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Il cardinale Bertone a San Paolo fuori le Mura per l'incontro internazionale dei presbiteri

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 21:06
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10/06/2010 21:06

Il cardinale Bertone a San Paolo fuori le Mura per l'incontro internazionale dei presbiteri

La preghiera è l'anima del sacerdozio



I rapporti del presbitero con la preghiera, con il celibato e con il peccato sono stati al centro della riflessione del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, durante la messa celebrata a San Paolo fuori le Mura, giovedì mattina, 10 giugno, in occasione dell'Incontro internazionale dei sacerdoti a conclusione dell'Anno a essi dedicato.
Nella basilica edificata presso la tomba dell'Apostolo delle genti, la seconda giornata del raduno convocato per la chiusura dello speciale Anno voluto da Benedetto XVI nel 150° del dies natalis di san Giovanni Maria Vianney, è stata pensata per favorire l'immedesimazione dei preti presenti con il clima spirituale del Cenacolo. Come la meditazione del cardinale Ouellet - che riportiamo a parte - aveva ricordato poco prima della messa, l'icona biblica della Chiesa nascente è rappresentata dagli Apostoli che dopo l'Ascensione di Cristo si stringono attorno alla Vergine Maria, in attesa del dono dello Spirito Santo. "Sappiamo bene - ha commentato il segretario di Stato all'omelia - quanto sia fondamentale e prioritaria la dimensione orante del nostro ministero e del nostro stesso essere. Siamo costituiti nel sacerdozio ministeriale anzitutto per innalzare preghiere a Dio, in favore di tutto il popolo a noi affidato". E in proposito ha evidenziato come tale dimensione costituisca "non soltanto un compito, ma la stessa "nervatura" della nostra esistenza, la sua anima e il suo respiro".
Riguardo al secondo tema, il cardinale Bertone ha parlato dell'"esigenza del celibato per il Regno dei cieli", come "condizione della integrale e definitiva consacrazione che l'ordinazione sacerdotale comporta". Il celibato "è segno e insieme stimolo della carità pastorale e fonte speciale di fecondità spirituale nel mondo", ha spiegato citando il decreto conciliare del Vaticano ii, Presbyterorum Ordinis (n. 16). Tanto che "il suo valore è ben presente e tenuto in grande onore alla stessa tradizione delle Chiese orientali, che pure conoscono anche la possibilità di un ministero uxorato", ha puntualizzato il segretario di Stato.
Infine, quanto al peccato commesso da membri della Chiesa, il celebrante è partito dal presupposto che "Maria e Pietro hanno ricevuto da Gesù stesso uno specifico compito di custodia e di guida nei confronti della Comunità, e in modo speciale dei suoi ministri, che sono gli Apostoli e i loro successori, come pure i presbiteri". Si potrebbe dunque parlare "di una maternità di Maria e di una paternità di Pietro verso la Chiesa, e segnatamente verso i ministri ordinati. Entrambi infatti sono, in modi diversi, custodi della comunione ecclesiale". In questo senso ogni singolo prete "chiamato ad essere uomo di comunione - nell'accezione più profonda, teologica e gerarchica, del termine communio - riconosce nella Santa Vergine, da una parte, e nell'Apostolo Pietro e nei suoi Successori, dall'altra, i due principali punti di riferimento per la sua azione e, prima ancora, per la sua stessa identità ministeriale". Ne scaturisce quindi "una nuova forma di parentela" che lo stesso Paolo, nel discorso all'Areopago, definisce come il nostro essere "stirpe di Dio" (Atti degli Apostoli, 17, 29). Di conseguenza i seguaci di Cristo in generale e i suoi ministri ordinati in particolare, hanno "la grande possibilità di diventare "parenti del Signore", suoi intimi. Questa nuova e impensabile comunione nasce dall'obbedienza alla sua parola, che un ascolto autentico necessariamente implica". Di contro, invece "la disobbedienza alla divina volontà e il mistero dell'iniquità e del peccato generano, ben lo sappiamo, una estraneità tanto più dolorosa e irragionevole, quanto più pressante è l'invito del Signore alla comunione". Per il cardinale Bertone, infatti "essere "fratelli" del Signore significa condividere la sua stessa vita, spezzare con Lui ogni giorno il Pane eucaristico, avvertire la sua costante Presenza, capace di inesauribile consolazione, di sicuro sostegno, di sempre nuova e fedele spinta missionaria".
Naturalmente - è stata la conclusione del segretario di Stato - "questa nuova parentela, questa nostra "consanguineità" con Gesù, chiede di essere costantemente alimentata nella preghiera. Se infatti essa - ha concluso tornando all'origine delle sue riflessioni - è il respiro indispensabile di ogni vita cristiana, lo è in modo peculiare dell'esistenza sacerdotale".


(©L'Osservatore Romano - 11 giungo 2010)
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