Relazione di Mons. Maroun Elias LAHHAM, Vescovo di Tunis, Tunisia
S. E. R. Mons. Maroun Elias LAHHAM, Vescovo di Tunis (TUNISIA)
Martedì, 6 ottobre 2009
Aula del Sinodo, Città del Vaticano
Il mio intervento riguarda i rapporti con l’Islam in Africa. Il primo aspetto da sottolineare è che l’Instrumentum Laboris parla dell’Islam in un solo paragrafo (102), in termini generici e che interessano l’Islam nell’Africa subsahariana. Ora, la stragrande maggioranza dei musulmani africani vive in Africa settentrionale, zona geografica completamente assente nell’Instrumentum Laboris. Un altro aspetto è che circa l’80% dei 350 milioni di arabi musulmani vive nei paesi dell’Africa settentrionale.
Tutto ciò per dire che i rapporti islamo-cristiani in Africa del Nord sono diversi da quelli dell’Europa, dell’Africa subsahariana e anche dei paesi arabi del Medio Oriente. Questa omissione delle Chiese dell’Africa del Nord, quando si parla di Africa, e soprattutto questa omissione dell’Islam ci sorprende; l’abbiamo comunicato alle autorità competenti.
La specificità delle relazioni islamo-cristiane nelle Chiese dell’Africa settentrionale può arricchire le esperienze di dialogo vissute altrove (in Europa o nell’Africa subsahariana) e attenuare le reazioni di paura e di rifiuto dell’Islam che cominciano a farsi sentire in alcuni paesi. Sappiamo tutti che la paura è cattiva consigliera.
In cosa consiste la specificità dell’esperienza delle Chiese dell’Africa del Nord?
- Si tratta di una Chiesa dell’incontro. Anche se non ha tutta la libertà auspicata, non è perseguitata.
- Si tratta di una Chiesa che vive in paesi al 100% musulmani e in cui la schiacciante maggioranza dei fedeli è composta da stranieri la maggior parte dei quali resta solo qualche anno.
- Si tratta di una Chiesa che, dall’indipendenza dei paesi dell’Africa del Nord, si è fortemente impegnata nel servizio umano, sociale, culturale e educativo dei paesi che l’accolgono.
- Si tratta di una Chiesa che gode di un margine abbastanza ampio di libertà nell’esercizio del culto cristiano per le migliaia di fedeli, come per esempio in Tunisia.
- Si tratta di una Chiesa che vive in paesi musulmani in cui sta nascendo un movimento di pensiero critico nei confronti di un Islam integralista e fanatico. C’è anche una scuola “magrebina” di studio razionale dei testi e delle tradizioni musulmani.
- Viene spesso richiesta la collaborazione della Chiesa per questo nuovo modo di concepire e vivere l’Islam. Questo invito è rivolto a sacerdoti e vescovi che hanno trascorso molti anni nei paesi del Maghreb ed è stato sottolineato dalla nomina di vescovi arabi in alcune sedi episcopali.
Due proposte:
- Che il Sinodo per il Medio Oriente previsto per l’ottobre del 2010 comprenda anche le diocesi dell’Africa del Nord, soprattutto per quanto riguarda le minoranze cristiane e i rapporti e il dialogo con l’Islam.
- Un dibattito sull’Islam in Africa che tenga conto della varietà delle esperienze africane, da Tunisi a Johannesburg.
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