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Giovanni Crisostomo De sacerdotio

Ultimo Aggiornamento: 14/09/2009 15:27
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Giovanni fa l’elogio della virtù di Basilio

VI. "Ma appunto per questo, disse, non puoi difenderti, se alcuno voglia accusarti; o non ricordi la pochezza della mia anima, della quale io tante volte ebbi a parlarti e che potesti apprendere dalle mie opere? e non mi schernivi tu sempre, tacciandomi di pusillanimità, perché io mi smarrisco anche nelle incombenze comuni?".

"Ricordo, risposi, d’aver ciò udito sovente volte da te, né potrei negarlo; ma se io ti schernivo, lo facevo per gioco, non sul serio".

Ma tuttavia non starò ora a discutere di questo; ti prego invece di accordarmi eguale benevolenza quando io venga rammentando alcuna delle doti che tu possiedi. Ché se anche tenterai d’accusarmi di menzogna, non cederò, ma dimostrerò che tu lo dici per modestia e non per la verità; né mi varrò d’altro testimonio, se non delle tue stesse parole e delle opere tue per confermare la verità delle mie asserzioni. E anzitutto questo ti voglio dire: Sai tu qual sia la potenza dell’amore? Cristo, lasciando da parte tutti gli altri portenti che dovevano esser compiuti dagli Apostoli: "Da questo, dice, conosceranno gli uomini che siete miei discepoli, se vi amerete reciprocamente" (Gv. 23,35). Paolo poi dice che esso è la pienezza della legge e che a nulla giovano i carismi dov’esso faccia difetto. Or questo bene ch’è il più eccellente, la tessera dei discepoli di Cristo, quello che sta sopra i carismi, io scorsi profondamente radicato nell’anima tua e fecondo di molti frutti.

"Che io ponga in ciò molto studio, disse, e molta sollecitudine dedichi a questo precetto, lo confesso io pure; che poi non lo abbia soddisfatto neppure per metà, potrai tu stesso farmene fede, qualora lasciando da parte le parole cortesi, voglia tenere conto solo della verità".

"Orbene, risposi, verrò alle prove; e come minacciai ora farò, dimostrando che tu parli per modestia anziché per dire il vero. Narrerò un fatto testé accaduto, onde non nasca sospetto che, narrando cose vecchie, cerchi di adombrare la verità, facendo si che l’oblio non permetta di protestare contro le cose da me narrate per cortesia. Dunque, quando uno dei nostri amici, calunniato con accusa di oltraggio e insubordinazione, stava per incorrere nelle pene estreme, allora tu senza che alcuno ti chiamasse, neanche quegli a cui la condanna soprastava, ti gettasti da te nel mezzo del pericolo. Questo sarebbe il fatto. Per convincerti poi anche dalle tue parole, quando gli uni non approvavano questo tuo zelo, gli altri invece assai lo lodavano e ammiravano: "E che? (dicesti ai tuoi biasimatori) io non mi so altro modo d’amare, se non col dare anche la mia vita, quando si tratti di salvare un amico che versa in pericolo"; dicendo in altri termini, ma con eguale sentimento, le parole che Cristo rivolse ai discepoli quando determinò la misura del perfetto amore: "Non si può dare, dice, amore più grande di questo, che uno dia la propria vita per i suoi diletti" (Gv. 15,13). Se adunque non è dato trovare amore più grande, tu hai raggiunto la perfezione di esso e ne hai asceso il culmine, sia con le opere, sia con le parole. Per questo ti ho tradito; per questo t’ho ordito quell’inganno; ti persuado ora che t’ho spinto in questa carriera non per mala intenzione, né col proposito di esporti a un pericolo, ma perché sapevo che ciò era cosa utile?

"Ma tu credi, disse, che la forza dell’amore sia sufficiente per la correzione del prossimo?".

"Senza dubbio, risposi, essa può contribuire a ciò in massima parte. Ma se vuoi ch’io rechi esempi anche della tua assennatezza, verrò anche a questo, e dimostrerò che sei ancor più prudente che caritatevole".

A queste parole arrossendo e facendosi colore della porpora: "Orsù, dice, si lascino ormai da parte le cose mie; non t’ho chiesto simili parlate io in principio. Piuttosto, se hai qualche opportuna ragione da poter addurre a quei di fuori, questo discorso ascolterò volentieri. Poni dunque fine a simile vaniloquio e dimmi che cosa addurremo agli altri in nostra difesa, sia a chi ci prescelse all’onore sia a chi si rammarica tenendosi offeso per quelle faccende".

a) Seconda parte della difesa di Giovanni. Risposta alle accuse di oltraggio agli elettori, disprezzo del sacerdozio, vanagloria

VII. Ora io proseguendo soggiunsi: A ciò appunto mi affretto. Poi che ho dato fine a quanto riguarda te, di buon grado mi rivolgerò ora a quest’altra parte della mia difesa. Qual è dunque l’accusa di costoro, e quali le loro querele? Essi si chiamano oltraggiati da noi, e dicono d’aver sofferto uno smacco, perché noi non accettammo l’onore che vollero conferirci. Ebbene, io dico anzitutto che non si deve far alcun caso dell’oltraggio che si possa recare agli uomini, quando per far onore a questi siamo costretti a far offesa a Dio. Onde neppure per quelli che se ne adontano è senza pericolo il menare tanto scalpore su ciò, ma anzi, torna loro molto dannoso; io mi penso infatti che le persone consacrate a Dio e che solo a Lui riguardano, debbano comportarsi tanto cautamente da non ritenere ciò come un oltraggio, quando anche mille e mille volte ne uscissero privi d’onore.

Ma che io non abbia fatto nulla di simile neppur col pensiero, si fa palese da questo: se io, come hai tante volte ripetuto che taluni vanno calunniando, venni al punto di votare per i miei accusatori, per arroganza e vanagloria, sarei pur da annoverare fra i peggiori malfattori, avendo dispregiato personaggi ammirandi e augusti e per di più benefattori. Ché se il far ingiuria a chi non te n’ha arrecato nessuna è degno di condanna; a quelli che spontaneamente si proponevano di onorarti (ché nessuno potrebbe dire che essi, avendo prima ricevuto qualche favore o piccolo o grande da me, volessero pagarmi la ricompensa di quelle mie grazie), come non sarebbe degno d’ogni castigo il corrispondere col rendere loro l’opposto? Ma se questo non mi passò neppure per la mente e con ben altra intenzione mi sottrassi al grave peso, quand’anche non volessero approvarmi, perché in luogo di darmi perdono, m’accusano per aver io provveduto alla salvezza dell’anima mia?

Di fatto io ero tanto lontano dal voler fare ingiuria a quei personaggi, che anzi, direi, col mio rifiutare, di averli onorati; né ti meravigliare se ciò ha del paradosso, ché presto te ne darò la soluzione. S’io avessi accettato, non tutti, ma quelli che trovano gusto nelle maldicenze, avrebbero messo in campo molti sospetti e calunnie, sia a carico di me consacrato, sia a carico di quelli che mi scelsero; come: che essi guardano solo alla ricchezza e s’inchinano solo allo splendore de’ natali; che mi condussero a quest’onore perché furono da me lisciati. Non saprei dire se alcuno non li avesse pure sospettati corrotti con denaro. Ed ancora: Cristo chiamò a questa potestà i pescatori, i manovali e i gabellieri; costoro invece schifano quelli che vivono del lavoro quotidiano, ma se alcuno è infarinato di dottrine profane e vive tra gli agi, questo solo approvano, a questo fanno la corte. Per qual motivo trascurano coloro che hanno durato innumerevoli sudori a vantaggio della Chiesa, mentre uno che non ha mai pur anco libato il peso di simili fatiche e ha perduto sempre il suo tempo nei vaniloqui dei profani, d’un tratto te l’innalzano senz’altro a tanta dignità? Queste ed altre più cose sarebbero andati blaterando, se io avessi accolto la potestà; ora invece non possono. Ogni pretesto di maldicenza è loro troncato, e non hanno motivo d’incolparmi, né d’adulazione né di servilità verso di quelli, tranne se taluni volessero proprio far pazzie.

Come mai infatti, uno che per raggiungere quest’onore avesse adulato e sborsato quattrini, l’avrebbe lasciato ad altri proprio mentre era sul punto d’ottenerlo? Sarebbe come se uno, dopo aver durato grandi fatiche nel coltivare un campo, affinché la messe gli si aumentasse di copioso frutto e i tini traboccassero di vino, dopo gli infiniti travagli e le molte spese, giunto il tempo di mietere e vendemmiare, si astenesse dal cogliere i frutti, in favore di altri. Tu vedi adunque che in tal caso, benché le loro dicerie fossero lungi dalla verità, tuttavia quelli che avessero voluto calunniarli avrebbero ben trovato pretesti, per insinuare che avevano fatta la scelta senza averne rettamente vagliate le ragioni. Io invece non ho dato loro il modo di spalancare la bocca, e neppure di aprirla.

Questo e più altro avrebbero detto sul principio; ma poi, dato mano al ministero, non sarei bastato a difendermi ogni giorno dagli accusatori, anche se ogni cosa mi fosse riuscita senza difetti. Se non che per la mia età e inesperienza avrei necessariamente commesso molti mancamenti; e mentre ora ho potuto impedire loro di rivolgermi quest’accusa, allora avrei offerto loro innumerevoli motivi di rimprovero.

Che non avrebbero essi detto? (Hanno affidato un ministero si grande e ammirando a fanciulli insensati; hanno dato alla rovina il gregge di Dio; le istituzioni dei Cristiani sono divenute giocattoli e oggetti di riso). Ora invece "ogni ingiustizia chiuderà la sua bocca" (Sl. 107,42). Che se poi dicessero tali cose di te, ben presto tu insegnerai loro con le opere, che non si deve giudicare la prudenza dall’età e non si deve approvare il vecchio per la canizie, né escludere senz’altro il giovine da questo ministero; ma s’ha da interdirlo solo al neofita: e fra i due v’è gran differenza.


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