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SAN GIOVANNI CRISOSTOMO
La Passione e Resurrezione di Cristo in san Giovanni
Dal Commento al Vangelo di san Giovanni
Discorso ottantatreesimo
Detto questo, Gesù se ne andò con i suoi discepoli di là dal torrente Cedron, dove c'era un orto, e vi entrò, lui e i suoi discepoli 1.
1. - La morte è qualcosa che fa rabbrividire e riempie di spavento: ma non per i cultori della filosofia soprannaturale. Chi infatti non ha conosciuto nulla di chiaro riguardo alle cose future, ma crede che vi sia un dissolvimento e una fine della vita, con ragione rabbrividisce e si spaventa, perché pensa che cesserà di esistere. Ma noi che, per grazia di Dio, abbiamo appreso le cose occulte e nascoste della sua sapienza e crediamo che la morte sia solo un passaggio, non dobbiamo aver paura, non avendone un motivo valido; anzi, dobbiamo rallegrarci e stare di buon animo, perché da questa vita caduca passeremo ad un'altra migliore e più splendida, che non avrà mai fine. E il Cristo, insegnando questo con le opere, si avviò volentieri alla passione, non già costrettovi dalla forza e dalla necessità. « Detto questo — narra l'Evangelista — Gesù se ne andò con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c'era un orto, e vi entrò lui e i suoi discepoli ». Anche Giuda, che lo tradiva, conosceva il luogo, perché spesso Gesù si era riunito là con i suoi discepoli2. Gesù si incammina nel mezzo della notte, attraversa il torrente e si affretta al luogo che il traditore conosce, come per risparmiare ai congiurati ogni sforzo e ogni fatica, mostrando così ai discepoli di recarvisi volentieri, dato che questo soprattutto può consolarli; ed entra nell'orto come in un carcere. « Dopo che ebbe detto loro questo ». Che dici?
1 Gv. 18, 1. 2 Gv.18, 2. [Modificato da Cattolico_Romano 14/09/2009 16:12] __________________________________________________
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Aveva pregato il Padre, lo aveva supplicato. Perché dunque non dici che Gesù venne là dopo aver terminato la preghiera? Perché non si è trattato di una vera e propria preghiera, ma di un colloquio con il Padre per raccomandargli i discepoli. Anche i discepoli entrarono nell'orto. Li liberò cosi dalla paura, in modo che non si rifiutarono di entrarvi con lui. Che cosa spinse Giuda a venire proprio qui? O da chi seppe che si doveva andare là? Viene confermato, anche da questo episodio, che Gesù spesso pernottava all'aperto. Se avesse sentito il bisogno di una casa, Giuda non sarebbe andato a cercarlo in quel luogo deserto, ma a casa, per sorprenderlo e catturarlo nel sonno. Perché poi, sentendo parlare di un orto, tu non credessi che fosse venuto in una specie di nascondiglio, aggiunse: « Giuda conosceva quel luogo »; e non si limitò a questo, ma precisò: « perché spesso Gesù vi si era recato con i suoi discepoli ». Spesso dunque andava là, per parlare in disparte con loro delle cose più importanti, che non era conveniente ascoltassero anche gli altri. Questo avveniva su monti o in giardini, sempre cercando luoghi lontani dal chiasso e dalla confusione, in modo che gli ascoltatori non fossero distratti dall'insegnamento.
Giuda dunque, presa la coorte e delle guarde dai sommi sacerdoti e dai farisei, si portò in quel luogo3. Costoro avevano mandato spesso delle guardie per prenderlo, ma non vi erano mai riusciti. E' chiaro dunque che allora egli si consegnò spontaneamente nelle loro mani. E in qual modo convinsero una coorte di soldati a compiere quel misfatto? Si trattava di soldati che, per il denaro, erano pronti a fare qualsiasi cosa. Gesù, sapendo tutto quello che gli doveva accadere, si fa avanti e dice loro: «Chi cercate? »4. Cioè, non seppe queste cose al loro arrivo, ma con animo tranquillo, come chi conosce già ogni cosa, parlò e si comportò cosi. Perché poi vengono con le armi per catturarlo? Avevano paura dei suoi seguaci, e perciò misero in atto il loro piano a notte fonda. « Egli si fa avanti e dice: Chi cercate? ». Gli risposero: « Gesù diNazaret »5. Vedi quanto è insuperabile la sua potenza, e come, stando in mezzo a loro, li accecò? L'Evangelista ci fa capire che il fatto che non lo vedessero non dipendeva dal buio della notte, precisando che costoro erano muniti di torce.
3 Gv. 18, 3. 4 Gv. 18, 4. 5 Gv. 18, 5. __________________________________________________
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Ed anche se non ci fossero state le torce, potevano riconoscere Gesù dalla voce; e se i soldati potevano anche non riconoscerlo, come poteva non conoscerlo Giuda, che cosi a lungo era stato con lui? Difatti anche Giuda si trovava con loro, e non lo riconosceva più degli altri, anzi, cadde insieme con tutti gli altri riverso a terra. Gesù fece cosi per dimostrare che essi, sebbene egli si trovasse in mezzo a loro, non solo non sarebbero riusciti a prenderlo, ma neppure a vederlo, se egli non avesse voluto. Gesù chiede loro di nuovo: « Chi cercate? »6. Quale follia! Con una parola li ha fatti stramazzare in terra, ed essi non si ravvedono, dopo aver così sperimentato la sua potenza, ma ripetono il loro tentativo. Ma ora, dopo aver fatto quello che era in suo potere, si consegna nelle loro mani e dice loro: « Ve l'ho detto, sono io ». AncheGiuda che lo tradiva stava con loro7. Osserva la moderazione dell'Evangelista, e come non inveisca contro il traditore, ma esponga invece i fatti preoccupandosi di una sola cosa: dimostrare che tutto accadde perché Gesù lo permetteva. Perché non si dicesse che lo stesso Cristo, tradendo se stesso e mostrandosi a loro, li spinse a far ciò, egli, dopo aver usato ogni mezzo per farli recedere dal loro proposito, siccome si ostinavano nella loro malvagità e non avevano quindi più nessuna attenuante, finalmente si consegnò nelle loro mani, dicendo: « Se dunque cercate me, lasciate chequesti se ne vadano », mostrando cosi fino all'ultimo momento la sua benevolenza verso i discepoli. « Se avete bisogno di me — dice — non avete niente da spartirecon costoro, ecco che da me stesso mi consegno a voi ».
Si adempiva cosi la parola che aveva detto: « Non ho perduto nessuno di loro »8.
Gesù intendeva per perdizione non questa morte, ma quella eterna. Ma l'Evangelista interpretò tale parola nel senso di morte fisica. Qualcuno potrebbe stupirsi per il fatto che non imprigionarono e percossero anche i discepoli, soprattutto dal momento che Pietro li istigava a opporre resistenza, ed aveva ferito un servo. Che cosa li trattenne dal farlo? Niente altro che quella stessa forza che un momento prima li aveva fatti stramazzare in terra. Questo intendeva l'Evangelista, allorché, dopo aver spiegato che ciò non proveniva dalla loro volontà, ma dalla potenza e dalla libera determinazione di colui che veniva imprigionato, aggiunse: « Si adempiva così la parola che aveva detto: " Nessuno di loro si è perduto " ».
6 Gv. 18, 7. 7 Gv. 18, 8. 5. 8 Gv. 18, 9. [Modificato da Cattolico_Romano 14/09/2009 16:17] __________________________________________________
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2. - Pietro, dunque, incoraggiato da queste parole e dalla piega che prendevano le cose, si arma per difendersi dagli aggressori. « Come mai — tu mi chiederai — colui al quale era stato ordinato di non portare con sé né bisaccia né due tuniche, aveva con sé la spada? »9. Io credo che se ne fosse premunito già da un pezzo, temendo che si verificassero quei fatti. E se dirai: « Come può comportarsi da omicida uno cui è stato ordinato di non dare neppure uno schiaffo? », ma gli era stato soprattutto ordinato di non vendicarsi: qui però si trattava non di vendicarsi, ma di difendere il Maestro.
Inoltre i discepoli non avevano ancora raggiunto la completa perfezione. Ma se tu vuoi vedere Pietro comportarsi da saggio, lo vedrai più tardi, quando, percosso e colpito da innumerevoli mali, non si adirerà; Gesù poi qui compie anche un miracolo per insegnarti che bisogna elargire benefici anche a chi ci offende, ed insieme per manifestare la sua potenza. Riattacca l'orecchio al servo e dice a Pietro: « Tutti quelli che metteranno mano alla spada, di spada periranno »10. Come ha fatto in occasione della lavanda dei piedi, quando con le minacce vinse la sua resistenza, cosi si comporta anche qui. L'Evangelista precisa anche il nome del servo, perché grande era il gesto di Gesù, non tanto per il fatto di averlo guarito, ma anche perché aveva guarito proprio quello che poco dopo gli darà uno schiaffo, impedendo così che si scatenasse la reazione dei soldati contro i discepoli. Per questo l'Evangelista indicò il suo nome, in modo che coloro che avrebbero letto allora il suo scritto potessero rendersi conto di tutta la verità. E non senza motivo precisa che si tratta del suo orecchio destro; ma, come io credo, per far notare l'energica reazione dell'apostolo, che mirò direttamente alla testa. Gesù però non soltanto lo frena con le minacce, ma con queste altre parole lo consola: « Il calice che il Padre mi ha dato, non lo berrò? » 11, mostrando che quello che avveniva non era da attribuirsi alla forza degli aggressori, ma al consenso della sua volontà, e proclamando di non essere affatto contrario a Dio, ma che invece obbediva al Padre sino alla morte.
9 Cf. Mt. 10, 10. 10 Mt. 26, 52. 11 Gv. 18, 11. __________________________________________________
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Allora presero Gesù e lo legarono; e lo condussero ad Anna 12. Perché ad Anna?Erano lieti per la loro impresa, come se si fossero guadagnati un trofeo. Perché era suocero di Caifa. Questo Caifa era quello che aveva dato ai giudei il consiglio: « Conviene che uno solo muoia... »13. Perché l'Evangelista richiama di nuovo alla nostra memoria quella profezia? Per farci intendere che tutto questo è accaduto per la nostra salvezza. E tanto grande era la forza di questa verità, che anche i nemici la preannunciavano. Perché, sentendo che Gesù viene incatenato, qualcuno non ne resti turbato, l'Evangelista ricorda questa profezia, cioè, che la sua morte significava la salvezza del mondo.
Lo seguivano Pietro e un altro discepolo14. Chi è quest'altro discepolo? Lo stesso che ha scritto questo Vangelo. E perché non dice il suo nome? Infatti, quando, prima, ha reclinato il capo sul petto di Gesù, giustamente ha tenuto nascosto il suo nome; ma perché ora si comporta allo stesso modo? Certamente per l'identica ragione. Anche qui sta narrando un fatto che tornava a sua lode, perché, mentre tutti gli altri discepoli fuggivano, egli lo seguiva. Per questo tace il suo nome e mette al primo posto Pietro, anche se è costretto a far menzione di se medesimo, affinchè tu apprenda che egli ha narrato più diligentemente degli altri come si svolsero le cose nell'atrio, per esservi entrato anche lui. Osserva come evita di tessere le proprie lodi. Perché non si dicesse: « Come mai, mentre tutti gli altri si erano allontanati, egli entrò più all'interno del palazzo dello stesso Simone? », aggiunse: Perché eraconosciuto dal sommo sacerdote 15, in modo che nessuno si stupisca che lui segui da vicino Gesù e non lodi il suo coraggio. C'è invece da stupirsi che Pietro, timoroso com'era, mentre gli altri si erano allontanati, giungesse fino all'atrio. Fu il suo affetto che lo spinse fin là; ma la paura lo trattenne dall'inoltrarsi più all'interno. Proprio questo scrisse l'Evangelista, per preparare la strada a scusare la sua negazione. Non dice infatti come se fosse una cosa importante, a proposito di sé, che lui era conosciuto dal sommo sacerdote; poiché aveva narrato che solo lui era entrato nell'atrio con Gesù, perché tu non attribuisca tale gesto al suo grande coraggio, ne spiega il motivo.
12 Gv. 18, 12-13. 13 Gv. 18, 14. 14 Gv. 18, 15. 15 Gv. 18, 16. __________________________________________________
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Da quel che narra dopo, fa capire che anche Pietro sarebbe entrato con lui, se gli fosse stato permesso. Essendo infatti uscito fuori e avendo ordinato alla portinaia di fare entrare Pietro, subito questi entrò. Perché non lo fece entrare lui stesso? Perché voleva star vicino al Cristo e lo seguiva; per questo incaricò la donna di farlo entrare. Che cosa gli chiede questa donna? « Non sei anche tu dei discepoli di quest'uomo? ». Egli rispose: « Non lo sono » 16.
Che dici mai, Pietro? Non dicevi forse poco fa che, se fosse necessario dare la vita per Gesù, tu la daresti immediatamente? Che cosa è successo? Come dunque tu non riesci a essere coraggioso neppure di fronte alla domanda di una portinaia? Era forse un soldato quello che ti interrogava? era forse uno di coloro che avevano arrestato Gesù? La portinaia era una donna di basso ceto, e la sua domanda non era stata fatta in tono impertinente. Non ti ha chiesto: « Sei forse un discepolo di quell'impostore e di quel criminale? ». Ma: « di quest'uomo », in tono, se mai, di commiserazione. Ma Pietro non considerò affatto tutto questo. Anche le parole « sei forse anche tu », ella le diceva perché dentro c'era Giovanni, tanto mansueto era il tono con cui la donna parlava. Ma Pietro non rifletteva su ciò e non se ne rendeva conto né la prima, né la seconda volta, né la terza, ma solo quando il gallo cantò: e non se ne rese cosciente se non nel momento in cui Cristo lo guardò severamente. Ed egli stava a riscaldarsi insieme con i servi del sommo sacerdote, mentre il Cristo era dentro in catene. Diciamo queste cose non per accusare Pietro, ma per far risaltare la veridicità della predizione di Cristo.
Il sommo sacerdote interrogò il Cristo intorno ai suoi discepoli e alla sua dottrina 17.
3. - Quale ipocrisia! Dopo averlo spesso ascoltato mentre parlava nel tempio e pubblicamente insegnava, ora vuole apprendere la sua dottrina. Poiché non avevano niente di cui accusarlo, lo interrogavano sui discepoli: forse gli chiesero dove si trovassero allora, e per qual motivo egli li aveva riuniti insieme, che cosa voleva, quali argomenti venivano da lui trattati.
16 Gv. 18, 17. 17 Gv. 18, 19. __________________________________________________
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Il sommo sacerdote parlava di queste cose, perché voleva accusarlo di essere un sovversivo ed un novatore, come se nessun altro, all'infuori dei discepoli, credesse in lui. Come se la sua scuola fosse un ritrovo dove si premeditavano cattive azioni. Che risponde dunque il Cristo? Per confutare queste accuse, dichiara: « Io ho parlato pubblicamente al mondo » 18, non in privato ai discepoli; « Ho insegnato pubblicamente,nel tempio ». Ma come? non ha detto mai niente in segreto? Certo che talvolta l'ha detto, ma non, come essi credevano, per paura e per preparare una sedizione; ma perché le cose di cui parlava erano al di sopra della comprensione della folla. « Perché lo domandi a me? Domandalo ai miei ascoltatori » 19.
Queste parole non dimostrano arroganza, ma indicano la sua piena fiducia nella verità di quanto ha detto. Poiché all'inizio aveva dichiarato: « Se io testimonio di me stesso, la mia testimonianza non è vera » 20, accenna anche adesso allo stesso concetto, volendo indicare una testimonianza degna di fede. Siccome poi gli aveva chiesto informazioni sul conto dei suoi discepoli come tali, che cosa risponde? « Mi fai domande riguardo ai miei? Interroga piuttosto i miei nemici, i miei persecutori, quelli che mi hanno incatenato: parlino costoro ». E' una sicura dimostrazione della verità, quando uno chiama a testimoniare delle sue parole i suoi stessi nemici. Che fece dunque il sommo sacerdote? Mentre sarebbe stato necessario condurre un'inchiesta, egli non la compì affatto. Una guardia che stava li gli diede uno schiaffo, mentre cosi parlava21.
Quale gesto poteva essere più provocatorio e impertinente? Inorridisci, cielo; trema, terra, di fronte alla pazienza del Signore e alla scelleratezza dei servi. Ma che cosa aveva detto? Non aveva detto: « Perché mi interroghi? », per non voler rispondergli, ma per togliere alla loro malvagità ogni attenuante. Ed allorché, proprio per questo, venne percosso, e avrebbe potuto sconvolgere, distruggere, sovvertire ogni cosa, non fece niente di tutto questo, ma parlò in maniera tale da lenire qualsiasi ferita.
18 Gv. 18, 20. 19 Gv. 18, 21. 20 Gv. 5, 31. 21 Gv. 18, 22. __________________________________________________
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« Se ho parlato male, dimostralo » 22. Cioè: se trovi riprovevoli le mie parole, indicamene la ragione. « Se non puoi dimostrarlo, perché mi percuoti? ». Non vedi come questo processo si svolga in un clima di confusione, di rabbia e di turbamento? Subdolamente il capo dei sacerdoti lo interrogò: Gesù invece gli rispose correttamente e come si conveniva. Quale avrebbe dovuto essere la logica conclusione di tutto ciò? O confutare, oppure starsene zitti. Invece accadde il contrario; infatti un servo lo schiaffeggiò. Non si trattava quindi di un regolare processo, ma soltanto di violenza e di disordine. E poi, siccome non trovano più nessuna accusa da muovergli, dopo averlo legato, lo mandano da Caifa23.
Intanto Pietro stava a scaldarsi24. Davvero grande era il torpore che si era impadronito di questo discepolo, già fervente e addirittura furioso, quando Gesù veniva trascinato via! Dopo però non si commuove più, ma sta li a scaldarsi, affinchè tu apprenda quanto sia grande la nostra debolezza, allorché Dio ci abbandona alla nostra natura. Interrogato, di nuovo nega. Poi, un parente di quel servo, a cui Pietroaveva tagliato l'orecchio, indignato da questo fatto, disse: « Non ti ho visto ionell'orto? »25. Neppure l'orto richiama alla memoria di Pietro quanto vi è accaduto, e non gli viene in mente quanto affetto, a parole, aveva manifestato in quel luogo; ma per la paura aveva dimenticato tutto. Perché gli evangelisti sono perfettamente concordi nel narrare questo episodio? Non certo per accusare il discepolo, ma per insegnarci quanto sia colpevole il non rimettere tutto a Dio, ma confidare presuntuosamente in sé stessi. Ammira la provvidenza del Maestro, in quanto, sebbene prigioniero e incatenato, si prese molta cura del suo discepolo, svegliandolo dal suo torpore con un solo sguardo e movendolo al pianto.
Lo trascinano dunque da Caifa a Pilato26.
Era stabilito che accadesse questo, perché la pluralità dei giudici dimostrasse, anche loro malgrado, che la verità era stata vagliata. Era di buon'ora. Prima che il gallo cantasse viene condotto da Caifa, e durante la mattinata da Pilato. Con queste parole l'Evangelista ci fa intendere che dalla mezzanotte in poi viene interrogato da Caifa, senza che si potesse provare a suo carico alcun reato: perciò egli lo mandò da Pilato.
22 Gv. 18, 23. 23 Gv. 18, 24. 24 Gv. 18, 25. 25 Gv. 18, 26. 26 Gv. 18, 28.
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Ma osserva quanto sono ridicoli i giudei. Dopo aver arrestato un innocente, benché armati, non entrano nel pretorio, per non contaminarsi. Ma quale contaminazione, entrare nel pretorio, dove i delinquenti vengono condannati? Coloro che pagavano le decime della menta e dell'aneto27, non credevano di contaminarsi uccidendo ingiustamente un uomo, mentre pensavano di contrarre impurità legale entrando nel pretorio. Ma perché non lo uccisero essi stessi, e lo trascinarono invece da Pilato? Già molta parte della sovranità e del potere era stata loro tolta, perché erano stati ormai completamente assoggettati dai Romani. D'altra parte temevano a loro volta di essere condannati, dietro accusa da parte di lui. Ma che vuol dire l'Evangelista con le parole: « per poter mangiare la Pasqua »? Il Cristo l'aveva già celebrata il giorno degli azzimi. O chiama « Pasqua » tutto il periodo festivo, oppure essi celebrano allora la Pasqua. Il Cristo invece l'aveva celebrata il giorno prima, riservando la sua morte per il giorno della parasceve, nel quale un tempo si celebrava la Pasqua. Essi però, pur portando con loro armi, cosa che non era lecita, e mentre stanno per versare il sangue di un uomo, si guardano bene dall'entrare in quel tal luogo, e chiamano a sé Pilato. Questi, uscito fuori, dice: « Che accusa portate contro quest'uomo? »28.
4. - Non vedi come Pilato è ben lontano dalla loro ambizione di potere e dalla loro invidia? Vedendo Gesù legato e trascinato da costoro dinanzi a lui, non stima per nulla fondato il capo d'accusa che gli viene imputato, ma lo interroga, dichiarando assurdo che essi, dopo aver fatto per conto loro un giudizio sommario, gli chiedano di far eseguire il supplizio senza giudicare lui stesso l'accusato. Che cosa gridano allora i giudei? « Se costui non fosse un malfattore, non lo avremmo consegnato a te »29. Quale follia! Perché non dite quale delitto ha commesso, ma lo tenete nascosto? Perché non rivelate tutti i suoi misfatti? Non vedi che essi rifiutano sempre di seguire la procedura corretta nell'accusarlo, e che non hanno niente da imputargli? Anna lo ha interrogato sulla sua dottrina, e, dopo averlo ascoltato, lo ha mandato da Caifa.
27 Cf. Mt. 23, 23; Lc. 11, 42. 28 Gv. 18, 29. 29 Gv. 18, 30. __________________________________________________
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Questi lo ha interrogato a sua volta, e non avendo trovato niente contro di lui, lo ha inviato a Pilato. Pilato chiede: « Quale accusa portate contro quest'uomo? ». Ed essi non hanno niente da rispondergli, ma di nuovo tentano di cavarsela con delle congetture. Pilato, rimanendo perplesso di fronte a ciò, dice: « Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge ». Quelli gli risposero: « A noi non è permesso uccidere nessuno ». Ed essi parlavano in questo modo perché si compisse cosi laparola che il Signore aveva detto per indicare di che morte dovesse morire30. E qualesignificato era dato alla frase: « A noi non è permesso uccidere nessuno »?
L'Evangelista così si esprime, o perché egli doveva essere ucciso, non soltanto per loro, ma anche per i pagani; oppure perché ad essi non era consentito crocifiggerlo. Ma dicendo: « non ci è permesso uccidere », intendono riferirsi solo a quel periodo. Infatti hanno ucciso, ed anche in un altro modo, come è provato dalla lapidazione di Stefano: lui però desideravano crocifiggerlo, per poter menare vanto del modo con cui gli avevano dato la morte. Pilato, però, per liberarsi di questa molesta faccenda, non lo sottopone ad un regolare processo, che può protrarsi alquanto. Entrato, interroga Gesù: « Tu sei il re dei giudei? ». Rispose Gesù: « Dici questo da te, oppurealtri te l'hanno detto"? »31. Perché il Cristo fa questa domanda? Per scoprire il malvagio animo dei giudei. Pilato già da molti aveva sentito dire questo; ma dal momento che essi non avevano niente da dirgli, perché il dibattito non si protraesse troppo a lungo, fa cadere il discorso sull'accusa che portavano sempre contro di lui. Siccome però aveva detto loro: « giudicatelo secondo la vostra legge », essi rispondono: « A noi non è permesso », per dimostrare che non si trattava di un peccato che riguardasse i giudei; dicono: « A noi non è permesso ». Cioè: egli non ha peccato contro la nostra legge, ma si tratta di un reato comune. In vista di questo fatto, Pilato, come se lui stesso fosse in pericolo, gli chiede: « Tu sei il re dei giudei? ». Cristo a sua volta gli domanda: « Te lo hanno detto altri? ». Il Cristo dunque fa una domanda come questa non perché non sappia già tutto, ma perché vuole che i giudei vengano da lui accusati.
30 Gv. 18, 31-32. 31 Gv. 18, 33-34. __________________________________________________
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Ma Pilato, replicando, esclama: « Che forse io sono giudeo? La tua gente e isacerdoti ti hanno consegnato a me: che hai fatto? » 12, volendo qui scusarsi. Poi, siccome gli aveva detto: « Tu sei re? », Gesù in tono di rimprovero, gli risponde: « Questo lo hai sentito dire dai giudei. Ma perché non svolgi un'inchiesta più accurata, o Pilato? Costoro hanno detto che io sono un malfattore: indaga per sapere che cosa ho fatto di male. Ma invece non lo fai per niente, e ti limiti semplicemente a esporre qual è il capo di accusa ». Allora Pilato, non potendo subito rispondere a una domanda del genere, si limita a invocare la folla: « Ti hanno consegnato a me », dice. Proprio per questo dovrebbe chiederti che cosa hai fatto. Che dice dunque il Cristo? « Il regno mio non è di questo mondo »33. Innalza così l'animo di Pilato che non era tanto malvagio e non rassomigliava ai giudei; gli vuole dimostrare che non è soltanto un uomo, ma è Dio e Figlio di Dio. E che dice? « Se il regno mio fosse di questomondo, le mie guardie combatterebbero perché io non fossi consegnato ai giudei ». Con queste parole fece dileguare ciò che intimoriva Pilato, cioè il sospetto che egli aspirasse a diventare un dittatore.
Forse che il regno di Cristo non è di questo mondo? Certo che lo è. « Come mai allora — tu obietterai — non è? ». Non perché egli non regni anche qui, ma perché regni anche in cielo, e il suo regno non è umano, ma molto più grande e splendido. Ma se è più grande, perché lui si è fatto arrestare da quello? Perché si è consegnato spontaneamente. Veramente non tace questa verità, ma che cosa dice? « Se fossi di questo mondo, i miei servi avrebbero certo combattuto, perché io non fossi consegnato ». Con queste parole mostra la debolezza dei regni terreni, in quanto hanno bisogno del sostegno dei servi; mentre il regno dei cieli basta a se stesso, e non ha bisogno di nessuno. Prendendo occasione di qui, gli eretici affermano che egli è estraneo al Creatore. Che significa allora, quando l'Evangelista dice: « è venuto nella sua casa »34, e quando egli stesso dichiara: « essi non sono del mondo, come io nonsono del mondo »35? Cosi dice anche che il suo regno non è di questo mondo, non per privare il mondo della sua provvidenza e della sua alta sovranità, ma per far capire, come ho già osservato, che il suo regno non è umano né effimero.
32 Gv. 18, 35. 33 Gv. 18, 36. 34 Gv. 1, 11. 35 Gv. 17, 14. __________________________________________________
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Che cosa replica allora Pilato? « Dunque tu sei re? ». Rispose Gesù: « Tu lo dici cheio sono re. Io per questo sono nato » 36. Se dunque è nato re, innate sono in lui anche tutte le altre perfezioni e non ha niente che abbia ricevuto. Perciò quando gli senti dire: « Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso »37, non devi intendere altro se non la generazione del Verbo. Anche in altri passi esprime un concetto analogo. « E per questo sono venuto, perrendere testimonianza alla verità ». Cioè: per insegnare a tutti la verità, e per convincere tutti.
5. - Ma tu, ascoltando queste parole, e vedendo il Signore legato e trascinato da una parte all'altra, pensi che le cose terrene non valgono niente. Come non sarebbe assurdo che, mentre Cristo ha sopportato per te tante prove cosi dolorose, tu non riuscissi neppure a sopportare pazientemente una parola? Ma lui viene coperto di sputi, mentre tu ti adorni con bei vestiti e con anelli, e se non godi di ottima reputazione presso tutti, credi che la tua vita non meriti di essere vissuta. Egli viene insultato, sopporta villanie, schiaffi oltraggiosi sulle guance; tu invece vuoi sempre essere onorato, e non sopporteresti di venir insultato per la causa del Cristo. Non senti Paolo che dice: « Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo »38? Quando perciò qualcuno ti trascina in giudizio, ricordati del tuo Signore, che i giudei adoravano per burla mentre con parole e gesti lo disonoravano e si prendevano gioco di lui; lui però non solo non restituiva le offese che riceveva, ma, al contrario, manifestava mansuetudine e clemenza. Imitiamolo dunque anche noi: cosi potremo liberarci da ogni vergogna. Non è chi s'infuria, ma chi è depresso e soffre, a dare esca agli improperi, rendendoli più mordaci e pungenti. Se tu non mostrassi risentimento, non saresti toccato dall'insulto. Non è a causa di chi li arreca, ma di chi li subisce, che gli oltraggi divengono più gravi. Di che ti addolori? Se qualcuno ingiustamente ti ha oltraggiato, non devi indignarti, ma piuttosto commiserare costui; e se l'ha fatto con ragione, costituisce un motivo di più perché tu te ne stia calmo. Come se qualcuno chiamasse ricco te che sei povero, di certo non pensi che costui voglia lodarti, ma scherzare, cosi, se colui che ti insulta ed oltraggia dice il falso, non te ne deve importare niente.
36 Gv. 18, 37. 37 Gv. 5, 26. 38 1 Cor. 11, 1. __________________________________________________
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E se la tua coscienza ti rimorde, non ti turbino le parole, ma dimostra con i fatti che hai cambiato in meglio la tua vita. Parlo così a proposito degli oltraggi veri e propri. Infatti, se ti rimproverano la tua povertà, o l'umiltà delle tue origini, ridi di tali accuse. Questi oltraggi non infamano chi li ascolta, ma chi li dice, perché mostrano che non sa che cosa sia la saggezza.
« Ma — tu obietterai — quando queste offese ti vengono rivolte in presenza di molte persone che non sono al corrente circa la verità, ci viene inferta una ferita intollerabile ». Anzi, è proprio allora che puoi ben sopportarle, perché è presente una folla di testimoni che ti lodano e ti approvano, mentre biasimano e deridono quelli che ti offendono. Non è infatti colui che si vendica, ma chi se ne resta in silenzio, a suscitare l'ammirazione delle persone ragionevoli: se invece nessuno dei presenti è ragionevole, allora più che mai potrai deridere costoro e compiacerti di essere visto dagli spettatori che stanno in cielo. Lassù infatti tutti ti loderanno, ti applaudiranno e ti approveranno. Uno solo degli angeli può essere messo alla pari con il mondo intero; ma perché parlo degli angeli, quando Dio stesso ti loderà?
Questi sono i pensieri che dobbiamo sempre meditare. Non avrà nessun danno, colui che viene vilipeso, se tace; ne avrà se si vendica. Se fosse danno ricevere in silenzio oltraggi e villanie, il Cristo non avrebbe di certo detto: « Se qualcuno ti colpisce sulla guancia destra, porgigli la sinistra »39. Se dunque dice il falso chi ci vilipende, commiseriamolo, perché attira sul suo capo il supplizio che spetta a chi oltraggia i fratelli, e non è degno neppure di leggere la Scrittura. Infatti disse Dio al peccatore: « Perché ti arroghi la missione di spiegare le mie leggi? sedendo sparli contro tuo fratello »40. Se invece dice la verità, anche allora è degno di commiserazione. Anche il fariseo diceva la verità; egli però non fece certo del danno a chi lo udiva, anzi gli arrecò giovamento; ma privò se stesso di mille beni, e, per questa colpa, si è perduto. Pertanto è l'offensore ad essere castigato in questa e nell'altra vita, non tu. Se veglierai, ne trarrai un duplice guadagno, sia perché con il tuo silenzio ti renderai propizio Dio, sia perché diverrai più modesto, sia perché coglierai occasione dalle parole che ti vengono rivolte per correggere i tuoi difetti, sia infine perché aumenterà il tuo disprezzo nei confronti della gloria umana.
39 Mt. 5, 39. 40 Sal. 49, 16.20. __________________________________________________
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E' da qui infatti che ha origine il nostro dolore, dal fatto, cioè, che moltissimi sono gli uomini che più di tutto si preoccupano della loro reputazione terrena. Se ci proporremo di essere così saggi, certamente comprenderemo che le cose umane non contano nulla. Apprendiamo dunque questa saggezza, ed esaminando uno per uno i nostri vizi, correggiamoli a poco a poco; proponiamoci di correggerne in questo mese uno, nel successivo un altro, nel terzo un altro ancora.
Salendo così, come per dei gradini, sforziamoci di arrivare fino al cielo salendo la scala di Giacobbe. Mi sembra infatti che in quella sua visione la scala stia ad indicare appunto l'elevazione per mezzo della virtù, con la quale possiamo salire dalla terra al cielo, per dei gradini che cadono sotto i sensi, correggendo e migliorando i nostri costumi. Diamo inizio a questo pellegrinaggio, intraprendiamo questa ascensione, in modo che, raggiunto il cielo, possiamo godere lassù di innumerevoli beni, per la grazia e la bontà del Signore nostro Gesù Cristo, cui sia gloria nei secoli dei secoli. Così sia.
Discorso ottantaquattresimo
« Io per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per renderetestimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce » 1.
1. - Cosa mirabile è la pazienza, che fa riposare, come in un tranquillo porto, l'anima, sottraendola alla furia delle onde e dei venti. Il Cristo ce la insegnò in ogni occasione; ma soprattutto ora che viene trascinato in giudizio e condotto di qua e di là. Infatti, tradotto dinanzi ad Anna, risponde alle sue domande con grande mitezza e replica al servo che lo percuote con parole capaci di ridurre al silenzio la presunzione di chiunque. Poi, condotto da Caifa e successivamente da Pilato, e avendo passato là l'intera notte, manifesta a costoro la sua grande mansuetudine. Mentre lo accusavano di essere un facinoroso, accusa che non erano in grado di provare, egli se ne restò in silenzio; quando invece venne interrogato sul suo regno, allora rispose a Pilato, istruendolo e cercando di condurlo a concetti molto elevati. Come mai Pilato non esamina la questione in presenza dei giudei, ma entra nel pretorio? Pilato aveva di lui una grande opinione, e voleva informarsi accuratamente di ogni cosa, lontano dalla turbolenta folla dei giudei. Poi, quando disse: « Che hai fatto? », Gesù non rispose a tale domanda, ma gli parlò di ciò che Pilato maggiormente desiderava ascoltare, cioè del suo regno, in questi termini: « Il mio regno non è di questo mondo », cioè: « sono certamente re, non però quale tu pensi, ma di gran lunga più splendido ». Con queste parole e con quelle che seguono dichiara di non aver fatto niente di male.
1 Gv. 18, 37. __________________________________________________
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Infatti chi dice: « Sono venuto proprio per questo, per rendere testimonianza alla verità », dichiara di non aver compiuto nulla di male. Poi, dicendo: « Chiunque è dalla parte della verità, ascolta la mia voce », lo attira e lo convince ad ascoltare le sue parole. « Se uno è sincero — dice — e desidera la verità, di certo mi darà ascolto ». In questo modo, con poche parole, richiama l'attenzione di Pilato, tanto che chiede: « E che cos'è la verità? »2. Intanto però si preoccupa della questione più urgente. Si rese conto che la risposta a tale domanda richiedeva del tempo: voleva nel frattempo strappare Gesù dal furore dei giudei. Ecco perché uscì. E che cosa disse? « Io nontrovo nessuna colpa in lui ». Osserva con quanta prudenza si espresse. Non disse infatti: « Siccome è colpevole e merita la pena di morte, liberatelo in omaggio alla festa ».
Prima di tutto vuole la discolpa da ogni accusa, poi li prega, ricorrendo ad ogni mezzo: se non vogliono liberarlo come innocente, almeno lo libe rino come reo, per rendere omaggio alla solennità pasquale; per questo aggiunse: « Ora, è vostra consuetudine che io vi liberi uno per la Pasqua », poi, quasi supplicando: « Voleteche io vi liberi il re dei giudei? »3. Gridarono tutti: « Non lui, ma Barabba »4. Quale empietà! Liberano persone che hanno costumi simili ai loro e veri delinquenti, ma ordinano che un innocente sia condannato: questa era già da un pezzo la loro consuetudine. Ma tu considera quanto è grande in ogni circostanza la benevolenza del Signore.
Pilato lo fece flagellare forse con lo scopo di poterlo liberare, dopo aver calmato la furia dei giudei. Siccome con i mezzi usati precedentemente non lo aveva potuto liberare, ora, per trattenerli dal commettere il misfatto, lo fece flagellare e permise tutto il resto, cioè che gli mettessero addosso il mantello e la corona, allo scopo di calmare la loro rabbia. Perciò lo trascinò davanti ad essi incoronato di spine, affinchè costoro, vedendo che gli era stato fatto quell'oltraggio, frenassero la loro furia e vomitassero tutto il veleno che avevano in corpo. E perché i soldati facevano tutte queste cose, senza che il procuratore le avesse loro ordinate? Per far cosa gradita ai giudei: in realtà all'inizio non partirono di notte per ordine di quello, ma osavano tutto ciò per ingraziarsi i giudei e intascare il loro denaro.
2 Gv. 18, 38. 3 Gv. 18, 39. 4 Gv. 18, 40. __________________________________________________
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Eppure, nonostante che accadessero tanti e così gravi fatti, egli se ne stava in silenzio, come fece anche durante l'interrogatorio: anche allora non rispose niente. Tu però non ascoltare soltanto il racconto di questi fatti, ma incidilo nella tua memoria, vedendo il re dell'universo e degli angeli, deriso dai soldati con le parole e i gesti, sopportare ogni cosa in silenzio, e imitalo col tuo comportamento. Quando infatti Pilato lo chiamò: « re dei giudei », i soldati gli misero addosso un mantello per schernirlo. Poi Pilato, condottolo fuori, disse: « Io non trovo in lui colpa alcuna »5. Uscì dunque con la corona in testa: ma neppure così si calmò la loro ira, tanto che gridavano: « Crocifiggilo! Crocifiggilo »6. Pilato allora, vedendo che aveva fatto inutilmente ogni tentativo, dice: « Prendetelo voi e crocifiggetelo ». E' chiaro, da queste parole, cheaveva ceduto, permettendo le cose dette prima, alla furia dei giudei: « In lui — eglidice — io non trovo colpa alcuna ».
2. - Osserva ora in quanti modi il giudice lo giustifica, e con quanta insistenza respinge le accuse: ma non riuscì a dissuadere quei cani. Le parole « prendetelo voi e crocifiggetelo » vennero pronunciate col tono di uno che si era infastidito, ed ormai incoraggiava costoro a commettere il delitto. I giudei pertanto glielo condussero, perché ciò avvenisse dopo il giudizio del procuratore; accadde invece il contrario, cioè che dalla sentenza del giudice venisse assolto. Poi, siccome erano stati svergognati, dissero: « Noi abbiamo una legge, e secondo la nostra legge devemorire, perché si è fatto Figlio di Dio »7. Perché allora, quando il giudice vi ha detto: « prendetelo e giudicatelo secondo la vostra legge », avete detto: « A noi non è permesso di uccidere nessuno », mentre ora invocate la legge? Rifletti attentamente su tale accusa. Dicono che « si è fatto Figlio di Dio ». Dimmi, merita forse di essere incriminato chi, compiendo opere degne del Figlio di Dio, si dichiara Figlio di Dio?
5 Gv. 19, 4. 6 Gv. 19, 6. 7 Gv. 19, 7. __________________________________________________
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Che faceva intanto Cristo? Mentre essi parlavano tra loro, egli taceva adempiendo così la profezia che dice: « Non aprirà la sua bocca: nella sua umiltà, dal tribunale è stato tolto di mezzo »8. A questo punto Pilato fu colto da paura, sentendo dire da quelli che egli si era fatto Figlio di Dio; al pensiero che questa sua dichiarazione potesse essere vera, e che lui stesso potesse apparire come uno che agisca contro la giustizia. Costoro invece, pur avendo appreso questa verità dalle parole e dalle opere di Gesù, non inorridiscono, ma lo uccidono proprio per i motivi per i quali avrebbero dovuto adorarlo. Perciò non gli chiede più « che cosa hai fatto? », ma, sotto l'impressione della paura, eleva il tono delle sue domande e dice: « Sei tu il Cristo? ».
Ma Gesù non risponde. Colui infatti che aveva sentito dire: « per questo sono nato, e per questo sono venuto », e poi: « il mio regno non è di questo mondo », mentre avrebbe dovuto opporsi e strapparlo alla violenza dei giudei, non si è comportato cosi, ma aveva assecondato la furia dei giudei. A questo punto i giudei, dato che tutte le loro accuse erano state trovate infondate, si riducono ad accusarlo di delitto contro lo Stato, e dicono: « Chiunque si fa re, si oppone a Cesare »9. Pilato avrebbe dunque dovuto indagare con cura se veramente egli mirava alla dittatura e se stava tentando di estromettere Cesare dal regno. Ma Pilato non compie questa indagine; perciò egli non risponde, in quanto sa che invano lo interroga. D'altra parte, siccome i fatti stessi attestavano la verità, non voleva vincerlo con le parole e fare la propria apologia, dimostrando che egli era venuto spontaneamente ad affrontare quei patimenti. Mentre dunque egli continuava a tacere, Pilato gli chiede: « Non sai che io ho il potere dicrocifìggerti? »10. Vedi come finisce col condannare se stesso? Infatti, se tutto il potere è nelle tue mani, perché non lo lasci libero, dato che non trovi in lui colpa alcuna? Avendo dunque Pilato emesso il verdetto di condanna contro se stesso, Gesù dice: « Chi mi ha consegnato a te, ha un peccato ancora più grave » 11, facendo capire che anche lui aveva commesso un peccato; poi, per rintuzzare la sua superbia e la sua arroganza, dichiara: « Non avresti nessun potere, se non ti fosse stato dato », per far capire che ciò non si è compiuto per caso, nel modo solito in cui gli avvenimenti umani si svolgono, ma in modo del tutto mistico e soprannaturale.
8 Is. 53, 7-8. 9 Gv. 19, 12. 10 Gv. 19, 10. 11 Gv. 19, 11. __________________________________________________
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Perché poi, sentendosi dire: « se non ti fosse stato dato... » non si ritenesse completamente scagionato dalla responsabilità di quel delitto, aggiunge: « Chi mi ha consegnato a te, ha un peccato ancora più grave ». « Se però era stato dato dall'alto, né questo né quelli erano colpevoli ». Questa tua obiezione è infondata: qui la parola « dato » è detta nel senso di « permesso »; è come se dicesse: « Permise che questo accadesse, ma non per questo siete liberi da ogni colpa ». Coi suoi discorsi lo spaventò e gli offrì chiaramente la possibilità di riscattarsi; per questo Pilato cercava di mandarlo via assolto. Ma essi di nuovo gridavano: « Se lo liberi, non sei amico di Cesare »12. Dato che non avevano ottenuto niente accusandolo di delitti commessi contro la loro legge, astutamente tentano ora di appoggiarsi alle leggi degli stranieri, dicendo: « Chiunque si fa re, si oppone a Cesare ». E dove mai Gesù si è presentato come un dominatore? Come potrete provare la vostra accusa? Dalla porpora regale? dal diadema? dalla foggia dei vestiti? dai soldati? Ma non andava forse sempre solo con dodici discepoli? non si serviva delle cose più umili nel cibo, nel vestire, nell'alloggio? Quale sfrontatezza e quale paura del tutto fuori di luogo! Pilato infatti, temendo di correre pericoli se avesse dato importanza a queste parole, esce come per esaminare l'accusa (questo vuole intendere l'Evangelista, dicendo che egli si sedette); ma poi, senza fare nessun esame, lo consegnò a loro, pensando di indurii a vergognarsi di loro stessi. Per capire che egli intendeva fare questo, senti che cosa dice: « Ecco il vostro re! »13. Ma siccome replicarono: « Crocifìggilo! », replicò a sua volta: « Devo crocifiggere il vostro re? ». Ma quelli gridavano: « Non abbiamo re all'infuori di Cesare » 14. Spontaneamente essi si assoggettarono alla futura vendetta. Per questo Dio li consegnò nelle mani dei nemici, dopo che essi per primi si erano sottratti alla sua provvidenza e alla sua protezione: e siccome avevano contestato il suo diritto a regnare, permise che restassero sepolti sotto le macerie delle loro case.
12 Gv. 19, 12. 13 Gv. 19, 14. 14 Gv. 19, 15. __________________________________________________
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Eppure le parole che erano state dette loro, avrebbero dovuto calmare tutta la loro ira. Ma ebbero paura che Gesù, liberato, riunisse di nuovo il popolo, e facevano di tutto per evitare che ciò accadesse. Grave colpa è l'ambizione del potere, tanto che può portare l'anima alla perdizione. Per questo non gli prestarono mai ascolto. Ma Pilato vuole che lui venga liberato soltanto a parole: quelli invece gli fanno pressioni gridando « crocifiggilo ». E perché si sforzavano tanto di farlo morire? Perché quel genere di morte era infamante. Temendo dunque che nel futuro si potesse serbare qualche memoria di lui, si sforzano di infliggergli questo vergognoso supplizio, non sapendo che proprio attraverso le difficoltà e gli ostacoli la verità si leva in alto. Per capire che sospettavano proprio questo, senti ciò che essi dicono: « Udimmo una volta quel seduttore dire: — Dopo tre giorni risorgerò — »15. Perciò mettevano tutto a soqquadro, creando confusione di idee, per lasciare durevolmente ai posteri questa fosca e obbrobriosa memoria di lui. E gridavano: « Crocifiggilo! », folla incomposta, corrotta dai suoi capi. 3. - Non leggiamo dunque semplicemente queste cose, ma imprimiamole bene nella nostra memoria: la corona di spine, il mantello, la canna, gli schiaffi, le percosse sul capo, gli sputi, gli scherni. Tali cose, se le meditiamo spesso, possono calmare qualunque impulso di collera. Anche se veniamo scherniti e derisi, anche se subiamo dei torti, diciamo spesso: « Non c'è servo da più del suo padrone »16, e teniamo presenti le frasi pronunciate dai giudei per dare sfogo alla loro rabbia: « Hai il demonio », « Sei un samaritano » 17 e: « Scaccia i demoni nel nome di Belzebù »18. Egli ha affrontato tutti questi patimenti, perché noi seguissimo le sue orme e sopportassimo gli scherni che di solito provocano il nostro risentimento più di ogni altra cosa. Ma lui non solo sopportò questi affronti, ma fece anche di tutto per liberare quelli che avevano ordito contro di lui tutte queste macchinazioni, dal castigo che li aspettava. Inviò infatti gli Apostoli per la loro salvezza.
15 Mt. 27, 63. 16 Gv. 13, 16. 17 Gv. 7, 20; S, 48. 18 Lc. 11, 15. __________________________________________________
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Ascolta le parole che essi rivolsero a costoro: «Sappiamo che voi agiste per ignoranza»19, inducendoli cosi al pentimento. Imitiamolo anche in questo. Niente ci fa ottenere il perdono da Dio, come l'amare i nemici e contraccambiare con benefici chi ci ha offeso. Quando qualcuno ti ha procurato dei fastidi, non guardare lui, ma il demonio che lo istiga, e sfoga il tuo risentimento contro il demonio, ma compatisci lui che è istigato dal diavolo. Se la menzogna viene dal diavolo, a maggior ragione proviene da lui l'adirarsi senza alcun motivo. Quando vedrai chi ti deride e ti schernisce, pensa che lo istiga il diavolo; tali oltraggi non si addicono infatti ai cristiani. Colui al quale è stato ordinato di piangere e che ascolta le parole « Guai a voi che ridete » 20, se ti insulta, se ti deride, se si adira contro di te, non merita certo da parte nostra rimproveri, ma lacrime di compassione; difatti anche il Cristo si turbò pensando a Giuda. Sforziamoci dunque di imitare questi esempi con le nostre opere. Se non faremo cosi, saremmo venuti al mondo per niente e senza uno scopo: o meglio, ci saremmo venuti per nostra disgrazia. La fede da sola non può aprirci le porte del cielo, ma può se mai rendere più grave la condanna per quelli che, pur credendo, vivono nel peccato. « Chi conosce la volontà del suo padrone e non la esegue, sarà ridotto malconcio da molte percosse »21; e ancora: « Se non fossi venuto e nonavessi parlato loro, non avrebbero colpa »22. Quale scusa avremo noi che, ammessi a vivere nella reggia, autorizzati a entrare nelle stanze segrete, fatti partecipi dei misteri che ci liberano dai peccati, siamo peggiori dei pagani che non godono di nessuno di questi privilegi? Se essi dimostrarono tante volte di saper vivere secondo i dettami della filosofia, a maggior ragione noi dobbiamo praticare ogni virtù, perché così piace a Dio. Noi invece non disprezziamo neppure il denaro e la ricchezza, mentre quelli spesso sono giunti a non tenere in nessun conto la loro stessa vita; in occasione di guerre hanno sacrificato i loro propri figli agli insani capricci del demonio e, sempre per accontentare il demonio, hanno disprezzato la stessa natura. Noi invece non disprezziamo per il Cristo neanche il denaro e la ricchezza e non riusciamo neppure a reprimere l'ira per renderci ben accetti a Dio, ma ci infiammiamo per cose da niente e non siamo affatto diversi da uno che ha la febbre alta.
19 Atti, 3, 17. 20 Lc. 6, 25. 21 Lc. 12, 47. 22 Gv. 15, 22. __________________________________________________
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