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Giovanni Crisostomo De sacerdotio

Ultimo Aggiornamento: 14/09/2009 15:27
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14/09/2009 07:54

Libro terzo

Giovanni dimostra di non essere stato indotto da arroganza a fuggire la vanità

I. Questo dunque che ho detto è quanto io avrei da rispondere riguardo all’ingiuria verso quelli che mi avevano onorato, per dimostrare che non ho rifiutato questo onore con l’intenzione di svergognarli. Ora poi mi sforzerò, per quanto m’è dato, di spiegarti come ciò non abbia fatto neppure perché fossi gonfio di arroganza alcuna.

Se invero mi si fosse voluto eleggere alla dignità di stratego o di re, e io avessi preso tale decisione, a ragione potrebbe taluno pensare ciò; o meglio, in tal caso, nessuno m’avrebbe accusato d’arroganza, ma tutti di stoltezza. Trattandosi invece del sacerdozio, che tanto supera la dignità regale, quanto la carne dista dallo spirito, oserà alcuno incolparmi di disprezzo? Non sarebbe strano tacciare di pazzia quelli che rifiutano piccoli onori, e quelli invece che fanno ciò per dignità assai maggiori, assolverli dall’accusa di pazzia e nondimeno incolparli di superbia? Come se un tale, incolpando non già di orgoglio ma bensì di demenza chi disprezzasse l’armento dei buoi, nè volesse far il bifolco, accusasse poi non di pazzia ma di gonfiezza, chi ricusasse l’impero di tutto il mondo e il comando di tutti gli eserciti. Ma no, le cose non stanno così; coloro che ciò vanno dicendo, non calunniano tanto me, quanto piuttosto se stessi. Ché il solo pensare che l’umana natura possa concepire disprezzo per quella dignità, è una prova del concetto che ne hanno quelli stessi che ciò esprimono: se non lo stimassero cosa ordinaria e di poco conto, non sarebbe loro occorso di concepire tale sospetto.

Per qual motivo infatti nessuno osò mai immaginare né dire alcunché di simile riguardo alla dignità degli angeli, che cioè vi sia un’anima umana la quale non avrebbe acconsentito per arroganza di salire al grado di quella natura? Noi invero ci figuriamo grandi cose di quelle Potenze, e ciò non ci permette di credere che un uomo possa concepire un onore più grande di quello. Pertanto si dovrebbero piuttosto tacciare d’orgoglio quelli che tale accusa fanno a me; che mai non avrebbero concepito tale sospetto sul conto di altri, se loro stessi non nutrivano disprezzo di tale dignità, come di cosa da nulla.

Che se poi dicono ch’io feci questo avendo di mira la gloria, saranno palesemente convinti di contraddizione e che si tirano da se stessi la zappa sui piedi. Non so proprio qual altra ragione avrebbero potuto cercare, qualora avessero voluto assolvermi dall’accusa di vanagloria. Se mai tal brama mi prese, dovevo io pur accettare piuttosto che ricusare. Perché? perché ciò m’avrebbe acquistato grande rinomanza: alla mia età e da poco toltomi alla vita mondana, essere d’un tratto stimato fra tutti tanto eccellente, da venire anteposto a coloro che tutto il tempo consumarono fra tante e tali fatiche, e raccogliere maggior numero di suffragi che tutti loro, ciò avrebbe fatto nascere in tutti grandi e meravigliose opinioni a mio riguardo e m’avrebbe reso un personaggio augusto e celebrato. Ora invece, tranne pochi, la gran parte della comunità ecclesiastica non mi conosce neppure di nome; e credo che neppur tutti sapranno del mio rifiuto, ma solo pochi, e che, anche questi pochi, non siano al chiaro d’ogni cosa; ed è probabile che molti di questi o crederebbero senz’altro ch’io non fossi stato eletto, o che dopo l’elezione non fossi già fuggito spontaneamente, ma venissi rimosso, per non essere parso idoneo all’uopo.

"Ma ben si meraviglierà chi conosce il vero".

"Per l’appunto, dicevi che questi mi calunniano come vanaglorioso e arrogante. Or da qual parte s’ha da sperare lode? dai molti? ma non conoscono il fatto come sta; o forse dai pochi? ma allora la cosa si presenta per noi tutto al contrario; poiché non sei qui venuto per altro scopo che per sapere da me come ci si debba difendere presso di questi. Ed a che tanto sottilizzare ora per ciò? Attendi un poco, e vedrai chiaramente che se anche tutti sapessero la verità, non c’era motivo per tacciarmi di arroganza e vanagloria; e oltre a ciò ancora vedrai come non solo chi mostrasse tanta audacia, seppure alcuno ve n’ha, poiché io non lo credo, ma anche coloro che la suppongono negli altri, rasentano non lieve pericolo".

b) Grandezza del sacerdozio e del rito eucaristico. Gli angeli stanno in adorazione intorno al sacerdote celebrante. L’epiclési o invocazione dello Spirito Santo. Confronto coi riti sacrificali dell’antica Legge

Il. Però che il sacerdozio si compie sulla terra, ma è nell’ordine delle cose celesti; e con ogni ragione; poiché non un uomo, non un angelo, non un arcangelo, né altra forza creata, ma lo stesso Paracleto ordinò quest’ufficio, ispirando quelli che tuttora si stanno nella carne a ideare una funzione propria degli angeli; deve pertanto il sacerdote essere così puro, come se abitasse negli stessi cieli fra quelle Potenze. Terrificanti cose per certo e paurose erano quelle che precedettero la Grazia, come i campanelli, i melograni, le pietre del petto e dell’omero, la mitra, la cidari, la tunica talare, la lamina d’oro, il Santo dei Santi, la profonda quiete degl’interni recessi; ma se alcuno considera le istituzioni della Grazia troverà piccole quelle tremende e terribili cose, e che anche qui è vero ciò che è scritto intorno alla legge: "Non fu glorificato quello che fu glorificato, in comparazione e rispetto a questa gloria trascendente" (2Cor. 3,10). Poiché quando tu vedi il Signore sacrificato e giacente, e il vescovo preposto al sacrificio e pregante, e tutti imporporati di quel sangue augusto, credi tu d’essere ancor fra i mortali e di starti sopra la terra, o non piuttosto sei d’un tratto trasportato nei cieli, e sgombro dallo spirito ogni pensiero della carne, contempli con l’anima ignuda e con la mente pura le cose celestiali? o meraviglia! o filantropia di Dio: colui che siede in alto insieme col Padre, in quell’istante viene tenuto dalle mani di tutti, e dona se stesso a chi vuole abbracciarlo e stringerlo a sé, e tutti fanno poi ciò allora con gli occhi della fede.

Or dunque ti paiono cose queste da poter essere disprezzate, o tali che uno possa esaltarsi al di sopra di esse? Vuoi ora scorgere da altra meraviglia la superiorità di questo sacrificio? Rappresentati innanzi agli occhi Elia, e intorno a lui moltitudine immensa, e il sacrificio disposto su le pietre, e tutti gli altri in gran quiete e silenzio profondo, e il profeta solo supplicante; indi d’un tratto la fiamma lanciata dai cieli sopra la vittima: è uno spettacolo meraviglioso che riempie di stupore. Rivolgiti or quindi a quello che adesso si compie e vedrai non solo cose meravigliose, ma tali da superare ogni meraviglia. Sta il sacerdote, per attirare giù non il fuoco, ma lo Spirito Santo; e a lungo si fa la supplica, non affinché una fiamma accesa dall’alto consumi le offerte, ma affinché la grazia discesa sopra il sacrificio, per mezzo di questo accenda le anime di tutti e le renda più fulgide che argento incandescente.

Chi oserà nutrire sprezzo, se non sia al tutto pazzo o fuor di sé, di questa così tremenda azione? o non sai che l’anima umana non varrebbe a sopportare quel fuoco del sacrificio, e tutti d’un tratto ne sarebbero annientati, se non fosse grande il soccorso della grazia di Dio?

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