È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Benvenuto in Famiglia Cattolica
Famiglia Cattolica da MSN a FFZ
Gruppo dedicato ai Cattolici e a tutti quelli che vogliono conoscere la dottrina della Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica Amiamo Gesu e lo vogliamo seguire con tutto il cuore........Siamo fedeli al Magistero della Chiesa e alla Tradizione Apostolica che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Ti aspettiamo!!!

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Le insidie dell'attivismo

Ultimo Aggiornamento: 21/05/2010 14:22
Autore
Vota | Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
14/05/2010 06:41



Le insidie dell'attivismo

Di Daniele Di Sorco

L'episodio di Marta e Maria, come la Chiesa ha sempre insegnato, esemplifica il primato della contemplazione sull'azione. Gesù non apre un dialogo con Maria, non le consiglia di seguire l'esempio di Marta, ma dice a chiare lettere che l'atteggiamento della prima deve preferirsi a quello della seconda ("Maria ha scelto LA PARTE MIGLIORE, che non le sarà affatto tolta"). L'inversione di questo rapporto, per cui la contemplazione cede il passo all'azione, è la base profonda della crisi che travaglia la Chiesa di oggi, più profonda ancora dell'antropocentrismo e del modernismo, che ne sono la conseguenza.

Il perché è intuitivo. Il cristiano, avendo una fede trascendente, riconosce la causalità di tutte le cose da Dio. Tutto dipende in prima istanza da Dio e senza Dio noi non possiamo fare nulla, come ammonisce il Vangelo. Questo non vuol dire che l'uomo debba starsene inerte, aspettando che un aiuto inaspettato gli arrivi dal Cielo. Egli è certamente chiamato a collaborare con la causalità divina, ad essere causa seconda dell'operato di Dio in questo modo. Tutto questo, però, deve sempre avvenire nella consapevolezza del primato della causalità divina. San Paolo, che aveva fondato PERSONALMENTE decine di comunità, le aveva tirate su, le aveva preservate dall'eresia, non attribuisce mai questi risultati alla propria azione, ma a Dio: "Io ho piantato, Apollo [suo collaboratore] ha innaffiato, ma è Dio che ha fatto crescere".

Il primato della causalità divina ha come risvolto nella vita spirituale il primato della preghiera e delle cosiddette "virtù contemplative" (da qualcuno definite "passive", ma erroneamente, perché nessuna virtù, per definizione, è passiva): mortificazione, sacrificio, espiazione, meditazione, ecc. Infatti, se Dio è la causa prima di tutto e se tutto da Lui dipende, bisogna in primo luogo domandargli che "sia fatta la sua volontà" e rimuovere gli ostacoli (il peccato, in primo luogo) che ne ostacolano l'esecuzione. Le virtù contemplative hanno il primato su qualunque azione, come attesta, oltre che la Scrittura, la vita dei Santi. San Francesco, parlando delle conversioni attribuite ad un formidabile predicatore, diceva che esse, in realtà, erano dovute (come causa prima e determinante) alle preghiere dei frati che stavano negli eremi e che nessuno conosceva. La beata Teresa di Calcutta, a un Cardinale che le domandava la migliore strategia per combattere la povertà, rispose: "Eminenza, lei quante ore prega al giorno? Quanti sacrifici fa?".

Il ridimensionamento della vita contemplativa (che non è necessariamente la vita del monaco o dell'eremita: quella è vita SOLO contemplativa, mentre tutti i cristiani sono tenuti a condurre vita ANCHE ed ESSENZIALMENTE contemplativa) conduce all'attivismo. L'attivismo può essere definito come l'inversione del rapporto cristiano tra contemplazione e azione, per cui la seconda (nei suoi vari aspetti: apostolato, evangelizzazione, vita di comunità, impegno sociale) prevale sulla prima. Tale inversione, che ad una prima impressione sembra riguardare solo l'ortoprassi (infatti vi furono diversi tentativi di conciliare attivismo e dottrina cattolica, il più notevole dei quali fu il cosiddetto "americanismo" di fine XIX secolo, condannato da Leone XIII), ha invece conseguenze devastanti sull'ortodossia: devastanti perché, a differenza dell'eresia vera e propria non si contrappongono apertamente alla rivelazione, ma la erodono dal di dentro.

La conseguenza psicologica del relativismo, infatti, è il rovesciamento del rapporto di causalità. Mediante la pratica delle virtù contemplative, l'uomo è naturalmente portato a riconoscere la sua assoluta dipendenza da Dio e la subordinazione delle sue azioni alle azioni di Lui. Quando invece le virtù completative sono ordinate a quelle attive, l'uomo si convince di essere lui la causa prima e determinante delle cose. Attribuisce soltanto o principalmente all'effiacia della sua azione l'ottenimento di certi risultati. A poco a poco esclude Dio dal suo orizzonte e fa della terra il regno esclusivo della causalità umana. Ossia: passa impercettibilmente, ma necessariamente, dall'attivismo all'antropocentrismo. Di qui all'immanentismo il passo è scontato: una volta eliminata la causalità divina dalla prassi, non sarà difficile toglierla anche dal ragionamento speculativo. La teologia moderna ha seguito esattamente questo percorso: si è cominciato con la teologia dell'azione o della vita (Blondel), si è proseguito con le varie teologie dell'antropocentrismo, ossia dell'immanentismo (Congar, De Lubac, Danielou, ecc.) fino ad arrivare a teologie puramente materialiste, come le teologie della liberazione o della morte di Dio.

La tappa finale di questo percorso ripugna a tutti i cattolici degni di questo nome. Pochi si rendono conto, tuttavia, che il suo punto di inizio sta nell'inversione dei rapporti tra contemplazione e azione, inversione che è il frutto più malato del pensiero contemporaneo, perché mira, in ultima analisi, ad escludere Dio dalla realtà terreste e a fare dell'uomo l'unico o il principale artefice dei propri destini.

L'attivismo, oltre che sulla teologia, ha conseguenze deleterie anche sulla vita spirituale. L'attivista è, per definizione, una persona che non ha pazienza, che non sa aspettare i tempi di Dio, che si logora perché non vede i risultati tangibili delle sue azioni. Quanta differenza dai Santi, che si contentavano di seminare nella certezza che Dio avrebbe fatto crescere! Quali siano le conseguenze di questo abito mentale, lo vediamo da Marta, tipo evangelico di tutti gli attivisti: prima si preferisce l'azione alla contemplazione, poi si rimprovera chi fa il contrario, infine si rivolge la critica su Dio stesso, perché accorda le sue grazie ai fautori della contemplazione anziché dell'azione.

Concludo dicendo che la critica dell'attivismo non si identifica nella critica dell'attività. I cristiani, salvo quel piccolo drappello chiamato, per divina vocazione, alla vita solo contemplativa, è chiamato anche all'azione: all'apostolato, all'impegno sociale a tutto ciò che ne consegue. Essi, tuttavia, non devono mai dimenticare il primato della contemplazione, conseguenza naturale del principio di causalità divina, e non devono mai cessare di metterlo in pratica nella vita quotidiana. È doloroso constatare come il tarlo dell'attivismo continua a rodere oggi, dopo cinquant'anni di disastri dovuti ad esso, molti cattolici perfettamente ortodossi. Essi non si rendono conto che un cattolicesimo tutta attività e poca contemplazione porta prima alla perdita della pace interiore, poi allo sconforto (derivante dal non vedere i risultati tangibili del proprio operato), infine - Dio non voglia - all'abbandono del campo. L'attivista non è uno che tollera le sconfitte. Avendo abbandonato, sia pure inconsapevolmente, il principio della causalità divina, non riesce ad accettare il fallimento della causalità umana.

Riassumendo: l'attività ci vuole, ma ci vuole prima la contemplazione. Non è un caso che prima tutti gli Ordini religiosi, anche quelli con finalità più pratiche, prevedevano per i loro membri una gran quantità di pratiche contemplative, oggi quasi del tutto abbandonate. Questo spiega il loro grande successo nel passato e il loro fallimento nel presente.

Vediamo, dunque, perché Gesù elogia Maria e critica Marta. Egli non prende di mira l'attività in se stessa, ma l'attività che non si nutre di contemplazione, che disprezza la contemplazione e, con la contemplazione, Dio stesso. Marta infatti riprende direttamente la sorella e indirettamente Gesù, che ha la "colpa" di non rimproverarla. L'atteggiamento di Gesù in questo episodio è perfettamente in linea con gli altri suoi insegnamenti. Egli sostiene, per esempio, che è inutile conquistare il mondo (per qualunque finaluità, buona o cattiva che sia) e perdere la propria anima. Dice a chiare lettere: "Senza di me non potete fare nulla". E ribadisce: "Chiedete prima il Regno di Dio e la sua giustiza, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta".

Non diverse le parole del salmista nell'antico Testamento: "Se il Signore non edifica la casa, invano faticano i costruttori". E più precisamente: "Vano è per voi che vi leviate di buon mattino, che tardiate a posarvi, che mangiate pane di afflizioni. Tanto ne dona ai suoi diletti nel sonno!".
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 02:31. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com