Chiesa non poteva completamente tenersi fuori, e che oggi è al centro di un vasto dibattito.

Benedetto XVI entra così nel vasto dibattito che è al centro della sociologia delle religioni contemporanea, quello sulla “secolarizzazione”. Il dibattito è stato particolarmente caldo alla fine del secolo XX, ma – anche attraverso scambi fra studiosi non sempre cortesi – è arrivato a un risultato che oggi la maggior parte dei sociologi condivide. Se le dimensioni della religione sono tre – le “tre B”, in inglese “believing” (credere), “belonging” (appartenere) e “behaving” (comportarsi) – tutti concordano che non c’è, in Occidente – perché è dell’Occidente che si parla, mentre per l’Africa o per l’Asia i termini sono diversi – una significativa secolarizzazione delle credenze (believing). La grande maggioranza delle persone si dichiara ancora credente. Nonostante un’attiva propaganda, il numero degli atei non aumenta. È invece chiaro a tutti che c’è un’ampia secolarizzazione dei comportamenti (behaving). Dal divorzio all’aborto e all’omosessualità la società e le leggi tengono sempre meno conto dei precetti delle Chiese. Il dibattito rimane vivo sulla secolarizzazione delle appartenenze (belonging) e sulla diminuzione della pratica religiosa, perché sul modo di raccogliere le statistiche ci sono molte polemiche e fra Stati Uniti ed Europa, così come fra diversi Paesi europei, i numeri variano. Non c’è dubbio, però, che in alcuni Paesi il numero di praticanti cattolici e protestanti sia sceso in modo particolarmente drastico negli ultimi cinquant’anni e che fra questi ci siano le Isole Britanniche, anche se in Irlanda le cifre assolute, pure in discesa, rimangono più alte della media europea.

Attenuatesi le polemiche sulla nozione di secolarizzazione, il dibattito si è ampiamente spostato sulle cause e le date d’inizio del processo, con un fitto dialogo fra storici e sociologi. Oltre una decina di anni di discussioni ha convinto la maggioranza degli studiosi che non si è trattato di un processo graduale. C’è stata una drammatica accelerazione della secolarizzazione – dei comportamenti e delle appartenenze, non delle credenze – negli anni 1960. Quelli che gli inglesi e gli americani chiamano “the Sixties” (“gli anni Sessanta”) e noi, concentrandoci sull’anno emblematico, “il Sessantotto” appare sempre di più come il tempo di un profondo sconvolgimento dei costumi, con effetti cruciali e duraturi sulla religione. C’è stato del resto un Sessantotto nella società e anche un Sessantotto nella Chiesa: proprio il 1968 è l’anno del dissenso pubblico contro l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, una contestazione che secondo un pregevole e influente studio del filosofo americano recentemente scomparso Ralph McInerny – Vaticano II - Che cosa è andato storto? – rappresenta un punto di non ritorno nella crisi del principio di autorità nella Chiesa Cattolica. Ci si può anche chiedere se sia venuto prima l’uovo o la gallina, cioè se sia stato il Sessantotto nella società a influenzare quello nella Chiesa, o se non sia anche avvenuto il contrario. All’inizio degli anni 1990 un teologo cattolico poteva per esempio scrivere che la “rivoluzione culturale” del 1968 “non fu un fenomeno d’urto abbattutosi dall’esterno contro la Chiesa bensì è stata preparata e innescata dai fermenti postconciliari del cattolicesimo”; lo stesso “processo di formazione del terrorismo italiano dei primi anni ’70”, il cui legame con il 1968 è a sua volta decisivo “rimane incomprensibile se si prescinde dalla crisi e dai fermenti interni al cattolicesimo postconciliare”. Il teologo in questione era il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel suo libro Svolta dell’Europa?.

Ma – ancora – perché gli anni 1960? Sul tema, per rimanere nelle Isole Britanniche, Hugh McLeod ha pubblicato nel 2007 presso Oxford University Press, un importante volume – The Religious Crisis of the 1960s – che fa il punto sulle discussioni in corso. Due tesi si sono contrapposte: quella di Alan Gilbert secondo cui a determinare la rivoluzione degli anni 1960 è stato il boom economico, che ha diffuso il consumismo e ha allontanato le popolazioni dalle chiese, e quella di Callum Brown secondo cui il fattore decisivo è stata l’emancipazione delle donne dopo la diffusione dell’ideologia femminista, del divorzio, della pillola anticoncezionale e dell’aborto. McLeod pensa, a mio avviso giustamente, che un solo fattore non può spiegare una rivoluzione di questa portata. C’entrano il boom economico e il femminismo, ma anche aspetti più strettamente culturali sia all’esterno delle Chiese e comunità cristiane (l’incontro fra psicanalisi e marxismo) sia all’interno (le “nuove teologie”).

Senza entrare negli elementi più tecnici di questa discussione, Benedetto XVI nella sua “Lettera” si mostra consapevole del fatto che ci fu negli anni 1960 un’autentica rivoluzione, non meno importante della Riforma protestante o della Rivoluzione francese, che fu “rapidissima” e che assestò un colpo durissimo alla “tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici”. Con molto acume un pensatore cattolico brasiliano, Plinio Corrêa de Oliveira, parlò a suo tempo di una Quarta Rivoluzione – successiva appunto alla Riforma, alla Rivoluzione francese e a quella sovietica – più radicale delle precedenti perché capace di penetrare “in interiore homine” e di sconvolgere non solo il corpo sociale, ma il corpo umano.

Nella Chiesa Cattolica della portata di questa rivoluzione non ci fu subito sufficiente consapevolezza. Anzi, essa contagiò – ritiene oggi Benedetto XVI – “anche sacerdoti e religiosi”, determinò fraintendimenti nell’interpretazione del Concilio, causò “insufficiente formazione, umana, morale e spirituale nei seminari e nei noviziati”. In questo clima certamente non tutti i sacerdoti insufficientemente formati o contagiati dal clima successivo agli anni Sessanta, e nemmeno una loro percentuale significativa, divennero pedofili: sappiamo dalle statistiche che il numero reale dei preti pedofili è molto inferiore a quello proposto da certi media. E tuttavia questo numero non è uguale – come tutti vorremmo – a zero, e giustifica le severissime parole del Papa. Ma lo studio della “Quarta Rivoluzione” degli anni 1960, e del 1968, è cruciale per capire quanto è successo dopo, pedofilia compresa. E per trovare rimedi reali. Se questa rivoluzione, a differenza delle precedenti, è morale e spirituale e tocca l’interiorità dell’uomo, solo dalla restaurazione della moralità, della vita spirituale e di una verità integrale sulla persona umana potranno ultimamente venire i rimedi. Ma per questo i sociologi, come sempre, non bastano: occorrono i padri e i maestri, gli educatori e i santi. E abbiamo tutti molto bisogno del Papa: di questo Papa, che ancora una volta – per riprendere il titolo della sua ultima enciclica – dice la verità nella carità e pratica la carità nella verità.

Fonte:
Cesnur

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23/03/2010 15:29

Il clima postconciliare e la pedofilia. Parte seconda.

Proseguiamo la nostra analisi sul fastidioso tema della pedofilia con questo articolo di Francesco Agnoli, che ringraziamo per avercelo inviato. Ha attinenza indiretta con la questione delle riforme postconciliari, ma descrive ottimamente lo spirito pansessualista che predomina oggi, ed insieme l'ipocrisia di chi da un lato si fa cantore della sfrenata licenza, dall'altro censore della Chiesa e dei suoi esponenti.
***
La questione dei preti e dei religiosi che hanno compiuto atti di violenza contro i minori sta occupando molte pagine dei giornali. Giustamente ci si indigna di tale oscenità. Giustamente coloro che non hanno vigilato attentamente, per quanto possibile, vescovi ecc., andrebbero ugualmente puniti, con estrema severità (non basta spostare di parrocchia i colpevoli, per intenderci...). Detto questo sarebbe bene riportare la polemica nei giusti binari. Evitare, intendo, di utilizzare l’ennesimo fatto di cronaca per accusare sempre il solito imputato: la Chiesa.

Partiamo dalla realtà e mettiamo da una parte l’ideologia. La pedofilia, purtroppo, è sempre esistita, come forma di perversione particolarmente attraente per certune personalità molto disturbate . Nel XV secolo, in Francia, vi fu la celebre vicenda di Gilles de Rais: questo nobile uomo, forte e inquieto, che aveva combattuto a fianco di Giovanna d’ Arco, confessò di aver compiuto svariate violenze sui molti bambini. Lo scrittore francese Karl Joris Huysmans, nel suo L’abisso, così ricostruisce i fatti: Con voce sorda raccontò i ratti dei fanciulli, le orribili insidie, gli stimoli infernali, gli assassinii impetuosi, gli implacabili stupri. [..]

Gilles andò pentito, e contento, al patibolo. Dopo di lui i pedofili più o meno macabri, hanno continuato ad esistere. Ma con una innegabile crescita nell’ultimo periodo della storia. Ancor di più, negli ultimi anni. Lo dicono le cronache, lo dicono i tribunali dei minori. Le violenze sui bambini piccoli, anche piccolissimi, cioè di pochi mesi, sono sempre più numerose, e vengono compiute al 90 % e oltre da genitori, zii, amici di famiglia. La spiegazione di questo aumento, dimostrabile statistiche alla mano, sta certamente in una cultura sempre più decadente, in cui il sesso diventa una mania, una ossessione continua: viene trasmesso ad ogni ora del giorno in tv, sui giornali, entra nelle scuole dove a fanciulli di quarta elementare viene talora spiegato, brutalmente, l’atto sessuale, nella sua tecnicità. [..]

Vogliamo sempre fingere che la pedofilia sia un problema di alcuni preti, e non della società nel suo insieme Vogliamo proprio soffermarci solo e soltanto sui 17 casi di violenza su bambini, secondo le denunce del governo austriaco, compiuta da religiosi, e dimenticare, come se non esistessero, gli altri 510 casi denunciati dallo stesso governo e avvenuti in ambienti laici di svariati tipi? (Analogamente in Germania dal 1995 sono stati denunciati 210 mila casi di abusi su minori; di questi 94 sarebbero, il condizionale è doveroso, imputabili a religiosi cattolici) Il Corriere della sera on line dell’11 marzo ricorda: Cinquecento siti web pedofili con violenze sessuali su bambini dai 3 ai 12 anni sono stati segnalati oggi in meno di un'ora e 20 minuti alla Polizia postale dai volontari dell'associazione Meter onlus di don Di Noto: "e' un orrore senza fine, un fenomeno inarrestabile - commenta il sacerdote - che coinvolge milioni di bambini e tutte le classi sociali". Don Di Noto è un sacerdote; un eroe quasi solitario: la sua battaglia di ogni giorno ha certamente una grande efficacia, ma non argina certo la diffusione sempre maggiore di quel materiale pedopornografico che è sicuramente all’origine di molte azioni criminali, in quanto spinge all’emulazione, e influenza molte menti deboli. Foto raccapriccianti di bambini violentati, su cui degli adulti compiono le più svariate efferatezze, circolano sulla rete e fanno cultura. Eppure questo non interessa affatto ai nemici della pedofilia a senso unico. Non interessa, diciamo la verità, neppure a molti politici e giornalisti, quasi a nessuno. Così come nessuno si è veramente indignato allorché in Olanda, alcuni anni orsono, nacque il partito pedofilo. L’Olanda, si sa, è paese estremamente libero, estremamente laicizzato, forse per questo gli si può perdonare tutto: dall’invasione islamica, alla droga libera, al divorzio lampo, alla perversione sessuale diffusa . Eppure la nascita dell’NVD ( Amore del prossimo, libertà, diversità ), avrebbe dovuto far riflettere di più. Tale partito infatti rivendica la diffusione in tv di pornografia (infantile e non) anche durante il giorno, e la liceità del sesso con i bambini e con gli animali, come semplici varianti dei gusti sessuali. Della serie: a te piace così, a me cosà!

Non è forse lo stesso messaggio veicolato, più o meno, da molti sostenitori, politicamente correttissimi, della teoria del gender? Non è quello che si sente dire sempre più spesso? Cioè che nessuno ha il diritto di affermare cosa sia l’amore vero, cosa sia la famiglia, cosa sia morale e cosa no? Non si dice sempre più spesso che nessuno ha il diritto di limitare la libera sessualità di chicchessia? Il relativismo trionfante odierno afferma proprio questo, spesso contro la sessuofobia cattolica . Non facciamo finta di non capirlo. Pochi anni fa i radicali - che non cessano di indignarsi selettivamente per le malvagità dei preti, e che arrivano a manifestare, come è accaduto qualche giorno fa a Bologna, contro la pedofilia clericale e per sostenere l’istituzione di un’apposita commissione d’inchiesta sui numerosi casi di abuso, perpetrati da ecclesiastici su minori -, ebbero a sostenere in un pubblico e ben pubblicizzato convegno a favore della libertà in internet, e in parte contro le richieste giustamente severe di don Di Noto, che la pedofilia come gusto sessuale è lecita, basta che non diventi azione criminale!

Leggiamo alcune delle loro considerazioni: "[..] D'altra parte, cosa intendiamo parlando di pedofilia e, soprattutto, di violenza sessuale contro minori? Certo, esistono casi in cui è evidente una coercizione fisica o psicologica dei minori ad attività sessuali, cui essi non possono consentire in modo consapevole. Ma siamo certi, come osserva Gianni Vattimo, che gli adolescenti a cui in molti Paesi del mondo attribuiamo la capacità di rispondere in giudizio delle proprie azioni non abbiano invece pari consapevolezza e responsabilità nell'ambito sessuale? In ogni caso in uno Stato di diritto essere pedofili, proclamarsi tali o anche sostenerne la legittimità non può essere considerato reato; la pedofilia, come qualsiasi altra preferenza sessuale, diventa reato nel momento in cui danneggia altre persone" (
http://www.interlex.it/regole/convped.htm)

Si crede veramente che sia possibile scindere la cultura della pedofilia dalle azioni pedofile? Che la pedofilia sia uguale a qualsiasi altra preferenza sessuale ? Che la libera diffusione di materiale pedopornografico, di fotografie di bambini violentati in tutti i modi, sia espressione di libertà, e non invece l’anticamera di concretissime azioni pedofile? Se lo chiedeva già Renato Farina anni fa su Libero, ricordando proprio quel convegno radicale da una parte, e il tentativo dei radicali di enfatizzare il fenomeno dei religiosi pedofili dall’altra. Gli risposero i radicali Maurizio Turco e Daniele Capezzone, con un linguaggio di straordinaria ambiguità, un capolavoro di relativismo, volto a giustificare ancora una volta la pedofilia come un orientamento sessuale tra i tanti: "Premesso che i fatti di oggetto delle cronache di questi anni non sono episodi di ''pedofilia'', ma di pura violenza e criminalità (vi è dunque distinzione tra le due cose?, ndr), e come tali devono essere considerati e perseguiti, voglio aggiungere che, in termini liberali, è del tutto inaccettabile la criminalizzazione di un orientamento sessuale in quanto tale, di un modo di essere , di uno stato si tratta di affermare il diritto senza virgolette- di tutti e di ciascuno a non essere condannati e nemmeno giudicati- sulla base della riprovazione morale che altri possono provare nei confronti delle loro preferenze sessuali. Criminalizzare i pedofili in quanto tali, al contrario, non serve a tutelare i minori , ma solo a creare un clima incivile, né umano né vorrei dire- cristiano". (Libero, 27/4/2002).

Esiste dunque un modo di essere, quasi una natura, pedofilo? Uno stato di pedofilia, indipendente dalla volontà del soggetto? Non ci si rende conto che siamo dinnanzi allo sdoganamento della pedofilia come scelta di vita? Alla fine di queste brevi considerazioni sulla schizofrenia di una certa cultura attuale, che difende ogni licenza sessuale, compresa la pedofilia, per poi stupirsi dei singoli atti pedofili, ma solo di certi, mi permetto di passare brevemente all’ esperienza personale. Insegno in una scuola cattolica che esiste da 150 anni. Non si ha notizia di alcuna violenza, in tanto tempo. Come studente ho frequentato, invece, un Liceo statale in della mia città: 5 anni di tempo, non di più. In questi anni quanti casi di piccole molestie! Professori che facevano capire alle ragazze che apprezzavano, e premiavano, la gonna molto corta, che tenevano atteggiamenti ambigui, che facevano quantomeno apprezzamenti pesanti, ad alta e bassa voce Fino, alcuni anni dopo, al caso eclatante: un professore vive una relazione con una alunna, che poi si suicida. Il professore, per anni, ha continuato ad esercitare nella stessa scuola, senza che nessuno lo importunasse, sicuro del suo posto pubblico. Nella stessa scuola un sacerdote che insegnava religione, venne accusato di avere inclinazioni pedofile. Una signora si presentava tutte le mattine davanti a scuola per accusarlo. Spiegò ai giudici, che la condannarono per menzogna e molestie, di aver saputo delle nefandezze del prete, dalla Madonna in persona, in una visione. Ma intanto il poveretto, riconosciuto poi innocente, finì sui giornali e sulla bocca di tutti e dovette lasciare l’insegnamento.

Un’ultima annotazione: poniamo tutta l’attenzione possibile a questa terribile pestilenza della pedofila; chiediamo leggi più severe, severissime, per tutti, ma non lasciamoci trascinare dalle psicosi, tipiche delle società schizofreniche. Nella mia città una famiglia si è vista togliere i figli per molti anni: la bimba, all’asilo, diceva di aver paura dei serpenti. Qualcuno con ruolo ufficiale ha pensato bene di fare il Freud della situazione. Dice di aver paura di un serpente, non può che essere il pene del padre che la violenta: questo è stato l’acutissimo ragionamento. Quindi la bimba va tolta alla famiglia. Si scoprì poi che il serpente era un gioco di plastica regalato alla bimba dai genitori. Un regalo che non era stato molto apprezzato. Un caso analogo: un sacerdote delle mie zone viene accusato di pedofilia, assolto in primo grado, poi condannato. Non posso certo giurare sulla sua innocenza, ma leggendo la genesi dell’ accusa sorgono molti, molti dubbi. Infatti i fatti criminosi subiti da un ex giovane parrocchiana del prete sono riemersi dalla sua memoria dopo un lungo trattamento di psicanalisi, 350 sedute di un metodo chiamato «distensione meditativa» e che ha molti punti in comune con l'ipnosi. Dapprima è l'interpretazione di un sogno, nel quale la ragazza viene violentata da un gruppo di marocchini in un bar che si chiama San Giorgio, nome che simboleggia una crasi della realtà presunta, che indirizza le indagini. Le violenze reali e denunciate sarebbero infatti avvenute in un oratorio chiamato San Pio X, e perpetrate da don Giorgio (Corriere 26 marzo 2009).

Attenti, insomma, perché esistono i pedofili, ed oggi, ecco il progresso, anche una forte cultura pro-pedofilia veicolata quasi liberamente! Ma ci sono anche, e in abbondanza, i mitomani, e coloro che hanno capito che, con certe accuse, si distruggono le persone e si possono fare i soldi. Poi non mancano, invece, quelli che al posto dei soldi ci fanno gli articoli. Così, con quella superficialità tipica di molti giornalisti che non esitano a dare nomi propri in pasto alla pubblica opinione, anche senza conferme processuali e condanne definitive.

Fonte: Il Foglio 16 marzo 2010

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23/03/2010 15:31

Il clima postconciliare e la pedofilia. Parte terza

Per chiudere questa giornata 'monografica' sulla pedofilia figlia degli sbandamenti postconciliari, ecco il 'piatto forte', sotto l'aspetto dei toni che, perfino a noi, appaiono talvolta eccessivi. Si tratta di un articolo di Gerald Wagner, editorialista del britannico Telegraph. Questo vi dà già la chiara percezione che questo collegamento tra progressismo e pedofilia è evidente a tutte le latitudini. Dicevamo che i toni dell'articolo sono polemici. Non ce ne scandalizziamo affatto: dopo decenni di martellamento su 'primavere del concilio', sulla 'provvidenziale apertura al mondo', sulla 'aria chiusa preconciliare' (proprio mentre tutt'intorno il cattolicesimo si sfasciava), sentir parlare di "Catastrofe Vaticano II", pur se fosse ingiusto o eccessivo, ha il valore finalmente liberatorio del giudizio critico di Fantozzi nei confronti de La corazzata Potëmkin



Lo scandalo cattolico degli abusi sessuali:
è tempo di cacciare i vescovi modaioli e restaurare la fede.


E’ diventato di moda sostenere che lo scandalo di abusi sessuali che attualmente affligge la Chiesa Cattolica è "la più grande crisi dai tempi della Riforma". Oh, davvero? Spiegatemi un po’. Il problema degli abusi è solo una piccola parte della crisi molto più grande che ha travolto la Chiesa dopo la Catastrofe Vaticano secondo, e che è ben più seria della Riforma.

Abolire il celibato? L'ultima cosa che un sacerdote che abusa di chierichetti necessita o vuole è una moglie. Non c'è nessun celibato obbligatorio nella Chiesa anglicana, ma ciò non ha impedito a vicari e boy scout di decorare gratificanti quantità di copie di tabloid domenicali del secolo scorso. Il celibato va contro l’idea odierna dell’approccio al sesso ‘non represso’, ‘senza pregiudizi’, ‘metti-tutto-in-piazza’; la sua persistente esistenza è un rimprovero per il mondo occidentale edonista; così Roma deve essere persuasa ad abolirlo - come deve abolire la condanna del divorzio, della contraccezione, dell'omosessualità e di tutti gli altri feticci della società liberale. Sognatevelo, secolaristi!

"Le vittime irlandesi degli abusi deluse dalla lettera del Papa". Naturalmente lo sono. Essi ne sono stati delusi prima ancora di averla letta, prima che fosse scritta. Qualsiasi altra loro risposta diminuirebbe il potere che si trovano a brandire contro la Chiesa. Hanno una ragione di reclamo legittima? Nella maggior parte dei casi, sì. Essi hanno un feroce risentimento contro la "sporcizia" (termine di Benedetto XVI, coniato molto prima che cominciasse la pressione dell'opinione pubblica) che li ha intaccati e trattati come animali.

Come poteva il clero trasgredire così gravemente le dottrine della Chiesa? Quali dottrine? Questi reati hanno avuto luogo nella scia del Vaticano II, quando le dottrine furono gettate via come zavorre. Questi criminali erano i figli di di Paolo VI e dell’"aggiornamento". Una volta che hai svilito il Corpo mistico di Cristo, insozzare i chierichetti diventa facile.

I Sacramenti e le pratiche devozionali ‘trascurati’, che il Papa dice avrebbero potuto evitare tutto questo, non avvizzirono sulla vite: essi sono stati scoraggiati attivamente da vescovi e sacerdoti. Nel periodo quando questo abuso era dilagante, c'era solo un peccato mortale nella Chiesa Cattolica: osar celebrare o assistere alla Messa Tridentina in latino. Un sacerdote che stuprasse chierichetti sarebbe stato spostato in un'altra parrocchia; per un sacerdote che avesse avuto l'audacia di celebrare la messa antica – i suoi piedi non avrebbero toccare il suolo.

C'era una volontà determinata tra i vescovi di impedire ogni significativa catechesi ai giovani. Quella è la generazione, totalmente ignorante della fede, che in Irlanda ha raggiunto la prosperità materiale dell'economia della "Tigre celtica". Inizialmente essa ancora frequentava la messa (o ciò che era propinato per messa) solo per conformismo sociale. Poi lo scandalo degli abusi sessuali ha dato agli agnostici irlandesi post-Vaticano II la scusa perfetta per l’apostasia: decine di migliaia di persone che mai erano state abusate, né mai avevano incontrato qualcuno che lo fosse, avevano trovato una scusa per rimanere a letto la domenica mattina.

I sacerdoti pedofili non sono i soli ipocriti. "Io sono così sconvolto dallo scandalo abusi che sto lasciando la Chiesa." Bene. Così, il fatto che alcuni degenerati che mai avrebbe dovuto essere ordinati abbiano violato dei giovani - di per sé un peccato deplorevole - significa che il figlio di Dio non è venuto sulla terra, a redimere l'umanità sulla Croce e a fondare la Chiesa? Questo scandalo terribile compromette le verità della fede non più che la carriera di Alessandro VI o di qualsiasi altro corrotto Papa rinascimentale.

Dovrebbero essere costretti a dimettersi i vescovi? Oh sì - circa il 95 per cento di loro in tutto il mondo. Questi pagliacci nelle loro mitre pseudo-etniche e paramenti in poliestere con simboli cristiani finto-naif, che sproloquiano le loro episcobubbole ecumaniache, hanno supervisionato ben più che gli abusi sessuali: hanno estinto la fede cattolica con loro fatuità moderniste. Essi dovrebbero essere rinchiusi in monasteri a spendere i loro anni restanti a valutare come render conto al loro Creatore di una guida fallita, che è costata innumerevoli milioni di anime perse.

Benedetto XVI dovrebbe prendere vantaggio di un'ondata popolare di avversione contro l'episcopato fallito per cacciare ogni hippy sessantottino dai pantaloni a zampa d’elefante, che sta ostacolando Summorum Pontificum. Si tratta di un'opportunità unica per abbattere il pastore mercenario e tagliar via il legno morto della Catastrofe Vaticano II. È il momento di interrompere i mea culpa e ricominciare con l’apologetica; per ricostruire tutto ciò che è stato distrutto negli ultimi 40 anni; per fronteggiare liberali e secolaristi come hanno fatto molte generazioni di cattolici in passato; per proclamare nuovamente le verità immutabili dell’Unica Vera Chiesa che, nella gloria della Risurrezione, non può avere alcun altro legittimo atteggiamento se non il trionfalismo.

Fonte: Telegraph


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