È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Benvenuto in Famiglia Cattolica
Famiglia Cattolica da MSN a FFZ
Gruppo dedicato ai Cattolici e a tutti quelli che vogliono conoscere la dottrina della Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica Amiamo Gesu e lo vogliamo seguire con tutto il cuore........Siamo fedeli al Magistero della Chiesa e alla Tradizione Apostolica che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Ti aspettiamo!!!

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

LA CREATIVITA' DELLA NUOVA LITURGIA

Ultimo Aggiornamento: 28/05/2010 14:36
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
28/05/2010 14:34

La nuova liturgia è dunque psicologistica anziché ontologica, soggettiva anziché oggettiva, non esprime il trascendente mistero ma i sentimenti con cui i fedeli lo percepiscono, è antropologica e non teologica.

Il proprio del culto è di stimolare il senso del divino anziché di porgere all’uomo il divino: perciò l’assemblea vale più dell’eucarestia e il popolo di Dio prevale al sacerdote. Questa variazione ne produce una seconda, teorizzata colla dottrina della creatività liturgica. Il popolo di Dio riversa la propria cultura e il proprio genio nei riti, e il sacerdote esprime sé stesso nella celebrazione. L’oggettività della liturgia, che è un adombramento dell’Oggetto assoluto, deve cedere al valore del soggetto umano che vuole esprimersi. SC, 21 distingue la parte mutabile della liturgia dalla parte immutabile senza però definire quale quest’ultima sia. Se si mutano persino le parole della consacrazione, non si vede invero dove possa collocarsi l’immutabilità. Evidentemente la parte mutabile dei riti si mutò di fatto sempre nel corso dei secoli cristiani, ma cautamente, modicamente, sapientemente.

La riforma avrebbe dunque trovato certamente molte parti antiquate e dissone nei tempi, che meritavano il cangiamento. Cito, per esempio, il calendario delle Quattro Tempora, inapplicabile ormai per una Chiesa dilatata a paesi che conoscono solo due stagioni, o le preghiere «pro Christianissimo Imperatore» nell’officio in Parasceve. Così si doveva certissimamente espungere (e fu espunto) il giuramento, che nel rito della consacrazione il nuovo vescovo doveva prestare, di non ammazzare e non cospirare ad ammazzare il Papa.

Tuttavia altro è mutare i riti per accomodarli a condizioni obiettive manifestamente mutate e altro è invece stabilire per massima che i riti si debbano acconciliare alla psicologia, al costume, al genio delle nazioni e persino degli individui. Il principio della creatività consegue al falso supposto che la liturgia debba esprimere i sentimenti dei fedeli e sia una loro produzione: essa esprime invece la realtà del mistero ed è una azione del Cristo. Vi è qui un’implicita risoluzione della liturgia in poetica.

La creatività che non è principio nemmeno in estetica, giacché al fondo delle invenzioni dell’arte vi è qualcosa di increato, anzi di increabile, è licenziata e promossa dalla nuova liturgia. Innanzi tutto non vi sono quasi più norme imperative e in moltissimi punti viene al celebrante proposta una pluralità di parole o di atti tra cui scegliere ad libitum. Non sono più possibili infrazioni perché il creare esclude condizioni e limiti.

Questa opzionalità fa che ciascun celebrante ritocchi, aggiunga, ometta creando le forme più consentanee alla propria personalità, come se si trattasse di esprimere sé stesso anziché di adorare, di dar forma al mistero anziché di conformarsi al mistero. Di qui l’enorme varietà di celebrazioni di una Messa che dovrebbe invece riconoscersi unica sotto tutti i cieli dell’orbe cattolico. Al momento della riforma nel 1969 fu pubblicata l’edizione tipica del Messale romano alla quale si dovevano conformare le traduzioni in lingua moderna, da approvare per di più dalla Santa Sede. Ma il principio dell’espressività ha tolto ogni valore all’edizione tipica.

In OR, 20 ottobre 1982, in un articolo commemorativo del ventennio del Concilio un liturgista benedettino deplora che «spesso ci si è accontentati di una semplice traduzione dei testi romani», mentre «è necessaria l’elaborazione progressiva di un linguaggio liturgico e di un’eucologia composta direttamente nella lingua nazionale».
Questa varietà dissonante risponde alla varietà degli spiriti nazionali e delle culture che si vogliono esprimere, ma è anche effetto sia dell’opzionalità contemplata dalle rubriche medesime, sia, e più ancora, dell’inventiva personale di ciascun celebrante, sia infine della autorità nel campo liturgico trasferita dalla Sede Apostolica alle Conferenze episcopali e ai singoli vescovi.

Questo passaggio della liturgia come forma stabile di dramma sacro alla liturgia come dramma poetico nascente dall’arte inventiva dei singoli è una delle innovazioni più visibili della riforma e una delle più lamentate. La assecondò la desistenza dell’autorità, di cui dicemmo §§ 65 e 71.
Così il principio di creatività elide del tutto il valore delle rubriche seguendo lo spirito di indipendenza (dal mistero che in aeternum stat) e il rifiuto delle essenze, trasformando il sacro trascendente nel poetico immanenziale dell’uomo. Il principio della creatività, destinato a una liturgia «più viva e partecipata», produce due effetti. Primo, muta l’azione sacra in dramma teatrico. Secondo, trasforma in privata l’azione del celebrante che ha invece sempre carattere pubblico e sociale, anche quando è solitaria; così impedisce il consenso e il concento dei partecipanti al culto, che dovrebbe farsi uno sensu ideoque una voce. Per spirito di denigrazione fu detto che la Messa antica era uno spettacolo di preti sotto gli occhi di un popolo muto e inerte.
 
Ma l’accusa è temeraria e infondata. Spettacolo scenico è divenuta invece la nuova liturgia non solo di fatto, ma persino in dottrina. L’OR del 15 marzo 1974 confessa la teatralità sostanziale a cui deve convertirsi la liturgia. «Il celebrare la Messa» dice «è divenuto ora un’arte che comporta dislivelli di accenti e toni, di punteggiature, di pause, di riposi e di riprese, dei crescendo e diminuendo come in una sinfonia». Ma tutte queste modulazioni c’erano già nel rito antico che prevedeva parti da cantare, parti da parlare, parti da dire elata voce o subissa voce o secrete, toni comuni e solenni e solennitori.

La differenza non consiste nel mancare l’antico di quei «dislivelli», bensì nel fatto che essi erano fissati, prescritti, regolati secondo il carattere sacro e oggettivo del rito, laddove qui sono abbandonati all’inventività, si può ben dire, dionisiaca del celebrante principale e della massa concelebrante. «Dal celebrante tutto fare del precedente Messale si deve passare alla figura del celebrante-regista che sa rendere viva l’azione liturgica». Oltre il carattere ingiurioso vi è in queste parole un singolare illogismo. Il celebrante del rito antico non fa ogni cosa (come pretende l’articolo), ma è aiutato dall’inserviente e, soprattutto, non può né dire né fare altro o più o meno di quanto prescrivono imperativamente le rubriche: eppure qui vien chiamato celebrante tuttofare.

Viceversa il celebrante del rito nuovo che fa davvero tutto quello che l’inventività sua escogita o improvvisa senza regola, senza limite, senza discrezione di mezzi, concorrendovi sregolatamente con la propria inventività anche il popolo, viene indicato qui come l’ideale del nuovo stile liturgico. A cagione dell’inventività è difficile che due celebrazioni collimino a puntino e la liturgia, specie in occasioni solenni, viene preordinata nei gesti, nelle musiche e nella lettura dalla intera comunità anziché dedotta dai libri liturgici ufficiali. Si raccomanda ai sacerdoti di «sfruttare tutte le risorse strumentali per farsi accettare come dei leaders capaci di creare contatti».

L’oggettività del mistero e l’efficacia ad esso inerente sono del tutto trasandate per ridurre la liturgia all’impressione psicologica, anzi meccanicamente psicologica di un mimo o di una commedia dell’arte. Secondo l’OR del 7 ottobre 1978 «i tentativi di riforma sono ancora ai primi passi. Un semplice contatto con certe liturgie vive celebrate in qualche chiesa africana o latino-americana potrebbe scuoterci dal nostro torpore senile». D’altronde l’arcivescovo Magrassi, presidente della commissione della CEI che prepara la revisione del Messale, in un’intervista al periodico «Il regno», 15 settembre 1981, deplora la stagnazione della liturgia restia ad adottare il principio della creatività e scrive che «se la liturgia è espressione di un popolo che manifesta il suo senso religioso, allora ci si apre a una liturgia che ha vastissimi spazi di creatività».

La Messa diventa quindi uno spettacolo «pris en charge», come dicono i vescovi francesi, da tutto il popolo di Dio. Essa si accomoda ai tempi e alle persone, esprime le umane emozioni, adotta la lettura di giornali e di romanzi, tira al culto tutte le usualità del mondo, il vissuto, il quotidiano, si svolge tutta sotto una regia. L’accomodazione adulatoria alla persone (ideare un rito nuovo ad personam è già adulazione) si vide, per esempio, nella Messa celebrata a Poigny-Forêts per Giscard d’Estaing e Aldo Moro durante il vertice di Rambouillet in aprile 1971.

Il parroco avendo giudicato che il Vangelo e l’Epistola di quella domenica non convenissero a quei personaggi e avrebbero potuto contrariarli, scelse altre lezioni. Fu anche un segno di riverenza ai potenti del mondo. Molto più chiaramente significò le novità che si andavano instaurando la messa alla Televisione francese il 20 febbraio 1972, sia perché celebrata sotto la responsabilità della Conferenza episcopale, sia perché seguita da alcuni milioni di fedeli. Non v’è altare, ma cinque tavoli; i celebranti non hanno nessuna delle vesti prescritte dalla Institutio generalis al n. 297 sgg.; diverse dal testo tipico le preghiere d’apertura surrogate da invenzioni; prima dell’invocazione (Kyrie) diversi astanti prendono la parola per significare all’assemblea loro personali pensieri; non si recita il Credo; le parole dell’offertorio inventate; il Canone (che fu il II) intarsiato di canti e testi inventati; prima del Pater una monizione fatta da uno degli astanti sulla situazione in Irlanda; alla Comunione un uomo e una donna vanno al tavolo dei preti, prendono un piatto con le ostie e si comunicano da sé stessi, quindi passano il piatto agli altri fedeli che si comunicano parimenti da sé stetti; si comunicano poi sotto le specie del vino e passano la coppa agli altri.

Queste Messe di creatività sono ormai comuni nell’orbe cattolico diversificando la liturgia non pure per nazioni, ma per diocesi, per parrocchie e persino per chiese della medesima parrocchia. Si fa l’elevazione con la patena (annullando l’ostensione); si innalzano simultaneamente ostia e calice; si mostrano con le braccia aperte; si ostende l’ostia già spezzata; si interpolano i testi a piacere; si inventano nuove preci eucaristiche; si introducono letture di giornali e di autori profani in luogo della Scrittura (secondo la proposta del Sinodo Svizzero ’72); si omettono parti intere del rito, massime il Credo; si adotta qualunque indumento; si esclude ogni lumiera; si consacra in pane da mensa (e quindi invalidamente) anziché in azimo e in vini o liquori qualunque; si usan piatti e bicchieri anziché patena e calice; il sacerdote consacra stando sull’altare il pane eucaristico che i partecipanti tengono ciascuno nelle proprie mani.

Né parliamo delle danze, dei mimi, delle musiche percussive, e insomma di tutta l’emancipazione dalle norme, rarissime volte biasimata o repressa dai vescovi.

(Iota unum pagg. 527-532)
[Modificato da S_Daniele 28/05/2010 14:36]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:24. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com