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Sinodo per l'Africa (4-25 Ottobre 2009)

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2009 10:25
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Vescovi africani di fronte all'islam: toni differenti, conclusioni comuni

Chiedono dialogo, libertà religiosa e reciprocità di culto



di Jesús Colina

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 22 ottobre 2009 (ZENIT.org).-
 
Il Sinodo per l'Africa ha permesso di constatare che anche se i toni dei Vescovi nel parlare dell'islam sono diversi e a volte divergenti, la conclusione a cui giungono tutti è una sola: l'inesorabilità del dialogo e l'affermazione della libertà religiosa.

Lo ha dichiarato monsignor Joseph Bato'ora Ballong Wen Mewuda, sacerdote portavoce dell'assemblea per la lingua francese, che ha constatato la differenza di espressioni tra i Vescovi del Nordafrica e quelli dell'Africa subsahariana.

Queste differenze sono state esposte nelle conclusioni dei gruppi di lavoro, ciascuno formato da circa venti membri, come ha spiegato padre Gérard Chabanon, M. Afr., Superiore Generale de Missionari d'Africa (Padri Bianchi), relatore del Gruppo “Francese A”.

Cristiani nel Nordafrica

I Vescovi del Nordafrica sono stati piuttosto prudenti al momento di denunciare con grande risonanza le restrizioni della libertà religiosa che si verificano nelle loro comunità.

Nel suo intervento centrato sui giovani studenti subsahariani nel Maghreb, ad esempio, monsignor Vincent Landel, Arcivescovo di Rabat (Marocco) e presidente della Conferenza Episcopale Regionale dell'Africa del Nord, ha riconosciuto che questi “ scoprono un mondo in cui l’Islam è sociale e dove praticamente non esiste libertà religiosa per un magrebino”.

Monsignor Maroun Elias Lahham, Vescovo di Tunisi, ha espresso il suo malcontento per la mancanza di spazio che l'islam ha ricevuto nell'Instrumentum laboris (Documento di lavoro) del Sinodo.

“Circa l’80% dei 350 milioni di arabi musulmani vive nei Paesi dell’Africa settentrionale – ha osservato – . Tutto ciò per dire che i rapporti islamo-cristiani in Africa del Nord sono diversi da quelli dell’Europa, dell’Africa subsahariana e anche dei Paesi arabi del Medio Oriente”.

Il presule si è chiesto in che cosa consista la specificità dell'esperienza delle Chiese nel Nordafrica, rispondendo che “si tratta di una Chiesa dell’incontro. Anche se non ha tutta la libertà auspicata, non è perseguitata”.

“Si tratta di una Chiesa che vive in Paesi al 100% musulmani e in cui la schiacciante maggioranza dei fedeli è composta da stranieri la maggior parte dei quali resta solo qualche anno”, ha proseguito.

E' infine “una Chiesa che vive in Paesi musulmani in cui sta nascendo un movimento di pensiero critico nei confronti di un Islam integralista e fanatico”.Il Vescovo di Tunisi ha concluso chiedendo “un dibattito sull’Islam in Africa che tenga conto della varietà delle esperienze africane, da Tunisi a Johannesburg”.

L'islam nell'Africa subsahariana

Monsignor Ballong Wen Mewuda ha spiegato in un incontro con i giornalisti che in generale i Vescovi dell'Africa subsahariana hanno insistito sulla necessità di intavolare un dialogo aperto con l'islam per affermare il diritto fondamentale alla libertà religiosa.

Allo stesso tempo, in queste zone geografiche dove i musulmani in genere non sono la maggioranza sono stati constatati in varie occasioni tentativi sempre più dinamici di islamizzare le popolazioni.

Il Cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha riconosciuto che nel continente “l'islam è in costante crescita grazie a tre strumenti: le confraternite, le scuole coraniche e le moschee”.

Il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (Ghana), ha riconosciuto in un incontro informale del 21 ottobre con alcuni giornalisti che i Vescovi vedono in questo tentativo di espansione una “minaccia”, spesso dovuta soprattutto a interessi politici.Da ciò derivano anche l'aumento e il sostegno alle correnti islamiste.

Monsignor Norbert Wendelin Mtega, Arcivescovo di Songea (Tanzania), ha dichiarato davanti all'assemblea: “Amiamo i musulmani. Vivere con loro fa parte della nostra storia e cultura. Ma il pericolo che minaccia la libertà dell'Africa, la sovranità, la democrazia e i diritti umani è in primo luogo il fattore politico islamico, ossia il progetto voluto e il processo chiaro di 'identificare l'islam con la politica e viceversa' in ciascuno dei nostri Paesi africani”. “In secondo luogo c'è il fattore monetario islamico, mediante il quale grandi somme di denaro provenienti da Paesi esteri vengono riversate nei nostri Paesi per destabilizzare la pace e sradicare il cristianesimo”, ha aggiunto.

Monsignor Arlindo Gomes Furtado, Vescovo di Santiago de Cabo Verde, ha denunciato “un grande investimento nella promozione dell’islam nell’unico paese cattolico della regione.”.

Conclusione: dialogo, reciprocità e libertà religiosa

Come ha raccolto nelle sue conclusioni il gruppo di lavoro moderato da padre Gérard Chabanon, anche se la realtà dell'islam non è la stessa in Africa, l'atteggiamento che devono promuovere i cristiani è unico: “un dialogo di vita e un dialogo sociale”.

“Si è insistito fortemente sul fatto che dobbiamo cercare sempre la libertà di coscienza e la reciprocità dei culti”, ha aggiunto il gruppo di lavoro, preannunciando senz'altro un elemento che farà parte delle “proposizioni” del Sinodo al Papa e del suo Messaggio al Popolo di Dio.


[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]


Delegazione di Padri sinodali dal Ministro degli Esteri Frattini

Si è parlato di persecuzione anticristiana, droga, armi e traffico di esseri umani



ROMA, giovedì, 22 ottobre 2009 (ZENIT.org).-
 
Una delegazione di Padri sinodali si è recata questo giovedì mattina nella sede del Ministero degli Affari Esteri per un incontro con il titolare della Farnesina, Franco Frattini.

La delegazione era composta dal Segretario generale del Sinodo – l'Arcivescovo Nikola Eterović –, dal Sottosegretario – mons. Fortunato Frezza –, dai tre Presidenti delegati – i Cardinali Francis Arinze, Théodore-Adrien Sarr e Wilfrid Fox Napier, OFM – dal Relatore generale – il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson – dai Segretari speciali – l’Arcivescovo Damião António Franklin e il Vescovo Edmond Djitangar – e dal Segretario di mons. Eterović – padre Ambrogio Ivan Samus –.

Secondo quanto riferito dal giornalista della Radio Vaticana presente all'incontro, i temi affrontati sono stati: “Cooperazione allo sviluppo, persecuzione anticristiana e lotta al traffico di droga, di armi e di esseri umani”.

“Si è parlato anche di riconciliazione, giustizia e pace – ha aggiunto – e nel corso del confronto con il titolare della Farnesina sono emerse diverse convergenze, tra queste l’attuazione di politiche che mettano al centro l’essere umano evitando che gli effetti negativi della globalizzazione colpiscano soprattutto i più deboli”.

In merito sempre all’incontro, il Cardinale Francis Arinze ha affermato che “è stata una cosa molto positiva ciò che il governo italiano ha fatto, ciò che progetta di fare, anche incoraggiando gli africani ad essere protagonisti del loro presente e del loro futuro, apprezzando il valore dell’interdipendenza che quando è accettata diventa solidarietà”.

“Noi abbiamo aggiunto che ci sono aree dove il governo potrebbe fare più attenzione agli africani che sono in maggior parte studenti perché durante il loro soggiorno non siano obbligati a rinnovare i documenti ogni due anni”, ha sottolineato.

Il porporato africano ha quindi accennato alla “questione dell’immigrazione: ogni Paese ha diritto di avere le proprie leggi ma c’è tanta sofferenza, chi non muore nel deserto muore nel mar Mediterraneo”.

“Occorre poi promuovere lo sviluppo, così la tentazione di migrare sarà ridotta – ha proseguito –. Non si può togliere a nessuno il diritto di cercare una sistemazione altrove per avere una vita più degna”.

Dal canto suo il Ministro Franco Frattini ha risposto agli appelli della Chiesa africana spiegando l’impegno del governo italiano contro le persecuzioni religiose e anticipando alcune proposte in tema di immigrazione e di formazione.

Per quanto riguarda il tema della libertà religiosa, Frattini ha affermato: “Io credo che l’Unione Europea debba intanto affermare con forza la sua volontà politica di agire nei confronti di tutti i governi dove si verificano questi episodi orribili per richiamare la loro attenzione. In secondo luogo dovrebbe monitorare la situazione della libertà religiosa dei cristiani in molte parti del mondo”.

Ha poi accennato a un’agenzia europea per i richiedenti asilo e per i rifugiati, “un progetto che prevede un’agenzia per l’esame secondo procedure comuni delle domande di asilo provenienti da richiedenti non europei che arrivano in un qualsiasi Paese europeo”.

In questo modo, ha spiegato, “non ci sarà più quella diversità di criteri che oggi c’è, dove ciascun Paese ha le sue regole di giudizio, riconosce o non riconosce secondo criteri non omogenei, e coloro che saranno riconosciuti avranno il diritto di libera circolazione dell’intero spazio europeo”.

Infine, ha fatto appello ai Paesi e alle università dell'Africa affinché diano vita a “progetti per borse di studio, per corsi di formazione di giovani laureandi e laureati in modo che da queste università cattoliche cresca una classe dirigente che l’Italia ha un interesse generale a sostenere perché investire sull’Africa è investire sul futuro del mondo”.
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