La Passione e Resurrezione di Cristo in san Giovanni

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Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:39

6. - « Ma quelli che vedranno, rideranno », mi dirai. Non è il caso che tu ti preoccupi

di chi ride di te, dato che costui dimostra soltanto la sua follia. Saranno, invece, molto

più numerosi quelli che ci ammireranno, e che loderanno la nostra saggezza. Non di

queste cose c'è ragione di ridere, ma di quello che noi facciamo quando, piangendo e

lacrimando, sotterriamo quasi noi stessi insieme con i morti. Questo modo di agire

merita riso e insieme castigo. Mostrarci saggi in queste manifestazioni di cordoglio e

serbare la misura nel vestire i defunti ci fa guadagnare corone e lodi; e tutti ci

applaudiranno e ammireranno la potenza del Cristo e diranno: « E' davvero grande la

potenza del Crocifisso! Ha convinto i moribondi che la morte non è morte, infatti

questi non si comportano come dei moribondi, ma come persone che vengono

trasferite ad una vita migliore. Egli infatti ci ha convinto che questo effimero corpo

terreno deve essere rivestito di incorruttibilità, infinitamente più preziosa delle vesti

di seta e d'oro. Perciò non mettono tanta cura nei funerali, ma ritengono che la più

splendida delle onoranze funebri sia una vita ottima ». Questo diranno nel vederci

comportare con tanta saggezza; se invece ci vedranno andare in giro affranti,

portando con noi gruppi di donne pagate per piangere, ci scherniranno, ci

prenderanno in giro, diranno un gran male di noi, biasimando il nostro inutile spreco.

Ci sentiremo accusare da tutti per questo, e con ragione. Qaule giustificazione

potremo infatti invocare se, mentre adorniamo un cadavere che sarà preda della

corruzione e dei vermi, disprezziamo Cristo che ha sete, che va in giro nudo, che va

in cerca di chi lo ospiti in casa sua? Poniamo dunque fine a queste inutili

preoccupazioni, seppelliamo i morti in modo conveniente per noi e per loro, a gloria

di Dio. Doniamo loro molto suffragio: mandiamo loro delle ottime provviste per il

viaggio che devono compiere. Infatti, se la memoria dei defunti illustri giova ai

viventi (sta scritto: «Proteggerò questa città per me e per Davide servo mio»
30), a

maggior ragione l'elemosina sortirà un simile effetto. Questa, dico, certamente questa

risuscitò i morti, quando le vedove si fecero intorno a Pietro per mostrargli ciò che la

loro compagna Dorcade aveva fatto per loro
31.

30 2 Re, 19, 34.

31 Cf. Atti, 9, 36.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:41

Quando qualcuno è prossimo a morire, il suo parente più prossimo prepari il funerale

e convinca il moribondo a lasciare qualcosa ai poveri. Lo faccia partire dal mondo

con questo vestito: lo convinca anche a designare come suo erede il Cristo. Se infatti i

re, quando designano i loro eredi, lasciano una parte dell'eredità in usufrutto ai

parenti, chi nomina il Cristo erede insieme con i suoi figli, pensa un po' quanta

benevolenza attirerà su di sé e sui suoi. Ecco un funerale davvero bello, che arreca

vantaggi ai superstiti e al defunto. Se avremo di questi funerali, saremo splendidi al

momento della risurrezione: se invece ci preoccuperemo troppo del corpo,

trascurando l'anima, allora subiremo gravi supplizi e ci attireremo il riso di tutti. Non

è poca vergogna andarsene da questo mondo privi di virtù: un corpo lasciato

insepolto e abbandonato non appare tanto disonorato come un'anima priva di virtù.

Rivestiamoci di questa e restiamone sempre vestiti; l'abbiamo trascurata durante la

nostra vita, almeno in punto di morte ravvediamoci e preoccupiamoci che i nostri

familiari ci aiutino con le elemosine, quando ce ne saremo andati da questo mondo.

Così, aiutandoci a vicenda, ci guadagneremo molta fiducia presso Dio, per grazia e

bontà del nostro Signore Gesù Cristo, cui sia gloria insieme con il Padre e lo Spirito

Santo, nei secoli dei secoli. Così sia.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:42

Discorso ottantaseesimo

Quindi i discepoli ritornarono a casa loro. Maria invece se ne stava presso il

sepolcro, fuori, singhiozzando 1

1. - Il sesso femminile è più incline alla misericordia. Dico questo perché tu non ti

stupisca per il fatto che Maria piange amaramente presso il sepolcro, mentre Pietro

non fa altrettanto; dice infatti l'Evangelista: « I discepoli ritornarono a casa loro.

Quella se ne, stava là, singhiozzando ». La sua natura era debole, ed ella non sapeva

ancora chiaramente nulla della imminente risurrezione; gli altri due, invece, dopo

aver visto i lini, ritornarono a casa loro emozionati e convinti che Gesù era risorto. E

perché non andarono subito in Galilea, come era stato loro ordinato prima della

passione? Forse perché aspettavano gli altri. Ad ogni modo erano ancora molto

perplessi. Questi dunque se ne andarono, mentre Maria restò là. Come ho già detto,

ella provava molta consolazione anche nel vedere il sepolcro. Non ti sembra di

vederla, mentre cerca conforto, chinandosi a guardare il luogo ove giaceva il corpo di

Gesù? Ecco perché ricevette un non piccolo premio alla sua diligenza.

La donna vide per prima quello che i discepoli non videro: gli angeli seduti, uno a

capo e l'altro ai piedi del sepolcro, con candide vesti; anche i loro abiti conferivano

all'apparizione una nota di letizia e di gioia. Siccome la mente della donna non era

così perspicace da poter trarre dalla vista delle bende una prova dell'avvenuta

risurrezione, accadde qualcosa di straordinario: vide gli angeli seduti e vestiti a festa,

in modo che ella si sentisse confortata e consolata da tale apparizione. Essi però non

le dicono niente sulla risurrezione, ma a poco a poco la portano a credere tale verità.

Ella guardò quelle figure gioiose e inconsuete.

1 Gv. 20, 10-11.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:43

Vide gli abiti luminosi, ascoltò la loro voce che la consolava. Che diceva questa

voce? «
Donna, perché piangi? »2. Con queste parole, come si fosse aperta una porta,

pian piano veniva condotta a comprendere la risurrezione. Ella era indotta a rivolger

loro delle domande anche dal modo come stavano là seduti: avevano l'aria, infatti, di

essere al corrente dell'accaduto. Non stavano seduti l'uno accanto all'altro, ma ad una

certa distanza l'uno dall'altro. Poiché non c'era da aspettarsi che essa avrebbe avuto il

coraggio di interrogarli, con la loro domanda e la maniera di stare seduti la invitano al

dialogo. Che fa dunque quella? Fervorosamente e in tono affettuoso dice: «
Hannoportato via il mio Signore, e non so dove l'hanno posto ». Che dici? Non pensi ancora

che sia risorto, e credi tuttora che lo abbiano portato in qualche altro luogo? Vedi che

non aveva ancora ricevuto gli insegnamenti più elevati?
Detto questo, si voltò indietro3.

Ma quale ragione aveva per comportarsi così? Mentre stava parlando con quelli, e

senza averne avuto alcuna risposta, si volta indietro. Io penso che, mentre ella così

parlava, il Cristo apparve all'improvviso alle sue spalle, riempiendo gli angeli di

stupore, e che essi, visto il Signore, fecero capire immediatamente dall'espressione

del volto e dai gesti di vedere il Signore: e tutto ciò fece si che la donna si voltasse

indietro. Agli angeli dunque egli apparve com'era effettivamente; alla donna però non

apparve in tal modo per non spaventarla, dato che era la prima apparizione, ma con

un vestito molto modesto e dimesso. Evidentemente, ella lo scambiò per l'ortolano.

Non era conveniente spiegare subito i concetti più elevati ad una persona di capacità

intellettuali cosi modeste, ma bisognava condurla gradualmente fino a tali altezze.

Gesù dunque le chiede: «
Donna, perché piangi? Chi cerchi? »4, mostrando cosi di

aver capito ciò che lei vuol sapere; e la invita a rispondere. Pur comprendendo questo,

la donna non fa il nome di Gesù, come se lui già sapesse di chi si trattava, ma dice: «

Se
lo hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto, e io me lo prenderò ». Di nuovo

dice « posto », « portato via », come se si trattasse di un morto. Il significato delle sue

parole è questo: « Se lo avete portato via per timore dei giudei, ditemi dov'è, e lo prenderò ».

2 Gv. 20, 13.

3 Gv. 20, 14.

4 Gv. 20, 15.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:43

Grande è la bontà, grande è l'affetto che la donna dimostra, ma la sua mente non è

capace di afferrare concetti troppo alti. Per questo lui si fa riconoscere da lei non

dall'aspetto, ma dalla voce. Allo stesso modo in cui talvolta si faceva riconoscere dai

giudei e talvolta no, pur essendo presente, cosi, quando parlava, si faceva riconoscere

soltanto quando voleva. Infatti, quando diceva ai giudei: « Chi cercate? », né dal

volto, né dalla voce lo riconobbero, finché non lo volle lui stesso: e cosi accade anche

in questo caso, e la chiamò soltanto per nome, quasi rimproverandole di immaginare

con la fantasia tali cose riguardo a lui, che invece era vivo.

Ma come mai
lei si volta e gli dice...5, se egli stava già parlando con lei? Credo che

lei, dopo aver chiesto: « dove l'avete messo? », si sia voltata verso gli angeli per

chieder loro perché erano tanto stupiti: e che poi il Cristo, chiamandola, l'abbia fatta

voltare verso di lui e si sia fatto riconoscere dalla voce. Non appena infatti egli l'ebbe

chiamata: «
Maria! », ella lo riconobbe. Il riconoscimento avvenne dunque non con la

vista, ma con la voce. E se tu chiederai: « Da che cosa risulta che gli angeli si siano

stupiti, e che la donna si sia voltata verso di loro? », ti risponderò che potresti anche

chiedere: « Da che cosa risulta che lei lo abbia toccato e sia caduta in ginocchio? ».

Ma come questo si comprende dalle parole che lui le dice: «
Non mi toccare »6, cosi

anche quest'altro fatto risulta da quanto afferma l'Evangelista, cioè che ella si voltò.

Perché Gesù le disse: « Non mi toccare »? Alcuni sostengono che ella desiderasse

ottenere da lui la grazia spirituale, per averlo udito dire ai discepoli: « Quando sarò

andato dal Padre, lo pregherò ed egli vi darà un altro Paraclito »
7.

2. - Ma lei, che non era insieme ai discepoli, come avrebbe potuto ascoltare queste

parole? Ad ogni modo, una simile ipotesi è frutto della fantasia e non si può fondare

su quella frase di Gesù. Come poteva chiedergli una tale grazia, se egli non era

ancora andato dal Padre? E allora? Mi sembra piuttosto che ella desiderava trattenersi

ancora con lui, come accadeva prima, e che, presa dalla gioia, non pensava di lui

niente di grande, anche se nel suo aspetto fisico appariva molto più bello di prima.

5 Gv. 20, 16.

6 Gv. 20 17.

7 Gv. 14, 3.16.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:44

Gesù, allora, per distoglierla da questo pensiero e dissuaderla dalla eccessiva

confidenza che si era presa nel parlare con lui (nemmeno con i discepoli lo vediamo

avere rapporti cosi confidenziali), cerca di elevare i suoi pensieri, perché si rivolga a

lui con maggiore riverenza. Se dunque le avesse detto: « Non avvicinarti come facevi

prima; non sono infatti nello stesso stato di allora, né d'ora innanzi starò con voi nello

stesso modo di prima », le avrebbe dato l'impressione di superbia e di arroganza.

Mentre con la frase «
ancora non sono salito al Padre », esprime lo stesso concetto,

ma in modo più modesto. Affermando che non è ancora salito, fa capire che si affretta

ad andare al Padre: chi dunque stava per salire lassù e non si sarebbe trattenuto più a

lungo con gli uomini, non doveva essere riguardato con la stessa mentalità di prima.

Che così stiano le cose, appare chiaramente anche dalla frase che segue: «
Ma va', edi' ai fratelli: " Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro " ».

Eppure non l'avrebbe fatto subito, ma soltanto dopo quaranta giorni. Perché allora si esprime

così? Per elevare la sua mente e convincerla che stava per salire al cielo. Le parole «

Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro », si riferiscono all'incarnazione;

perché il salire è un'azione propria dei corpi. Queste cose dice a Maria, ancora

incapace di comprendere concetti elevati. Dunque il Padre è in un modo suo Padre, e

in un altro nostro? Certamente. Infatti, se in un modo è Dio dei giusti, e in un altro,

Dio degli altri uomini, a maggior ragione in un modo è Padre del Figlio ed in un altro

Padre nostro. Difatti dopo aver detto: « di' ai fratelli », affinchè nessuno immagini

che lui e i discepoli sono uguali, subito precisa la differenza. Egli infatti sta per

sedere sul trono paterno: ad essi invece sarà concesso solo di stare in piedi dinanzi al

suo trono. Perciò, anche se secondo la nostra sostanza carnale è nostro fratello, per la

sua dignità molto differisce da noi: e la differenza è tanto grande che non possiamo

neanche esprimerla a parole.

Ella dunque andò ad annunciare quanto era accaduto ai discepoli
8. Che alto

valore è la costanza e la perseveranza! Ma come mai essi non furono addolorati dal

fatto che se ne era andato, e non parlarono come avevano parlato prima?

8 Cf. Gv. 20, 18.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:45

Allora piangevano perché stava per morire: perché dovrebbero piangere proprio ora

che è risorto? Maria infatti ha annunciato loro quello che ha visto e le parole che ha

udito, tutte cose che ben potevano consolarli. Siccome però c'era da aspettarsi che

essi, udendo tali cose, o non avrebbero prestato fede alla donna, oppure, se le

avessero creduto, avrebbero provato disappunto per il fatto che Gesù non si fosse

degnato di farsi vedere da loro, nonostante la promessa che sarebbe apparso loro in

Galilea: perché essi, meditando su queste cose, non ne provassero dispiacere, non

lasciò trascorrere neppure un giorno. Subito dopo aver suscitato in loro il desiderio di

vederlo con la notizia della sua risurrezione e con il racconto della donna, quando già

essi ardevano dal desiderio di vederlo, che la paura rendeva più intenso, venuta la

sera, apparve loro, in modo da suscitare stupore e meraviglia. Perché apparve al calar

della sera? Perché era verosimile che verso quell'ora provassero più paura. Ma ciò

che desta meraviglia è il fatto
1 che essi non lo presero per un fantasma.

Le porte infatti erano chiuse, ed egli entrò all'improvviso. Certo il racconto fatto

precedentemente dalla donna aveva istillato nei loro animi una grande fede: d'altra

parte, egli mostrò ad essi il suo volto raggiante e soave. Non era apparso prima,

perché aspettava che tutti si fossero riuniti: e infatti essi erano tutti ripieni di grande

stupore. Non bussò alla porta, ma apparve improvvisamente in mezzo a loro,

mostrando le cicatrici al costato e alle mani, mentre con la sua voce tranquillizzò le

loro menti turbate e agitate dai pensieri più diversi, dicendo: «
Pace a voi! »9. Cioè:

non turbatevi; e richiama alla loro mente le parole che aveva detto loro prima della

crocifissione: « Vi lascio la mia pace »; e: « Abbiate la pace in me: nel mondo

soffrirete tribolazioni ».

I discepoli gioirono al vedere il Signore 10. Vedi che con i fatti vengono confermate

le sue parole? Allora infatti realizzò pienamente quello che aveva detto prima di

essere crocifisso: « Di nuovo vi vedrò, e si rallegrerà il vostro cuore, e nessuno vi toglierà la vostra gioia»
11.

9 Gv. 20, 19.

10 Gv. 20, 20.

11 Gv. 16, 22.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:45

Tutte queste cose alla fine li indussero a credere con una fede saldissima. Poiché essi

erano impegnati in una guerra senza quartiere contro i giudei, spesso egli ripete le

parole: « Pace a voi », per dar loro una consolazione altrettanto grande come la guerra

che si preparavano a combattere.

3. - Questo è il primo saluto che rivolse ai discepoli dopo la risurrezione (anche Paolo

dice in ogni occasione: « A voi grazia e pace »); alle donne invece rivolse un saluto in

cui era contenuta la parola « gioia », perché il sesso femminile era stato assoggettato

al dolore e fu questa la prima volta in cui ricevette la gioia
12. Egli annuncia molto a

proposito agli uomini, che sono impegnati spesso nella guerra, la pace, ed alle donne,

che sono soggette ai dolori del parto, la gioia: e finalmente, dopo aver posto fine alla

tristezza di tutti, annuncia le gloriose e mirabili opere della croce, che consistono

nella pace. Vinto ogni ostacolo, conseguita una splendida vittoria e compiuta ogni

cosa nella maniera dovuta, finalmente disse: «
Come il Padre ha mandato me, cosi iomando voi » 13. Non incontrerete nessuna difficoltà, sia per i fatti che sono accaduti,

sia perché vi farete forti della mia autorità, dato che sono io che vi mando. Perciò dice

questo e solleva i loro animi e con le sue parole accresce la loro fede in modo che essi

si sentano stimolati ad intraprendere la sua opera. E non prega più il Padre, ma di

propria autorità conferisce loro un arcano potere.

Alitò su di loro e disse: « Ricevete lo Spirito Santo! A chiunque rimetterete i peccati,

saranno rimessi, a chiunque li riterrete, saranno ritenuti »
14. Come il re, quando

manda i suoi governatori nelle varie province, dà loro il potere di imprigionare e il

potere di assolvere i loro sudditi, così il Cristo, inviandoli nel mondo, conferisce loro

tale autorità.

Come mai allora aveva detto: « Se io non me ne sarò andato via, lo Spirito non verrà

», mentre ora è lui stesso che dà lo Spirito? Alcuni dicono che lui non diede loro

realmente lo Spirito, ma, alitando sul loro volto, li rese idonei a riceverlo.

12 Secondo Savil. e Morel. si dovrebbe leggere «
prèthn aran» (primamaledizione) invece di « prèthn caran » (prima letizia ».

13 Gv. 20, 21.

14 Gv. 20, 22-23.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:47
Infatti, se Daniele restò colpito dall'apparizione dell'angelo15, che cosa non sarebbe

accaduto di male a loro, nel ricevere una grazia cosi ineffabile, senza che egli li

avesse preparati adeguatamente quando erano ancora suoi discepoli? Per questo non

disse: « Avete ricevuto », ma: « Ricevete lo Spirito Santo ».
Tuttavia non sbaglierebbe chi dicesse che allora ricevettero un certo potere spirituale ed una grazia:

non un potere tale da risuscitare i morti e da compiere prodigi, ma da rimettere i

peccati: ben diversi infatti sono i carismi dello Spirito. Ecco perché aggiunse: « A chi

rimetterete i peccati saranno rimessi », per precisare di quale natura è la facoltà che

viene loro concessa. Quando, dopo quaranta giorni, essi ricevettero il potere di

operare miracoli, ciò era stato loro preannunciato con queste parole: « Riceverete la

potenza dello Spirito Santo che discenderà in voi, e sarete miei testimoni in

Gerusalemme e in Giudea »
16. Essi sono stati suoi testimoni con i miracoli, perché

ineffabile è la grazia dello Spirito e multiforme è il suo dono.

Cosi accade perché tu apprenda che unico è il dono del Padre, del Figlio e dello

Spirito Santo, come unico è il loro potere. Le cose che appaiono proprie del Padre, si

ritrovano anche nel Figlio e nello Spirito Santo. Come mai allora nessuno viene al

Figlio « se il Padre non lo attira »
17? Ma si dimostra che così avviene anche per il

Figlio; egli dice infatti: « Io sono la via; nessuno viene al Padre se non per mezzo mio

»
18. Slmilmente puoi vedere anche per lo Spirito Santo; infatti: « Nessuno può direSignore Gesù Cristo, se non nello Spirito Santo » 19. Inoltre si afferma che gli

Apostoli sono stati dati alla Chiesa ora dal Padre, ora dal Figlio e ora dallo Spirito

Santo; allo stesso modo vediamo che la distribuzione delle grazie viene fatta dal

Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo.

4. - Facciamo dunque tutto quanto è in nostro potere per avere con noi lo Spirito

Santo e teniamo in gran conto la grazia che ci è stata concessa di fare il bene. Grande

infatti è la dignità dei sacerdoti. « A chiunque rimetterete i peccati — dice Gesù — saranno rimessi ».

15 Cf. Dan. 8, 17.

16 Atti, 1, 8.

17 Gv. 6, 44.

18 Gv. 14, 6.

19 1 Cor. 12, 3.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:48
Per questo Paolo diceva: « Obbedite ai vostri capi e siate sottomessi »20, cioè teneteli

nel massimo rispetto. Tu devi preoccuparti soltanto di te stesso, e, una volta che sarai

riuscito a vivere nella rettitudine, non dovrai rendere conto anche delle azioni degli

altri; il sacerdote, invece, se condurrà una vita ben regolata, ma non si preoccuperà

con altrettanta diligenza della tua anima e di quella di tutti gli altri che gli sono stati

affidati, andrà all'inferno insieme agli scellerati; spesso anzi non è per le sue colpe,

ma per quelle altrui che si perde, se non avrà fatto tutto quanto era in suo potere per

impedirle. Vedendo a quanti pericoli essi sono esposti, dimostrate dunque per loro

grande benevolenza. Questo vi insegnò anche Paolo dicendo: « Essi vigilano per le

vostre anime », non in un modo qualsiasi, ma « perché dovranno renderne conto »
21.

Ecco perché essi debbono essere onorati con il massimo rispetto. Ma se voi li

insulterete come fanno altri, non curerete certo così il bene delle vostre anime.

Fintantoché il timoniere è di buon umore, anche i marinai saranno al sicuro: ma se la

ciurma lo insulta e lo tratta con ostilità, ed egli si viene a trovare in un pietoso stato di

prostrazione fisica e morale, non potrà più controllare la nave, né dar prova della sua

perizia nell'arte nautica, ma finirà, suo malgrado, col portarli verso ogni genere di

disastri. Così, se i sacerdoti godranno presso di voi dell'onore che è loro dovuto,

potranno curare come si deve anche gli interessi delle vostre anime; ma se, con il

vostro comportamento, li gettate nella tristezza, paralizzando le loro mani, li farete

travolgere insieme con voi dai flutti, anche se saranno d'animo coraggiosissimo.

Ricorda che cosa dice il Cristo dei giudei: « Sulla cattedra di Mosè siedono gli scribi

e i farisei. Fate tutto quello che vi diranno di fare »
22. Ora non dobbiamo dire: « sulla

cattedra di Mosè siedono i sacerdoti », ma: « sulla cattedra del Cristo »: sono loro che

hanno ricevuto la sua dottrina.
Perciò Paolo dice: « Noi siamo dunque gli ambasciatori del Cristo, come se Dio vi esortasse per mezzo nostro »
23. Non vedete che tutti sono sottomessi alle autorità secolari e spesso anche coloro che per la nobiltà

della loro famiglia, per la loro virtù e per la loro prudenza sono a quelle superiori?

20 Ebr. 13, 17.

21 Ebr. 13, 17.

22 Mt. 23, 2-3.

23 2 Cor. 5, 20.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:48

Tuttavia, per il rispetto che nutrono per chi ha dato loro una posizione, non pensano

affatto a queste cose, ma rispettano le decisioni del re, chiunque sia colui al quale ha

affidato il governo. Per gli ordinamenti umani vi è tanto timore riverenziale; ma

quando si tratta di ordinamenti stabiliti da Dio, disprezziamo il suo ministro, lo

insultiamo, lo ricopriamo di ingiurie, e, mentre ci viene proibito di giudicare i nostri

fratelli, aguzziamo la nostra lingua per dir male dei sacerdoti. E quale perdono ci

meriteremo se noi, non vedendo la trave nel nostro occhio, notiamo spietatamente la

pagliuzza in quello altrui
24? Non sai dunque che prepari per te una condanna ben più

grave, quando giudichi gli altri in questo modo? Dico tutto questo, è ovvio, non

perché approvo quei sacerdoti che si comportano in maniera indegna nel loro

ministero, anzi li deploro e li compiango molto; non per questo tuttavia essi debbono

essere giudicati dai fedeli ad essi affidati, soprattutto da quelli rozzi e ignoranti.

Anche se la loro vita merita biasimo, tu non subisci alcun danno, se dai loro ascolto

in quelle cose che sono state loro affidate da Dio. Se infatti Dio fece sentire la sua

voce per mezzo di un'asina, se donò le sue benedizioni spirituali attraverso un

indovino; se si servì della bocca di un animale e dell'impura lingua di Balaam per

convertire i giudei che avevano peccato, a maggior ragione compirà la sua opera

nell'interesse di voi che rettamente vivete, anche se i sacerdoti fossero dei grandi

peccatori, e vi manderà lo Spirito Santo. L'anima pura non attira infatti lo Spirito a

cagione della propria purezza: è la grazia che compie ogni cosa. « Tutto — dice

l'Apostolo — è per voi, sia Paolo, sia Apollo, sia Cefa »25.

Qualunque cosa affidata al sacerdote è soltanto dono di Dio, e quali che siano i

progressi compiuti dall'umana filosofìa, saranno sempre inferiori alla grazia. Dico

questo non perché conduciamo una vita accidiosa, ma perché voi, vedendo che

qualche sacerdote preposto alla cura delle vostre anime si comporta con negligenza,

non cerchiate di fargli del male. Ma perché parlo dei sacerdoti? Neppure un angelo,

neppure un arcangelo può fare qualcosa di sua iniziativa per quanto riguarda le grazie

dateci da Dio, ma solo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo le dispensano.

24 Cf. Mt. 7, 3; Lc. 6, 41.

25 1 Cor. 3, 22.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:48

Il sacerdote presta la sua lingua e porge la sua mano come semplice strumento. Non

sarebbe stato dunque giusto che coloro che hanno abbracciato la fede venissero

danneggiati nei simboli della nostra salvezza a causa della condotta peccaminosa di

altri. Considerato tutto ciò, temiamo Dio e veneriamo i suoi sacerdoti, rendiamo ad

essi ogni onore, se vogliamo ricevere da Dio la ricompensa per le nostre opere e per il

rispetto che ad essi avremo manifestato, per la grazia e la bontà del nostro Signore

Gesù Cristo, cui sia gloria, regno ed onore, insieme con il Padre e con lo Spirito

Santo, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Cosi sia.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:49

Discorso ottantasettesimo

Ma Tommaso, uno dei dodici, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù.

Gli altri discepoli gli dicevano: « Abbiamo visto il Signore!
». Ma egli disse loro: «Se non vedo, non ci crederò mai », ecc. 1.

1. - Come il credere senz'altro con semplicità è segno di buon carattere, cosi volere

esageratamente esaminare ed indagare è segno di ottusità di mente. Per questo anche

Tommaso viene rimproverato. Non credette infatti agli Apostoli che gli dicevano: «

Abbiamo visto il Signore »; non tanto perché non li ritiene degni di fede, quanto

perché considera impossibile la cosa, cioè la risurrezione dei morti. Non disse: « Non

vi credo », ma: « Se non metterò la mia mano, non crederò ». Ma perché, mentre gli

altri sono tutti riuniti, lui solo era assente? Probabilmente perché dopo la fuga

generale di tutti i discepoli, egli non era ancora ritornato. Ma tu, vedendo che questo

discepolo non crede, rifletti sulla clemenza del Signore, e come egli, a vantaggio di

una sola anima, mostri le cicatrici delle ferite ricevute, e venga per la salvezza di uno

solo, anche se questi mostra di avere una mente più ottusa di tutti gli altri. Perciò

cercava la fede per mezzo del più grossolano di tutti i sensi, e non credeva neppure ai

propri occhi.

Non disse soltanto: « Se non avrò visto », ma anche: «
se non avrò toccato », nel

timore che ciò che vedeva fosse soltanto un'illusione. Eppure i discepoli che gli

annunciarono questi fatti erano degni di fede, e degno di fede era certo il Signore,

che aveva promesso che sarebbe tornato. Tuttavia, poiché egli chiese maggiori

prove, Cristo non gliele fece mancare.

1 Gv. 20, 24-25.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:50

Perché Gesù non gli apparve subito, ma soltanto dopo otto giorni? Perché essendo già

stato informato e preparato dai discepoli, si accrescesse il suo desiderio, e per rendere

più salda la sua fede per l'avvenire. Ma da chi aveva saputo Tommaso che il costato

era stato squarciato? Lo aveva sentito dire dai discepoli. Perché, dunque, credette loro

in una cosa, e in un'altra non credette? Perché quest'altra notizia riguardava un

evento straordinario e meraviglioso. Rifletti sulla veridicità dimostrata dagli

Apostoli nei loro discorsi e come essi non nascondano i propri difetti, né quelli altrui

ma, al contrario, parlino e scrivano con la massima sincerità. Gesù dunque appare di

nuovo, e non aspetta di venire interrogato da quello, né di udire da lui qualche

espressione di meraviglia; ma, mentre quello non diceva niente, lo previene e

soddisfa il suo desiderio, facendogli capire che lui era lì presente, per soddisfare il

desiderio che Tommaso aveva manifestato ai discepoli. Infatti si serve anche delle

sue stesse parole, e severamente lo rimprovera per consolidare in avvenire la sua

fede.

Dopo avergli detto: «
Porgi qua il tuo dito; ecco, guarda le mie mani! Porgi qua la

tua mano e mettila nel mio costato! », aggiunge subito: «E non essere incredulo, macredente

»2. Non vedi dunque che Tommaso dubita perché è incredulo? Ma si

comporta cosi prima di ricevere lo Spirito; in seguito ciò non accadde più, e tutti

divennero perfetti. E non soltanto con queste parole lo rimproverò, ma anche

con quelle che seguono. Dopo che si fu accertato sulla verità del fatto, si ravvide ed

esclamò: «
Il mio Signore e il mio Dio! ». Gesù gli rispose: « Perché mi hai visto, haicreduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto »3. In questo infatti

consiste la fede, nell'ammettere la verità di quello che non si vede. « La fede —

infatti — è sostanza di cose sperate, argomento di cose che non si vedono »
4. Qui

però Gesù non proclama beati soltanto i discepoli, ma anche quelli che avrebbero

creduto in seguito. « Ma anche i discepoli — tu obietterai — hanno visto ed hanno

creduto ».

Essi però non hanno preteso alcuna prova di quel genere: bastò loro vedere le bende e

il sudario per credere nella risurrezione di Gesù e, prima ancora di vedere il suo corpo

glorioso, ne furono pienamente convinti.

2 Gv. 20, 27.

3 Gv. 20, 28-29.

4 Ebr. 11, 1.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:50

Quando dunque qualcuno dice: « Vorrei esser vissuto a quel tempo per vedere il

Cristo compiere i miracoli », rifletti su queste parole: « Beati coloro che non hanno

visto e hanno creduto ».

Dobbiamo a questo punto chiederci come mai un corpo incorruttibile conservava le

cicatrici dei chiodi, e come potè essere toccato da una mano mortale. Non turbarti di

fronte a queste cose: esse mostrano che il Cristo si abbassava al livello umile degli

uomini. Il suo corpo era infatti tanto sottile, tanto leggero da poter entrare in una casa

anche a porte chiuse, ed era immateriale; allo scopo di rendere credibile la sua

risurrezione, si manifestò conservando le cicatrici della croce, ed ecco perché mangia

con gli Apostoli. Gli Apostoli raccontarono in seguito molte volte questo episodio,

nel corso della loro predicazione, dicendo: « Noi che con lui abbiamo mangiato e

bevuto »
5. Allorché, prima della crocifissione, lo abbiamo visto camminare sulleacque6, non abbiamo detto che il suo corpo era di un'altra natura, ma della nostra;

cosi, vedendolo ora, dopo la risurrezione, portare i segni delle cicatrici, non diciamo

che, per questa ragione, esso è corruttibile. Infatti ciò accadde proprio per soddisfare

le richieste del discepolo.

Veramente Gesù fece molti altri prodigi7. Questo Evangelista, siccome aveva narrato

miracoli in minor numero degli altri, sottolinea come neanche loro li avessero

ricordati tutti, ma solo quelli necessari per condurre gli ascoltatori allo scopo che si

erano proposti. Infatti, egli dice: « A scriverli uno ad uno, penso che neppure il

mondo potrebbe contenere i libri che si scriverebbero »
8.

2. - Donde risulta di non aver scritto queste cose per vanteria, ma avendo di mira il

vantaggio dei suoi ascoltatori. Come possono aver scritto al solo scopo di vantarsene,

coloro che hanno omesso di narrare molti prodigi? Perché allora non hanno narrato

tutti i fatti? Soprattutto per il loro eccessivo numero; poi perché hanno anche pensato

che chi non avrebbe creduto ai fatti da loro narrati, avrebbe continuato a non crederci

anche se ne avessero narrati molti di più: mentre chi li aveva accettati come veri, non

aveva bisogno di sapere altro per avere la fede.

5 Atti, 10, 41.

6 Cf. Mt. 14, 25.

7 Gv. 20, 30.

8 Gv. 21, 25.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:51

Mi sembra però che l'Evangelista voglia qui alludere ai miracoli compiuti dopo la

risurrezione: per questo precisa: « in presenza dei suoi discepoli ». Cioè, come prima

della risurrezione erano necessari molti miracoli perché credessero che lui era il

Figlio di Dio, cosi dopo la risurrezione ci volevano altri miracoli perché si

convincessero che egli era risorto. Precisò poi: « in presenza dei suoi discepoli »,

perché, dopo la risurrezione, Gesù si era intrattenuto soltanto con loro. Perciò diceva:

« Il mondo non mi vedrà più ». Poi, perché tu apprenda che questi miracoli furono

compiuti soltanto nell'interesse dei discepoli, soggiunse: «
Perché credendo abbiatela vita eterna nel suo nome »9, rivolgendosi al genere umano nel suo insieme e mostrando

che non si tratta di un beneficio per colui nel quale si crede, ma soprattutto

per noi stessi. « Nel suo nome » significa poi per mezzo suo. Egli infatti è la vita.

Dopo questi fatti si manifestò ai discepoli, sul Mare di Tiberiade10. Vedi che non si

intrattiene con loro molte volte come faceva prima? Apparve infatti di sera e poi

scomparve; ricomparve poi una volta dopo otto giorni, e di nuovo scomparve; successivamente

si manifestò in riva al mare, ed ancora una volta essi vennero colti dal

timore. Che vuol dire « si manifestò »? E' chiaro da questa parola che egli si fece

vedere soltanto perché accondiscese alla loro debolezza, essendo ormai il suo corpo

incorruttibile e immortale. Perché l'Evangelista citò il luogo in cui apparve? Per

mostrare che Gesù era riuscito a vincere in gran parte la loro paura, tanto che ormai

uscivano di casa e giravano dappertutto. Non se ne stavano più chiusi in casa, ma

erano andati in Galilea, per sfuggire alle persecuzioni dei giudei. Simone dunque

andò a pescare. Dato che Cristo non si tratteneva molte volte con loro, e lo Spirito

non era stato loro ancora donato e neppure era stato affidato loro qualche compito,

erano tornati al loro primitivo mestiere.

E stavano insieme Simone e Tommaso e Natanaele, quello che era stato chiamato da

Filippo, e i figli di Zebedeo e altri due
11. Non avendo altro da fare, erano andati a

pescare, e facevano questo di notte, perché avevano ancora paura.

9 Gv. 20, 31.

10 Gv. 21, 1.

11 Gv. 21, 2.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:52

Anche Luca narra quest'episodio, però non accenna a questo, ma ad un altro motivo.

Anche altri discepoli li seguivano perché si erano uniti in un unico gruppo e volevano

assistere insieme alla pesca, godendo tranquillamente di qualche ora di riposo. Essi

dunque si affaticavano e mentre erano cosi impegnati, si presentò Gesù, senza farsi

subito riconoscere, perché voleva prima parlare con loro. Chiede dunque ad essi: «

Avete un po' di companatico? »12.

Parla ancora in modo umano, come se volesse comprare qualcosa da loro. Siccome essi dicono di non aver niente, ordina di gettare la rete alla loro destra; e quando l'ebbero gettata, subito presero i pesci. Non appena

lo riconobbero, i discepoli Pietro e Giovanni manifestarono ancora una volta, nel

comportamento, il loro diverso carattere. Il primo era più fervoroso, l'altro di mente

più elevata; quello più pronto, questo più perspicace. Perciò Giovanni riconobbe per

primo Gesù, ma Pietro accorse da lui per primo: non erano trascurabili infatti i

prodigi cui avevano assistito. Di quali prodigi si trattava? Il primo consisteva nel fatto

di aver pescato moltissimi pesci; il secondo che la rete non si era strappata; il terzo

che, prima di scendere a terra, trovarono un fuoco alimentato con della legna con

sopra del pesce e del pane. Gesù non faceva tutto questo servendosi di materia

preesistente, cosa che però qualche volta aveva fatto per i miracoli da lui compiuti

prima della crocifissione.

Pietro, dunque, non appena lo ebbe riconosciuto, gettò via tutto, i pesci e le reti, e si

cinse la veste attorno ai fianchi. Non vedi quanta riverenza aveva per il Signore e

com'era grande il desiderio che lo spingeva verso di lui? Eppure era distante duecento

cubiti; non aspettò tuttavia di giungere a riva in barca, ma si gettò a nuoto in mare per

raggiungerlo. Che disse allora Gesù? «
Venite, fate colazione ». Ma nessuno osavachiedergli: « Tu chi sei? » 13. Non avevano più la fiducia e la libertà nel parlargli che

era loro abituale, e non gli si avvicinavano per interrogarlo: ma se ne stavano seduti

in silenzio, con gran timore e rispetto, e guardavano tutti a lui.

Sapevano che era il Signore. Ecco perché non gli chiedevano: « Chi sei? », ma

vedendolo con un aspetto diverso, che incuteva terrore, erano quanto mai turbati, e

avrebbero voluto chiedergli qualcosa in proposito.

12 Gv. 21, 5.

13 Gv. 21, 12.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:52

Ma, poiché erano intimoriti e d'altronde sapevano che egli era proprio il Signore e

non un altro, si astennero dal porgli domande, limitandosi a mangiare il cibo che egli

aveva creato con la sua potenza soprannaturale. In questa occasione egli non leva gli

occhi al cielo, né compie alcunché di umano, dimostrando che in altre occasioni ha

compiuto tali cose per abbassarsi al loro livello. E poiché Gesù non s'intratteneva più

di frequente con i discepoli e non nella stessa maniera in cui era solito farlo prima,

l'Evangelista precisò:
E questa fu già la terza volta che Gesù si manifestò loro, dopoch'era risorto dai morti14. E ordinò loro di portargli del companatico, affinchè si

convincessero che non era un fantasma. Ma l'Evangelista non dice che in questa

occasione Gesù mangia con i discepoli. Luca invece in un altro scritto dice: « E

mangiando con essi »
15. Ma in qual modo mangia non spetta a noi dirlo: sta di fatto

che egli compì queste mirabili cose, non perché la sua natura avesse ancora bisogno

di nutrimento, ma accondiscese a farle per dimostrare la realtà della sua risurrezione.

3. - Probabilmente, udendo queste cose, vi siete sentiti infiammati dal desiderio, e

avete proclamato beati coloro che erano allora con lui, e coloro che si troveranno con

lui nella futura universale risurrezione. Perciò facciamo di tutto per vedere il suo

ammirabile volto. Se, ascoltando queste cose, tanto ci infiammiamo e desideriamo di

essere vissuti in quei giorni nei quali egli si mostrava in terra, desideriamo di avere

udito la sua voce, di aver visto il suo volto, di averlo avvicinato, di averlo toccato, di

averlo servito, pensa un po' che cosa sarà mai vederlo, non più rivestito di un corpo

mortale, e mentre non compie niente di umano, ma sta circondato dagli angeli, in un

corpo immortale, e godere di quella felicità che non si può esprimere a parole. Perciò,

ve ne scongiuro, facciamo di tutto pur di non perdere questa gloria. Niente è difficile,

se vogliamo farlo, niente è gravoso, se resteremo fermi nel nostro proposito. Infatti «

se sosterremo » con lui, con lui « regneremo »
16. Che vuoi dire « se sosterremo »? Se

sopporteremo le disgrazie e le persecuzioni e se percorreremo fino in fondo la via stretta.

14 Gv. 21, 14.

15 Atti, 1, 4.

16 2 Tim. 2, 12.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:53

Per sua natura questa via è angusta e faticosa, ma con uno sforzo della volontà

diventa più accessibile, nella speranza della futura felicità. Infatti « quella che

presentemente è una momentanea e leggera tribolazione, procura a noi una gloria

immensa in cielo, se noi mireremo non alle cose visibili, ma a quelle che non si

vedono »
17.

Rivolgiamo dunque gli occhi al cielo, e meditiamo continuamente sulle cose che

stanno lassù. Se le terremo sempre presenti, le delizie di questa vita terrena non ci

sedurranno più, e non saremo più insofferenti nelle circostanze tristi di questa vita;

ma rideremo di queste cose e niente potrà ridurci in servitù, né farci inorgoglire, se

ora e sempre tenderemo lassù col nostro desiderio, se avremo di mira un simile

amore. Ma che dico, che non soffriremo più per i mali della vita presente? Non ci

accorgeremo neppure di essi. Tale è infatti l'amore. Con la nostra immaginazione noi

ci vediamo sempre accanto coloro che amiamo, anche se sono lontani: irresistibile è

la forza dell'amore, che ci distacca da ogni altra cosa ed unisce l'anima all'amato

bene. Se così ameremo Cristo, tutte le cose terrene altro non ci sembreranno che

ombre, fantasmi, sogni. Diremo anche noi allora: « Chi mai ci separerà dalla carità di

Cristo? forse la tribolazione o le avversità? »
18. Non disse: « il denaro, la ricchezza, la

bellezza (cose, queste, quanto mai meschine e ridicole) », ma parlò delle cose che

sembrano le più gravi: la fame, le persecuzioni, la morte. Eppure egli disprezzò anche

queste come se non fossero niente: noi invece, a causa del denaro, ci separiamo dalla

nostra vita e dalla nostra luce. Paolo al contrario non anteponeva all'amore per il

Cristo né la morte, né la vita, né le cose presenti, né quelle future, e neppure

nessun'altra creatura; noi invece, non appena vediamo un po' d'oro, subito siamo presi

dal desiderio di averlo, e calpestiamo le leggi del Cristo. Se poi queste cose ci

sembrano insopportabili a dirsi, molto di più dovrebbero esserlo a farsi. Invece, ciò

che è più grave, noi ci mostriamo inorriditi a sentir dire queste cose, ma non

proviamo orrore nel farle e con grande facilità giuriamo, spergiuriamo, rubiamo,

pretendiamo interessi da usurai, trascuriamo la continenza, ci stanchiamo di pregare

con fervore, trasgrediamo la maggior parte dei comandamenti, e a causa del denaro

non ci curiamo di soccorrere nessuno di coloro che sono nostre membra.

17 2 Cor. 4, 17-18.

18 Rom. 8, 35.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:54

Chi ama il denaro procura mille mali al suo prossimo e anche a se stesso: si adirerà

facilmente, insulterà gli altri, li chiamerà « sciocchi », giurerà, spergiurerà, tanto da

trasgredire anche i precetti dell'antica legge: infatti chi ama l'oro, non amerà il suo

prossimo. Eppure per entrare nel regno dei cieli ci è stata posta la condizione di

amare il nostro nemico. Se, osservando soltanto gli antichi comandamenti, non

potremo entrare nel regno dei cieli, poiché in tal caso la nostra giustizia non sarà

maggiore di quella dei giudei
19, se noi trasgrediamo anche quelli, come ci potremo

giustificare? Chi ama infatti il denaro, non solo non amerà il suo nemico, ma tratterà

come nemici anche i suoi amici.

4. - Ma che dico, gli amici? Chi ama il denaro, disconosce spesso anche la sua stessa

natura. Egli disconosce la parentela, non si ricorda della comunanza di vita con

chicchessia, non rispetta l'età, non ha nessun amico, ma si comporta verso tutti con

animo da nemico: ma soprattutto si comporterà così verso se stesso, e non soltanto

perché porterà alla perdizione la propria anima, ma perché si tortura con

innumerevoli preoccupazioni, fatiche, dolori. Affronterà infatti viaggi, pericoli,

agguati e qualunque altro rischio, pur di portare sempre con sé la radice di ogni male,

e poter contare somme di denaro sempre più grandi. Quale vizio è più grave di

questo? Egli si priva infatti anche del cibo e di quei piaceri per i quali gli uomini sono

soliti peccare, cosi come si priva della gloria e degli onori. Chi ama il denaro

considera sospetti innumerevoli uomini, ed ha molti che lo accusano, lo invidiano, lo

calunniano, gli tendono agguati. Coloro che sono stati da lui ingiustamente danneggiati,

lo odiano perché hanno ricevuto del male; coloro che non sono stati ancora

danneggiati, temono di esserlo e, spinti anche da compassione verso i danneggiati,

cercano di osteggiarlo in tutti i modi; i ricchi poi ed i potenti, nauseati ed indignati

per il fatto che costoro sono di condizione inferiore alla loro, ed anche per invidia nei

loro confronti, si comportano come loro avversari e nemici.

Ma perché parlo degli uomini? Chi ha Dio nemico, quale speranza potrà mai avere?

quale consolazione? quale ristoro? Chi ama il denaro, non potrà mai servirsene: ne

sarà il servo e il custode, mai il padrone.

19 Cf. Mt. 5, 20.

Cattolico_Romano
00lunedì 14 settembre 2009 16:55

Siccome si sforza di accrescerlo sempre di più, non vuole mai spenderlo, ma

rinuncerà anche alle spese per se stesso, e sarà perciò più povero di tutti i poveri,

perché non riesce a porre un freno alla sua avidità. Eppure lo scopo del denaro non

deve essere quello di venire da noi tesaurizzato, ma utilizzato per i nostri bisogni. E

se vogliamo nasconderlo sotto terra per non farne godere gli altri, chi sarà più

miserabile di noi che corriamo a destra e a sinistra per procurarcelo, e poi lo

sotterriamo per sottrarlo alla comune utilità? C'è infatti anche un altro vizio non meno

grave di questo. Mentre alcuni lo nascondono sotto terra, altri lo sprecano per

riempirsi il ventre, per procurarsi piaceri illeciti, per ubriacarsi, e così si tirano

addosso, oltre al castigo da loro meritato per le ingiustizie commesse, anche quello

per la loro lussuria e intemperanza. Alcuni provano soddisfazione nello sperperare il

loro denaro per mantenere parassiti e adulatori, altri in spettacoli e in donne

pubbliche, altri ancora in altre spese come queste, avendo imboccato innumerevoli

vie che conducono all'inferno, dopo aver abbandonato l'unica via giusta stabilita per

condurci al cielo. Eppure qhi si mette in cammino per questa via, non solo ne ritrae

maggior profitto, ma si procura anche maggiori gioie di quelle che riescono a

procurarsi costoro. Chi spreca il suo denaro con le prostitute, sarà da tutti ritenuto

ridicolo e infamato, affronterà molte liti ed otterrà solo fugaci piaceri, anzi neppure

fugaci perché, per quanto siano grandi le somme che spreca con le sgualdrine, non

avrà da esse alcuna riconoscenza. « Botte senza fondo è la casa altrui »
20. D'altra

parte quel genere di donne sono petulanti, ed all'inferno ha paragonato Salomone il

loro amore; esse si fermano solo quando vedono i loro amanti spogliati di tutto; anzi

neppure allora si fermano, ma continuano a imbellettarsi e ad ingioiellarsi, insultano

gli amanti ridotti in miseria, li mostrano in giro perché siano derisi, e fanno loro tanto

male da non potersi neanche descrivere.

Non queste sono le gioie di coloro che raggiungono la salvezza eterna; nessuno di

costoro ha rivali, ma tutti godono ed esultano, tanto quelli che sono felici, quanto

quelli che li osservano. Non l'ira, non la tristezza, non la vergogna e l'insulto tocca

l'anima di essi; grande invece è la gioia che deriva dalla coscienza pura, molta la

speranza nella futura felicità, grande la gloria e grande lo splendore, e ancor più

grande è la benevolenza di Dio e la sicurezza; nessun abisso, nessun sospetto

reciproco li minaccia, perché vivono in un tranquillissimo porto, in un'atmosfera di

perfetta serenità.

Riflettendo su tutto questo, e paragonando gioia con gioia, scegliamo finalmente

quella migliore, se vogliamo conseguire i beni futuri, per la grazia e la bontà del

nostro Signore Gesù Cristo, cui sia gloria e regno nei secoli dei secoli. Cosi sia.

20 Prov. 23, 27.

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