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San Giovanni Crisostomo

Ultimo Aggiornamento: 14/09/2009 17:10
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Qui I Padri della Chiesa spiegati da Benedetto XVI potete trovare i link di tutte le catechesi del Papa sui Padri della Chiesa, noi nel frattempo inseriremo giornalmente queste catechesi sui Padri e altri testi riguardanti questi uomini illustri, iniziando da san Giovanni Crisostomo, padre della Liturgia Orientale:


BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 19 settembre 2007

San Giovanni Crisostomo

I: Gli anni di Antiochia

Cari fratelli e sorelle,

quest’anno ricorre il sedicesimo centenario della morte di san Giovanni Crisostomo (407-2007). Giovanni di Antiochia, detto Crisostomo, cioè «Bocca d’oro» per la sua eloquenza, può dirsi vivo ancora oggi, anche a motivo delle sue opere. Un anonimo copista lasciò scritto che esse «attraversano tutto l’orbe come fulmini guizzanti». I suoi scritti permettono anche a noi, come ai fedeli del suo tempo, che ripetutamente furono privati di lui a causa dei suoi esili, di vivere con i suoi libri, nonostante la sua assenza. E’ quanto egli stesso suggeriva dall’esilio in una sua lettera (cfr A Olimpiade, Lettera 8,45).

Nato intorno al 349 ad Antiochia di Siria (oggi Antakya, nel sud della Turchia), vi svolse il ministero presbiterale per circa undici anni, fino al 397, quando, nominato Vescovo di Costantinopoli, esercitò nella capitale dell’Impero il ministero episcopale prima dei due esili, seguiti a breve distanza l’uno dall’altro, fra il 403 e il 407. Ci limitiamo oggi a considerare gli anni antiocheni del Crisostomo.

Orfano di padre in tenera età, visse con la madre, Antusa, che trasfuse in lui una squisita sensibilità umana e una profonda fede cristiana. Frequentando gli studi superiori, coronati dai corsi di filosofia e di retorica, ebbe come maestro Libanio, pagano, il più celebre retore del tempo.

Alla sua scuola, Giovanni divenne il più grande oratore della tarda antichità greca. Battezzato nel 368 e formato alla vita ecclesiastica dal Vescovo Melezio, fu da lui istituito lettore nel 371. Questo fatto segnò l’ingresso ufficiale del Crisostomo nel cursus ecclesiastico. Frequentò, dal 367 al 372, l’Asceterio, una sorta di seminario di Antiochia, insieme con un gruppo di giovani, alcuni dei quali divennero poi Vescovi, sotto la guida del famoso esegeta Diodoro di Tarso, che avviò Giovanni all'esegesi storico-letterale, caratteristica della tradizione antiochena.

Si ritirò poi per quattro anni tra gli eremiti sul vicino monte Silpio. Proseguì quel ritiro per altri due anni, vissuti da solo in una grotta sotto la guida di un «anziano». In quel periodo si dedicò totalmente a meditare «le leggi di Cristo», i Vangeli e specialmente le Lettere di Paolo. Ammalatosi, si trovò nell’impossibilità di curarsi da solo, e dovette perciò ritornare nella comunità cristiana di Antiochia (cfr Palladio, Vita 5).

Il Signore – spiega il biografo – intervenne con l’infermità al momento giusto per permettere a Giovanni di seguire la sua vera vocazione. In effetti scriverà lui stesso che, posto nell’alternativa di scegliere tra le traversie del governo della Chiesa e la tranquillità della vita monastica, avrebbe preferito mille volte il servizio pastorale (cfr Il sacerdozio 6,7): proprio a questo il Crisostomo si sentiva chiamato. E qui si compie la svolta decisiva della sua storia vocazionale: Pastore d’anime a tempo pieno! L’intimità con la Parola di Dio, coltivata durante gli anni del romitaggio, aveva maturato in lui l’urgenza irresistibile di predicare il Vangelo, di donare agli altri quanto egli aveva ricevuto negli anni della meditazione. L’ideale missionario lo lanciò così, anima di fuoco, nella cura pastorale.

Fra il 378 e il 379 ritornò in città. Diacono nel 381 e presbitero nel 386, divenne celebre predicatore nelle chiese della sua città. Tenne omelie contro gli ariani, seguite da quelle commemorative dei martiri antiocheni e da altre sulle festività liturgiche principali: si tratta di un grande insegnamento della fede in Cristo, anche alla luce dei suoi Santi. Il 387 fu l’«anno eroico» di Giovanni, quello della cosiddetta «rivolta delle statue».

Il popolo abbatté le statue imperiali, in segno di protesta contro l’aumento delle tasse. Si vede che alcune cose nella storia non cambiano! In quei giorni di Quaresima e di angoscia, a motivo delle incombenti punizioni da parte dell’imperatore, egli tenne le sue 22 vibranti Omelie sulle statue, finalizzate alla penitenza e alla conversione. Seguì il periodo della serena cura pastorale (387-397).

Il Crisostomo si colloca tra i Padri più prolifici: di lui ci sono giunti 17 trattati, più di 700 omelie autentiche, i commenti a Matteo e a Paolo (Lettere ai Romani, ai Corinti, agli Efesini e agli Ebrei), e 241 lettere. Non fu un teologo speculativo. Trasmise, però, la dottrina tradizionale e sicura della Chiesa in un’epoca di controversie teologiche suscitate soprattutto dall’arianesimo, cioè dalla negazione della divinità di Cristo. È pertanto un testimone attendibile dello sviluppo dogmatico raggiunto dalla Chiesa nel IV-V secolo.

La sua è una teologia squisitamente pastorale, in cui è costante la preoccupazione della coerenza tra il pensiero espresso dalla parola e il vissuto esistenziale. È questo, in particolare,  il filo conduttore delle splendide catechesi, con le quali egli preparava i catecumeni a ricevere il Battesimo. Prossimo alla morte, scrisse che il valore dell’uomo sta nella «conoscenza esatta della vera dottrina e nella rettitudine della vita» (Lettera dall’esilio). Le due cose, conoscenza della verità e rettitudine nella vita, vanno insieme: la conoscenza deve tradursi in vita. Ogni suo intervento mirò sempre a sviluppare nei fedeli l’esercizio dell’intelligenza, della vera ragione, per comprendere e tradurre in pratica le esigenze morali e spirituali della fede.

Giovanni Crisostomo si preoccupa di accompagnare con i suoi scritti lo sviluppo integrale della persona, nelle dimensioni fisica, intellettuale e religiosa. Le varie fasi della crescita sono paragonate ad altrettanti mari di un immenso oceano: «Il primo di questi mari è l’infanzia» (Omelia 81,5 sul Vangelo di Matteo). Infatti «proprio in questa prima età si manifestano le inclinazioni al vizio e alla virtù». Perciò la legge di Dio deve essere fin dall’inizio impressa nell’anima «come su una tavoletta di cera» (Omelia 3,1 sul Vangelo di Giovanni): di fatto è questa l’età più importante. Dobbiamo tener presente come è fondamentale che in questa prima fase della vita entrino realmente nell’uomo i grandi orientamenti che danno la prospettiva giusta all’esistenza.

Crisostomo perciò  raccomanda: «Fin dalla più tenera età premunite i bambini con armi spirituali, e insegnate loro a segnare la fronte con la mano» (Omelia 12,7 sulla prima Lettera ai Corinzi). Vengono poi l’adolescenza e la  giovinezza: «All'infanzia segue il mare dell’adolescenza, dove i venti soffiano violenti..., perchè in noi cresce... la concupiscenza» (Omelia 81,5 sul Vangelo di Matteo). Giungono infine il fidanzamento e il matrimonio: «Alla giovinezza succede l’età della persona matura, nella quale sopraggiungono gli impegni di famiglia: è il tempo di cercare moglie” (ibid.). Del matrimonio egli ricorda i fini, arricchendoli – con il richiamo alla virtù della temperanza – di una ricca trama di rapporti personalizzati. Gli sposi ben preparati sbarrano così la via al divorzio: tutto si svolge con gioia e si possono educare i figli alla virtù. Quando poi nasce il primo bambino, questi è «come un ponte; i tre diventano una carne sola, poiché il figlio congiunge le due parti» (Omelia 12,5 sulla Lettera ai Colossesi), e i tre costituiscono «una famiglia, piccola Chiesa» (Omelia 20,6 sulla Lettera agli Efesini).

La predicazione del Crisostomo si svolgeva abitualmente nel corso della liturgia, «luogo» in cui la comunità si costruisce con la Parola e l’Eucaristia. Qui l’assemblea riunita esprime l’unica Chiesa (Omelia 8,7 sulla Lettera ai Romani), la stessa parola è rivolta in ogni luogo a tutti (Omelia 24,2 sulla prima Lettera ai Corinzi), e la comunione eucaristica si rende segno efficace di unità (Omelia 32,7 sul Vangelo di Matteo).

Il suo progetto pastorale era inserito nella vita della Chiesa, in cui i fedeli laici col Battesimo assumono l’ufficio sacerdotale, regale e profetico. Al fedele laico egli dice: «Pure te il Battesimo fa re, sacerdote e profeta» (Omelia 3,5 sulla seconda Lettera ai Corinzi). Scaturisce di qui il dovere fondamentale della missione, perché ciascuno in qualche misura è responsabile della salvezza degli altri: «Questo è il principio della nostra vita sociale... non interessarci solo di noi!» (Omelia 9,2 sulla Genesi). Il tutto si svolge tra due poli: la grande Chiesa e la «piccola Chiesa», la famiglia, in reciproco rapporto.

Come potete vedere, cari fratelli e sorelle, questa lezione del Crisostomo sulla presenza autenticamente cristiana dei fedeli laici nella famiglia e nella società, rimane ancor oggi più che mai attuale. Preghiamo il Signore perché ci renda docili agli insegnamenti di questo grande Maestro della fede.

© Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana

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BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 26 settembre 2007

San Giovanni Crisostomo

II: Gli anni di Costantinopoli

Cari fratelli e sorelle,

continuiamo oggi la nostra riflessione su san Giovanni Crisostomo.

Dopo il periodo passato ad Antiochia, nel 397 egli fu nominato Vescovo di Costantinopoli, la capitale dell’Impero romano d’Oriente. Fin dall’inizio, Giovanni progettò la riforma della sua Chiesa: l’austerità del palazzo episcopale doveva essere di esempio per tutti – clero, vedove, monaci, persone della corte e ricchi. Purtroppo, non pochi di essi, toccati dai suoi giudizi, si allontanarono da lui. Sollecito per i poveri, Giovanni fu chiamato anche «l’Elemosiniere». Da attento amministratore, infatti, era riuscito a creare istituzioni caritative molto apprezzate.

La sua intraprendenza nei vari campi ne fece per alcuni un pericoloso rivale. Egli, tuttavia, come vero Pastore, trattava tutti in modo cordiale e paterno. In particolare, riservava accenti sempre teneri per la donna e cure speciali per il matrimonio e la famiglia. Invitava i fedeli a partecipare alla vita liturgica, da lui resa splendida e attraente con geniale creatività.

Nonostante il suo cuore buono, non ebbe una vita tranquilla. Pastore della capitale dell’Impero, si trovò coinvolto spesso in questioni e intrighi politici, a motivo dei suoi continui rapporti con le autorità e le istituzioni civili. Sul piano ecclesiastico, poi, avendo deposto in Asia nel 401 sei Vescovi indegnamente eletti, fu accusato di aver varcato i confini della propria giurisdizione, e diventò così bersaglio di facili accuse. Un altro pretesto contro di lui fu la presenza di alcuni monaci egiziani, scomunicati dal patriarca Teofilo di Alessandria e rifugiatisi a Costantinopoli.
 
Una vivace polemica fu poi originata dalle critiche mosse dal Crisostomo all’imperatrice Eudossia e alle sue cortigiane, che reagirono gettando su di lui discredito e insulti. Si giunse così alla sua deposizione, nel sinodo organizzato dallo stesso patriarca Teofilo nel 403, con la conseguente condanna al primo breve esilio. Dopo il suo rientro, l’ostilità suscitata contro di lui dalla protesta contro le feste in onore dell’imperatrice – che il Vescovo considerava come feste pagane, lussuose –, e la cacciata dei presbiteri incaricati dei Battesimi nella Veglia pasquale del 404 segnarono l’inizio della persecuzione di Crisostomo e dei suoi seguaci, i cosiddetti «Giovanniti».

Allora Giovanni denunciò per lettera i fatti al Vescovo di Roma, Innocenzo I. Ma era ormai troppo tardi. Nell’anno 406 dovette di nuovo recarsi in esilio, questa volta a Cucusa, in Armenia. Il Papa era convinto della sua innocenza, ma non aveva il potere di aiutarlo. Un Concilio, voluto da Roma per una pacificazione tra le due parti dell’Impero e tra le loro Chiese, non poté avere luogo. Lo spostamento logorante da Cucusa verso Pytius, mèta mai raggiunta, doveva impedire le visite dei fedeli e spezzare la resistenza dell’esule sfinito: la condanna all’esilio fu una vera condanna a morte! Sono commoventi le numerose lettere dall’esilio, in cui Giovanni manifesta le sue preoccupazioni pastorali con accenti di partecipazione e di dolore per le persecuzioni contro i suoi.

La marcia verso la morte si arrestò a Comana nel Ponto. Qui Giovanni moribondo fu portato nella cappella del martire san Basilisco, dove esalò lo spirito a Dio e fu sepolto, martire accanto al martire (Palladio, Vita 119). Era il 14 settembre 407, festa dell’Esaltazione della santa Croce. La riabilitazione ebbe luogo nel 438 con Teodosio II. Le reliquie del santo Vescovo, deposte nella chiesa degli Apostoli a Costantinopoli, furono poi trasportate nel 1204 a Roma, nella primitiva Basilica costantiniana, e giacciono ora nella cappella del Coro dei Canonici della Basilica di San Pietro. Il 24 agosto 2004 una parte cospicua di esse fu donata dal Papa Giovanni Paolo II al Patriarca Bartolomeo I di Costantinopoli. La memoria liturgica del Santo si celebra il 13 settembre. Il beato Giovanni XXIII lo proclamò patrono del Concilio Vaticano II.

Di Giovanni Crisostomo si disse che, quando fu assiso sul trono della Nuova Roma, cioè di Costantinopoli, Dio fece vedere in lui un secondo Paolo, un dottore dell’Universo. In realtà, nel Crisostomo c’è un’unità sostanziale di pensiero e di azione ad Antiochia come a Costantinopoli. Cambiano solo il ruolo e le situazioni. Meditando sulle otto opere compiute da Dio nella sequenza dei sei giorni nel commento della Genesi, il Crisostomo vuole riportare i fedeli dalla creazione al Creatore: «È un gran bene», dice, «conoscere ciò che è la creatura e ciò che è il Creatore». Ci mostra la bellezza della creazione e la trasparenza di Dio nella sua creazione, la quale diventa così quasi una «scala» per salire a Dio, per conoscerlo. Ma a questo primo passo se ne aggiunge un secondo: questo Dio creatore è anche il Dio della condiscendenza (synkatábasis). Noi siamo deboli nel «salire», i nostri occhi sono deboli. E così Dio diventa il Dio della condiscendenza, che invia all’uomo caduto e straniero una lettera, la Sacra Scrittura, cosicché creazione e Scrittura si completano. Nella luce della Scrittura, della lettera che Dio ci ha dato, possiamo decifrare la creazione. Dio è chiamato «padre tenero» (philostórghios) (ibid.), medico delle anime (Omelia 40,3 sulla Genesi), madre (ibid.) e amico affettuoso (La provvidenza 8,11-12).

Ma a questo secondo passo – prima la creazione come «scala» verso Dio e poi la condiscendenza di Dio tramite una lettera che ci ha dato, la Sacra Scrittura – si aggiunge un terzo passo. Dio non solo ci trasmette una lettera: in definitiva, scende Lui stesso, si incarna, diventa realmente «Dio con noi», nostro fratello fino alla morte sulla Croce.  E a questi tre passi – Dio è visibile nella creazione, Dio ci dà una sua lettera, Dio scende e diventa uno di noi – si aggiunge alla fine un quarto passo. All’interno della vita e dell’azione del cristiano, il principio vitale e dinamico è lo Spirito Santo (Pneuma), che trasforma le realtà del mondo. Dio entra nella nostra stessa esistenza tramite lo Spirito Santo e ci trasforma dall’interno del nostro cuore.

Su questo sfondo, proprio a Costantinopoli Giovanni, nel commento continuato degli Atti degli Apostoli, propone l’esperienza della Chiesa primitiva (At 4,32-37) come modello per la società, sviluppando un’ «utopia» sociale (quasi una «città ideale»). Si trattava infatti di dare un’anima e un volto cristiano alla città. In altre parole, Crisostomo ha capito che non è sufficiente fare elemosina, aiutare i poveri di volta in volta, ma è necessario creare una nuova struttura, un nuovo modello di società: un modello basato sulla prospettiva del Nuovo Testamento.

È la nuova società che si rivela nella Chiesa nascente. Quindi Giovanni Crisostomo diventa realmente così uno dei grandi Padri della Dottrina sociale della Chiesa: la vecchia idea della «polis» greca va sostituita da una nuova idea di città ispirata alla fede cristiana. Crisostomo sosteneva con Paolo (cfr 1 Cor 8,11) il primato del singolo cristiano, della persona in quanto tale, anche dello schiavo e del povero. Il suo progetto corregge così la tradizionale visione greca della «polis», della città, in cui larghi strati della popolazione erano esclusi dai diritti di cittadinanza, mentre nella città cristiana tutti sono fratelli e sorelle con uguali diritti. Il primato della persona è anche la conseguenza del fatto che realmente partendo da essa si costruisce la città, mentre nella «polis» greca la patria era al di sopra del singolo, il quale era totalmente subordinato alla città nel suo insieme.

Così con Crisostomo comincia la visione di una società costruita dalla coscienza cristiana. Ed egli ci dice che la nostra «polis» è un’altra, «la nostra patria è nei cieli» (Fil 3,20) e questa nostra patria ci rende tutti uguali, fratelli e sorelle, anche su questa terra, e ci obbliga alla solidarietà.

Al termine della sua vita, dall’esilio ai confini dell’Armenia, «il luogo più remoto del mondo», Giovanni, ricongiungendosi alla sua prima predicazione del 386, riprese il tema a lui caro del piano che Dio persegue nei confronti dell’umanità: è un piano «indicibile e incomprensibile», ma sicuramente guidato da Lui con amore (cfr La provvidenza 2,6). Questa è la nostra certezza. Anche se non possiamo decifrare i dettagli della storia personale e collettiva, sappiamo che il piano di Dio è sempre ispirato dal suo amore.

Così, nonostante le sue sofferenze, il Crisostomo riaffermava la scoperta che Dio ama ognuno di noi con un amore infinito, e perciò vuole la salvezza di tutti. Da parte sua, il santo Vescovo cooperò a questa salvezza generosamente, senza risparmiarsi, lungo tutta la sua vita. Considerava infatti ultimo fine della sua esistenza quella gloria di Dio, che – ormai morente – lasciò come estremo testamento: «Gloria a Dio per tutto!» (Palladio, Vita 11).

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UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE 
DEL SOMMO PONTEFICE     

  

San Giovanni Crisostomo

 

            “Crisostomo”, vale a dire “bocca d'oro”, fu il soprannome dato a Giovanni a motivo del fascino suscitato dalla sua arte oratoria. Nato ad Antiochia in una data non precisabile tra il 344 e il 354, Giovanni si dedicò agli studi di retorica sotto la direzione del celebre Libanio; pare che questi lo stimasse a tal punto da rispondere a chi gli chiedeva chi volesse come suo successore: “Giovanni, se i cristiani non me lo avessero rubato!” Dopo aver ricevuto il battesimo, Giovanni frequentò la cerchia di Diodoro, il futuro Vescovo di Tarso: nel gruppo di discepoli che si radunavano attorno a costui imparò a leggere le Scritture secondo il metodo antiocheno, attento alla spiegazione letterale dei testi, e compì i primi passi lungo quel cammino spirituale che lo condurrà a lasciare la città e a vivere alcuni anni in solitudine sul monte Silpio, nei pressi di Antiochia.

            Rientrato in città, fu ordinato diacono dal Vescovo Melezio nel 381 e, cinque anni più tardi, presbitero dal Vescovo Flaviano, che gli fu maestro non solo di eloquenza, ma anche di carità e saldezza nella fede. Furono anni di intensa predicazione: Giovanni commentava le Scritture secondo i principi esegetici della scuola antiochena, aliena da ogni allegorismo e sostanzialmente fedele alla lettera del testo biblico. La predicazione di Giovanni si traduceva sovente in esortazione morale: ora, veniva presa di mira la passione per gli spettacoli che eccitava i cristiani di Antiochia, ora la rilassatezza dei costumi. Con grande zelo esorta a radicare la propria vita di credenti nella conoscenza delle Scritture, a vivere un'intensa vita spirituale senza ritenere che essa sia riservata soltanto ai monaci, a praticare la carità nella cura sollecita per il “sacramento del fratello”. “È un errore mostruoso credere che il monaco debba condurre una vita più perfetta, mentre gli altri potrebbero fare a meno di preoccuparsene ... Laici e monaci devono giungere a un'identica perfezione” (Contro gli oppositori della vita monastica 3, 14).

            Nel 397 Giovanni fu chiamato a Costantinopoli quale successore del Patriarca Nettario. Nella capitale dell'impero il nuovo Patriarca si dedicò con grande zelo alla riforma della Chiesa: depose i Vescovi simoniaci, combatté l'usanza della coabitazione di preti e diaconesse, predicò contro l'accumulo delle ricchezze nelle mani di pochi e contro l'arroganza dei potenti, e destinò gran parte dei beni ecclesiastici a opere di carità. Anche a Costantinopoli continua il suo ministero di predicatore della Parola e di operatore di pace. La sua opera di evangelizzazione si estende ai goti e ai fenici. Intransigente quando la fede è minacciata, predica l'amore per il peccatore e per il nemico. “Il popolo lo applaudiva per le sue omelie e lo amava”, afferma lo storico Socrate (Storia ecclesiastica 6, 4).

            Tutto questo gli procurò molti amici e molti nemici: amato dai poveri come un padre, fu osteggiato dai potenti, che vedevano in lui una temibile minaccia per i loro privilegi. L'inimicizia nei suoi confronti crebbe con l'ascesa al potere dell'imperatrice Eudossia. Costei, nel 403, con l'appoggio del Patriarca di Alessandria, Teofilo, indisse un processo contro Giovanni e lo fece deportare e condannare all'esilio. Il decreto di condanna fu revocato dopo poco tempo e Giovanni poté rientrare in diocesi, ma solo per pochi mesi. Durante la celebrazione della Pasqua del 404 le guardie imperiali fecero irruzione nella cattedrale della città provocando uno spargimento di sangue; vi furono disordini per diversi giorni. Poco dopo la festa di Pentecoste, Giovanni fu arrestato e nuovamente condannato all'esilio. Per evitare mali ulteriori, il Patriarca lasciò la casa episcopale uscendo da una porta secondaria; si congedò dai Vescovi riuniti in sacrestia e fece chiamare la diaconessa Olimpia e le sue compagne, che conducevano una vita comunitaria a servizio della chiesa nella casa accanto a quella del Vescovo. “Venite, figlie, ascoltatemi. Per me è giunta la fine, lo vedo. Ho terminato la corsa e forse non vedrete più il mio volto” (Palladio, Dialogo sulla vita di Giovanni Crisostomo, 10). Con queste parole il padre si accomiata dalle sue figlie spirituali.

Giovanni fece appello al papa Innocenzo I, che ne riconobbe l’innocenza; ma ciò nonostante fu costretto a lasciare Costantinopoli. Alla sua partenza vi furono tumulti in città: venne appiccato fuoco a una chiesa adiacente al palazzo del senato e questo fornì un pretesto alle autorità imperiali per arrestare e perseguitare i seguaci di Giovanni. Questi fu confinato a Cucuso, una piccola città dell'Armenia, ma anche in questo luogo sperduto era raggiunto dalle manifestazioni di affetto dei suoi fedeli, e così i suoi nemici provvidero a farlo partire per una sede ancora più lontana. Avrebbe dovuto raggiungere Pizio, sul Ponto, ma morì lungo il viaggio, a Comana, stremato dalle marce forzate a cui era stato sottoposto. Era il 14 settembre 407.

            “Gloria a Dio in tutto: non smetterò di ripeterlo, sempre dinanzi a tutto quello che mi accade!” (Lettere a Olimpia, 4). In queste parole troviamo condensata la testimonianza di Giovanni; anche in mezzo alle molte tribolazioni che occorre attraversare per entrare nel regno dei cieli (cf. At 14, 22), Giovanni “Boccadoro” ci insegna a cogliere la luce della risurrezione che già si sprigiona dalla croce e a portare la croce nella luce del Cristo risorto. Allora ogni discepolo può proclamare con gioia: “Gloria a Dio in tutto!”.

Il Martirologio romano, come pure i sinassari orientali, hanno iscritto la festa di Giovanni al 27 gennaio, anniversario del ritorno del corpo a Costantinopoli. Attualmente nel calendario romano la sua festa è celebrata il 13 settembre. Nello stesso giorno la festa è celebrata presso i siri. La Chiesa bizantina lo festeggia anche il 30 gennaio, insieme a San Basilio e a San Gregorio di Nazianzo, e il 13 novembre, giorno del suo ritorno dall'esilio. In Oriente si incontrano molti monasteri a lui dedicati. Dottore della Chiesa, Giovanni circonda con i Santi Atanasio, Ambrogio e Agostino, la Cattedra del Bernini nell'abside della Basilica Vaticana. Papa Giovanni XXIII pose il Concilio Vaticano II sotto la sua protezione.

www.vatican.va

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Per chi è interessato a conoscere meglio la figura di Giovanni Crisostomo, uno dei maggiori Padri della Chiesa, può consultare questi brani messi da noi nel Forum:

LA DIVINA LITURGIA DI SAN GIOVANNI CRISOSTOMO

San Giovanni Crisostomo: La Verginità

Giovanni Crisostomo Omelia XX sulla lettera agli Efesini

Giovanni Crisostomo: De inani gloria et de educandis liberis

Giovanni Crisostomo De sacerdotio


La Passione e Resurrezione di Cristo in san Giovanni

Giovanni Crisostomo; Brani scelti


Vi invitiamo anche a consultare degli ottimi testi su Giovanni Crisostomo a questo indirizzo:
Libri

Buona lettura e buona meditazione!
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