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Giovanni Crisostomo De sacerdotio

Ultimo Aggiornamento: 14/09/2009 15:27
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14/09/2009 08:30

Disordini provenienti da elezioni ispirate a favoritismo e dominate da spirito partigiano.
Chi si sente impari all’ufficio, anche a elezione fatta dovrebbe ritirarsi.


VII. Ma io non vorrei attribuire al sacerdozio la cagione di questi mali, a meno che fossi pazzo; ché non s’incolpa il ferro degli omicidi, né il vino dell’ubriachezza, né la forza dell’oltraggio, né il coraggio s’incolpa della stolta audacia; ma ognuno che ha senno dice esserne cagione quelli che dei doni impartiti da Dio non fanno il debito uso, e quelli castiga. E ben a ragione il sacerdozio potrebbe accusare noi, quando non l’esercitiamo rettamente; ché non esso è a noi cagione dei mali sopraddetti, ma siamo noi che, per quanto da noi dipende, l’inquiniamo di tante e tali immondezze, affidandolo a uomini volgari. Questi poi, non avendo prima conosciute le loro anime né considerato il peso dell’istituzione, accettano bensì bramosamente la dignità conferita, ma quando vengono all’azione, ottenebrati dall’inettitudine loro, riempiono di infiniti mali i popoli che a loro furono affidati.

Questo, sì, questo per poco non accadeva anche a me, se Dio non m’avesse presto sottratto a quei pericoli, risparmiando la Chiesa e l’anima mia.

O dimmi, donde credi tu che nascano nelle chiese tanti scompigli? da nessun’altra parte, io credo, che dall’eseguirsi senza cura e a casaccio la scelta e l’elezione dei dirigenti; la testa che dovrebbe essere la parte più salda, per frenare e mantenere in equilibrio gli spiriti perversi esalati da basso dal resto del corpo, se ella stessa è inferma e inetta a reprimere quelle morbose esalazioni, s’infermerà ancor più di quello che non sia, e rovinerà insieme con se stessa il rimanente del corpo. A evitare ciò nel presente caso, Iddio mi trattenne al livello dei piedi, dove la sorte prima m’aveva collocato.

Ma ben molte altre, o Basilio, oltre quanto fin qui fu detto, sono le virtù che il sacerdote deve possedere, e che io non possiedo; e prima di tutto questa, di purificare affatto l’anima propria dalla brama di questa dignità. Che se egli per avventura sentirà vivo desiderio per questa carica, raggiunta che l’abbia accende una fiamma più veemente, e volendosi deporlo a forza, commette innumerevoli perversità pur di serbarsela, sia che occorra adulare o tollerare cosa vile e indegna, o sacrificare grandi somme: tralascio ora che alcuni hanno riempito le chiese di uccisioni e messo sossopra le città disputandosi questa dignità; parrebbe infatti ad alcuno che io narri cose incredibili. Ma bisogna, a mio avviso, nutrire un tal timore di questo incarico, da volersene sottrarre fin da principio, né, raggiunto che uno l’abbia, attendere i giudizi altrui, se mai gli accada di commettere un fallo degno della deposizione, ma prevenendoli, uscire di carica egli stesso; così è anche probabile che attiri sopra di sé la misericordia di Dio. Ma il persistere in carica oltre il convenevole, equivale a privarsi d’ogni perdono e vie più accendere l’ira di Dio, aggiungendo al primo un secondo e più grave fallo. Ma nessuno mai sopporterà tal cosa, perché l’agognare quest’onore è vizio funesto. Né dico ciò per contraddire al beato Paolo, ma anzi in piena armonia con le parole sue; che dice egli infatti? "Se alcuno brama l’episcopato, brama una cosa buona" (1Tim.3,1); e io ho detto che è vizio funesto non già il bramare la cosa, ma la dignità e il potere.

VIII. Credo pertanto doversi tal brama cacciare con ogni cura dall’anima, né soffrire che questa cominci ad esserne dominata, anche affine di poter compiere ogni cosa con libertà. Colui che non brama d’esser designato a quella potestà, non teme neppur d’esserne deposto; non temendolo potrà agire in tutto a norma della libertà che s’addice ai Cristiani; mentre coloro che temono e tremano d’esserne deposti, sopportano una schiavitù amara e piena di miserie, e sovente sono nella necessità di offendere gli uomini e Dio. Tale non ha da essere la disposizione dell’anima, ma come vediamo nelle battaglie i soldati valorosi combattere con ardore e cadere con fortezza, così anche quelli che giungono a questo ufficio, debbono saperlo esercitare e all’uopo deporre, come si addice a uomini cristiani, certi che una tale deposizione non diminuisce la corona del ministero. Che se poi taluno soffrisse una tale vicenda senz’aver nulla commesso di sconveniente e indegno del posto che occupa, procurerebbe la punizione per quelli che ingiustamente lo deposero e a se stesso maggior ricompensa: "Beati siete voi quando gli uomini vi malediranno e vi perseguiteranno e diranno di voi falsamente ogni male per causa mia; rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt. 5,11-12).

Ciò qualora alcuna sia tolto di seggio dai propri colleghi, o per invidia, o per far piacere ad altri, o per inimicizia o per altra ingiusta ragione. Quando poi gli occorra di sopportare ciò anche per opera degli avversari, credo inutile aggiungere parole, per dimostrare quanto guadagno quelli gli procurino con la loro perversità. Conviene adunque ricercare da ogni parte e diligentemente investigare, che non si celi ardendo qualche scintilla di quel desiderio. Invero c’è da esser contenti se anche coloro che si mantengono da principio liberi da tal brama, riescano a sfuggirvi qualora siano cascati nella dignità; che se poi alcuno nutre in se stesso questa fiera terribile e selvaggia prima ancora di toccare in sorte l’onore, non si può dire in qual fornace immerga se stesso dopo averlo raggiunto. Io per certo (né credi che voglia mentire con te per modestia) ero molto preso da questa bramosia, il che insieme con tutto il resto mi infuse non minore, sgomento, e mi decise a questa fuga. Come gli amanti dei corpi sentono più fiero il tormento della passione fin che è loro concesso di starsi vicino agli amati; e quando si siano spinti il più lontano possibile dall’oggetto di loro brame, pongono fine anche alle loro smanie; così anche i bramosi di questa potestà, quando si ‘trovano vicini a essa il loro male diviene insopportabile; ma qualora ne abbiano perduta la speranza, spengono in se stessi in un con l’aspettativa, anche il desiderio. Ciò non era piccolo pretesto: e se anche non ve ne fosse stato altro, bastava per escludermi da questa dignità.

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