Nel 1985, quando il professor Romano Amerio, insigne letterato luganese, all’età di ottant’anni pubblicò “Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX”, tanto intimorì i suoi avversari, i fautori a tutti i livelli del Vaticano II e della sua attuazione, che il direttore de « L’Osservatore Romano » dell’epoca stracciò la recensione che aveva ordinato, troppo favorevole. Oggi lo stesso giornale del Papa, col nuovo direttore Gian Maria Vian, ha compiuto la scelta opposta. Su Amerio ha deciso non di tacere ma di parlare, così che nello spazio di alcuni mesi sono usciti importanti interventi (l’ultimo dello scorso 18 marzo) che mettono in luce il contributo positivo dell’autore luganese alla riflessione cattolica. La prima occasione è stata data da un convegno su Amerio promosso il 9 novembre 2007 ad Ancona dal Centro Studi Oriente Occidente, dieci anni dopo la morte del grande pensatore svizzero. Il giorno dopo il giornale del Papa, oltre che dare evidenza al convegno, ha pubblicato le conclusioni di uno dei relatori, monsignor Agostino Marchetto, con il titolo: “Per una corretta interpretazione del Concilio Vaticano II”. * Tempo dopo Raffaele Alessandrini, giornalista dell’Osservatore, ha parlato nuovamente di Amerio apprezzandone la preveggente critica contro il « processo di secolarizzazione in atto anche all’interno del mondo cristiano » e contro i « rischi del relativismo dilagante »: critica mossa in nome del « primato della verità sull’amore », il caposaldo del pensiero dell’autore luganese. L’interrogativo di fondo posto da Amerio in Iota unum – e nel suo séguito Stat Veritas, uscito postumo nel 1997 a cura di Enrico Maria Radaelli – è il seguente: « Tutta la questione circa il presente stato della Chiesa è chiusa in questi termini: è preservata l’essenza del cattolicesimo? Le variazioni introdotte fanno durare il medesimo nella circostanziale vicissitudine oppure fanno trasgredire ad aliud? [...] Tutto il nostro libro è una raccolta di prove di tale transito » (p. 626 e, nella Postfazione, p. 689). Il professor Amerio fu messo al bando come emblema della “reazione anticonciliare”, ma oggi si sta ritornando anche in Vaticano sul suo pensiero. Intanto, a fine giugno le edizioni Lindau di Torino hanno pubblicato la riedizione della sua opera fondamentale Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, (pp. 752, euro 29) a cura e con Postfazione di Enrico Maria Radaelli, filosofo dell’estetica e discepolo di Amerio. La stessa casa editrice intende pubblicare nei prossimi anni, con la curatela di Radaelli, tutta l’opera scientifica edita e inedita del professore luganese. * * * * La Postfazione a Iota unum, sintetizzando tutta la tesi del libro, mostra che le ermeneutiche sul concilio Vaticano II oggi sono tre:
la prima: è l’ermeneutica sofistica estrema della “scuola di Bologna” (Dossetti, poi Alberigo, oggi Melloni) e in generale di tutta la “nouvelle théologie” (Congar, Daniélou, De Lubac, Ranher, Schillebeeckx, von Balthasar ecc.); è ateoretica; essa promuove e spera la discontinuità e la rottura delle essenze tra Chiesa precedente e Chiesa seguente il Vaticano II sotto la copertura delle equivocità testuali;
la seconda: è l’ermeneutica sofistica moderata dei Papi che hanno promosso, attuato e poi seguito il concilio; è anch’essa ateoretica; al contrario però della prima, che peraltro la formò e produsse, essa studia in tutti i modi di dare continuità tra essenza post e pre conciliare, cercando di piegare al senso della Tradizione le anfibologie e le equivolcità testuali di cui sopra;
la terza: è l’ermeneutica veritativa di Amerio e, in genere, di tutti i sospinti (ma solo dopo il concilio) nel cosiddetto “tradizionalismo”; è teoretica, dunque inconfutabile e, nella misura in cui si appoggia alla Tradizione, vincolante; essa riscontra e denuncia nel Vaticano II il tentativo di rottura e di discontinuità con l’essenza; va aggiunto, peraltro, che l’irrealizzabilità di tale tentativo è da tutti i resistenti al concilio (all’infuori dei cosiddetti “sedevacantisti”) per fede assolutamente creduta e da Amerio, come visto sopra (primo paragrafo) e come evidenziato nella Postfazione (§ 3 b, p. 698), anche solidamente dimostrata, di modo che il Trono più alto e tutta la Chiesa ne tornino al più presto a beneficiare. * * * DALLA QUARTA DI COPERTINA. « Romano Amerio si rivela essere ancora una volta il pensatore più attuale e vivificante del momento. Con il garbo teoretico che contraddistinse tutti i suoi scritti egli offre con Iota unum un pensiero molto costruttivamente cattolico, colmando uno spazio filosofico e teologico altrimenti incerto su interrogativi gravi: egli individua e indica che nella Chiesa una crisi c’è, ed è crisi che pare anche sovrastarla, ma mostra che non l’ha sovrastata; che pare rovinarla, ma ancora non l’ha rovinata; individua poi e indica con chiarezza la causa prima di questa crisi in una variazione antropologica e prima ancora metafisica; individua e indica infine gli strumenti logici (iscritti nel Logos) necessari e sufficienti (eroicamente sufficienti, ma sufficienti) per superarla ». Enrico Maria Radaelli DESCRIZIONE DELL’OPERA. Pubblicato nel 1985, frutto di una ricerca protrattasi per circa mezzo secolo, Iota unum è l’opera più complessa e profonda del grande studioso cattolico Romano Amerio, una riflessione serrata e sistematica sul Magistero della Chiesa novecentesca (in particolare conciliare) e, insieme, un’aggiornata summa metafisica cattolica (e il senso ultimo di questa summa, il suo apax, si trova tutto in Stat Veritas). Contro molte scuole di pensiero formatesi nel dopoguerra, soprattutto dopo quel concilio Vaticano II esaltato come « rottura e nuovo inizio », come una « nuova Pentecoste » della Chiesa (non solo l’“officina bolognese” di Dossetti, ma tutto il Nord Europa), Romano Amerio ripropone con forza il primato della Verità sull’Amore – come insegnato a partire dagli Evangeli, da san Giovanni Apostolo e san Paolo, e poi da sant’Agostino – per cui in Dio all’essere seguono prima l’intelligere e poi l’amare, e non viceversa. Per Amerio mutare quest’ordine significa indurre l’uomo ad agire non più mosso dal pensiero, ma dal sentimento, in una condizione di libertà illusoria. « La celebrazione indiscreta che la Chiesa e la teologia ammodernata fanno dell’amore è una perversione del dogma trinitario, perché […] la nostra fede porta che in principio sia il Padre, il Padre genera il Figlio, che è il Verbo, e, dal Padre e dal Figlio, si genera lo Spirito Santo, che è l’amore. L’amore è preceduto dal Verbo, è preceduto dalla conoscenza. Separare l’amore, la carità, dalla verità, non è cattolico ». (Pagina protetta dai diritti editoriali).
|