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Sinodo per l'Africa (4-25 Ottobre 2009)

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2009 10:25
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25/10/2009 11:24

Il documento finale del Sinodo del Continente nero loda «il coraggio di quei Governi che combattono l'interruzione della gravidanza nella loro legislazione»

La Chiesa africana: vietare anche l'aborto terapeutico

Al via in Vaticano i negoziati con i lefebvriani per il pieno "rientro" della Fraternità San Pio X

VATICANO
No all'aborto anche se è in gioco la salute della madre o del feto, no al traffico di esseri umani, alle violenze su donne, bambini e sull'ambiente, no anche alla discriminazione e al rifiuto degli immigrati in fuga da guerre e povertà.
Il secondo
Sinodo speciale per l'Africa, che ha visto riuniti per tre settimane di fila in Vaticano 236 padri sinodali, si è chiuso con un corposo documento di 57 argomenti offerto al Papa, quattro in più dell'ultimo Sinodo generale dei vescovi di tutto il mondo svolto un anno fa.
Temi cruciali e che non riguardano solo il continente più martoriato del pianeta, anche se l'attenzione di giornali e televisioni non è stata finora delle più accese, ma di certo destinati ad influire sull'agenda della comunità internazionale dei prossimi mesi, oltre che sulla vita di milioni di persone.
Papa Ratzinger, che ha già dimostrato la sua attenzione per l'Africa con il suo intenso viaggio, ha assistito a quasi tutte le sedute e ieri, al pranzo offerto ai padri sinodali, ha espresso la sua soddisfazione per quello che ha definito «un buon lavoro» destinato a proseguire, e non solo nella sua esortazione post-sinodale che ha fin d'ora preannunciato. I pastori – ha detto il papa – devono essere «attenti alla realtà», ma senza «cadere in situazioni tecnicamente politiche», e tanto ha fatto l'assemblea, conclusa con una parola «concreta, ma spirituale».
Parole che in parte hanno ripercorso i temi del viaggio del Papa in Africa, dall'Aids al protocollo di Maputo, dalla condanna delle connivenze tra multinazionali e politici corrotti alla necessità del dialogo con l'Islam. Aggiungendone di nuovi, quali la preoccupazione per gli aiuti provenienti da «agenzie internazionali» insieme a «veleni ideologici» che minacciano la famiglia. Concrete, perchè i vescovi africani hanno chiesto precisi impegni, come quello a rivedere quell'articolo 14 del protocollo di Maputo giudicato dalla Chiesa africana «inaccettabile», perchè, indirizzando i piani regionali per la «salute riproduttiva» ammette l'aborto in caso di «violenza sessuale, stupro, incesto o quando la gravidanza rischia di compromettere la salute mentale e fisica della donna o la vita sua o del feto».
Una violazione dei diritti umani, secondo il Sinodo, come pure, a giudizio dei vescovi, «le politiche e le leggi migratorie restrittive del mondo contro gli africani» che violano «il principio della destinazione universale dei beni creati e gli insegnamenti della Chiesa». Rivendicati anche i diritti delle donne, dei bambini e dei disabili, troppo spesso calpestati.
Tra le «propositiones» del Sinodo, consegnate al Papa insieme agli altri documenti elaborati dall'assemblea, figurano appelli ai governi per la pace, la sicurezza, la riduzione del debito, la redistribuzione delle risorse, e l'offerta, da parte della Chiesa africana, di una collaborazione attiva in questo senso. Proposto anche un fondo di solidarietà continentale attraverso la rete della Caritas e chiesto un maggior controllo perchè gli aiuti arrivino dove c'è davvero bisogno. Un appello chiama poi all'abolizione definitiva della pena capitale e al rispetto dei diritti dei prigionieri, nonchè all'interruzione del traffico d'armi.
L'ultima parola spetta ora al Papa, che oggi chiuderà ufficialmente il Sinodo con una celebrazione religiosa a San Pietro, prima del consueto Angelus domenicale.
Intanto, prenderanno il via domani in Vaticano, al palazzo del Sant'Uffizio in forma riservatissima gli attesi negoziati
per riportare la Fraternità San Pio X pienamente tra le fila della Chiesa cattolica.
Sul tavolo ad attendere i membri della commissione Ecclesia Dei da un lato, e la commissione lefebvriana capitanata da mons. Bernard Fellay dall'altro, ci sono complesse questioni dottrinali, con l'accettazione del Concilio Vaticano II e in particolare il dialogo con gli ebrei e le altre confessioni, e lo studio di una struttura giuridica – prelatura personale sul modello dell'Opus Dei, preferita dai lefebvriani, o ordinariato come quello per i militari e ora per gli anglicani, le più probabili – che consenta alla Chiesa di riaccogliere i 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli che compongono oggi le fila della comunità ultratradizionalista.

© Copyright Gazzetta del sud, 25 ottobre 2009
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