Meditazioni per il Mese di Maggio

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S_Daniele
00martedì 25 maggio 2010 21:51
P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Venticinquesimo giorno

25 MAGGIO - LA PAZIENZA



Siamo tutti d'accordo: non c'è virtù pratica che sia così necessaria nella vita cristiana come la pazienza. Non ci sono dubbi.

La pazienza è la virtù che fa sopportare, con amico tranquillo, i disagi e le sofferenze della vita.

Chi non ha noie e tribolazioni nella vita? Chi può risparmiarsi da fastidi e disagi? Chi può mai sfuggire al peso quotidiano di prove e contrasti?

Perciò «è necessaria la pazienza - diceva san Paolo - per compiere la volontà di Dio e conseguire i beni della promessa» (Ebr. 10, 36).

Pazienza in casa e fuori casa. Pazienza nell'ufficio o in fabbrica. Pazienza con i padroni e con i sudditi. Quante occasioni ogni giorno!

Dobbiamo veramente pregare la Madonna di concederci questa virtù, per poter imitare Lei, sempre dolce, forte e serena in mezzo alle prove e ai travagli più grandi: a Betlemme, fra le angustie per la ricerca di un luogo; in Egitto, dove arrivò con Gesù Bambino e san Giuseppe, poveri fuggiaschi fra gente sconosciuta; nei tre giorni del ritrovamento di Gesù nel Tempio, con quell'ambascia che le amareggia il cuore; nel distacco di Gesù all'inizio della vita pubblica, con le prospettive degli scontri inevitabili con i farisei; nelle sequenze strazianti del Calvario, ai piedi della Croce del suo Gesù adorato.

La pazienza della Madonna! Vedremo in Paradiso come la sua pazienza abbia superato la pazienza di tutti gli uomini messi insieme!


Gli mostrò il Crocifisso

«Una risposta dolce calma la collera - insegna san Giovanni Crisostomo - il fuoco non si smorza con il fuoco, né il furore si calma con il furore».

Un giorno santa Luisa di Marillac presenta una bevanda a un turco infermo, ricoverato all'ospedale. Questi reagisce violentemente al gesto di carità, sbattendo il bicchiere in faccia alla suora.

Senza aprir bocca, santa Luisa si ritira; ma torna poco dopo con un'altra bevanda. Ancora una reazione furiosa dell'infermo, che ripete il gesto brutale di prima.

Di nuovo la suora tace, e si allontana. Ma torna ancora una volta, si avvicina a quell'infermo e gli rivolge parole di tale bontà che quell'uomo non crede ai suoi occhi: si volge alla religiosa, la fissa sul bel volto luminoso e dolce, e le dice: «Voi non siete una creatura della terra... Chi vi ha insegnato a trattare così colui che vi ha offeso?».

Santa Luisa non risponde, ma gli mostra il Crocifisso che porta sul petto.

Lo stesso successo a santa Maria Bertilla nell'ospedale di Treviso. Un giorno un infermo isterico le gettò addosso l'uovo che ella gli aveva portato. La Santa non si turbò minimamente. Andò a cambiarsi il grembiule e tornò dall'infermo portando una tazza di brodo: «Le farà bene», gli disse sorridendo!

Cosa non abbiamo da imparare noi così pronti a impazientirci e a reagire per un nonnulla?


I noccioli delle ciliegie

«Con la vostra pazienza - ha detto Gesù - salverete le vostre anime» (Lc. 21, 19). Di più, con la pazienza si conquistano e salvano anche le anime degli altri, perché «l'uomo paziente vale più dell'uomo forte, e chi domina l'animo vale più di un espugnatore di città» (Prov. 16, 32).

San Giuseppe Cafasso era il cappellano dei condannati a morte. Per questo poteva entrare nelle loro celle e stare in mezzo a loro. Sembrava davvero un angelo di serenità e di pazienza in quell'ambiente fetido e ripugnante.

Portava sempre un regalino ai carcerati, e un giorno portò un cestello di ciliegie. Poco dopo, i carcerati si divertivano a tirargli addosso i noccioli delle ciliegie. «Lasciateli fare! - disse a chi voleva opporsi - Poveretti, non hanno altra distrazione!».

Con questa dolce pazienza egli poteva penetrare nei loro cuori e disporli ad affrontare la morte baciando il Crocifisso e invocando la Madonna.


Spose e mamme pazienti

Molto spesso è soprattutto in casa che bisogna esercitarsi nella pazienza. San Paolo raccomandava agli Efesini: «Comportatevi... con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore» (Ef. 4, 2).

Quanti litigi, beghe e scherzi si potrebbero evitare con pochi granelli di pazienza e di silenzio!

Quando le amiche chiesero a santa Monica come facesse a vivere in pace con un marito così insensibile e violento, la Santa rispose: «Tengo a freno la mia lingua».

Chi non ricorda come santa Rita arrivò a convertire il brutale e volgare marito? Soffrendo in silenzio, «con molta pazienza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angustie, sotto le battiture» (2 Cor. 6, 4).

Grande fu anche la pazienza della beata Anna Maria Taigi, madre di sette figli. Ogni giorno erano prove che la poverina doveva affrontare per le bizzarrie del marito ben poco gentile, per i problemi dei figli bisognosi di una buona formazione, per le contrarietà e i disturbi che capitano inevitabilmente ad ogni famiglia.

Una volta le ruppero un magnifico vaso di maiolica, che era un prezioso e caro ricordo della famiglia. La Santa guardò i cocci e poi disse con serenità: «Pazienza... Se lo sapessero i negozianti di maioliche ne sarebbero contenti. Devono vivere anch'essi, non è vero?». Questa pazienza è uno dei frutti più preziosi dello Spirito Santo (Gal. 5, 22).


Guardiamo a Lei

La prima dote della carità è la pazienza, dice san Paolo (1 Cor. 13, 4). La più grande carità porta con sé la più grande pazienza. Per questo la Madonna, Madre dell'Amore, è esemplare perfettissimo ed è la sorgente della nostra pazienza.

A Lei che visse con l'anima trapassata da una spada (Lc. 2, 35), noi dobbiamo guardare per imparare a saper accettare con pazienza eroica anche un pugnale piantato nel cuore.

A Lei che fu la «Vergine sofferente» e la «Madre corredentrice» non solo nel Tempio, ma anche, e soprattutto, sul Calvario (Marialis cultus, 20), dobbiamo attaccarci per attingere energia d'amore paziente e «offerente» nelle tribolazioni della vita e della morte.



Fioretti

- Trattare gentilmente e sorridere a chi mi maltratta.

- Offrire una piccola spina della giornata alla Madonna.

- Meditare sui dolori della Madonna.
Caterina63
00mercoledì 26 maggio 2010 01:08

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"Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (Santa Caterina da Siena)


Questa Preghiera che segue....me la insegnarono le Suore Domenicane Missionarie di san Sisto, quando ero al collegio.......
Ogni anno a Maggio, andavamo in pellegrinaggio sia alle Tre Fontane, quanto al Divino Amore, e lì si alzava al Cielo la seguente supplica che da allora non ho più dimenticato....


O Maria, Regina del mese di Maggio e Madre degli Uomini.

Eccoci a Te, come ritornati da un lungo cammino senza meta.
Eccoci a Te, come stremati dalla ricerca di Pace e di felicità
Tu puoi ridonarci la speranza e l'ardire.

Noi ritorniamo a Te, perchè il tuo sorriso e la tua bellezza,
ci facciano dimenticare tante cose che ci angustiano e ci turbano.
Noi ritorniamo a Te, in questa primavera dell'anno,
per risentire la tua voce materna, ammonitrice e dolce.
Noi ritorniamo a Te, dopo in nostri sbandamenti,
perchè tu ci indichi la strada da percorrere:
quella segnata da Gesù ai suoi veri seguaci,
difficile e impegnativa, stretta e sassosa,
ma l'unica orientata veramente al successo.

Guidaci all'ascolto del Tuo Figlio;
guidaci ad impegnativi propositi
capaci di rifare il mondo così stanco
e così affamato di serenità:
Tu ci conosci!

Sai quello che vogliamo, quello che possiamo,
quello di cui abbiamo veramente bisogno:
aiutaci ad ottenerlo da Dio,
o Regina del Mondo,
o Madre di tutti

Amen!


S_Daniele
00venerdì 28 maggio 2010 16:55
 

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventiseiesimo giorno



26 MAGGIO - L'OBBEDIENZA


L'obbedienza è la virtù che ci spinge a sottomettere la nostra volontà a quella di Dio e a quella dei superiori, che rappresentano Dio.

La prima obbedienza è dovuta a Dio, nostro Padre e Creatore. «Del Signore è la terra e quanto contiene» (Sal. 23, 1). Se siamo sue creature e suoi figli, dobbiamo a Lui ogni obbedienza creaturale e filiale. «Tutte le creature ti servono» (Sal. 118, 91).

L'obbedienza a Gesù è legata alla Redenzione. Egli ci ha riscattati con il suo Sangue; perciò gli apparteniamo, siamo suoi e dobbiamo obbedire ai suoi divini voleri: «Non siete più vostri, perché siete stati comprati a caro prezzo» (1 Cor. 6, 20).

L'obbedienza ai superiori è legata al fatto che essi sono i rappresentanti di Dio. Sappiamo bene che Dio non ci governa direttamente, ma attraverso i suoi delegati, che fa partecipi della sua autorità. «Non c'è autorità che da Dio» (Rom. 13, 2). Per questo la disobbedienza ai superiori è sempre una disobbedienza all'autorità di Dio: «Chi resiste all'autorità, resiste all'ordinamento voluto da Dio, e coloro che resistono si procurano da se stessi la dannazione» (Rom. 13, 1).

Gesù adopera un'espressione ancora più forte e anche più precisa: l'obbedienza ai superiori mette in rapporto diretto con Lui: «Chi ascolta voi, ascolta me... chi disprezza voi, disprezza me» (Lc. 10, 16).

Le obbedienze che hanno operato miracoli e le disobbedienze che li hanno impediti sono la conferma della parola di Gesù.

Quando san Giuseppe Benedetto Cottolengo seppe che c'era un bel numero di suore ammalate, e che non si sapeva come fare per il servizio della Piccola Casa, diede ordine senz'altro che le suore di alzassero per il servizio della Casa. Le suore si alzarono e si trovarono guarite. Una sola non volle alzarsi per timore, e non guarì e poi finì anche fuori dell'Istituto.

Quando san Francesco d'Assisi e santa Teresa d'Avila nelle estasi ricevevano qualche comunicazione, erano pronti a rinunziare a tutto, se il superiore decideva in modo diverso, perché nella parola del superiore c'è la presenza di Dio, senza inganno, mentre nella visione o nella locuzione c'è sempre un margine di incertezza.


Superiori... discoli

È chiaro che i superiori debbono esercitare l'autorità solo come delegati di Dio, e quindi non debbono mai comandare ciò che è contro la legge di Dio: non possono essere delegati di Dio quando comandassero il peccato o non lo impedissero (mentire, rubare, abortire, bestemmiare...). In questi casi essi sono delegati di satana: e non possono e non debbono essere obbediti. In tutti gli altri casi, però, bisogna obbedire, anche quando l'obbedire pesa o ripugna. Anche quando chi comanda fosse odioso e fazioso: «Servi obbedite ai padroni anche discoli» (1 Pt. 2, 18).

Nella vita di santa Geltrude si legge che per un certo periodo ebbe una superiora di umori piuttosto difficili. La Santa pregò il Signore perché la facesse sostituire da una più equilibrata.

Ma Gesù le rispose: «No, perché i suoi difetti l'obbligano ad umiliarsi ogni giorno davanti a me; d'altronde la tua obbedienza non è mai stata tanto soprannaturale come in questo tempo».


«Un mistero di fede»

È chiaro che anima dell'obbedienza è la fede soprannaturale. San Massimiliano M. Kolbe diceva che «l'obbedienza è un mistero di fede». Soltanto chi sa vedere nel superiore il rappresentante di Dio sa obbedire e sa abbracciare la Volontà di Dio, anche quando costa, anzi, soprattutto allora, perché la vera virtù dell'obbedienza è quella che si esercita nel sacrificio: Gesù, dice l'Apostolo, «imparò dalle sofferenze l'obbedienza» (Ebr. 5, 8). Quante volte tocca obbedire in silenzio a cose dolorose! Durante la Passione, Gesù, invece di difendersi o farsi difendere, «taceva» (Mt. 26, 63)!

San Domenico Savio, ragazzo diligente e studente bravissimo, viene accusato falsamente al maestro di una brutta monelleria. Il maestro, sorpreso, è costretto a riprenderlo severamente. Domenico tace! Quando il maestro scopre la verità, chiama Domenico e gli chiede perché abbia taciuto. «Per due motivi - disse. Perché se avessi detto chi era il vero colpevole sarebbe stato espulso dalla scuola, giacché non è la prima volta che sta in difetto, mentre per me si trattava dell'unica volta. Inoltre, ho taciuto perché anche Gesù, accusato dinanzi al Sinedrio, taceva».

Chi non ricorda l'episodio doloroso capitato a san Gerardo Maiella? Calunniato in modo infame, venne castigato severamente da sant'Alfonso. Gli fu tolta la Santa Comunione, venne trasferito e trattato come un peccatore. E lui taceva, e obbediva.

Quando si scoprì la verità, sant'Alfonso poté dire che questo doloroso episodio bastava da solo a garantire la santità straordinaria di san Gerardo.

L'obbedienza ha crocifisso Gesù - «obbediente fino alla morte» (Fil. 2, 8) - e Gesù taceva e pregava. L'obbedienza ha crocifisso i Santi e anch'essi tacquero e pregarono, come Gesù.


La Vergine obbediente

La Madonna ci ha dato l'esempio ineguagliabile dell'imitazione di Gesù anche nell'obbedire. Le prime pagine del Vangelo di san Luca si aprono con il «Fiat» della Madonna all'angelo Gabriele (Lc. 1, 38). Ella obbedì umilmente all'inviato, al rappresentante di Dio, accettando cose umanamente inconcepibili - come la concezione verginale del Verbo Figlio di Dio e la Maternità Divina - e cose dolorose fino alla più tremenda tragedia per una madre: offrire il proprio Figlio all'assassinio!

La Madonna fu obbediente anche all'ordine di Augusto per il censimento (Lc. 2, 1-5); obbedì alla legge della presentazione e purificazione (Lc. 2, 21-24); obbedì a fuggire in Egitto (Mt. 2, 13-15); obbedì a tornare a Nazaret (Mt. 2, 19-23). La ritroviamo infine sul Calvario a consumare nell'angoscia più spaventosa il suo «Fiat» (Gv. 19, 25) come Corredentrice universale. L'obbedienza sul Calvario fu proprio «la spada che le trapassò l'anima» (Lc. 2, 35).

Obbedienza alla Volontà di Dio, senza riserve. «Faccio sempre ciò che piace a Lui» (Gv. 8, 29). Questo è l'atteggiamento del vero obbediente, garantito dall'obbedienza dolorosa amata come quella gaudiosa, pur fra gli spasimi della natura: «Non la mia, ma la tua volontà si faccia» (Lc. 22, 12).


Cacciati fuori...

Quando san Giuseppe Calasanzio venne calunniato e perseguitato dai suoi stessi discepoli; quando, vecchio e infermo, venne imprigionato e portato nei tribunali; e quando, alle soglie delle morte, venne espulso dalla Congregazione e dovette vedere la Congregazione devastata per ordine dello stesso Vicario di Cristo, egli curvò il capo e accettò questa catena di strazi, mormorando: «ora e sempre sia benedetta la santissima volontà di Dio».

Quando sant'Alfonso de' Liguori, vecchio ottantenne, venne calunniato da uno dei suoi figli, egli - il grande, l'appassionato, l'innamorato difensore del Papa - superava lo strazio mortale gridando a se stesso con la fronte a terra, ai piedi dell'altare: «Il Papa ha ragione, il Papa ha ragione!...».

Questa è l'obbedienza che crocifigge, come crocifisse Gesù sulla Croce. Il Santo è colui che si lascia crocifiggere. Noi invece, quanti espedienti, quanti compromessi, quante scappatoie... per evitare ogni peso e ogni fastidio che l'obbedienza ci porta. Ma se facciamo così, è impossibile amare, perché «se mi amate - dice Gesù - osservate i miei comandamenti» (Gv. 14, 15), anche se dolorosi.



Fioretti

- Meditare la Passione e Morte di Gesù.

- Offrire la giornata per i Superiori.

- Chiedere alla Madonna la virtù eroica dell'obbedienza.
S_Daniele
00venerdì 28 maggio 2010 18:14
P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventisettesimo giorno

27 MAGGIO - L'UMILTÀ


«Furfante!» - gridò il demonio al santo Curato d'Ars, sbattendolo di peso contro la parete della stanza - «Mi hai già rubato ottantamila anime quest'anno; se ci fossero quattro sacerdoti come te, sarebbe presto finito il mio regno nel mondo...».

Il Curato d'Ars era il sacerdote forse meno dotato e più sprovveduto della Francia! Ammesso al sacerdozio per una grazia speciale della Madonna (perché sapeva recitare bene il Rosario), si mantenne sempre nella sua umiltà, consapevole di essere un inetto su tutta la linea. Pensò soprattutto a pregare e a fare penitenza con tutte le forze. Il resto lo fece Dio. E furono cose strabilianti che mortificarono l'inferno intero, impotente di fronte a questo sacerdote umiliatissimo.

È la verità della parola di Dio: «Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato» (Lc. 14, 11). E ancora: «Dio resiste ai superbi, dà invece la grazia agli umili» (1 Pt. 5, 5).

Se ora pensiamo alla grandezza eccelsa della Madonna, possiamo comprendere quale immensità di umiltà ci dovette essere in Lei «esaltata sopra i cori degli Angeli».

L'umiltà della Madonna ha il suo biglietto di presentazione nelle prime pagine del Vangelo: «ecco l'ancella del Signore» (Lc. 1, 38); si manifesta nella visitazione a santa Elisabetta, che giustamente le grida: «A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?»; brilla nella nascita di Gesù, che avviene in una povera grotta, perché «non c'era posto per loro nell'albergo» (Lc. 2, 7); si ammanta di fitto silenzio e nascondimento nei trent'anni di Nazaret; arde di obbrobrio e di ignominia sul Calvario, dove la Madonna è presente quale madre del condannato, Corredentrice accanto al Redentore.

L'umiltà della Madonna è né più né meno proporzionata alla sua eccelsa Regalità. Suprema l'esaltazione perché fu estrema l'umiliazione.

A questa scuola dobbiamo venire per imparare l'umiltà.


La voglia di apparire

Chi più della Madonna avrebbe avuto motivo di apparire? E invece, come Ella è misteriosamente silenziosa e nascosta in tutto il Vangelo!

Noi, al contrario, gonfi di stoltezza e ricchi di miserie, quale voglia di apparire ci brucia! Vedere sacrificati, vedere umiliati o non valutati i nostri talenti, l'essere messi da parte, il non potere affermarci... che tortura e quanti risentimenti!

Ma per diventare umili, dobbiamo rintuzzare senza pietà i segreti impulsi e le velenose compiacenze dell'orgoglio. Così facevano i Santi.

Chi non ricorda sant'Antonio di Padova, mandato a fare il cuoco in uno sperduto conventino degli Appennini? Vi andò umile e mansueto come sempre. Eppure aveva una sapienza prodigiosa e diventerà Dottore della Chiesa.

Quando san Vincenzo de' Paoli si sentiva lodare, diventava loquace sui propri difetti e sulle sue umili origini. Diceva di essere figlio di un povero contadino, ignorante e incapace. Se capitava qualche disordine, attribuiva sempre la colpa a sé.

Lo stesso san Pio X, quando veniva lodato per i suoi ispirati discorsi, volgeva tutto a scherzo, rispondendo: «Sciocchezze, sciocchezze!... Roba copiata, non vale la pena!...». Se operava qualche miracolo con le sue mani, imponeva il silenzio, dicendo: «È il potere delle Somme Chiavi: io non c'entro. È la benedizione del Papa. È la fede di chi domanda la grazia...».

Anche santa Gemma Galgani una volta seppe industriarsi a trovare il modo di umiliarsi e di essere umiliata. Avendo saputo che era arrivato un dotto prelato per interrogarla sui fenomeni straordinari che le avvenivano, ella si prese sulle ginocchia il gattino che girava per la casa e si mise a giocherellare con lui senza dare nessuna importanza alle domande del prelato.

Questi, dopo un poco, andà subito via, ben convinto che quella povera ragazza fosse solo una demente.

È lo stile dei Santi: annullarsi, per fare splendere intatta la grandezza di Dio che opera. «Ha eletto ciò che è nulla, per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (1 Cor. 1, 28-29).


Una cosa io non so fare...

L'umiltà schiaccia il demonio. L'umilissima Vergine Maria «schiaccia la testa» al serpente infernale. Colui che voleva essere «simile all'Altissimo» (Is. 14, 14) ha la testa sotto i piedi di Colei che vuole essere soltanto l'«ancella del Signore» (Lc. 1, 38). E chiunque è umile, partecipa del potere dell'Immacolata di colpire il demonio alla testa.

San Macario è stato uno dei grandi Padri del deserto. Dovette molto lottare contro il demonio. E un giorno se lo vide venire contro con una forca di fuoco in mano. San Macario immediatamente si umiliò dinanzi al Signore, e al demonio cadde di mano la forca. Satana esclamò allora con ira e odio: «Senti, Macario, tu hai delle buone qualità, ma io ne ho più di te... Tu mangi poco, io per niente. Tu dormi poco, io non dormo mai. Tu fai miracoli, io pure faccio prodigi. Una sola ciosa tu sai fare, che io non so fare: tu sai umiliarti!».

Per questo l'umiltà è una forza micidiale contro satana! Per questo san Francesco d'Assisi occupa in cielo il seggio di Lucifero, secondo una visione di frate Pacifico. Infatti, a chi gli chiese che cosa pensasse di sé, san Francesco rispose di sentirsi come l'essere più abominevole della terra, un verme spregevole; e aggiunse che le grazie donate a lui da Dio in chiunque altro avrebbero tanto più fruttificato.

Questa è l'essenza dell'umiltà: riconoscere che di esclusivamente nostro abbiamo solo il peccato. Tutto il resto, tutto ciò che è buono, è da Dio (1 Cor. 4, 7), e ogni minima cosa buona che riusciamo a fare per la vita eterna ci è possibile solo per sua grazia (1 Cor. 12, 3; 2 Cor. 3, 5). Disse una volta san Pio da Pietrelcina: «Se Dio ci togliesse tutto quello che ci ha dato, noi rimarremmo con i nostri stracci».


L'umiltà è sapienza

Sant'Ambrogio dice che l'umiltà è il «trono della sapienza». Ebbene, alla Madonna dobbiamo chiedere con insistenza questa sapienza. E voglia Ella che noi l'abbiamo, perché «le altre virtù - dice sant'Agostino - picchiano alla porta del cuore di Dio, l'umiltà invece lo apre».

Ricordiamo e ispiriamoci ai tre episodi evangelici più espressivi riguardo all'umiltà.

Dopo la pesca miracolosa, san Pietro è sconvolto dal prodigio operato da Gesù e non può trattenersi dal prostrarsi e dirgli: «Allontanati da me, Signore, perché io sono un uomo peccatore» (Lc. 5, 8). E Gesù per ricambio: «Tu sarai pescatore di uomini» (Lc. 5, 10).

Un povero pubblicano sta in fondo al Tempio, e non osa neppure alzare gli occhi, ma geme umilmente: «Dio, abbi pietà di me peccatore». Gesù ci assicura che è uscito dal Tempio perdonato e purificato, a differenza del fariseo stolto orgoglioso (Lc. 18, 9-14).

Sul Calvario, il buon ladrone si affida umilmente all'Innocente: «Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno», e viene investito potentemente da una grazia che lo dispone in brevissimo tempo a poter entrare nel Regno dei cieli (Lc. 23, 43). Siamo quasi tentati di dire che anche Gesù è debole di fronte all'umiltà. Essa è davvero una chiave che apre il Cuore di Dio!

L'umilissima Vergine Maria voglia donarci questa «chiave» del Cuore di Dio.



Fioretti

- Leggere e meditare i tre bani evangelici di san Luca: 5, 1-11; 18, 9-14; 23, 39-43.

- Fare qualche atto di umiltà per riparare tante compiacenze di orgoglio.

- Chiedere con insistenza alla Madonna la virtù dell'umiltà.
Caterina63
00venerdì 28 maggio 2010 23:09

Chiusura mese mariano



Parrocchia Santa Maria Assunta in Cielo
Valle Ponticelli - Avellino

Chiusura del mese di maggio

30 maggio 2010
Solennità della Santissima Trinità

ore 16.30 Recita del Santo Rosario
- misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi - con meditazione mariana

ore 18.30 Santa Messa cantata in rito romano antico
consacrazione della Parrocchia al Cuore Immacolato di Maria
Processione aux flambeaux per il centro storico della parrocchia

canti gregoriani eseguiti delle Suore Francescane dell’Immacolata


S_Daniele
00sabato 29 maggio 2010 11:16
P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventottesimo giorno

28 MAGGIO - LA PUREZZA


La purezza è la virtù più abbagliante della Madonna. Lo splendore della sua verginità sempre intatta fa di Lei la creatura più radiosa che si possa immaginare, la Vergine più celestiale, tutta «candore di luce eterna» (Sap. 7, 26).

Il dogma di fede della Verginità perpetua di Maria Santissima, il dogma di fede della concezione verginale di Gesù ad opera dello Spirito Santo, il dogma di fede della Maternità verginale della Madonna: questi tre dogmi investono l'Immacolata di uno splendore verginale che «i cieli e la terra non possono contenere» (1 Re 8, 27). E lungo i secoli, nella Chiesa, alla Beata Vergine si sono ispirate le schiere angeliche delle vergini che ghanno cominciato già da questa terra a vivere solo di Gesù, per «seguire l'Agnello» (Ap. 14, 4) nel tempo e nell'eternità.

E se ci sono stati e ci sono ancora i mentecatti, i quali vogliono gettare le ombre del loro squallore su una verità di fede così abbagliante come la Verginità perpetua della Madonna, oltre san Girolamo (che sbaragliò gli eretici Elvidio e Gioviniano) e sant'Ambrogio (che scrisse pagine d'incanto supremo sulla verginità), tutta la Chiesa nel suo cammino millenario ha celebrato e glorificato in Maria la Tutta Vergine, la Sempre Vergine, nell'anima e nel corpo, la Vergine santa consacrata divinamente dalla presenza del Verbo di Dio, che si è incarnato in Lei, rivestendosi della stessa verginità della Madre.


«L'ira di Dio»

Se adesso volgiamo lo sguardo sull'umanità, purtroppo la visione di sogno e d'incanto della verginità immacolata della Madonna svanisce nel modo più brutale.

Impurità, lussuria, sensualità, adulterio, pornografia, omosessualità, turpiloquio, nudismo, spettacoli immondi, balli osceni, rapporti prematrimoniali, contraccezione, divorzio, aborto...: ecco lo spettacolo nauseante che l'umanità offre agli occhi di tutti.

Santo Cielo, quali abissi di nefandezze su questa povera terra! Si può andare avanti così senza provocare «l'ira di Dio» (Ef. 5, 6)?

La Madonna fece dire dalla piccola e innocente Giacinta (ignara del vero significato di quel che dicesse!): «I peccati che mandano più anime all'inferno sono i peccati impuri».

Chi potrebbe smentire questa affermazione, osservando il teatro di vergogne che il mondo mette in mostra ogni giorno?

È vero che il peccato impuro non è il peggiore né il più grave dei peccati. Ma è il più frequente e il più schifoso. Questo è indubitabile.

Noi conosciamo la beatitudine della purezza proclamata da Gesù: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt. 5, 8); conosciamo i due comandamenti di Dio riguardo all'impurità: il sesto e il nono; conosciamo anche la raccomandazione più che energica di san Paolo ai cristiani: «La fornicazione e l'impurità di ogni specie... non siano neppure nominate tra voi... ma lo stesso valga per le volgarità, le insulsaggini e i discorsi triviali: tutte cose indecenti» (Ef. 5, 3-4); conosciamo l'insegnamento nobilissimo del Catechismo della Chiesa: «Il sesto comandamento ci ordina di essere santi nel corpo, portando il massimo rispetto alla propria e all'altrui persona, come opere di Dio, e templi dove Egli abita con la sua presenza e con la sua grazia»; conosciamo i fermi richiami della Chiesa con recenti documenti di primaria importanza (Humanae vitae; Persona humana).

Conosciamo tutte queste indicazioni luminose per battere le seduzioni del mondo e della carne. Eppure l'umanità, e anche la cristianità, non fa che scivolare di continuo verso forme di costume sempre più degradate, da «uomo animale che non comprende più ciò che è spirituale» (1 Cor. 2, 14), a favore del più cieco e ottuso ateismo: «chi entra nella lussuria - dice sant'Ambrogio - abbandona la via della fede».


Quali rimedi?

La fuga dalle occasioni. La preghiera. I Sacramenti.

Ogni peccato impuro - di azione, di desiderio, di sguardo, di pensiero, di lettura... - è peccato mortale. Bisogna difendersi, quindi, con tutte le forze, fino alla violenza, se necessaria, perché «ciò a cui aspira la carne è morte; quello invece a cui tende lo spirito di vita è pace, poiché il desiderio della carne è inimicizia contro Dio...» (Rom. 8, 6-7).

Ricordiamo san Benedetto e san Francesco che si buttano fra le spine per spegnere «la concupiscenza che attrae e alletta» (Giac. 1, 14). Ricordiamo san Tommaso d'Aquino, che si serve di un tizzone ardente per sventare un'insidia pericolosissima. Ricordiamo santa Maria Goretti, che si lascia maciullare da quattordici coltellate, pur di salvare la sua liliale verginità.

Le occasioni più comuni di peccato, però, esigono soprattutto la mortificazione degli occhi (evitare cinema, televisione, letture sporche), della lingua (evitare il turpiloquio e i discorsi licenziosi), dell'udito (non ascoltare canzoni e barzellette volgari), della vanità (opporsi alle mode indecenti).

Da tutto questo appare evidente che «la vita dell'uomo sulla terra è una battaglia» (Giob. 7, 1) e che è necessaria la continua vigilanza, con l'aiuto di Dio (preghiera e Sacramenti) per non lasciarsi «dominare dalla concupiscenza» (cf. 1 Tess. 4, 5).

È umiliante, ma è questa la nostra reale condizione: carne e spirito sono sempre in lotta serrata fra loro: «Nelle mie membra c'è un'altra legge, che muove guerra alla mia anima e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra» (Rom. 7, 23).

San Domenico Savio che strappa i giornaletti ricevuti dai compagni; san Luigi Gonzaga che riprende in pubblico chi parla scorrettamente e si impone penitenze terribili; san Carlo Borromeo che fin da ragazzo si accosta spesso ai Sacramenti; sant'Alfonso de' Liguori che si toglie gli occhiali quando il papà lo porta a teatro... sono tutti esempi che dovrebbero spingerci a usare ogni mezzo per custodire la purezza del cuore e dei sensi.


Castità coniugale

I problemi morali più seri sono quelli che riguardano gli sposi. La castità coniugale è un dovere di tutti gli sposi cristiani, ed è un dovere fecondo di grazie e benedizioni. Ma gli assalti del maligno sono massicci: contraccezione e onanismo, divorzi e aborti stanno facendo strage dei coniugi cristiani, senza dire dei rapporti prematrimoniali, che sono soltanto immonda profanazione dei corpi e delle anime di quei fidanzati schiavi miserabili della carnalità.

Si vogliono solo due figli, e non di più. Poi c'è la pillola o altri mezzi per evitare nuove gravidanze. E così si profanano - magari per anni e anni - i rapporti matrimoniali, che dovrebbero invece simboleggiare l'unione fra Cristo e la Chiesa (Ef. 5, 25).

La «pillola» anticoncezionale è venuta dall'inferno, diceva san Pio da Pietrelcina, e chi la usa commette peccato mortale; e ancora «Per ogni matrimonio il numero dei figli viene stabilito da Dio» e non dal capriccio dei coniugi; e ancora: «Chi sta sulla strada del divorzio sta sulla strada dell'inferno». Peggio ancora per chi dovesse commettere il crimine dell'aborto.

Che aprano bene gli occhi gli sposi cristiani! Profanare il sacramento del matrimonio non sarà mai senza castighi e maledizioni sulle famiglie. Si ricordino bene che «con Dio non si scherza!» (Gal. 6, 7).


Fioretti

- Recitare tre Ave Maria in onore della verginità della Madonna.

- Eliminare e distruggere qualsiasi cosa di immodesto si abbia con sé.

- Mortificare bene i sensi, specialmente la vista.
S_Daniele
00sabato 29 maggio 2010 20:30
P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventinovesimo giorno

29 MAGGIO - LA CARITÀ



La carità è la regina delle virtù. La carità è la perfezione dell'uomo. La carità è la pienezza della vita cristiana: è l'«amore di Dio diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato dato» (Rom. 5, 5).

È penoso, perciò, illudersi di amare Dio o il prossimo quando si ha il peccato mortale nell'anima.

È penoso, ugualmente, illudersi di amare davvero senza che l'impulso d'amore venga sorgivamente dallo Spirito Santo nel cuore.

Quante mascherate e apparenze di carità facciamo noi, coscienti o incoscienti! Lo dice san Paolo con parole che dovrebbero far rinsavire chiunque ciarla senza posa di «disponibilità», di «apertura agli altri», di «vivere per gli altri», e non bada se tutto ciò sia fatto con la grazia di Dio nell'anima e se proceda dalla cosciente e amorosa unione con lo Spirito Santo nel proprio cuore! Altrimenti, più ancora che di ben vaghe «disponibilità» e «aperture» agli altri, san Paolo parla molto concretamente di «distribuire tutti i propri beni ai poveri e di dare persino il proprio corpo ad essere bruciato per gli altri» (1 Cor. 13, 3)!

La sostanza prima della carità, quindi, è la grazia di Dio nell'anima, è l'amore di Dio nel cuore e nelle intenzioni. Senza ciò, si parla di carità «battendo l'aria» (1 Cor. 9, 26).


«L'amore di Gesù spinge»

Quando c'è l'amore di Dio nel cuore, la carità verso il prossimo viene potenziata fino agli eroismi più puri.

San Francesco d'Assisi, che non solo non sfugge, ma si avvicina e bacia il lebbroso; santa Elisabetta d'Ungheria che mette nel proprio letto un lebbroso abbandonato per la strada; i missionari che affrontano rischi e dolori anche mortali per gli infedeli; santa Teresina che si flagella tre volte alla settimana e Giacinta di Fatima, che colpisce le sue gambe con le ortiche per i peccatori; e san Vincenzo de' Paoli, santa Luisa de Marillac, santa Francesca Saverio Cabrini, san Camillo de Lellis, san Giuseppe Cottolengo, san Giovanni Bosco, il beato Guanella, san Leopoldo, e tanti altri Santi, quali eroismi di carità materiale e spirituale non hanno compiuto verso i fratelli, spinti dall'amore di Gesù... Veramente valevano per loro le parole di san Paolo: «L'amore di Cristo ci sospinge» (2 Cor. 5, 14). Non un amore comune, s'intende, ma un amore da «
fuoco divorante» (Deut. 9, 3), che li portava alla «perdita» di sé nell'Amato per avere un solo cuore e un solo volere, pronti ad amare senza misura, fino alla morte.

Così, solo così si spiega tutto il sovrumano amore dei Santi.

Quando il santo Curato d'Ars convertì la moglie di un ricco ebreo, questi arrivò tutto furente ad Ars. Si presentò al santo Curato e gli disse con brutalità:

- Per la pace che avete distrutto nella mia casa, sono venuto qui a cavarvi un occhio.

- Quale dei due? chiese il Santo con semplicità.

L'ebreo rimase sconcertato da una risposta simile; poi rispose: - Il destro!

-
Ebbene, mi resterà il sinistro per guardarvi e amarvi.

- E se ve li cavassi tutti e due?

-
Mi resterà il cuore per guardarvi ed amarvi ancora....

L'ebreo fu sconvolto. Cadde in ginocchio. Pianse. Si convertì. La potenza dell'amore di Gesù!


«Non più io, ma Gesù...»

La carità fraterna più alta e perfetta è quella che ci fa amare il prossimo con il cuore stesso di Gesù. «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Gesù», raccomandava san Paolo (Fil. 2, 5).

Questo è il comandamento nuovo e sublime di Gesù: «Amatevi come io vi ho amati» (Gv. 13, 34), perché «da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete l'un l'altro» (Gv. 13, 35). La misura ultima della perfezione dell'amore è data dall'identificazione d'amore con Gesù.

La carità più alta, quindi, ce l'ha solo il Santo, perché solo il Santo è trasfigurato in Gesù per potenza di amore e dolore. Solo il Santo, attraverso la morte mistica dell'io, arriva a quell'identificazione d'amore con Gesù, che fa dire come san Paolo: «Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me» (Gal. 2, 20).

Il Santo, quindi, è colui che ama follemente Gesù e ama follemente come Gesù. Ama follemente Gesù e sa incontrarlo, vederlo, abbracciarlo dovunque Egli si trovi, soprattutto nell'Eucaristia, poi nel Vangelo, nel Papa, nei poveri e negli infermi, nei reietti e nei miserabili, con i quali Gesù si è identificato (Mt. 25, 31-45).

Ama follemente come Gesù e perciò sa vendere se stesso al mercato degli schiavi in sostituzione di altri: come fecero san Paolino e san Vincenzo de' Paoli; sa esporsi a contagi di malattie mortali, pur di assistere gli infermi: come fecero san Luigi Gonzaga e il beato Damiano di Veuster; sa affrontare rischi e travagli incommensurabili per aiuto ai fratelli: come fecero san Giovanni Bosco per i giovani, santa Francesca Saverio Cabrini per gli emigrati; sa chiudersi ore e ore in un confessionale per sanare e consolare anime in cerca di grazia e di pace: come fecero il santo Curato d'Ars, san Leopoldo, san Pio da Pietrelcina... Quanta bontà e grazia dal cuore dei Santi!


L'Immacolata: tutta amore

Se i Santi sono meravigliosi nell'amore, che cosa sarà l'Immacolata?

L'Immacolata è la «piena di grazia» (Lc. 1, 28), ossia è piena di vita divina, di amore trinitario. Creata innocentissima, sempre vergine purissima, l'Immacolata è simile a un cristallo tersissimo che rifrange luminosissimamente la carità di Dio. Ella è arrivata a donarci Gesù, suo divino Figlio e infinito tesoro del suo Cuore, imitando perfettamente Dio Padre, che ha tanto amato gli uomini «da sacrificare il suo Figlio Unigenito» (Gv. 3, 16).

O Madre divina, come ti ringrazieremo per la tua sterminata carità? Quale violenza da «trapassarti l'anima» (Lc. 2, 35) dovresti fare al tuo cuore di Mamma per essere la Corredentrice universale, per immolare Gesù per la nostra salvezza?... Madre Divina e Dolcissima, la tua carità non può avere eguali, sorpassa il finito, è ai confini con l'infinito. Sii in eterno benedetta!


Chiedo di morire...

Chi ama veramente la Madonna, arriva alla somiglianza con Lei, e produce frutti meravigliosi di grazia e di virtù, soprattutto nell'esercizio della carità.

Un esempio letteralmente abbagliante è quello di san Massimiliano M. Kolbe. Si può dire certamente che l'amore folle all'Immacolata lo rese davvero simile a Lei nel sacrificio più grande che potesse fare: immolare la sua vita di sacerdote, di apostolo, di fondatore delle Città dell'Immacolata, chiedendo di andare a morire in un tenebroso bunker per salvare un papà di famiglia. Sapeva di scegliere una morte atroce e spaventosa in quel sotterraneo di Auschwitz: ma l'amore cresce gigante tra i dolori giganti, e san Massimiliano, amando follemente l'Immacolata, venne da Lei «reso conforme al Figlio suo» (Rom. 8, 29), nella misura massima dell'amore proclamato da Gesù: «Nessuno ha amore più grande di colui che sacrifica la sua vita per i suoi amici» (Gv. 15, 13).



Fioretti

- Ad ogni azione rinnovare l'intenzione di agire solo per il Signore «e non per gli uomini» (Col. 3, 23).

- Chiedere alla Madonna la virtù della carità.

- Fare una visita a qualche cappella o chiesa dedicata alla Madonna.
Caterina63
00martedì 1 giugno 2010 22:47
[SM=g1740733] In una vecchia intervista, diventata parte integrante di un libro, l'allora cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI, spiegava in poche ma efficaci parole, come ebbe in dono dai propri genitori la tradizionale preghiera del Rosario...

Ci è piaciuto metterle in un video ed offrirle alla vostra conoscenza, unendo per altro ulteriori inviti del Santo Padre, rivolti ai giovani, ai malati ed anziani ed agli sposi novelli, sull'efficacia e l'importanza del Rosario...

Ti invitiamo così a visitare il nostro sito:
www.sulrosario.org e a contattarci: info@sulrosario.org
il Movimento Domenicano del Rosario forse....potrà aiutarti ad approfondire questa meravigliosa Preghiera
...

Il testo e la canzone, del Coro "S. Veronica" del CD Inni e Canti
si intitola "Pietà Signor" dedicato alla Patria ed alla sua conversione, (autore L.Perosi), un inno di tradizionale memoria che animava i gruppi giovanili specialmente nelle processioni Eucaristiche.

Pietà Signor

Pietà Signor, del nostro patrio suol!
Noi ti preghiam ai piè del Santo Altar!
La Patria nostra a Te si volge in duolo:
a Te la prece ascende e il sospirar
.

Rit. Dio di clemenza
Dio salvator,
deh salva il popol nostro
pel Tuo Sacro Cuor!

Pietà Signor! per tanta cieca gente
che di sue glorie sacre scempio or fa;
dei peccator Tu muta il cor, la mente,
e al mondo dona pace e libertà.

Rit Dio di clemenza......

Pietà Signor! son cento spose sante
che nel dolor ti chiedono mercè:
son cento madri che fra pene tante
volgon lo sguardo lacrimoso a Te.

Rit. Dio di clemenza....

Pietà Signor! Son pargoli innocenti
che le loro mani tendono al Tuo Cuor,
noi qui tutti t'invochiam fidenti
mostraci un raggio del Tuo santo Amor.

Rit. Dio di clemenza....

Pietà Signor! di tanta iniqua gente, che il Nome Tuo non cessa d'insultar!
Noi qui veniam, col mesto cuor dolente,
il perdono Tuo per tutti ad implorar.

Rit. Dio di clemenza...

Pietà Signor! sul Tuo Calvario in pianto
di Chiesa santa geme il gran Pastor!
Deh! Tu conforta il nostro Padre Santo
con un trionfo pari al suo dolor!

Rit. Dio di clemenza...

Pietà Signor! Per il Tuo Cuore istesso,
fonte ed altar d'eterna carità,
di nostre colpe il miserando eccesso
non scemi l'onda della Tua bontà
.

Rit. Dio di clemenza....


Per scaricare il video o solo la canzone, clicca qui:

it.gloria.tv/?media=79875





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[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

S_Daniele
00giovedì 3 giugno 2010 18:44
P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Trentesimo giorno

30 MAGGIO - LA DEVOZIONE ALLA MADONNA


Molto conosciuto, ma sempre bello e significativo questo gentile episodio.

Una mamma insegna al suo bambino come fare il segno di croce. Prende la manina e gliela porta alla fronte:

- Nel nome del Padre... del Figlio... e dello Spirito Santo.

Ma qui il piccolo rimane come pensoso.

- Via, piccino, ripeti con me: «In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo...».

Ma il bimbo la interrompe: - E la mamma dov'è?...

Commovente intuizione del bimbo. La presenza della mamma non è affatto secondaria per la vita cristiana. Ossia: la devozione alla Madonna non è affatto un ornamento superfluo di cui spiritualmente si possa fare a meno senza danno alcuno.

Al contrario, «Gesù si oscura, quando Mariaè nell'ombra», scrisse il padre Faber. Ossia, senza la devozione alla Madonna decade anche l'amore a Gesù.

In questo senso, ad esempio, il grande sant'Alfonso de' Liguori voleva la presenza della Madonna in tutto ciò che faceva. Quando predicava, voleva che l'immagine di Maria stesse sempre sul palco dove predicava. Una volta in un paese non trovò l'immagine di Maria sul palco. Disse allora ai suoi più vicini: «Stasera la predica non farà grande effetto, perché non c'è la Madonna». Ma c'è di più.

La Chiesa insegna che la devozione alla Madonna è moralmente necessaria al cristiano per salvarsi, perché «è elemento qualificante della genuina pietà della Chiesa» (Marialis cultus, Introduzione). E ancora: «La pietà della Chiesa verso la Vergine Maria è elemento intrinseco del culto cristiano» (ivi, 56). Il Papa Giovanni Paolo II conferma anch'egli parlando della «dimensione mariana della vita dei discepoli di Cristo... di ogni discepolo di Cristo, di ogni cristiano» (Redemptoris Mater, 45).

Noi non potremo mai diventare conformi a Gesù se non amiamo la Madonna Santissima come Lui. Questo è un «elemento fondamentale» della vita cristiana, diceva il Papa Pio XII. La Madonna deve occupare nella nostra vita il posto che la mamma occupa nella famiglia, ossia il posto di centro vitale, di cuore, d'amore. Che cos'è una famiglia senza la mamma?


Ella ci unisce a Gesù

Se Dio ci ha «predestinati a divenire conformi al Figlio suo» (Rom. 8, 29), la Madonna - dice san Luigi di Montfort - è stata lo stampo che ha formato Gesù, e che continua a formare Gesù in tutti quelli che a Lei si affidano. Scolpire una statua esige un lungo lavoro; servirsi di uno stampo invece è molto più semplice.

Per questo i devoti della Madonna possono diventare «conformi a Gesù» nella maniera «più rapida, più facile e più gradita», diceva san Massimiliano Kolbe.

Quanto è fuori posto la meschina preoccupazione di chi considera la devozione alla Madonna con un certo sospetto, o con il metro in mano... perché teme che si possa eccedere compromettendo la pienezza della vita cristiana e della più alta santificazione. È proprio tutto il contrario! Lo insegna benissimo la Chiesa.

San Pio X, in una enciclica mariana, raccogliendo la voce dei Padri e dei Santi, scrive: «Nessuno al mondo, quanto Maria, ha conosciuto a fondo Gesù, nessuno è miglior maestro e migliore guida per far conoscere Cristo... Per conseguenza, nessuno è più efficace della Vergine per unire gli uomini a Gesù».

Il Concilio Vaticano II ha ribadito che la devozione alla Madonna non solo «non impedisce minimamente l'immediato contatto con Cristo, ma anzi lo facilita» (Lumen gentium, 60).

Il Papa Paolo VI aggiunge che la Madonna non solo favorisce, ma ha proprio Lei la missione di unire a Gesù per «riprodurre nei figli i lineamenti spirituali del Figlio primogenito» (Marialis cultus, 57).

Quale tesoro, quindi, è un'ardente devozione alla Madonna!


Ella ci porta in Paradiso

Un giorno san Gabriele dell'Addolorata disse al suo padre spirituale: «Padre, io sono sicuro di andare in Paradiso!».

«E come fai a saperlo?» - chiede il padre.

«Perché ci sono già. Amo la Madonna, dunque sono già in Paradiso!...».

Proprio così. L'amore alla Madonna è segno di predestinazione, è garanzia del Cielo, è amore di Paradiso.

Questo è l'insegnamento comune della Chiesa. Basti ricordare qui tre grandissimi Dottori della Chiesa.

Sant'Agostino dice che tutti i predestinati si trovano già chiusi nel seno della Madonna; perciò l'amore a Maria è un segno prezioso di salvezza.

San Bonaventura dice che «chiunque è segnato dalla devozione a Maria sarà segnato nel libro della vita».

Sant'Alfonso de' Liguori, infine, assicura che «chi ama la Madonna, può essere così certo del Paradiso come se già vi si trovasse».

Se è segno di predestinazione, quindi, la devozione alla Madonna deve starci a cuore come il «tesoro nascosto nel campo» di cui parla Gesù nel Vangelo (Mt. 13, 44).

E, anzi, bisogna stare attenti a coltivare davvero la devozione mariana, perché san Leonardo da Porto Maurizio arriva a dire che «è impossibile che si salvi chi non è devoto a Maria». E non ha torto. Il perché lo dice san Bonaventura: «come per mezzo di Lei Dio è disceso fino a noi, così è necessario che per mezzo di Lei noi ascendiamo fino a Dio», e quindi «nessuno può entrare in Paradiso se non passa per Maria, che ne è la porta».

Perciò, quando san Carlo Borromeo faceva mettere l'immagine della Madonna sulla porta di ogni chiesa, voleva appunto far capire ai cristiani che non si può entrare nel Tempio del Paradiso senza passare per Maria, «porta del Cielo».

In conclusione, se abbiamo la devozione alla Madonna, custodiamola e coltiviamola con grande cura. Se non l'abbiamo, chiediamola con tutte le forze come dono e grazia principale di questo mese di maggio. Ricordiamo la splendida sentenza di san Giovanni Damasceno: «Dio fa la grazia della devozione alla Madonna a coloro che vuole salvi»: Questa «grazia» occupi tutto il nostro cuore. È una grazia che vale il Paradiso! Aveva ragione san Pio da Pietrelcina di dire che la devozione alla Madonna «vale più che la teologia e la filosofia»; e aveva ragione san Massimiliano di dire che l'amore alla Madonna fa «vivere e morire felici».



Fioretti

- Tre Ave Maria mattina e sera per affidarsi alla Madonna.

- Offrire la giornata perché si diffonda la devozione alla Madonna.

- Avere sempre addosso o sotto gli occhi qualcosa che mi ricordi la Madonna.
S_Daniele
00giovedì 3 giugno 2010 18:46
P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Trentunesimo giorno

31 MAGGIO - IL SANTO ROSARIO


A Lourdes e a Fatima la Madonna è apparsa per raccomandarci particolarmente il Santo Rosario.

A Lourdes Ella sgranava la splendida corona, mentre santa Bernadetta recitava le Ave Maria. A Fatima, in ogni apparizione, la Madonna raccomandò la recita del Rosario. In più, nell'ultima apparizione, Ella si presentò come la «Madonna del Rosario».

È veramente grande l'importanza che la Madonna ha dato al Rosario.

Quando a Fatima ha parlato della salvezza dei peccatori, della rovina di molte anime all'inferno, delle guerre e dei destini della nostra epoca, la Madonna ha indicato come preghiera salvatrice il Rosario.

Lucia di Fatima dirà in sintesi che «da quando la Vergine Santissima ha dato grande efficacia al Santo Rosario, non c'è problema né materiale né spirituale, nazionale o internazionale, che non si possa risolvere con il Santo Rosario e con i nostri sacrifici».


Salva e santifica

Un episodio di grazia.

San Giuseppe Cafasso una mattina, molto per tempo, passando per le vie di Torino, incontrò una povera vecchia, che camminava tutta ricurva sgranando piano piano la corona del Santo Rosario.

«Come mai così presto, buona donna?», chiese il Santo.

«Oh, reverendo, passo a ripulire le strade!».

«A ripulire le strade?... che vuol dire?».

«Veda: questa notte c'è stato il carnevale, e la gente ha fatto tanti peccati. Io passo, ora, recitando delle Ave Maria, perché profumino i luoghi appestati dal peccato...».

Il Rosario purifica le anime dalle colpe e le profuma di grazia. Il Rosario salva le anime.

San Massimiliano M. Kolbe scriveva nella sua agendina: «Quante corone, tante anime salve!». Ci pensiamo? Potremmo tutti salvare anime recitando corone del Rosario. Quale carità di inestimabile valore sarebbe questa!

Che dire delle conversioni dei peccatori ottenute con il Santo Rosario? Dovrebbero parlare san Domenico, san Luigi di Montfort, il santo Curato d'Ars, san Giuseppe Cafasso, san Pio da Pietrelcina...

Il Rosario fa bene a tutti, ai peccatori, ai buoni, ai santi.

Quando a san Filippo Neri si chiedeva una preghiera da scegliere, egli rispondeva senza indugi: «Recitate il Rosario e recitatelo spesso».

Anche a san Pio da Pietrelcina un figlio spirituale chiese quale preghiera preferire per tutta la vita. Padre Pio rispose di scatto: «Il Rosario».

Soprattutto i Santi hanno dimostrato l'efficacia di grazia del Rosario. Quanti Santi sono stati veri «apostoli del Rosario»? San Pietro Canisio, san Carlo Borromeo, san Camillo de Lellis, sant'Antonio M. Gianelli, san Giovanni Bosco...

Forse tra i più grandi spicca l'altissimo san Pio da Pietrelcina. Il suo esempio ha del prestigioso in grado tutto sovrumano.

Per più anni egli arrivò a recitare ogni giorno oltre cento corone del Rosario! Un modello gigante che ha garantito la fecondità del Rosario per la sua santificazione e per la salvezza delle anime.

Quanti milioni di anime non sono state attratte misteriosamente da quel frate che per ore e ore, di giorno e di notte, sgranava la corona ai piedi della Madonna, fra quelle mani piagate e sanguinanti?... Egli ha dimostrato davvero che «il Rosario è catena di salvezza che pende dalle mani del Salvatore e della sua Beatissima Madre e che indica donde scende a noi ogni grazia e per dove deve da noi salire ogni speranza» (Paolo VI).


Ogni giorno la corona

Tutta la preghiera, tutta la scienza e tutto l'amore di santa Bernadetta sembra che consistessero nel Rosario. Sua sorella Tonietta diceva: «Bernadetta non fa altro che pregare; non sa fare altro che scorrere i grani del Rosario...».

Il Rosario è preghiera evangelica, preghiera cristologica, preghiera contemplativa in compagnia della Madonna (Marialis cultus, 44-47). Lode e implorazione riempiono le Ave Maria sospingendo la mente verso il mistero presente nella meditazione.

Che questo avvenga ai piedi dell'altare o per la strada, non è un ostacolo per il Rosario. Quando la mente si raccoglie volgendosi a Maria, poco importa se si sta in chiesa o su un treno, se si sta camminando o si sta volando su un aereo.

Questa facilità che il Rosario offre a chi voglia recitarlo, aumenta la nostra responsabilità: possibile che non si possa trovare ogni giorno un quarto d'ora di tempo per offrire una coroncina alla Madonna? In qualsiasi luogo, a qualsiasi ora, con qualsiasi persona, senza libri né cerimonie, ad alta voce o a fior di labbra...

Pensiamo ai Rosari recitati nelle corsie degli ospedali da san Camillo de Lellis e da santa Bertilla Boscardin; per le vie di Roma da san Vincenzo Pallotti; sui treni e sulle navi da santa Francesca Cabrini; nel deserto del Sahara da fratel Carlo De Foucauld; nei palazzi reali dalla venerabile Maria Cristina di Savoia; nei campi di concentramento e nel bunker della morte da san Massimiliano M. Kolbe; soprattutto nelle famiglie, dalla beata Anna Maria Taigi, dai genitori di santa Teresina, dalla mamma di santa Maria Goretti... Non perdiamo il tempo in cose vane e nocive, quando abbiamo un tesoro da valorizzare come il Rosario! Diciamolo e promettiamo alla Madonna, a conclusione del mese mariano: ogni giorno una corona del Rosario per Te, o Maria!


Nel Cuore Immacolato

A Fatima il Rosario è stato il dono del Cuore Immacolato di Maria. E noi vogliamo concludere il mese mariano deponendo il nostro Rosario nel Cuore dell'Immacolata, con l'impegno di recitarlo ogni giorno. Il Santo Rosario sia la nostra «preghiera preferita» come lo era per il Papa Giovanni Paolo II.

Il Rosario e il Cuore Immacolato di Maria segneranno il trionfo finale del Regno di Dio per questa epoca.

La devozione al Rosario e la devozione al Cuore Immacolato di Maria sono garanzie di salvezza. Anzi, la Madonna dice che le anime devote del Rosario e del suo Cuore Immacolato: «saranno predilette da Dio e, come fiori, saranno collocate da me dinanzi al Suo trono».

Voglia Ella stessa accendere e tenere acceso in noi l'amore al Rosario e al suo Cuore Immacolato.



Fioretti

- Recitate un Rosario di ringraziamento.

- Offrire Messa e Comunione in ringraziamento.

- Consacrarsi al Cuore Immacolato di Maria.
S_Daniele
00giovedì 3 giugno 2010 18:49


CELEBRAZIONE MARIANA PER LA CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIO IN VATICANO, 31.05.2010

Si svolge questa sera alle ore 20, nei Giardini Vaticani, la tradizionale processione con la recita del Santo Rosario, a conclusione del mese mariano. Dalla chiesa di Santo Stefano degli Abissini, antistante l’abside della Basilica di San Pietro, i fedeli raggiungono la Grotta della Madonna di Lourdes. La celebrazione mariana è presieduta dal Cardinale Angelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e Arciprete della Basilica di San Pietro.

Alle ore 21, il Santo Padre Benedetto XVI giunge alla Grotta di Lourdes e prima di impartire la Benedizione Apostolica rivolge ai presenti le parole che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Con grande gioia mi unisco a voi, al termine di questo tradizionale incontro di preghiera, che conclude il mese di Maggio in Vaticano. Con riferimento alla liturgia odierna, vogliamo contemplare Maria Santissima nel mistero della sua Visitazione. Nella Vergine Maria che va a visitare la parente Elisabetta riconosciamo l’esempio più limpido e il significato più vero del nostro cammino di credenti e del cammino della Chiesa stessa. La Chiesa è per sua natura missionaria, è chiamata ad annunciare il Vangelo dappertutto e sempre, a trasmettere la fede ad ogni uomo e donna, e in ogni cultura.

«In quei giorni – scrive l’evangelista san Luca – Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda» (Lc 1,39).

Quello di Maria è un autentico viaggio missionario. È un viaggio che la conduce lontano da casa, la spinge nel mondo, in luoghi estranei alle sue abitudini quotidiane, la fa arrivare, in un certo senso, sino ai confini da lei raggiungibili. Sta proprio qui, anche per tutti noi, il segreto della nostra vita di uomini e di cristiani. La nostra, come singoli e come Chiesa, è un’esistenza proiettata al di fuori di noi. Come era già avvenuto per Abramo, ci è chiesto di uscire da noi stessi, dai luoghi delle nostre sicurezze, per andare verso gli altri, in luoghi e ambiti diversi.

È il Signore che ce lo chiede: «Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni… fino ai confini della terra» (At 1,8). Ed è sempre il Signore che, in questo cammino, ci mette accanto Maria quale compagna di viaggio e madre premurosa. Ella ci rassicura, perché ci ricorda che con noi c’è sempre il Figlio suo Gesù, secondo quanto ha promesso: «io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

L’evangelista annota che «Maria rimase con lei (con la parente Elisabetta) circa tre mesi» (Lc 1,56). Queste semplici parole dicono lo scopo più immediato del viaggio di Maria. Aveva saputo dall’Angelo che Elisabetta aspettava un figlio e che era già al sesto mese (cfr Lc 1,36). Ma Elisabetta era anziana e la vicinanza di Maria, ancora molto giovane, poteva esserle utile. Per questo Maria la raggiunge e rimane con lei circa tre mesi, per offrirle quella vicinanza affettuosa, quell’aiuto concreto e tutti quei servizi quotidiani di cui aveva bisogno. Elisabetta diventa così il simbolo di tante persone anziane e malate, anzi, di tutte le persone bisognose di aiuto e di amore. E quante ce ne sono anche oggi nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nelle nostre città! E Maria – che si era definita «la serva del Signore» (Lc 1,38) – si fa serva degli uomini. Più precisamente, serve il Signore che incontra nei fratelli.

La carità di Maria, però, non si ferma all’aiuto concreto, ma raggiunge il suo vertice nel donare Gesù stesso, nel "farlo incontrare". È ancora san Luca a sottolinearlo: «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo» (Lc 1,41). Siamo così al cuore e al culmine della missione evangelizzatrice. Siamo al significato più vero e allo scopo più genuino di ogni cammino missionario: donare agli uomini il Vangelo vivente e personale, che è lo stesso Signore Gesù. E quella di Gesù è una comunicazione e una donazione che – come attesta Elisabetta – riempie il cuore di gioia: «Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo» (Lc 1,44).

Gesù è il vero e unico tesoro che noi abbiamo da dare all’umanità. È di Lui che gli uomini e le donne del nostro tempo hanno profonda nostalgia, anche quando sembrano ignorarlo o rifiutarlo. È di Lui che hanno grande bisogno la società in cui viviamo, l’Europa, il mondo intero.

A noi è affidata questa straordinaria responsabilità. Viviamola con gioia e con impegno, perché la nostra sia davvero una civiltà in cui regnano la verità, la giustizia, la libertà e l’amore, pilastri fondamentali e insostituibili di una vera convivenza ordinata e pacifica. Viviamo questa responsabilità rimanendo assidui nell’ascolto della Parola di Dio, nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere (cfr At 2,42). Sia questa la grazia che insieme questa sera domandiamo alla Vergine Santissima. A voi tutti la mia benedizione.

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