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Sinodo per l'Africa (4-25 Ottobre 2009)

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2009 10:25
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All'inizio dei lavori del Sinodo dei vescovi per l'Africa il Papa ricorda che la fede deve trasformarsi in carità per rinnovare il mondo

L'universalità dell'amore abbatte i confini tra tribù, etnie e religioni


 Ascoltarsi, capirsi, parlarsi. Anche nella diversità delle lingue e delle religioni, delle tribù e delle etnie. Il Sinodo dei vescovi per l'Africa - che dopo la messa inaugurale presieduta dal Papa domenica 4 ottobre ha aperto i suoi lavori nella mattina di lunedì 5 - può essere realmente un'esperienza di "responsabilità pastorale collegiale" e un'occasione per "rinnovare lo slancio di evangelizzazione". A condizione che il vero protagonista sia lo Spirito:  forza creativa e ragionevole che supera la nuova babele dell'egoismo e "unisce senza uniformare", rinnovando ogni giorno l'esperienza della Pentecoste da cui duemila anni fa è nata la Chiesa.

Ai 244 padri che fino al 25 ottobre saranno impegnati nell'assise continentale Benedetto XVI ha subito ricordato che cosa significa vivere la sinodalità. Ha chiesto loro soprattutto di rinunciare a personalismi e chiusure per aprirsi senza riserve all'iniziativa divina. "Tutto il nostro lavoro al Sinodo - ha detto nella meditazione pronunciata a braccio lunedì mattina, durante la preghiera dell'Ora Terza - è un collaborare con lo Spirito Santo". Perché la Chiesa "non è il prodotto della nostra organizzazione" ma ha origine sempre da un "atto creativo di Dio".

Il Sinodo - aveva già puntualizzato all'Angelus di domenica - non può ridursi a "un convegno di studio" o a "un'assemblea programmatica". Anche le analisi della realtà africana restano insufficienti se leggono dati e fenomeni solo nella loro dimensione "orizzontale", trascurando invece di comprendere e interpretare il mondo alla luce del rapporto con Dio. Solo così, infatti, appare chiaro che "alla radice delle ingiustizie e della corruzione" c'è "una chiusura verso Dio" e dunque "una falsificazione della relazione essenziale che è il fondamento di tutte le altre".

Una denuncia, quella del Papa, già risuonata durante l'omelia della messa in San Pietro. L'Africa - aveva sottolineato - è un "tesoro inestimabile" di risorse naturali e un "polmone" spirituale per l'intero pianeta. Ma materialismo pratico, fondamentalismo religioso e nuovi colonialismi sgretolano "il suo profondo senso di Dio" e sono alla radice di povertà, ingiustizie, violenze, guerre. In questo contesto la Chiesa è chiamata a essere "profezia e fermento di riconciliazione tra i vari gruppi etnici, linguistici e anche religiosi". E può farlo solo se annuncia con le parole e con la vita che "Dio è vicino" a ogni uomo e a ogni donna del continente. Non sono necessarie esperienze avventurose o complicate per raggiungerlo. Oltretutto - ha ricordato il Pontefice nella meditazione dell'Ora Terza - la scienza e la tecnica comportano costi e difficoltà elevati, mentre le "cose più grandi della vita" sono gratuite. "Dio si dona gratuitamente" ha assicurato. "Questo - ha aggiunto - è il coraggio, la gioia della nostra fede".

Il cristianesimo - ha precisato Benedetto XVI - "non è una somma di idee, una filosofia, una teologia, ma un modo di vivere". È ragione e, al tempo stesso, amore. "Solo così - ha rimarcato - diventiamo cristiani:  se la fede si trasforma in carità". Da qui la necessità di aprirsi al prossimo attraverso una testimonianza di amore che sia "universale e concreta". L'universalità, infatti, aiuta a superare i "limiti che chiudono il mondo" e ad aprire "realmente i confini tra tribù, etnie, religioni all'amore di Dio". In questo modo le differenze diventano "motivo e stimolo per un reciproco arricchimento umano e spirituale". E la riconciliazione getta le fondamenta stabili "su cui costruire la pace, condizione indispensabile per l'autentico progresso degli uomini e della società".


(©L'Osservatore Romano - 5- 6 ottobre 2009)
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