di Fabrizio Bisconti
La "svolta costantiniana" cambia il volto delle grandi metropoli dell'orbis christianus antiquus che accolgono nel loro sistema urbano nuovi grandi edifici di culto, per sostituire le più piccole domus ecclesiae, mimetizzate tra le costruzioni intensive degli insediamenti abitativi, sia per i "piccoli numeri" che caratterizzano le prime comunità, sia il loro potenziale economico, che suggerisce di utilizzare, talora provvisoriamente e in maniera alternata, semplici abitazioni prestate o donate dai cristiani più facoltosi o generosi. Rare e poco giudicabili sono risultate le domus ecclesiae e, nonostante gli archeologi le abbiano cercate affannosamente, è stata rinvenuta solo quella di Dura Europos su un'ansa dell'Eufrate, nell'attuale Siria.
Solo con Costantino e con la sua famiglia venne, dunque, concepita un'edilizia cristiana monumentale, a cominciare da Roma dove, in pochi anni, fu promossa una serie di imponenti edifici di culto; a cominciare dalla cattedrale, la basilica Salvatoris, nell'area periferica del Laterano, che inizialmente venne anche definita basilica Constantini, monumentale quanto quella di San Pietro in Vaticano che, assieme a quelle di San Paolo sulla Via Ostiense, dei Santi Marcellino e Pietro sulla Via Labicana, di San Sebastiano sulla Via Appia, di Sant'Agnese sulla Via Nomentana, di Papa Marco sulla Via Ardeatina, costellarono il Suburbio romano, sfruttando terreni appartenenti al demanio imperiale e annettendo ad alcune basiliche i mausolei dinastici, come quelli di Elena e di Costanza.
La famiglia dei Costantinidi, che fece erigere anche la basilica devozionale di Santa Croce in Gerusalemme, in un'aula del palazzo imperiale del Sessorium, forse per iniziativa della madre Elena, trasforma il paesaggio urbano e suburbano dell'Urbe, dotandolo di una cattedrale e di una serie di santuari martiriali che, come monumentali "sentinelle", proteggeranno la città con delle vere e proprie "memorie sante".
Ma il progetto dei Costantinidi valica le mura di Roma, dotando i più significativi centri del mondo antico di splendide e sontuose basiliche, che con il tempo furono arricchite di arredi sempre più preziosi, tanto che Girolamo, nello scorcio del iv secolo, lamenta il fatto che "sono molti coloro che innalzano enormi strutture, ma che distruggono le fondamenta della Chiesa: risplendono i marmi, brillano d'oro i soffitti, emerge l'altare tempestato di pietre preziose, ma non brillano certo i ministri di Dio" (Epistulae, 52, 10).
Ed è proprio all'età di Costantino che rimonta la prima descrizione di una basilica, quando le chiese assunsero le proporzioni, la solennità, la funzione di vere e proprie aule per il culto. Significativa la testimonianza di Eusebio di Cesarea, relativamente alla basilica commissionata dal vescovo Paolino a Tiro: "Non ci sono parole per spiegare con quale spirito, con quali problemi, con quale libertà il vescovo abbia eretto questo magnifico tempio di Dio, che possiamo dire perfetto se, con questo, si è voluto manifestare il miracolo per cui dal visibile si può giungere all'invisibile (...) ha fatto erigere un ingresso ampio ed elevato, verso oriente, fornendo ai passanti un'idea di quanto avrebbero potuto vedere all'interno (...) ha creato un grande quadriportico con colonne unite da transenne (...) in facciata ha fatto aprire tre porte, delle quali quella centrale più grande, più alta e decorata con cesellature e bassorilievi... all'interno ha fatto sistemare arredi preziosi, senza badare a spese (...) ha dotato il soffitto di una copertura con legno di cedro del Libano (...) ha fatto sistemare sedili lungo tutto l'edificio e, al centro, l'altare e, affinché la massa non potesse avvicinarsi, lo ha fatto circondare con transenne lignee, decorate finemente" (Historia Ecclesiastica, 10, 4, 26-29).
La voce di Eusebio, d'altra parte, si rivela estremamente preziosa per le notizie relative a tutti gli edifici di culto del mondo cristiano antico, nel momento costantiniano, a cominciare dalla basilica degli Apostoli a Costantinopoli: "L'imperatore fece costruire l'intera chiesa fino a farle raggiungere un'altezza a dir poco incredibile e l'ha resa splendida servendosi di un'immensa varietà di pietre di ogni genere; la rivestì di marmo da cima a fondo, ricoprendo d'oro tutto il soffitto, che fece dividere in cassettoni" (Vita Constantini, 4, 58-60).
Ma l'attenzione di Costantino e della sua famiglia si rivolse specialmente verso la Terra Santa, interessata da un vero e proprio progetto di monumentalizzazione di luoghi santi, forse ispirato all'indomani del concilio di Nicea del 325. In quel tempo, Elena intraprese un viaggio verso la Terra Santa, per suggerimento di Macario, vescovo di Gerusalemme tra il 314 e il 333 e per visitare i luoghi della vita e della passione del Cristo, secondo una prassi inaugurata, forse già nel ii secolo, dal vescovo martire Melitone di Sardi (Eusebio di Cesarea, Historia Ecclesiastica, 4, 26) e da Pionio, vescovo di Smirne, ucciso in seguito ai gravi provvedimenti presi da Decio nei confronti dei cristiani, negli anni centrali del iii secolo (Bibliotheca Sanctorum, x, 919-921).
Il progetto di Costantino si focalizzò innanzi tutto su Gerusalemme, che per questo divenne una città santa e il cuore dell'orbis christianus antiquus, rivestendo un ruolo fondamentale per realizzare il sogno della città ideale, ossia della Gerusalemme celeste. In questo contesto e in questo progetto, il Golgota divenne il centro di interesse privilegiato degli architetti di Costantino che, per recuperare la tomba scavata nella roccia, offerta da Giuseppe di Arimatea e obliterata al tempo di Adriano dal Capitolium di Aelia Capitolina, devono innanzi tutto intraprendere un complesso intervento archeologico, per poi costruire, secondo quanto scriverà l'imperatore stesso al vescovo Macario, "una basilica migliore di tutte le altre, talché i monumenti più belli di questa città siano superati da questo edificio" (Eusebio di Cesarea, Vita Constantini, iii, 30-32), tanto che, secondo Cirillo di Gerusalemme, vescovo della città alla metà del iv secolo, poco dopo la conclusione dei lavori, terminati nel 336, quel monumento era divenuto il "luogo più centrale della terra" (Catechesi, 13, 28). Il vescovo di Gerusalemme allude segnatamente al cuore dell'edificio, costituito da un'edicola, situata al centro di una struttura a pianta centrale e protetta da cancelli, che monumentalizzasse la tomba di Cristo, l'Anàstasis, a cui si agganciava una sontuosa basilica a cinque navate. Quest'ultimo edificio - anche alla luce degli studi e delle verifiche di padre Corbo - da identificarsi con un vero e proprio martyrium, sviluppava un corpo longitudinale desinente in una piccola abside, che si collegava tramite un triportico alla rotonda, mentre un quadriportico univa l'intero complesso al cardo maximus porticato, che rispettava l'impianto adrianeo di Aelia Capitolina. Del grande complesso del Santo Sepolcro, che con il tempo fu dotato di altre strutture e di un battistero, verrà sempre ricordata - anche dall'iconografia più antica - la Rotonda, che compare negli avori e nelle ampolle di Monza e Bobbio già a partire dal v secolo. Se il Santo Sepolcro era stracolmo di suppellettile preziosa, tanto che ben dodici colonne furono addossate all'emiciclo absidale per sorreggere altrettanti vasi d'argento, mentre tutto l'edificio era ricco di suppellettile d'oro, tempestato di pietre, di sete, di marmi e mosaici, non viene meno il significato devozionale del sito, che entra coerentemente nel progetto costantiniano, il quale include nel suo piano di valorizzazione dei luoghi santi anche Betlemme, commissionando personalmente una basilica sulla grotta della Natività estremamente monumentale, organizzata in cinque navate e desinente in un'abside singolare di forma ottogonale.
Tale tipologia architettonica richiama il concetto salvifico dell'Ogdoade, caro al pensiero ambrosiano, che lanciò la fortunata forma per i battisteri d'Occidente, ma già contemplata dagli architetti di Costantino, che vollero sperimentare questa pianta poligonale per la cattedrale di Antiochia, il celebre ottagono d'oro, secondo una prassi che avrà grande fortuna in Siria e in Palestina tra il iv e il v secolo.
Se altri monumenti furono costruiti per decisione propriamente costantiniana per segnalare, in maniera solenne, gli avvenimenti significativi dell'Antico e del Nuovo Testamento, creando dei veri e propri martyria teofanici - del tipo che sorgerà a Mambre - altri edifici sono stati riconosciuti direttamente dagli scavi degli archeologi. Così, sul Monte degli Ulivi, sono state rinvenute le vestigia della chiesa costantiniana dell'Eleona a pianta rettangolare, sorta su una grotta assai venerata e provvista di un battistero ornato di mosaici. Così, altri edifici riferibili ancora al iv secolo, sono stati rinvenuti al Getsemani e a Betania, mentre poco più tarda sembra la chiesa dell'Ascensione, a pianta centrale e collegata a un oratorio che ospita una tomba privilegiata, forse quella di Melania.
Meno giudicabili dal punto di vista cronologico, ma presumibilmente più tarde e già riferibili al v-vi secolo, sembrano le basiliche di Santo Stefano, di San Giovanni Battista, della Tomba della Vergine, quella di Siloe, quella della piscina probatica.
Con il trascorrere dei secoli, Gerusalemme e tutti i luoghi della Terra Santa vengono interessati da una proliferazione di santuari, battisteri, monasteri, sorti in seguito al fenomeno, sempre più importante, del pellegrinaggio, anch'esso inaugurato in maniera definita dalle donne della casa dei Costantinidi, dimostrando come il piano architettonico e monumentale dell'"imperatore della pace" non riveste un ruolo eminentemente politico, ma percorre anche la pista della fede, della devozione e del culto.