Sinodo per l'Africa (4-25 Ottobre 2009)

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 07:18
Occorrono investimenti in antiretrovirali e non in preservativi

Il relatore generale del Sinodo analizza le politiche di prevenzione dell'Aids



di Jesús Colina
Per il Cardinale relatore del Sinodo per l'Africa, per evitare la diffusione dell'Aids è più efficace investire in antiretrovirali che nella produzione di preservativi.
Come ci si aspettava, nella prima conferenza stampa di questa assemblea episcopale, alla quale ha partecipato il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (Ghana), i giornalisti hanno posto una domanda sul preservativo e sulla prevenzione dell'Aids.

Il Cardinale ha riconosciuto la tragica situazione del sud del continente, dove ha constatato che i giovani stanno morendo, e ha presentato un'analisi alla luce dei risultati degli ospedali cattolici africani che, ad esempio in Ghana, assistono il 20% dei malati di Aids.

In questo momento, ha constatato, ci sono due proposte prevalenti per far fronte all'epidemia: la scoperta degli antiretrovirali e l'uso del preservativo.Citando i risultati dei centri assistenziali, ha affermato che “l'utilizzo dei preservativi diventa efficace solo nelle famiglie in cui la coppia è fedele”.Per dare garanzie, il preservativo richiede “fedeltà”, in particolare nel caso in cui uno dei membri della coppia sia affetto dal virus.

“Stiamo parlando di un prodotto industriale e ci sono varie qualità”, ha osservato. Quando i preservativi che arrivano in Ghana sono di qualità, “danno un senso di sicurezza che finisce per facilitare la diffusione dell'Aids”.

Per questo, ha constatato, senza la fedeltà nella coppia il preservativo non dà risultati.

Il porporato ha quindi analizzato la situazione dei farmaci antiretrovirali, che danno risultati confermati ma sono troppo cari per la popolazione.Per questo, per ottenere risultati sicuri, ha suggerito a quanti devono prendere decisioni per evitare la diffusione del virus dell'Aids di investire le risorse nel finanziamento degli antiretrovirali e non tanto nei preservativi.

Allo stesso modo, ha sottolineato la necessità di investire nella ricerca.

La Chiesa in Africa approfondisca il rapporto con i media

L'auspicio del Vescovo nigeriano Emmanuel Adetoyese Badejo



di Roberta Sciamplicotti
La Chiesa in Africa deve imparare a capire i media e non solo a usarli, e il Sinodo dei Vescovi per l'Africa deve lanciare un forte appello a questo riguardo.
Lo afferma Emmanuel Adetoyese Badejo, Vescovo coadiutore di Oyo (Nigeria), che in un rapporto riportato dal Catholic Information Service for Africa (CISA) sottolinea come già il primo Sinodo dei Vescovi per l'Africa (1994) abbia inserito tra i punti chiave per la Chiesa nel continente proprio le comunicazioni sociali.Da allora sono stati compiuti grandi sforzi per “aumentare la consapevolezza dell'importanza delle comunicazioni nella missione della Chiesa in Africa”, ha spiegato, ma in questi anni “il mondo delle comunicazioni è stato reso più complesso dalla natura fluida e fugace delle cybercomunicazioni e di Internet, e anche dalla crescita sempre maggiore delle strutture dette nuove tecnologie mediatiche”.

Per questo, ammette il presule, “le politiche di comunicazione, il linguaggio, i metodi e le strategie che avrebbero potuto sembrare perfetti dieci anni fa sono a malapena adeguati attualmente”.

L'obiettivo che si pone attualmente è dunque quello di “aiutare i futuri sacerdoti e gli agenti di missione a vedere le comunicazioni come un sistema da studiare e comprendere e in cui entrare, piuttosto che come una serie di 'mezzi da usare'. Un utente resta sempre esterno allo strumento, mentre un sistema richiede un impegno più integrato”.

Dall'utilizzo all'impegno

“La full immersion di colui che si prepara al ministero sacerdotale, alla vita religiosa o a un qualsiasi livello di lavoro pastorale nelle sfide e nelle implicazioni della comunicazione permetterà a questo individuo di svolgere in modo facile e fruttuoso e in modo dinamico la proclamazione del Vangelo, di impegnarsi nel dialogo a ogni livello e di decifrare la moltitudine di modi in cui l'esistenza della Chiesa presenta un'opportunità per una comunicazione efficace”.

In questo contesto, “il candidato può concettualizzare, comprendere e incarnare più chiaramente le dimensioni trinitarie e cristologiche della comunicazione, in cui la più alta forma di comunicazione è la presenza, la persona e l'atto di donazione di Cristo”.

“Gesù non si è limitato a comunicare o a usare gli strumenti della comunicazione; è diventato la comunicazione dell'amore di Dio stesso – ha proseguito il Vescovo –. Cristo diventa allora il modello, l'unico che l'agente pastorale deve incarnare quotidianamente nel processo di evangelizzazione”.

Nel mondo attuale, ha avvertito, “fin troppe opportunità di questa presenza comunicativa in cui la Chiesa e i suoi agenti potrebbero raggiungere membri della comunità umana a cui altrimenti non si potrebbe arrivare non sono utilizzate o quantomeno non come si dovrebbe”.

Il Vescovo Badejo ha quindi chiesto “un costante aggiornamento del curriculum delle comunicazione a tutti i livelli di formazione”.

A questo proposito, è necessario non solo che “la dimensione e l'implicazione comunicativa di ogni corso di formazione sia sottolineata e chiarita all'agente di evangelizzazione”, ma anche che la giusta formazione dottrinale sia “completata da un certo livello di conversione dell'atteggiamento verso la comunicazione”.

Questo, a suo avviso, implica un adattamento alla cultura mediatica tradizionale e contemporanea, perché “è solo con questo tipo di preparazione che si può cambiare atteggiamento e orientamento, facendo sì che la distanza tra quanti sono considerati 'nativi' dei nuovi media e i cosiddetti immigrati non sia più tanto ampia”.

“Gli agenti di pastorale, inclusi i Vescovi, devono essere incoraggiati a capire, a impegnarsi e a vivere, e non solo a usare, la cultura mediatica e il sistema di comunicazione contemporanei per realizzare efficacemente la missione della Chiesa”.

“Questo cambiamento non può aspettare un altro Sinodo”, ha concluso. “Il momento giusto è questo!”.

 (ZENIT.org)
S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 07:21
Un Papa di colore, "Why not?"

Parla il Relatore generale del Sinodo dei Vescovi



di Jesús Colina

(ZENIT.org).-

Non c'è motivo per cui la Chiesa non possa avere un giorno un Papa di colore, ha affermato questo lunedì il Relatore generale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa rispondendo ai giornalisti.

Intervenendo a una conferenza stampa in occasione dell'inizio dell'assemblea episcopale di questo continente, il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (Ghana), ha risposto a un giornalista statunitense che ha presentato come esempio nel mondo politico l'elezione di Barack Obama. Why not?”, ha risposto il Cardinale Turkson. “Se Dio volesse vedere un nero come Papa, ringraziamo Dio”.

Il fatto che un africano possa essere Vescovo di Roma è già previsto nel sistema di elezione del Papa, ha spiegato, osservando che vari Cardinali sono africani.

Quando un sacerdote viene ordinato, nello stresso “package” (“pacchetto”) si include la sua disponibilità in futuro ad essere Vescovo e forse Papa, ha detto con un sorriso.
S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:10
Relazione diMons. Raymundo DAMASCENO ASSIS, Arcivescovo di Aparecida, Brasile


S. E. R. Mons. Raymundo DAMASCENO ASSIS, Arcivescovo di Aparecida, Presidente del "Consiglio Episcopale Latino Americano" (C.E.L.AM.) (BRASILE)

Lunedì 5 ottobre 2009
Città del Vaticano

1. In primo luogo, in qualità di Presidente del Consiglio Episcopale Latino-americano - CELAM, desidero ringraziare, in modo particolare, il Santo Padre Benedetto XVI per l’invito a partecipare a questa Seconda Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Per me, Vescovo Latino-Americano, è un privilegio poter condividere il cammino della nostra Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica, nel continente africano. Voglio partecipare a questo Sinodo con molta attenzione, apertura e preghiera.
Desidero esprimere, in questo momento, la solidarietà dell’episcopato e della Chiesa Latino-americani ai cari fratelli Vecovi e a tutta la Chiesa pellegrina nel Continente Africano.
Siamo qui non solo per manifestare la nostra fraternità alla Chiesa in Africa, ma anche per imparare, dal momento che siamo sicuri che le conclusioni di questa seconda Assemblea Speciale aiuteranno anche la Chiesa in America Latina nella missione di riconciliazione e nella ricerca di giustizia e pace.
2. L’Africa e l’America Latina sono continenti molto diversi tra loro, tuttavia è importante sapere che in America Latina la popolazione di origine africana è più numerosa della popolazione dei nostri stessi popoli originari, gli indigeni. Ci unisce anche - nella croce - il fatto che, in entrambi i continenti, c’è un alto tasso di popolazione che vive in situazioni di povertà e che ha bisogno di beni e di servizi per la sussistenza: alimentazione, casa, istuzione e sanità.
In ambito político e istituzionale, in molti dei nostri paesi non c’è una democrazia sufficientemente radicata nella cultura del popolo e, per questo, essa ancora non è saldamente consolidada. Le necessità fondamentali e urgenti di gran parte dei nostri popoli, irrisolte, provocano l’insorgere di avventure politiche, con promesse populiste, che illudono, ma non risolvono i problemi strutturali della popolazione.

Sempre in ambito politico, la situazione si aggrava a causa della corruzione di cui spesso si ha notizia e che viene denunciata da vari organi dei mezzi di comunicazione di massa, fenomeno, questo, che spinge la popolazione e, soprattutto i giovani, al conformismo e alla sfiducia nei confronti della politica come arte di promuovere il bene comune.
3. La nuova consapevolezza, a livello mondiale, del pluralismo culturale ha risvegliato in America Latina una nuova attenzione e un nuovo modo di vedere i nostri popoli indigeni e di origine africana. Questo segna uno sforzo particolare e importante di evangelizzazione e di inculturazione. Nel documento della V Conferenza Generale, svoltasi ad Aparecida nel 2007, si legge:
“Gli indigeni e gli afro-americani stanno emergendo ora nella società e nella Chiesa. Si tratta di un “kairós” per approfondire l’incontro della Chiesa con questi gruppi umani che rivendicano il pieno riconoscimento dei propri diritti individuali e collettivi e di essere presi in considerazione nella cattolicità con la loro visione del cosmo, i loro valori e le loro identità specifiche, per vivere una nuova Pentecoste ecclesiale” (DA 91).
La Chiesa in America Latina non ha vissuto rotture così grandi e drammatiche come la Chiesa nell’Africa nera. Per questo, in America Latina c’è stata un’esperienza più continuativa della Chiesa, anche se non sono mancate sofferenze ed errori e, proprio per questo, essa possiede un’esperienza ricca e molteplice. Oggi abbiamo un’esperienza pastorale più stabile, la cui ricchezza si è espressa negli ultimi 50 anni nelle nostre cinque Conferenze Generali - di natura diversa rispetto ai Sinodi - e oggi, nella grande Missione Continentale che ha come obiettivo di porre la Chiesa in America Latina in uno stato di missione permanente. I Documenti di queste cinque Conferenze Generali hanno sempre dedicato una particolare attenzione ai contadini, agli indigeni e agli afro-americani, tra le varie priorità pastorali.
4. Desidero suggerire in questo intervento alcuni punti, che potrebbero essere tema di dialogo di un possibile scambio fraterno tra le Chiese dei due continenti. In ambito episcopale, possiamo condividere con l’Africa la grande richezza che hanno significato i 54 anni di vita dell’organismo episcopale che rappresento, il Consiglio Episcopale Latino-americano - CELAM, come strumento di comunione episcopale e di servizio reciproco in seno al nostro episcopato. Si potrebbe, con l’incentivo della Santa Sede, invitare i vescovi della Chiesa cattolica presenti in entrambi i continenti, per uno scambio di esperienze collegiali, pastorali e organizzative, che possono arricchire la missione della Chiesa. Potrebbe essere ampliata anche l’esperienza già esistente di diocesi e congregazioni religiose che inviano missionari alla Chiesa in Africa.
Per quanto riguarda i seminaristi e i sacerdoti, penso anche che sarebbe possibile e reciprocamente arricchente, offrire seminari per una prima formazione sacerdotale in alcune delle Chiese particolari in America Latina, che hanno più risorse. Tra gli altri vantaggi, sarebbe anche un’occasione per imparare una nuova lingua che servirebbe a favorire lo scambio e la comunione tra due continenti in cui la presenza cattolica è grande.
Anche il CELAM, con l’approvazione della Santa Sede, potrebbe accogliere sacerdoti, consacrati o laici che lavorano nella pastorale per corsi di formazione. nei suoi Istituti Patorale e Biblico a Bogotà
5. Rinnovo la mia gratitudine al Santo Padre e ai cari fratelli vescovi dell’Africa per l’invito a partecipare a questo kairós, tempo di grazia e di conversione, che è la II Assemblea Speciale dei Vescovi per l’Africa. Che Nostra Signora di Guadalupe, Regina e Protettrice dell’America, ci accompagni durante questa Assemblea Speciale e aiuti, con la sua protezione materna, la Chiesa in Africa a trovare, con la partecipazione della società, cammini di riconciliazione, di giustizia e di pace.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:11
Relazione di Mons. Wilton Daniel GREGORY, Arcivescovo di Atlanta, USA

S. E. R. Mons. Wilton Daniel GREGORY, Arcivescovo di Atlanta (STATI UNITI D'AMERICA)

Lunedì 5 ottobre 2009
Città del Vaticano

Colgo questa opportunità per riassumere l’importanza che questo secondo Sinodo per l’Africa riveste per la Chiesa negli Stati Uniti d’America. Noi americani ci sentiamo sempre più coinvolti nelle questioni e negli eventi che riguardano il continente africano. Noi, come i popoli di qualunque altra parte del mondo, avvertiamo in modo sempre più intenso l’impatto del carattere sempre più globale del nostro mondo.
Innanzi tutto lodiamo Dio onnipotente per il dono della Fede Unica che unisce la Chiesa negli Stati Uniti a tutte le altre Chiese nel mondo. La nostra comunità cattolica ha tratto diretto beneficio, nell’ultima generazione, dal numero crescente di sacerdoti e religiosi provenienti dal grande continente africano, che ora servono i cattolici in tutta la nazione, facendolo con generosità e zelo. Grazie alla loro presenza conosciamo la fede profonda e la generosità della Chiesa in Africa.
La Chiesa negli Usa è inoltre profondamente grata per l’opportunità di potere assistere le Chiese locali africane attraverso il sostegno dei Servizi di assistenza cattolici, le molte e varie attività missionarie di cooperazione che scaturiscono dal cuore generoso della nostra gente e spesso uniscono diocesi con diocesi e parrocchia con parrocchia nella preghiera reciproca, nell’aiuto finanziario e mediante i contatti personali. Sono felice e orgoglioso di poter riferire che le agenzie della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti da molto tempo lavorano insieme con le Conferenze episcopali e le associazioni di conferenze episcopali nel continente africano nella ricerca della pace e della giustizia. Sono questi segni molto positivi che mostrano come la Chiesa nel mio paese e la Chiesa nei paesi africani si siano adoperate l’una con l’altra nell’opera di evangelizzazione e di assistenza sociale, rendendo in tal modo il tema di questo Sinodo - Al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace - un segno importante di come la Chiesa negli USA e la Chiesa in Africa siano unite nella fede e nella carità.
Ma sappiamo che, ripetendo le parole del Vangelo di san Luca, possiamo soltanto dire: “abbiamo fatto quanto dovevamo fare!” (Lc, 17, 10). Riconosciamo che la risorsa più grande della Chiesa africana è la sua gente. La Chiesa negli USA continua a trarre beneficio da quei popoli africani giunti di recente nel nostro paese come visitatori e nuovi residenti. Diversamente dal passato, quando gli uomini arrivavano incatenati come bestiame umano, oggi giungono a noi operai specializzati, esperti uomini d’affari e studenti che non vedono l’ora di costruirsi una vita nuova in una terra che essi considerano promessa. Molte di queste persone portano con sé una fede cattolica profonda e dinamica con la sua ricca eredità spirituale. Queste persone straordinarie ci sfidano a riscoprire le nostre tradizioni spirituali, spesso messe da parte per gli effetti della nostra ricerca orientata a ciò che è secolare.
Mentre il mio paese ha compiuto un eccezionale e felice progresso nella propria lotta per la riconciliazione razziale e la giustizia, non abbiamo ancora raggiunto la perfezione alla quale il Vangelo chiama l’intera umanità. Abbiamo dunque bisogno di ottenere la riconciliazione, la giustizia e la pace nella nostra propria terra fino a che, come scrisse il dottor Martin Luther King Jr, da una prigione a Birmingham, in Alabama, parafrasando il profeta Amos, non vedremo il compimento ultimo del nostro grande potenziale e lasceremo che “Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne” (Am 5, 24).

La grande terra d’Africa possiede molte altre risorse che il mondo oggi brama e, a volte, persegue con grande avidità e spesso con violenza. Le vostre risorse sono una benedizione per questo pianeta e possono essere usate non solo per portare prosperità ai popoli dell’Africa, ma, se considerate correttamente, anche per portare quel senso di unità della terra e di interconnessione che hanno i popoli ovunque, se le risorse naturali che Dio ha messo nelle nostre mani come patrimonio comune vengono utilizzate correttamente .
Sono profondamente grato al Santo Padre di avermi invitato a questo scambio con i miei fratelli vescovi del continente africano, apprendendo da loro alcune delle loro speranze, lotte e sogni, e a condividere con loro il profondo affetto e il rispetto per la Chiesa negli Stati Uniti d’America.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:13

Relazione di Mons. Orlando B. QUEVEDO, O.M.I., Arcivescovo di Cotabato, Filippine


Mons. Orlando B. QUEVEDO
, O.M.I., Arcivescovo di Cotabato, Segretario Generale della "Federation of Asian Bishops' Conferences" (F.A.B.C.) (FILIPPINE)

Lunedì 5 ottobre 2009
Città del Vaticano

“A servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace” - il tema della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa è in profonda sintonia con le aspirazioni della Chiesa in Asia.
Nonostante le grandi differenze, la Chiesa in Asia e la Chiesa in Africa hanno straordinarie somiglianze. Se il cristianesimo si è fatto strada all’epoca degli apostoli in Egitto e nel Nord Africa grazie all’opera di San Marco evangelista, molti cristiani in India fanno risalire le proprie origini all’apostolo San Matteo. Ma nel suo insieme la Chiesa in Africa è giovane, come la Chiesa in Asia. In molti paesi di entrambi i continenti, il cristianesimo è stato portato da missionari stranieri durante il periodo della colonizzazione. Un ulteriore slancio missionario si è verificato nel XIX e nel XX secolo.
La ricchezza di culture, i tanti valori familiari tradizionali che sono autenticamente umani, le migliaia di lingue parlate, l’incontro tra cristianesimo, islam e religioni tradizionali locali sono tutte realtà importanti, molto simili sia in Africa che in Asia.
Le due esortazioni post-sinodali del compianto Papa Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa (1995) e Ecclesia in Asia (1998), hanno delle similitudini sorprendenti. Per esempio, a proposito delle sfide pastorali dei nostri giorni: gli imperativi dell’inculturazione e del dialogo interreligioso, la promozione di un’emergente cultura relativista e materialista globalizzante attraverso gli strumenti della comunicazione sociale, l’impatto negativo della globalizzazione economica sui poveri, il declino dei valori morali nella vita sociale, economica e politica, e le continue minacce alla natura stessa del matrimonio e della famiglia, i diversi aspetti dell’ingiustizia e il violento conflitto che turba l’armonia delle società africane e asiatiche.
La Chiesa in Africa e la Chiesa in Asia stanno sollevando interrogativi analoghi di grande importanza: che dire di noi in quanto comunità di discepoli, in quanto Chiesa? Come possiamo essere testimoni credibili di nostro Signore Gesù Cristo e del Suo Vangelo? Come dovremmo rispondere alle numerose e complesse sfide pastorali che dobbiamo affrontare nella nostra missione di proclamare Gesù come Signore e Salvatore?
Secondo me la Chiesa in Africa sta esplorando le implicazioni teologiche e pastorali della Chiesa come famiglia di Dio. Noi, in Asia, guidati dalle Sacre Scritture e dal magistero vivo della Chiesa, riteniamo di essere stati condotti dallo Spirito Santo a studiare, nel contesto asiatico, la teologia della Chiesa in quanto Comunione e umile Servitore del Vangelo e delle popolazioni asiatiche. Questa ottica teologica ha aperto l’opzione pastorale del rinnovamento radicale in corso nella Chiesa in Asia, un’opzione più dell’essere che del fare. Infatti, comprendiamo che gli atti devono provenire dal cuore di una Chiesa che viene rinnovata nel mistero pasquale di Gesù nostro Signore.

Pertanto, nei suoi 35 anni di feconda esistenza, la Federazione delle Conferenze dei Vescovi dell’Asia ha promosso un rinnovamento della Chiesa nel continente: verso una interiorità spirituale più profonda; verso il dialogo con le culture asiatiche, con le tradizioni religiose e filosofiche antiche dell’Asia e con i popoli asiatici, specialmente con i poveri; verso un discepolato autentico, verso il rinnovamento del laicato per una leadership nella trasformazione sociale; verso un significato rinnovato di missione ad gentes; verso il rinnovamento della famiglia asiatica come obiettivo dell’evangelizzazione e verso un vivere credibile dell’Eucaristia nelle realtà dell’Asia.
Questo rinnovamento fondamentalmente è una chiamata di Dio che è Amore (Deus Caritas est), e che offre speranza e salvezza (Spe salvi), spingendoci ad amare nella verità (Caritas in Veritate).
Riguardo all’amare nella verità, la Chiesa in Africa e la Chiesa in Asia conoscono esperienze simili di dolore e di gioia. Il dolore: per le molte forze di una cultura di morte, che sia l’Ecclesia in Africa sia l’Ecclesia in Asia trattano con profonda preoccupazione, quali l’aumento della povertà e l’emarginazione dei nostri popoli, gli attacchi continui contro il matrimonio e la famiglia tradizionale, le ingiustizie nei confronti delle donne e dei bambini, la nostra propensione a favorire le armi di distruzione rispetto allo sviluppo integrale, la nostra incapacità di competere con i potenti in un ordine economico globale che non è guidato da norme giuridiche e morali, l’intolleranza religiosa invece di un dialogo della ragione e della fede, il governo dell’avidità invece del governo della legge nella vita pubblica, le divisioni e il conflitto invece che la pace, e lo svilimento dell’ecologia umana e naturale. Inoltre, la frequenza di tifoni devastanti, inondazioni, siccità, terremoti e tsunami nel continente asiatico esige ora la nostra sollecitudine pastorale collettiva riguardo il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici.
D’altra parte, proviamo grande gioia e speranza nei movimenti di giustizia e pace, come mostrano la crescente consapevolezza e l’impegno di giovani e donne per la responsabilizzazione e la trasformazione sociale, l’impegno di numerosi gruppi della società civile per l’integrità nella vita pubblica e per la cura e l’integrità del creato, per la solidarietà delle persone di buona volontà provenienti da classi sociali e tradizioni religiose diverse, al fine di adoperarsi per un ordine sociale più giusto, più pacifico e più fraterno.
Il motivo della nostra gioia e della nostra speranza è il fatto che osserviamo molti fermenti positivi in seno alla Chiesa, nelle piccole comunità cristiane, tra molti uomini e donne nella vita religiosa e tra il clero, che portano tutti i valori del Regno di Dio nei nuovi aeropaghi dell’evangelizzazione.
Con questi sentimenti di gioia e di speranza nel Signore, esprimo la solidarietà dei membri della Federazione delle Conferenze dei Vescovi dell’Asia a tutti i partecipanti alla Seconda Assemblea Speciale per l’Africa. Vi ringraziamo per aver accolto tanti missionari asiatici, come pure tanti lavoratori migranti nel vostro amato continente.
Con riferimento alla IX Assemblea plenaria della FABC a Manila, consentitemi di esprimere la nostra gratitudine a Sua Eminenza il Cardinale Francis Arinze, Inviato Speciale del Santo Padre, e a Sua Eminenza il Cardinale Ivan Dias, che ha inviato Sua Eccellenza l’Arcivescovo Robert Sarah come suo rappresentante personale.
In modo particolare, a nome della FABC desidero esprimere la nostra più profonda e affettuosa fedeltà al nostro amato Santo Padre, Papa Benedetto XVI. La invitiamo, Santità, a visitare la nostra regione nel prossimo futuro. Grazie.


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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:15

Relazione del Card. Péter ERDŐ, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Ungheria

S.Em.R. Card. Péter ERDŐ, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (C.C.E.E.) (UNGHERIA)

Lunedì 5 ottobre 2009
Città del Vaticano

1. "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14) queste parole del Signore si riferiscono a tutti i cristiani, ma, in quest'ora della storia dell'umanità, in modo speciale a Voi, cari Fratelli e Sorelle in Africa. Durante la preparazione di questa assemblea speciale si è cristallizzato l'accento singolare di questo incontro sinodale: "la Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia, della pace".

2. A Voi tutti porto il saluto più cordiale e il messaggio della grande vicinanza dei vescovi europei, i quali rappresentati dai presidenti di tutte le Conferenze Episcopali si sono incontrati in questi giorni a Parigi. Abbiamo potuto rendere conto di un lavoro comune ormai consolidato con i vescovi africani nel quadro dei programmi comuni del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa e della SECAM. In diverse città africane ed europee si sono svolti questi lavori comuni che avevano trattato argomenti come la migrazione, la schiavitù ed altri problemi umani e cristiani. Come sapete bene, anche la terra d'Europa è una terra bagnata di sangue. Quando, dopo il crollo del muro di Berlino, gli abitanti, e specialmente i cattolici della parte occidentale e di quella orientale del nostro continente, si sono liberamente incontrati, dovevano prendere atto di tutta la complessità della nostra storia comune. Soprattutto i popoli dell'Est europeo si sentivano spesso nella loro storia colonizzati e sfruttati. Persino nei primi secoli dell'epoca moderna c'erano interi villaggi del Sud Est europeo di popolazione cristiana che sono finiti ai mercati di schiavi dell'Oriente.
3. La storia recente dell'Europa ha lasciato anche molte ferite che sono ancora lontane dalla piena guarigione. Se dopo la II Guerra Mondiale, guerra che ha estinto il più grande numero di vite umane di tutta l'umanità, i popoli dell'Occidente, per esempio i tedeschi e i francesi, con l'aiuto sostanziale di grandi uomini cattolici come Schumann, Adenauer e De Gasperi, hanno trovato la via non soltanto della pacifica convivenza, ma anche di una riconciliazione più profonda, oggi tocca alla parte centrale ed orientale d'Europa di cercare la riconciliazione dei cuori, la purificazione della memoria e la fratellanza costruttiva. Così sono molto spesso i vescovi cattolici che alzano per primi il segno della riconciliazione, come hanno compiuto per primi i vescovi tedesci e polacchi, un grande atto di riconciliazione, che all'inizio non è stato compreso da molti gruppi delle loro società. Alcuni grandi ecclesiastici e teologi di quel tempo, come specialmente Joseph Ratzinger, hanno trovato parole appassionate per difendere quell'atto profetico. Negli ultimi anni ci sono stati simili atti di riconciliazione e di fratellanza tra vescovi di Polonia ed Ucraina, di Slovacchia ed Ungheria, ed altri. I mass media spesso non danno molto rilievo a questi avvenimenti. Forse non mancano neppure gruppi che pensano di trovare il loro vantaggio politico ed economico, sollecitando tensioni ed ostilità tra popoli, gruppi etnici o anche religioni. "La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno vinta", come scrive S. Giovanni (1, 5). Cristo è la luce del mondo. Egli illumina anche le tenebre della storia umana e nessuna oscurità, nessun odio, nessun male può vincerlo. È in lui la nostra speranza. Anche se la voce della Chiesa e la testimonianza di ciascun cristiano sembrano deboli, anche se essa spesso non appare in prima pagina dei grandi mezzi di comunicazione, questa voce sottile è più forte di ogni rumore, bugia, propaganda o manipolazione. Siamo testimoni della forza dei martiri. Adesso cominciano a essere beatificati e canonizzati i testimoni dell'Agnello, uccisi per la loro fede nel XX secolo. Essi sono quelli che “vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel Sangue dell'Agnello" (Ap 7, 14). Durante le lunghe persecuzioni, la loro memoria era coperta di silenzio. Eppure, essa è rimasta viva anche nel cuore della comunità dei credenti. E adesso apriamo le fosse. È commovente vedere da una parte, quanto è rimasto dei corpi dei martiri. Ogni translazione delle spoglie di uno di loro scuote le anime di tutti i partecipanti di queste cerimonie. La grande tensione tra l'estrema debolezza di un essere umano che è rimasto ucciso e la forza sublime della stessa persona illuminata ormai dalla gloria dei martiri, dà un fortissimo impulso spirituale alle nostre comunità.
Cari Confratelli! Noi altri, cattolici d'Europa, abbiamo imparato dalla nostra storia a seguire con attenzione anche la sorte dei cristiani africani ed abbiamo imparato anche a stimare la Vostra fedeltà, la Vostra testimonianza, e i martiri africani che danno la loro vita anno per anno in numero preoccupante - per Cristo e per la Sua Chiesa, così anche per noi. La Chiesa in Africa ha meritato la nostra gratitudine e la nostra profonda stima.

4. Il Servo di Dio Giovanni Paolo II ci insegnava con forza e lucidità sulla divina misericordia. I circoli del male che sembrano a volte persino diabolici e che possono rattristare e spingere verso la disperazione intere società umane, costruendo le strutture dell'odio, della violenza, della vendetta e dell'ingiustizia tra gruppi etnici, popoli o classi sociali, non sarebbero superabili con la sola forza umana, se non ci fosse la divina misericordia che ci rende anche capaci di seguire il comandamento di Cristo: "siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso" (Lc 6, 36). Se il nostro Signore ci ha comandato questo, tale comando è anche garanzia della possibilità di compierla. È lui che ci darà la forza per essere misericordiosi, e rompere ogni struttura del male.
5. Siamo convinti che lo scambio dei doni non è un programma che vale soltanto tra la parte occidentale ed orientale d'Europa. Questo è doveroso anche tra i fedeli, tra le chiese particolari anche a livello continentale ed universale. Le possibilità della solidarietà e della determinazione di non dimenticare i fratelli bisognosi neanche in tempi di crisi è ferma tra i cattolici d'Europa. Allo stesso tempo, desideriamo studiare meglio le Vostre esperienze liturgiche, catechetiche, la dinamica delle vocazioni sacerdotali, le possibilità di costruire insieme la Chiesa di Cristo in Europa, in Africa e ovunque nel mondo.
6. Certamente non ci illudiamo: le grandi forze economiche e politiche del mondo, molto spesso, non agiscono secondo la logica della carità e della giustizia, e a volte sembrano dimenticare anche la vera realtà, la natura delle cose e dell'essere umano. La dignità umana, inoltre, non dipende dalla nostra efficienza, non è proporzionata al successo di questo mondo. Ogni essere umano, come tale, ha la stessa dignità inalienabile. Perché creato a immagine e a somiglianza di Dio. La dignità umana non è incompatibile con la sofferenza. Falsa sarebbe una ideologia che dicesse che per salvare la nostra dignità, sarebbe meglio morire che soffrire. Questo era l'atteggiamento dell' antichità greco romana, non ancora illuminata dalla luce del Vangelo. L'esempio di Cristo ci insegna che la massima sofferenza può essere il momento della massima dignità e gloria. Dopo che il traditore lasciò il cenacolo, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'Uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua, e lo glorificherà subito" (Gv 13, 31 32).
Se nel momento attuale molti nel nostro mondo non ascoltano la voce del Creatore e non sono aperti ad accettare la verità e a praticare la carità, la natura della realtà creata rimane quello che è. La giustizia e la misericordia divina si fanno valere comunque nel funzionamento del mondo e nello svolgimento della storia. Così, cari Confratelli, Vi assicuriamo delle nostre preghiere e della nostra solidarietà perché possiate trovare le vie per promuovere la riconciliazione, la giustizia e la pace e che siate un conforto anche per noi con le Vostre esperienze, la Vostra fede e la Vostra testimonianza.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:29
Relazione di Mons. Laurent MONSENGWO PASINYA, Arcivescovo di Kinshasa, RDC, su ECCLESIA IN AFRICA

S. E. R. Mons. Laurent MONSENGWO PASINYA, Arcivescovo di Kinshasa (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO) su ECCLESIA IN AFRICA

Lunedì 5 ottobre 2009

Città del Vaticano

Introduzione



Il 10 aprile 1994, nel corso di una liturgia pontificale di rilievo, Sua Santità il Papa Giovanni Paolo II, di felice memoria, circondato da 35 cardinali, 1 patriarca, 39 arcivescovi, 146 vescovi e 90 sacerdoti, apriva solennemente l’Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi “perché sia promossa un'organica solidarietà pastorale nell'intero territorio africano ed isole attigue” [1]. “Era presente l'Africa con la varietà dei suoi riti: essa danzava la sua gioia, esprimendo la sua fede nella vita al suono dei tam-tam e di altri strumenti musicali africani” [2].

In quella occasione, l’Africa percepì di essere, da un lato, parte integrante della storia della salvezza, da Abramo a Gesù Cristo [3] e, dall’altro, secondo le parole di Paolo VI “novella patria di Cristo” [4], “terra amata dal Padre eterno” [5].

Per un mese (10 aprile-8 maggio 1994), l’Assemblea sinodale guarderà l’Africa in un faccia a faccia, per meglio comprenderla e misurare la profondità dei suoi drammi e delle sue ferite (genocidio, guerre e conflitti armati, movimenti migratori...). Come pure i suoi sforzi di rinascita, di democrazia, di difesa dei diritti umani, e anche le testimonianze luminose di carità fino al martirio.

Durante tutte le sue assisi, l’Assemblea sinodale - e con essa, la Chiesa - sperimentò e visse nella propria carne le sofferenze dei popoli dell’Africa come se il Signore volesse associarvi il Sinodo: il Papa Giovanni Paolo II e alcuni Padri sinodali ricoverati, assassinio di un arcivescovo e tre vescovi a Kabgayi, massacro di sacerdoti, religiosi/e e fedeli laici, profanazione di chiese...

Al termine dei dibattiti e deliberazioni dei Padri sinodali, l’Africa è (più che mai) apparsa come l’uomo della parabola evangelica, che scendeva da Gerusalemme a Gerico e che i banditi avevano lasciato mezzo morto al margine della strada (cf. Lc 10, 30ss). Infatti, come quell’uomo, l’Africa attendeva il passaggio del Buon Samaritano che è Gesù Cristo.

Perciò i Padri Sinodali hanno voluto che il Sinodo fosse un “Sinodo di risurrezione”, un “Sinodo di speranza e di conforto per l’Africa: “Cristo nostra speranza è vivo, noi vivremo!” [6].

In effetti, non bastava fare delle constatazioni e misurare l’entità dei drammi dell’Africa; era necessario proporre soluzioni e rimedi, orientamenti e scelte pastorali in grado di risollevare e ridare vitalità a tutta la vita della Chiesa e dei popoli dell’Africa. Per questo i Padri sinodali hanno preso, al Sinodo, l’impegno solenne di proseguire instancabilmente la missione evangelizzatrice della Chiesa nelle sue cinque dimensioni che sono: l’evangelizzazione, l’inculturazione, il dialogo, la giustizia e la pace, i mezzi di comunicazione sociale. E per adempiere a questa missione, l’Assemblea sinodale ha scelto l’idea-guida della Chiesa-Famiglia di Dio. “La nuova evangelizzazione tenderà dunque a edificare la Chiesa come famiglia, escludendo ogni etnocentrismo e ogni particolarismo eccessivo, cercando invece di promuovere la riconciliazione e una vera comunione tra le diverse etnie, favorendo la solidarietà e la condivisione per quanto concerne il personale e le risorse tra le Chiese particolari, senza indebite considerazioni di ordine etnico” [7].

Grazie alla benevolenza e alla fedeltà del Santo Padre, le idee portanti, le opzioni, gli orientamenti e le proposizioni dell’Assemblea sinodale speciale per l’Africa furono sostanzialmente “codificate” nell’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa (1995). È opportuno valutare, attraverso l’accoglienza della stessa, l’incidenza teologica e pastorale del Sinodo speciale per l’Africa nella Chiesa.



1. Dalla 1 alla 2 Assemblea Speciale per l’Africa



1.1. La Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha creato indubbiamente una dinamica non solo nella vita della Chiesa universale, essendo cronologicamente il primo sinodo continentale, ma anche nella vita della Chiesa Cattolica in Africa. In quest’ultimo caso, questa dinamica verteva soprattutto sui cinque temi-chiave e sulla loro attinenza alla vita e allo sviluppo dell’Africa; poi sull’idea-guida di Chiesa-Famiglia di Dio, senza parlare del kairos che questa visione della Chiesa offriva per la risoluzione delle situazioni di guerra e di conflitto che l’Africa attraversava.



1.2. Crescita della Chiesa Cattolica in Africa

A titolo illustrativo, diamo alcune statistiche in grado di mostrare la crescita della Chiesa durante i tredici anni successivi alla Prima Assemblea Speciale per l’Africa (1994-2007).





















STATISTICHE AFRICA
1994
2007
DIFFERENZA
Superficie
10.306.780km²
10.306.780km²
 
Popolazione
705567000
943743000
+ 238.176.000
Cattolici
102878000
164925000
+ 61.047.000
Parrocchie
9616
13298
+ 3.682






Posti di missione



















con sacerdoti
333
248
– 85
senza sacerdoti
72465
70805
– 1.660
altri centri
1720
4655
+ 2.935









Totale
84134
89006
+ 4.872






Sacerdoti



















diocesani
13596
23154
+ 9.558
religiosi
10326
11504
+ 1.178
Totale
23922
34658
+ 10.736















Religiosi laici
6448
7921
+ 1.473
Religiose
46664
61886
+ 15.222






Agenti di pastorale



















Vescovi (Arciv. + Vesc.)
513
657
144
Sacerdoti (v. sopra)
   
Religiosi/e (v. sopra)
   






Istituti secolari













uomini
35
41
+ 6
donne
355
537
+ 182















Missionari laici
1847
3590
+ 1.743
Catechisti
299994
399932
+ 99.938







































Patriarchi
1
1
-
Cardinali
12
14
+ 2
Arcivescovi
88
99
+ 11
Vescovi secolari
277
394
+ 117
Vescovi religiosi
117
155
+ 38
Arcivescovi religiosi
15
25
+ 10






Ordinazioni sacerdotali



















sacerdoti diocesani
951
1349
+ 398
sacerdoti che hanno lasciato
29
40
+ 11
sacerdoti diocesani defunti
145
217
+ 72









Totale
1125
1606
+ 481






Seminari (filosofia, teologia e secondaria)













religiosi
541
643
+ 102
diocesani
333
434
+ 101









Totale
874
1077
+ 203






Seminari (filosofia e teologia)













Seminari
394
505
+ 111
Foyer
152
138
– 14









Totale
546
643
+ 97






Battesimi













> 7 anni
2004099
2302158
+ 298.059
< 7 anni
1057685
1102952
+ 45.267








Totale
3061784
3405110
+ 343.326






Matrimoni













tra cattolici
234953
280629
+ 45.676
tra cattolici e non cattolici
35568
37157
+ 1.589









Totale
2692012
3249519
+ 557.507

Continua..
S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:31
Queste statistiche mostrano la vitalità e la crescita della Chiesa in Africa dopo la celebrazione del Sinodo nel 1994. Quest’ultimo è stato forse una delle principali cause, se non quella più importante, di tale impulso.

Un altro dato di cui tener conto per valutare il vigore della Chiesa in Africa è certamente la creazione di nuove diocesi: 80 dal 1994 al 2009 (più cinque prefetture apostoliche), senza contare le 24 diocesi divenute arcidiocesi e le 6 diocesi in fieri trasformate in diocesi a pieno titolo. È così che l’episcopato africano è passato da 428 membri nel 1994 a 528 nel 2009, con una crescita del 23,5 %. Anche se la crescita è generalizzata, alcuni paesi si distinguono in modo particolare, come, citando in ordine alfabetico: il Benin (+45%), il Camerun (+25%), l’Etiopia/Eritrea (+45%), il Ghana (+135%), il Kenya (+42%), la Nigeria (+43%), l’Uganda (+15), la Repubblica Centrafricana (+50%) e il Togo (+75%). È così che le Conferenze episcopali nazionali o internazionali africane sono passate da 34 nel 1994 a 36 nel 1998. [8]



Rinnovamento dei Pastori in Africa dopo l’Assemblea Speciale per l’Africa

Dei 190 vescovi africani sui 239 membri che compongono l’assemblea sinodale, solo 50 hanno visto la loro situazione immutata, mentre dei rimanenti 129 membri 10 sono stati creati cardinali (8,5%), 36 sono stati promossi o trasferiti (28,5%), 50 sono diventati emeriti (38,5%) e 57 sono deceduti (44%). Intanto, altri partecipanti all’evento sinodale sono stati nominati vescovi: 2 sacerdoti, 4 esperti, 1 uditore e 3 assistenti della Segreteria Generale.

In tutto il continente africano, sono 520 i vescovi su un totale di 528 ad essere stati nominati o promossi dopo la conclusione del Sinodo. [9] Abbiamo così un tasso di rinnovamento più alto rispetto a quello dei membri dell’Assemblea stessa, con circa il 98% in un lasso di tempo piuttosto breve (1994-2009).



Nuovi vescovi in Africa

La prima cifra tra parentesi indica il numero dei vescovi nominati o promossi dopo la conclusione dell’Assemblea Speciale per l’Africa, mentre la seconda indica il numero totale delle diocesi del paese. Le diocesi create di recente vengono indicate con il numero che segue le cifre tra parentesi

- Africa meridionale: (22/29) + 1

- Africa del Nord: (9/10)

- Angola e São Tomé: (24/18) + 4

- Benin: (13/10) + 3

- Burkina Faso e Niger: (14/15) + 4

- Burundi: (9/9)

- Camerun: (21/26) + 5

- CEDOI: (3/6) + 1

- Ciad: (6/8) + 4

- Congo: (6/6) + 1

- Congo (Repubblica Democratica del): (53/51)

- Costa d’Avorio: (24/16) + 3

- Egitto: (15/15) + 1

- Etiopia ed Eritrea: (12/13) + 4

- Gabon: (6/6) + 2

- Gambia e Sierra Leone: (3/4)

- Ghana: (22/19) + 11

- Guinea: (4/3)

- Guinea Equatoriale: (2/3)

- Kenya: (29/24) + 7

- Lesotho: (2/4)

- Liberia: (2/3)

- Madagascar: (26/20) + 3

- Malawi: (11/7)

- Mali: (4/6)

- Mozambico: (9/12) + 1

- Namibia: (2/3)

- Nigeria: (47/53) + 16

- Repubblica Centrafricana: (8/9) + 3

- Ruanda: (9/9) + 1

- Senegal, Capo Verde, Mauritania e Guinea Bissau: (10/12) + 3

- Sudan: (4/9)

- Tanzania: (24/32)

- Togo: (7/7) + 3

- Uganda: (20/23) +3

- Zambia: (7/10) + 1

- Zimbabwe: (8/8) + 1

Continua...
S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:43


Creazione di Diocesi

Elevazione ad Arcidiocesi

Elevazione a Diocesi


 1994

9

12

1


 1995

17

-

1


 1996

4

-

1


 1997

5

1

1


 1998

5

-

-


 1999

5

4

1


 2000

9

2

-


 2001

6

1

-


 2002

2

-

-


 2003

4

1

1


 2004

2

-

-


 2005

1

-

-


 2006

2

1

-


 2007

4

2

-


 2008

2

-

-


 2009

2

-

-


 Totale

79

24

6
 

 1.3 Edizioni 
Tra le iniziative prese per l’attuazione delle opzioni dell’Assemblea Speciale per l’Africa bisogna annoverare l’edizione integrale o parziale dell’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa (EIAF) nelle principali lingue utilizzate durante i lavori del SECAM (inglese, francese, portoghese). Queste traduzioni hanno permesso una migliore conoscenza delle direttive e delle opzioni sinodali, specialmente grazie alla celebrazione di incontri pastorali ai quali hanno preso parte i fedeli a diversi livelli.



1.4 Strutture pastorali

Sia il SECAM sia le conferenze regionali e nazionali e le diocesi hanno creato strutture pastorali o di studio per l’applicazione delle direttive e delle raccomandazioni del Sinodo per l’Africa. A livello del SECAM, in particolare, gli statuti e il Regolamento interno sono stati emendati in tal senso.



1.5. Piani e programmi pastorali

A livello continentale, regionale, nazionale e diocesano, molti hanno elaborato progetti, piani e programmi pastorali annuali, triennali e perfino quinquennali nello spirito del Sinodo speciale per l’Africa. Tali programmi erano contenuti generalmente in lettere pastorali, libretti od opuscoli che ne mostrano i nessi con il pensiero del Sinodo.



1.6. Degne di una particolare menzione sono le due lettere pastorali delle Assemblee plenarie del SECAM: “La Chiesa in Africa, una Chiesa-Famiglia” [10] e “Cristo è la nostra pace: la Chiesa-Famiglia di Dio, luogo e sacramento del perdono, della riconciliazione e della pace in Africa” [11]. Mentre la prima lettera pastorale è uno sforzo d’inculturazione dei valori familiari autentici dell’Africa riguardo alle realtà ecclesiali, la seconda, dopo aver mostrato la differenza e la connessione tra la pace degli uomini e quella che offrono Cristo e la Chiesa, presenta un piano pastorale in grado di aiutare la Chiesa ad assumere un ruolo maggiore nella ricerca umana della pace in Africa. Si ricorderà questa massima divenuta celebre: “Il conflitto, anche latente, comincia sempre laddove un diritto è violato o sbeffeggiato”[12].



1.7. Sinodi

Dal 1994 e nel corso degli anni successivi molte diocesi e alcune conferenze episcopali hanno tenuto sedute sinodali sia sui temi stessi del Sinodo Speciale per l’Africa, sia su un tema o due. Il tema generale dell’“Evangelizzazione” è stato spesso ricordato anche per coprire tutti i settori. Una conferenza episcopale ha organizzato per tutti e cinque gli anni una sessione pastorale nazionale sull’evangelizzazione.



1.8. Congressi e simposi

Università, facoltà ecclesiastiche e associazioni bibliche e teologiche hanno organizzato congressi e simposi sia sull’evangelizzazione che sul tema-chiave della Chiesa-Famiglia di Dio o anche sulla missione. Sono rimaste famose due settimane teologiche: la prima a Kinshasa, organizzata dalla Facoltà di Teologia Cattolica di Kinshasa sulla Chiesa-famiglia e la Chiesa-fraternità, nel 1995, nel corso della quale gli studi hanno mostrato che dalla Bibbia, segnatamente 1 Pt 2, 17; 1 Pt 5,9, alla vita monastica fino al secolo VIII, la visione della Chiesa come famiglia o fraternità era usuale e corrente [13]; la seconda nell’ICAO (Abidjan) nel 1996, partendo dal sacramentario leoniano (V secolo), gelasiano (V secolo) e gregoriano (VII secolo) fino alla riforma liturgica del Vaticano II, senza parlare della letteratura teologica, ha concluso che la concezione della Chiesa come famiglia di Dio in realtà non era altro che un ritorno alle fonti della fede cristiana. [14] L’Associazione panafricana degli esegeti cattolici (APECA) ha arricchito nel corso dei due congressi (Ouagadougou, 1997 [15] e Abuja, 1999) [16] il dibattito teologico sulla Chiesa-famiglia di Dio. Lo stesso vale per il Congresso Missionario Internazionale “Terzo Millennio” (2005) a Kinshasa, dove si è constatato che il concetto di Chiesa-famiglia era un importante contributo africano in ecclesiologia [17].



1.9. Vocabolario teologico e pastorale

È una soddisfazione constatare che il termine Chiesa-famiglia di Dio si sta ritagliando via via un posto nel vocabolario teologico e pastorale della Chiesa in Africa e nel mondo, ivi compreso nel Magistero pontificale [18].



1.10. Ricerche teologiche e catechetiche

Sono state avviate ricerche dottorali e catechetiche sulla Chiesa-famiglia di Dio e sul pensiero del Sinodo speciale per l’Africa.



1.11. Tre conseguenze dirette dell’Assemblea sinodale del 1994 furono: la realizzazione a tutti i livelli della Chiesa in Africa (continentale, nazionale, diocesano, parrocchiale), di commissioni Giustizia e pace; la creazione di facoltà di comunicazione sociale in seno alle università cattoliche, il lancio di emittenti televisive e radiofoniche rurali diocesane; commissioni formali o informali di dialogo ecumenico e interreligioso. Pur rammaricandosi che, per mancanza di mezzi, non sia stato possibile avviare la Radio continentale africana, ci si rallegra però per il ruolo importante svolto dalle commissioni di Giustizia e pace nella formazione civica e democratica dei cittadini, come pure nella preparazione e nel monitoraggio delle elezioni in diversi paesi africani.



1.12. Vi è anche motivo rammaricarsi per lo scarso entusiasmo suscitato anzitutto nella Chiesa locale africana e poi nelle altre Chiese dei paesi sviluppati a proposito dei mezzi materiali necessari per l’autosostentamento delle diocesi povere dell’Africa. [19] Occorre riconoscere che, malgrado la povertà delle popolazioni africane, una migliore organizzazione delle collette per le Pontificie Opere Missionarie, l’Obolo di San Pietro e l’autosostentamento delle diocesi africane, permetterebbe all’Africa di partecipare più generosamente al finanziamento della missione di Gesù Cristo nel mondo e “di produrre risorse in vista dell’autofinanziamento progressivo delle nostre Chiese”. [20] Su questa falsariga le Chiese dovrebbero sforzarsi di assicurare, per quanto è possibile, il finanziamento delle strutture ecclesiali da esse create. Disposizioni in tal senso sono tanto più necessarie perché le organizzazioni non governative (ONG) di ogni genere proliferano sempre più in Africa e per le loro attività fanno ricorso agli stessi organismi di aiuti cattolici delle diocesi e delle conferenze episcopali.



1.13. Nel quadro della promozione della giustizia e della pace, una conferenza episcopale ha creato un Istituto della Pace, le cui iniziative di mediazione per la pace sono numerose e apprezzate.



2. Prospettive della convocazione di una Seconda Assemblea Speciale per l’Africa



2.1. Nel corso degli anni successivi alle sessioni della Prima Assemblea Speciale per l’Africa, il Consiglio post-sinodale della Segreteria Generale del Sinodo ha tenuto regolarmente una riunione annuale durante la quale si procedeva a tracciare uno scenario socio-pastorale della Chiesa in Africa.



2.2. Nel corso della sua 11ª riunione del 18-19 giugno 2003, il Consiglio è giunto a constatare che “la situazione generale del continente, già critica nella fase di preparazione dell’Assemblea speciale, non è affatto migliorata, anzi al contrario. L’unica differenza deriva dal fatto che, in seguito all’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa, la Chiesa locale dispone dello strumento adeguato per affrontare e trattare questo problema”. [21]



2.3. Quindi il Consiglio ha cominciato a prospettare un programma di preparazione della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa. “La maggior parte dei membri sono stati d’accordo che la seconda Assemblea si celebrasse a 15 anni di distanza dalla prima, quindi nel 2009, dopo una preparazione di 5 anni, permettendo un lavoro di approfondimento a partire dalla base, e dunque cominciando dal 2004”.



2.4. Dopo che la Prima Assemblea Sinodale per l’Africa aveva esaminato la situazione nel continente nel suo insieme, il Consiglio post-sinodale ritenne che la Seconda Assemblea dovesse limitarsi a un aspetto [22] più definito e di un’urgenza particolare per il futuro del continente, per esempio la pace, la giustizia e il perdono nel contesto della Chiesa-Famiglia di Dio, ricorrendo a una formulazione del tipo: “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono (o riconciliazione)”, o sottolineando il ruolo di fermento che la Chiesa ha in Africa: “Chiesa- Famiglia di Dio: fermento di un mondo nuovo”. [23]



2.5. Il 13 novembre 2004, giorno del 1650º anniversario della nascita di sant’Agostino, nel corso di una udienza concessa ai Vescovi dell’Europa (CCEE) e dell’Africa (SECAM), Sua Santità Papa Giovanni Paolo II colse l’occasione per annunciare la sua intenzione di convocare una seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.



2.6. Spetterà a Sua Santità, Papa Benedetto XVI, di concretizzare questa intenzione, annunciando la convocazione, in Vaticano, dal 4 al 25 ottobre 2009, della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi sul tema: “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo (Mt 5, 13-14).



3. Sulle orme della Prima Assemblea Speciale per l’Africa



3.1. La Seconda Assemblea Sinodale Speciale per l’Africa è nella logica e sull’esempio della Prima Assemblea del 1994. In effetti, dal momento che l’Africa evolveva in un clima generale di guerre e di conflitti, si poteva temere che tale situazione generasse una serie di atti di vendetta e di violenza generalizzata. In modo provvidenziale, la Prima Assemblea Sinodale aveva assegnato all’evangelizzazione la missione di edificare la Chiesa-Famiglia di Dio perché le famiglie africane divenissero chiese domestiche e le società africane società-famiglia. Ora, da un lato, non ci si uccide fra membri della stessa famiglia; dall’altro, per sua natura, la Chiesa-Famiglia di Dio si presta ad essere il luogo e il sacramento del perdono, della riconciliazione e della pace, come ci insegna il Vangelo (Mt 16, 19; 18, 17; Gn 20, 22-23). Occorre inoltre che la Chiesa stessa si presenti al mondo come comunità riconciliata, capace di influenzare la società e di coinvolgerla in una volontà di perdono, di riconciliazione e di pace. Una seconda assemblea sinodale dovrebbe dunque portare a termine l’opera cominciata nella prima. Essa rendeva necessaria (invocava) la seconda come conseguenza e completamento.
 4. Riconciliati nella Chiesa-Famiglia di Dio



4.1. Il termine riconciliazione implica l’idea di “ri-cucitura” e di ricomposizione del tessuto di relazioni umane lacerato per una ragione o per l’altra. Questo ripristino dell’armonia si esprime nelle varie lingue attraverso l’idea fondamentale di “cambiamento” attivo e passivo (allassô), di “adunanza” e di “riunione” (conciliare, riconciliare. Cfr. Concilium), di “purificazione” e d’ “espiazione” (Yôm Kippûr). In Africa la riconciliazione comporta inoltre il concetto di un ripristino della coesione del clan e familiare in vista dell’armonia e dell’equilibrio “totale” del lignaggio e della collettività.



4.2. La “riconciliazione cristiana” va ben oltre, poiché essa appartiene alla trilogia “amore, perdono, riconciliazione” che, da parte sua, implica la gratuità come l’implica l’amore di Dio. Per questa ragione essa partecipa del radicalismo evangelico (la nuova legge). Così il Vangelo può invitarci ad amare come Dio, ovvero sia i nostri amici che i nostri nemici, sia i buoni che i malvagi, “perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5, 44-45). E san Paolo aggiunge: ma Dio Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori (cioè nemici di Dio), Cristo è morto per noi” (Rm 5, 8).



4.3. In questa logica di gratuità, il discepolo di Cristo deve lasciare la sua offerta sull’altare e andare prima a riconciliarsi con il suo fratello, prima di ritornare a presentarla a Dio (Mt 5, 23-24). In altre parole, non ci si può aspettare il perdono di Dio e la riconciliazione con lui senza un cuore aperto all’amore e disposto al perdono e alla riconciliazione verso il prossimo (cfr. Mt 18, 23-35: il debitore spietato).



4.4. In breve, l’amore, il perdono e la riconciliazione scaturiscono e si offrono gratuitamente, senza attendersi nulla in cambio. Ma essi sono per natura così disinteressati che generano automaticamente una contropartita. Infatti, non si possono cogliere le motivazioni di un tale amore senza restituire in cambio un amore proporzionato. È tutta la spiritualità delle nostre relazioni filiali con Dio nostro Padre.



4.5. Perciò l’ideale della riconciliazione, del perdono e dell’amore cristiano trascende le forze umane. Per vivere, crescere e perfezionarsi, ha bisogno della forza dello Spirito Santo, Spirito d’amore riversato nei nostri cuori (Rm 5, 5; 8, 15), per mezzo dell’economia sacramentale della Chiesa: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48). La riconciliazione perfetta si dispiega e si vive nella Chiesa-Famiglia di Dio che, in quanto sacramento della salvezza di Dio, è il luogo e lo strumento della riconciliazione e del perdono.

 

4.6. Alla trilogia Amore, perdono e riconciliazione sono indissolubilmente legate fraternità, giustizia e verità. “La società sempre più globalizzata ci rende vicini - dice Benedetto XVI - ma non ci rende fratelli. La ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità. Questa ha origine da una vocazione trascendente di Dio Padre, che ci ha amati per primo, insegnandoci per mezzo del Figlio che cosa sia la carità fraterna”. [24]



4.7. Non ci si può riconciliare che nella verità: la verità materiale dei fatti, la verità formale delle disposizioni interiori dei cuori, quando “la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda” (cfr. Lc 6, 45) e la parola data dai protagonisti è veritiera e non mischia il “sì” e il “no” (cfr. Mt 5, 37). È solo in queste condizioni che le commissioni Verità e riconciliazione” possono compiere un’opera utile nella pacificazione dei paesi in conflitto. “La verità, infatti, è ‘lógos’ che crea ‘diá-logos’” e quindi comunicazione e comunione. La verità, facendo uscire gli uomini dalle opinioni e dalle sensazioni soggettive, consente loro di portarsi al di là delle determinazioni culturali e storiche e di incontrarsi nella valutazione del valore e della sostanza delle cose”. [25]



4.8. Una riconciliazione nella menzogna non può essere una fonte di pace durevole, non più di una riconciliazione che ignora gli imperativi elementari della giustizia. “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”, disse Giovanni Paolo II nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2002. E Benedetto XVI dirà: “nella verità, la pace”. [24]



Una riconciliazione senza la giustizia è un’operazione che causa frustrazione e lascia un retrogusto d’incompiuto. Una riconciliazione senza la verità farà trasparire sempre l’inadeguatezza degli accordi siglati, provocherà sospetti sulla sincerità degli interlocutori e comprometterà la fedeltà alla parola data.



5. Riconciliati “per la salvezza della moltitudine” (cfr. Gn 45, 7-8; 14-15)



A questo proposito l’episodio biblico di Giuseppe venduto dai suoi fratelli può chiarire il senso della riconciliazione. In effetti, la via della schiavitù di Giuseppe, figlio di Giacobbe, venduto dai suoi fratelli (Gn 37, 12-38) si conclude con la riconciliazione con i suoi fratelli. Giuseppe interpretò la sua partenza per l’Egitto come opera di Dio che lo aveva inviato prima (dei suoi fratelli) per salvar loro la vita per una grande liberazione (Gn 45, 7); per la “salvezza della moltitudine” (lett.: un popolo numeroso) (Gn 50, 20). Questo episodio, che si colloca nella teologia biblica del ciclo dell’Esodo, ci dà, mi sembra, una chiave ermeneutica della storia della salvezza, suscettibile di aiutarci a comprendere, nella fede, il senso profondo degli ultimi cinque secoli della storia umana in generale e della “Rotta degli schiavi” in particolare. I quattrocentotrenta anni di schiavitù del popolo ebraico in Egitto (Es 12, 40) possono indurci a interpretare la piega che prende la geopolitica contemporanea. Essa sembra essere la conclusione della “Rotta degli schiavi” del XV e del XVI secolo, considerata come un piano di Dio “per la salvezza della moltitudine”. E se l’elezione di un nero a capo degli Stati Uniti d’America è stato un “segnale divino” e un richiamo dello Spirito Santo a una riconciliazione di razze e di etnie, per relazioni umane pacificate e perché cessi “il partenariato delle materie prime” per un “partenariato delle materie grigie” nelle relazioni nord-sud...! Il presente Sinodo e la Chiesa universale ci guadagnerebbero a non ignorare questo avvenimento fondamentale della storia contemporanea, che è lontano dall’essere un banale gioco di alleanze politiche.

Continua...
S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:47

CONCLUSIONE



Occorre riconoscere che lo spirito e la dinamica della Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi hanno dato un nuovo impulso alla vita e alla missione della Chiesa in Africa. Non solo le Chiese locali hanno accolto con entusiasmo l’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa, che hanno pubblicato e presentato, ma per giunta ne hanno seguito le direttive, le opzioni e gli orientamenti sia per convocare sinodi diocesani, nazionali o regionali, sia per organizzare congressi, simposi o seminari sul tema-chiave della Chiesa-Famiglia di Dio, o ancora per elaborare progetti, piani e programmi pastorali fondati su questo stesso tema e contenuti con lettere pastorali, libriccini od opuscoli facilmente maneggiabili. Questi programmi pastorali erano concepiti a tutti i livelli, dal SECAM alle diocesi e alle commissioni Giustizia e Pace.



A questo proposito, la lettera pastorale del SECAM, intitolata “Cristo è la nostra Pace” (2001) ha affrontato in modo più formale la questione dei conflitti armati e della riconciliazione in Africa, considerando la Chiesa-Famiglia di Dio come il luogo e il sacramento del perdono, della riconciliazione e della pace in Africa. Questo tema della riconciliazione e quello della Chiesa-Famiglia di Dio aprivano così il cammino alla Seconda Assemblea sinodale incentrata sulla Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace ... “Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13-14).

La Seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi è chiamata ad avviare la Chiesa e la società in Africa sul cammino del perdono, della riconciliazione e della pace, grazie alla giustizia nella verità: “riconciliate nella Chiesa-Famiglia di Dio, per la salvezza della moltitudine”.

“Fammi conoscere, Signore, le tue vie” (Sal 25(24), 4). “Ti preghiamo, Signore, tu che guidi le creature umane attraverso i conflitti di questo mondo, porta a buon fine le volontà di pace del nostro tempo, affinché tutti gli uomini possano vivere felici e lodarti per l’amore che tu doni” [26]

NOTE


[1] EA, 5

[2] EA, 6

[3] cfr. Omelia di apertura di Papa Giovanni Paolo II

[4] AAS 56, 1964, pp. 907-908

[5] Giovanni Paolo II, Omelia di chiusura del Sinodo dei Vescovi in Doc. Cath, 91 (1944) 536

[6] Messaggio, n. 1-2, EA, 13

[7]EA, 63

[8] 1994: 34 + 1 (C.E.D.O.I); 2004: 36 + 1 (C.E.D.O.I) - Namibia (96) - Liberia (98)

[9] Vescovi di nuova nomina o promossi (369); trasferiti (151) dopo la Prima Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.

[10] Documento finale dell’Assemblea plenaria del SECAM a Midrand (Johannesburg), dal 21 al 27 settembre 1997, pubblicato ad Accra, 1998.

[11] Documento finale dell’Assemblea plenaria del SECAM a Rocca di Papa dal 1 all’8 ottobre 2000, pubblicato ad Accra nel 2001.

[12] “Christ est notre paix”..., n. 109.

[13] AA, Église-Famille – Église-fraternité. Perspectives post-synodes. Actes de la 20ème Semaine théologique de Kinshasa, Kinshasa, FCK, 1997.

[14] AA., Foi, Culture et évangélisation en Afrique à l’aube du 3ème millénaire. Actes au Colloque spécial post-synode4, Abidjan, RICAO, 14-15, 1996.

[15] AA., L’Église-famille et perspectives bibliques. Actes du 8ème Congrès de l’Association panafricaine des Exégètes catholiques. Mélanges Cardinal P. Zoungrana, Ouagadougou, 19 – 27 juillet 1997; Kinshasa, 1999.

[16] AA., L’Église – famille et perspectives bibliques. Actes du 9ème Congrès de l’Association panafricaine des Exégètes catholiques; Abidjan, 25 – 30 septembre 1999, Kinshasa, 2002.
[17] Tshibangu Th., “L’avenir de l’activité missionnaire” ad Gentes, Perspectives pour le 21ème siècle, Actes du Congrès international de missiologie “Tertio Millennio”, Kinshasa, Médiaspaul, 2005, p.

[18] Cfr Giovanni Paolo II, Pastores gregis, n. 59; Benedetto XVI, Udienze generali del 7 febbraio 2007 e del 15 ottobre 2008.

[19] Cfr EIAF, n. 104.

[20] Ibid.

[21] Rapporto della XI riunione del Consiglio post-sinodale, p. 4, II.

[22] Ibid.

[23] Cfr Rapporto, ibid, pp. 4-5.

[24] Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 19.

[25] Ibid, n. 4

[26] Orazione Ora Nona del giovedì della seconda settimana del tempo ordinario, ufficio francese.

BIBLIOGRAFIA SELETTIVA SULLA CHIESA-FAMIGLIA IN AFRICA 

I. ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA



A. MONOGRAFIE

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C. ARTICOLI E CONFERENZE

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2. ATUIRE C., El sinodo africano, una speranza para la Iglesia, in Ecclesia (Messico) 8 (1994) 375-384.

3. AA. VV., Les étudiants africains boudent-ils le Synode de leur continent ?, in Telema (Kinshasa) 22/3-4 (1996) 43-44.

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5. BIANCHI M., Il Sinodo africano : un evento ecclesiale che dona speranza e slancio missionario, in Omnis Terra (Roma) 12 (1994) 127-133 ; inglese in Omnis Terra (Roma) 28 (1994) 290-296 ; francese in Omnis Terra (Roma) 33 (1994) 286-292 ; spagnolol in Omnis Terra (Roma) 26 (1994) 290-296.

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7. BOKA DI MPASI Londi, Le Synode africain par-delà la promesse des fleurs, in Telema (Kinshasa) 20 (1994) 2-4.

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21 DE HAES R., Ecclesia in Africa, Une invitation à passer à l’acte, in Sedos bulletin (Roma) 28 (1996) 265-270.

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Continua...
S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:49
II. EVANGELIZZAZIONE



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3. DINH DUC DAO J., Prospettive missionarie dell’Africa alla luce dell’Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa, in Catechesi Missionaria (Roma) 12 (1996) 31-36.



III. INCULTURAZIONE

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7. KABASELE LUMBALA F., Liturgies africaines: l’enjeu culturel, ecclésial et théologique in Recherches africaines de Théologie 14 , Facultés Catholiques de Kinshasa, Kinshasa 1996 .

8. KAHINDI CHARO P. , Family as a Sanctuary of life. With a Special Reference to African Religious Moral Tradition ; Dissertatio ad Licentiam in Pontificia Facultate Theologicae Sanctae Crucis. Roma 1998.

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11. MASINGANDA A. M., Du discours christologique à l’émergence d’ecclésiologie en contexte négro-africain. Pertinence doctrinale et contextuelle, Excerpta dissertatione ad Doctoratum in Facultae Theologiae PUG, Roma 1996.

12. MOTO D., Vers l’inculturation des rites sacrés bantu pour les diocèses du Shaba (Zaïre). Dissertatio ad Lauream in Theologica, Pontifica Facultas Theologica Theresianum, Roma 1997.

13. MURAGE B., Evangelization and Inculturation of Marian Devotion Among the Agikuyu of Central Kenya in Nyeri Archdiocese Yesterday and Today, Dissertatio ad Laurem in Pontificia Facultate Theologicae Marianum, 62, Roma 1994.

14. NWEKE Benard, Igbo System of Kinship and Family : a Christian Response, dissertation ad doctoratum in Facultate Theologiae, P.U.S.C., Roma 1998.

15. OBORJI F. A., Trends in African Theology Since Vatican II. A Missiological Orientation, dissertation ad doctoratum in Facultate Missiologiae, P.U.U., Roma 1998.

16. OKIKE OHA B., The Need for Mission Through Inculturation and Dialogue in Nigeria, extractum ex dissertatione ad Doctoratum in facultate Missiologiae, P.U.U., Roma 1995.

17. OKUCU L., The “Liturgical Ministry” of the Lay Catechist. A Theological and Liturgical Study of the Ministry of the Lay Catechist with Special Reference to Uganda. Excerpta dissertatione ad Doctoratum Sacrae Liturgiae assequendum in Pontificio Instituto Liturgico, Roma 1997.

18. OSUJI ACHULIKE B., The African Concept of Community : a Basis for the Inculturation of Religious Community Life in the Apostolic Religious Institutes in Africa. Excerpta ex Dissertatione ad Doctoratum in Facultatae Theologiae, P.U.G., Roma 1996.

C. ARTICOLI E CONFERENZE

1. ABENG N., La pastorale de la famille – l’inculturation – l’ecclésiologie. Après le Synode des Évêques pour l’Afrique, in Revue Africaine de Théologie (Kinshasa) 18 (1994) 51-64.

2. Assembly for Africa and Inculturation, in Studia Missionalia 44 (1995) 275-285, PUG, Roma.

3. BOKA DI MPASI L., Gli antenati mediatori in Africa ,in La Civiltà Cattolica (Roma) 145 (1994) 348-371

4. BOKA DI MPASI L., Les ancêtres médiateurs, in Telema (Kinshasa) 2 (1995) 61-70.

5. DI SALVATORE G., L’image de l’Église-famille dans l’Exhortation Apostolique Ecclesia in Africa. Eléments de Réflexion sur une application de l’inculturation, in Cahiers de Réflexion (Mbalmayo) 2 (1996) 41-69.

6. GIRAUDO C., Prière eucharistique et inculturation. Jalons pour le Synode d’Afrique et de Madagascar, in Nouvelle Revue Théologique (Namur) 116 (1994) 181-200.

7. GRASSO E., The Process of Inculturation in the Light of the Apostolic Exhortation Ecclesia in Africa, in Omnis Terra (Roma) 29 (1995) 436-442.

8. GRASSO E., II Processo dell’Inculturazione alla luce dell’Esortazione apostolica Ecclesia in Afrique, in Omnis Terra (Roma) 14 (1996) 90-95.

9. GRASSO E., El Proceso de Inculturación a la luz de la Exhortación apostólica Ecclesia in Africa, in Iglesia,Pueblos y Culturas (Quito) 8/39 (1995) 21-34.

10. GRASSO E., Le Processus d’Inculturatión à la lumière de l’Exhortatión apostólique Ecclesia in Africa, in Cahiers de Réflexions (Mbalmayo) 2 (1996) 19-40.

11. GWEMBE E.P., La piété envers les ancêtres dans la religion africaine, in Telema (Kinshasa) 2 (1995) 53-60.
12. INCARNATION (THE) OF CHRIST IN THE AFRICAN FAMILY. The Tanzania Church implements the African Synod, in Catholic international (Baltimora) 8 (1997) 92-93.

13. KABASELE LUMBALA F., Célébration Africaine de l’envoi en mission (rituale), in Revue africaine des Sciences de la Mission (Kinshasa) 3 (1996) 187-200.

14. KÜSTER V.,¨¼and Foolishness to Gentiles¨. Images of Christ from Africa and Asia, in Mission Studies (Sankt Augustin) 12/23 (1995) 95-112.

15. LAPOINTE E. , African’s Ancestors Veneration and Christian Worship, in Mission (Ottawa) 2 (1995) 253-278.

16. MBUKA C., Chiesa ¨Famiglia di Dio¨ : comunione e dialogo. Elementi di inculturazione, in C.I.S.M., Dal Sinodo per l’Africa: come si incultura il Vangelo, Roma 1995, p.69-75.

17. MEDDI L., Dal Sinodo una spinta all’inculturazione, in Catechesi missionaria (Roma) 12 (1996) 25-30.

18. MIMBU KILOL H., Quels rites et symboles dans les liturgies africaines?, in Revue africaine des Sciences de la mission (Kinshasa) 3 (1996) 87-120.

19. OGUEJIFOR J. O., Ecclesia in Africa and the Truth about Inculturation, in Bigard Theology Studies (Enugu) 17 (1997) 61-70.

20. OKOYE J., African Theology, in MÜLLER K., Dictionary of Mission: Theology, History, Perspective, Orbis Books, Maryknoll, New York 1997, pp.9-17

21. OKOYE J., Inculturation and Theology in Africa, in Mission Studies (Amburgo) 14 (1997) 64-83.

22. OWAN KRIS J., The African, the Spirit-world and the Crave for Survival and Success: Post-synodal Reflecions, in Bigard Theological Studies (Enugu) 17 (1997) 23-43.

23. SPIRITUALITY DEPARTMENT, A Search for an Authentic African Christian Spirituality, in African Christian Studies (Nairobi) 10/1 (1994) 38-55.

24. WIJSEN F., All People See the Same Sun. Liturgy in Africa Between Inculturation and Syncretism, in Questions liturgiques (Lovanio) 77/1-2 (1996) 77-95.



IV. CHIESA-FAMIGLIA DI DIO



A. CONTRIBUTI DELL’APECA E DELLE FACOLTÀ DI TEOLOGIA

1. ATAL, D., La fraternité dans le Nouveau Testament, dans Église-Famille ; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.181-198.

2. BITOTO, N., Foi, culture et évangélisation en Afrique à l’aube du 3e millénaire, in Revue de l’Institut Catholique de l’Afrique de l’Ouest, n°14-15 (1996), p.47-60.

3. BUETUBELA, P., Église-Fraternité selon le Nouveau Testament. Enquête exégétique dans les synoptiques et les épitres pauliniennes, in Église-Famille ; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.199-209.

4. BUETUBELA, P., « L’enfant et sa mère » : Signification ecclésiale de la maternité de Marie, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.113-119.

5. DABIRE, J. M., L’Église-Famille de Dieu, in Revue de l’Institut Catholique de l’Afrique de l’Ouest, n°14-15 (1996), p.81-119.

6. DE HAES, R., L’Église comme communion selon Vatican II, in Église-Famille ; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 2oa Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.255-264.

7. DIOUF, J. N., La nouvelle naissance dans le Prologue de Saint Jean (Jn 1, 11-13), in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8# congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.99-112.

8. DJITANGAR, E., « D’Egypte, j’ai appelé mon fils ». Flashes sur Mt 2, 13-23, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.121-126.

9. DUJARIER, M., L’Église-fraternité chez les Pères de l’Église, in Église-Famille ; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica de Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.213-221.

10. ESUA, C.F., Biblical Foundations of the Church as Family, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.31-40.

11. GAMBEMBO G., La famille africaine : cellule vitale, in Église-Famille ; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.23-29.

12. HOLTER, K., Relating Africa and the Old Testament on the Polygamy Issue, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.61-71.

13. KABASELE L., Les ressorts liturgiques du concept « Église-famille », in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.357-364

14. KANYAMACHUMBI, P., La famille traditionnelle africaine: un paradigme socio-politique très précieux, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.43-61

15. KEMDIRIM, P.O., The Role of Women in Luke and the African Image of Mother, in l’Eglise-Famille et perspectives bibliques. Atti del nono Congresso dell’APECA, Kinshasa, Saint Paul, 2002, p.33-42

16. KIBANGA M., La vie familiale comme lieu d’émergence de l’Église-famille, in Église-Famille ; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimama Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.331-341

17. KISIMBA N., L’Église-famille et ministères, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.265-283

18. LUDIONGO N., Les dimensions canoniques de l’Église-famille, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.365-377

19. MALU N., L’identité chrétienne de la famille dans l’Église et dans la société, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimama Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.285-291

20. MANGONI T., La solidarité dans la tradition africaine, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.119-127

21. M’BARGA, J., Église-Famille et défis dans la nouvelle Evangélisation en Afrique, in Revue de l’Institut Catholique de l’Afrique de l’Ouest, n°14-15 (1996), p.151-170

22. MATAND, J. B., La solidarité fraternelle de Jésus avec les croyants. Lecture rhétorico-exégétique de He 2, 5-16, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti del nono Congresso dell’APECA, Kinshasa, Saint Paul, 2002, p.67-88.

23. MATAND, J. B., « Le Christ est ressuscité d’entre les morts, prémices de ceux qui se sont endormis » (1Co 15, 20). Appartenance au Christ et liens familiaux au village des ancêtres, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.127-150.

24. MBAYA M., La solidarité africaine à l’épreuve du temps, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.63-74.

25. MONSENGWO, L., « Église-famille et images bibliques de l’Église à l’aube du 3e millénaire», in Revue de l’Institut Catholique de l’Afrique de l’Ouest, n°14-15 (1996), p.121-138

26. MONSENGWO, L., L’ayant droit dans l’Ecriture. Le cas de Joseph (Gn 37 ; 39-41), in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti del nono Congresso dell’APECA, Kinshasa, Saint Paul, 2002, p.43-56.

27. MONSENGWO, L., L’ayant droit dans l’Ecriture Sainte, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.73-87.

28. MPONGO, L., Les dimensions liturgiques de la famille, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.345-356.

29. MUGARUKA, R., «Église, famille de Dieu» dans le Nouveau Testament. Approche lexicographique, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.161-168.

30. MUKENDI W. M., Famille africaine: cellule de base, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.31-42.

31. MUKENI B., La solidarité dans la tradition africaine. Une approche psychologique, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.109-117.

32. MUKUNA M., Les modèles d’Église du Moyen-âge au Concile Vatican II, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.239-253.

33. NGIMBI B., La famille africaine, lieu d’humanité (valeur et respect de la vie): le dynamisme de la famille Yombe urbaine, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.83-90.

34. NGOY M., Le visage de la famille dans l’Ancien testament, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.131-160.

35. NGUAPITSHI K., Modèle d’Église dans la tradition kimbanguiste, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.323-330.

36. NIMY, B., La famille africaine, lieu d’humanité (valeur et respect de la vie), in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.91-107.

37. NTEDIKA K., L’Église-famille chez les Pères de l’Église, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimama Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.223-237.  
38. NWAORU, E.O., Old Testament Perspectives on Bride-Price: Meaning for the African Church as Family, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti del nono Congresso dell’APECA, Kinshasa, Saint Paul, 2002, p.21-32.

39. NYEME Tese, L’Église-famille: une chance pour l’Afrique, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.379-384.

40. ONAIYEKAN, J., The Church: Family of God on Earth, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.41-50.

41. RUHAMANYI, D., “¼Il les créa mâle et femelle» (Gn 1, 27b). Vocation communionnelle du couple humain, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.51-60.

42. SANON, A., T., «Articulation entre foi et culture en vue de l’évangélisation», in Revue de l’Institut Catholique de l’Afrique de l’Ouest, n°14-15 (1996), p.33-46.

43. SANOU, L.K., Les généalogies de Jésus Christ dans le Nouveau Testament, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.89-97.

44. SARAH, R., La fraternité dans l’Ancien Testament, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p. 169-179.

45. SINSIN, B. J., Foi et inculturation en Afrique, in Revue de l’Institut Catholique de l’Afrique de l’Ouest, n°14-15 (1996), p.177- 201.

46. SOME, J. M., L’Église-Famille de Dieu, in Revue de l’Institut Catholique de l’Afrique de l’Ouest, n°14-15 (1996), p.67-80.

47. STANDAERT, B., La première épitre de Pierre ou l’apologie d’une Église humble et joyeuse, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.151-169.

48. TSHUNGU B., La solidarité africaine à l’épreuve du temps, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.75-81.

49. UMEAGUDOSU, M.A., The Legal Role of the Church in the new Testament, in l’Église-Famille et Perspectives Bibliques. Atti dell’8° Congresso dell’APECA. Mélanges Cardinal Paul ZOUNGRANA. Kinshasa, Saint Paul, 1999, p.171-180.

50. UMOREN, A.I., “One Heart and Soul” (Actes 4: 32) : Familiar Unity in the Primitive Church and contemporary African Church, in l’Église-Famille et perspectives bibliques. Atti del nono Congresso dell’APECA, Kinshasa, Saint Paul, 2002, p.57-65.

51. WASWANDI K., L’Église-famille, initiatrice d’une vie nouvelle, in Église-Famille; Église-Fraternité. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di Kinshasa, Kinshasa, F.C.K, 1997, p.295-322.

52. YANOOGO, B., «Église-famille en Afrique : Originalité du concept», in Revue de l’Institut Catholique de l’Afrique de l’Ouest, n°14-15 (1996), p.139-150.

B. STUDI, TESI DOTTORALI

1. AA.VV., Foi, culture et évangélisation en Afrique à l’aube du troisième Millénaire, Colloquio Speciale post-sinodale, Abidjan 18-20 aprile 1996, in Revue de l’institut Catholique de l’Afrique de l’Ouest (Abidjan) 14-15 (1996) 15-222.

2. OBORJI F. A., Trends in African Theology Since Vatican II. A Missiological Orientation, dissertatio ad doctoratum in Facultate Missiologiae, P.U.U., Roma 1998.

3. ISRAEL J., The Church as Family: a Theologoical Pastoral Study with Reference to African Synod, dissertatio ad doctoratum in Facultate Thelogiae, P.U.L., Roma 1998.



C. ARTICOLI E CONFERENZE

1. AFONSO C., Sinodo africano: a Igreja-familia, in Boa Nova (Cucujäes) 70/801 (1994) 16-18.

2. ARINZE F., Reflecting on Church as Family, Introduzione al Simposio organizzato dalla Associazione dei Sacerdoti e Religiosi nigeriani aa Roma su “The Church as the Family of God”, Collegio San Paolo, Roma 19 Febbraio 1995.

3. BALLONG-WEN-MEWUDA J-B., The Church As Family, Simposio dell’Associazione dei Sacerdoti e Religiosi nigeriani a Roma su “The Church as the Family of God”, Collegio San Paolo, Roma 19 Febbraio 1995.

4. CLERICI L., The Church as Family: African Church communities as Families of Jesus and of God, a Biblical and Ecclesiological Reflection, in African Christian Studies (Nairobi) 11 (1995) 27-45.

5. DI SALVATORE G., L’image de l’Église-famille dans l’Exhortation Apostolique Ecclesia in Africa. Eléments de réflexion sur une application de l’inculturation, in Cahiers de Réflexion (Mbalmayo) 2 (1996) 41-69.

6. EGBULEFU OKORO J., Chiesa –Famiglia per l’Africa, in Mondo e Missione (Milano) 123 (1994) 437-441.

7. EGBULEFU OKORO J., A Christology of Church As Family of God, Simposio dell’Associazione dei Sacerdoti e Religiosi Nigeriani a Roma su ‘ The Church as the Family of God” Collegio San Paolo, Roma 19 Febbraio 1995.

8. ÉGLISE-FAMILLE; ÉGLISE-FRATERNITÉ. Perspectives post-synodales. Atti della 20a Settimana Teologica di kinshasa (26.XI-2.XII.1995), Facultés Catholiques de Kinshasa, Kinshasa 1997, 397pp.

9. ÉVÊQUES DU CONGO, Message aux chrétiens et aux hommes de bonne volonté « Église-Famille et développement» ; in Weltkirche (Monaco) 1995, 163-165.

10. HEALEY J. G, Church-as-family and SCCs Themes from the Africa Synod, in African Ecclesial Review (Eldoret) 37 (1995) 44-46.

11. KABASELE LUMBALA F., Resort et perspectives d’une Église-Famille en Afrique, in Revue Africaine des Sciences de la Mission (Kinshasa) 2 (1995) 19-28.

12. KABASELE LUMBALA F., La Chiesa-Famiglia in Africa, in Concilium (Brescia) 31(1995) 719-725, ed. inglese., p.93-109

13. MALU NYIMI M., Église-Famille / Église-fraternité. Proposition synodale d’une ecclésiologie dynamique en Afrique, in Revue Africaine des Sciences de la Mission (Kinshasa) 3 (1996) 95-106.

14. MANHAEGHE E., Familie van God in de Afrikaanse stad., in KerK en Missie (Bruxelles) 73/184 (1996) 18-21.

15. MBUKA C., Chiesa “Famiglia di Dio”: comunione e dialogo. Elementi di inculturazione, in C.I.S.M., Dal Sinodo per l’Africa: come si incultura il Vangelo, Roma 1995, p.69-75.

16. NOTHOMB D., L’Église-Famille: concept-clé du Synode des Évêques pour l’Afrique , in Nouvelle Revue Théologique (Tournai) 117 (1995) 44-64.

17. OKEKE H. O., From ‘Domestic Church’ to ‘Family of God’ the Christian Family in the African Synod, in Neue Zeitschrift fur Missioswissenschaft (Immensee) 52 (1996) 193-207.

18. OROBATOR E., Perspectives and Trends in Contemporary African Ecclesiology, in Studia Missionalia (Roma) 45 (1996) 267-281.

19. OROBATOR E., Leadership and Ministry in the Church-as-family. An Essay on Alternative Models, in Hekima Review (Nairobi) 17 (1997) 7-18.

V. DIALOGO

A. STUDI, TESI DOTTORALI

1. CHARLES E.T., From Adaptation to Incarnation: A study of the theology of inculturation in the Teaching of the African Catholic Bishops (1969-1994) and its implications of interreligious Dialogue and Human Promotion (Tesi dottorale inedita), PUG, Roma 1996

2. ILUNGA M., Christianisme negro-africain et dialogue interculturel, jalons pour une nouvelle missiologie en Afrique noire ‘Francophone’, Excerpta ex dissertatione ad doctoratum in Facultate Missiologiae, P.U.G., Roma,1994

3. OBORJI F. A., Trends in African Theology Since Vatican II. A Missiological Orientation, dissertation ad doctoratum in Facultate Missiologiae, P.U.U., Roma 1998.

4. OKIKE OHA B., The Need for Mission Through Inculturation and Dialogue in Nigeria, Extractum ex dissertation ad Doctoratum in Facultate Missiologiaae, P.U.U., Roma, 1995.



B. ARTICOLI E CONFERENZE

1. KAYITAKIBGA M., II dialogo con le religioni tradizionali africane, in AA.VV., Religioni e Sette nel mondo : Religioni Tradizionali Africane, Rivista Trimestrale di Cultura religiosa, settembre 1996, pp. 102-110.

2. MBUKA C., Al Sinodo per l’Africa: annuncio e dialogo interreligioso, una comprensione inclusiva, in Omnis Terra (Roma) 13 (1995) 266-275; inglese in Omnis Terra (Roma) 29 (1995) 16-25 ; francese in Omnis Terra (Roma) 34 (1995) 29-38 ; spagnolo in Omnis Terra (Roma) 27 (1995) 392-396.



VI. SVILUPPO UMANO



A. MONOGRAFIE

1. MUNONO MUYEMBE B., Église, évangélisation et promotion humaine. Le discours social des évêques africains. Etudes d’éthique chrétienne, Studien zur theologischen Ethik 63, Editions Universitaires Fribourg, Editions du Cerf, Parigi 1995.

2. MUSOPOLE A. C., Being Human in Africa. Toward an African Christian Anthropology, American University Studies, series 11, P. Lang, New York, Berlino 1994.



B. STUDI, TESI DOTTORALI

1. CHARLES E.T., From Adaptation to Incarnation: A Study of the Theology of Inculturation in the Teaching of the African Catholic Bishops (1969-1994) and Its Implications for Interreligious Dialogue and Human Promotion (Tesi dottorale inedita), PUG, Roma 1996.

2. SANO J.-B., La dignité de la personne humaine comme paramètre incontournable pour la mission évangélisatrice de l’Église en Afrique. Une relecture de l’Exhortation apostolique post-synodale Ecclesia in Africa, dissertatio ad Doctoratum in Facultate Theologiae, P.U.U., Roma 1997.



C. ARTICOLI E CONFERENZE

1. ÉVÊQUES DU CONGO, Message aux chrétiens et aux hommes de bonne volonté «Église-Famille et développement», in Weltkirche (Monaco) 1995, 163-165.

2. HENRIOT P.J., Development in the Light of the African Synod: An Alternative to the Structural Adjustment Program, in Catholic International 7 (1996) 6/7, pp. 285-294.

3. IKE O., La Dottrina sociale della Chiesa in Africa, in La Società (Verona) 6 (1996) 697-723.

4. LWAMINDA P., The African Synod and the Development, in African Ecclesial Review (Eldoret) 37 (1995) 278-291.

5. OPENIBO V., Ecclesia in Africa. Post-synodal Apostolic Exhortation of Pope John Paul II: an African Woman’s View, in Sedos Bulletin (Roma) 28 (1996) 3-9.

6. OTIENO A. O., The Role of the Church in Development in the light of the African Synod, in African Ecclesial Review (Eldoret) 37 (1995) 342-352.

7. SARRAF J., La liberté de la femme passe par sa liberté. Le Synode africain donne le ton, in Telema (Kinshasa) 21/3-4 (1995) 20-22.

VII. MEZZI DI COMUNICAZIONE SOCIALE

ARTICOLO

1. FANIRAN OLADEJO J., The Challenges of the African Synod to Catholic Journalists, in Vidyajyoti (Delhi) 59 (1995) 46-53.

VIII. AGENTI E STRUTTURE DELL’EVANGELIZZAZIONE



A. STUDI, TESI DOTTORALI

1. ANUSIONWU V., The Role of the laity in Missionary Activity of the Church in Igboland of Nigeria: A Historical And Pastoral Approach, Extractum ex dissertatione ad doctoratum in Facultate Missiologiae P.U.U., Roma 1994.

2. ATADANA J. A., The Diocesan Bishop as the Chief Administrator of a Particular Church with Particular Reference to Ghana, Dissertatione ad doctoratum in Facultate luris Canonici, P.U.U., Roma 1995.

3. FEMI OSEGBOUN R., The Catechist in The Church According to the Special Assembly for Africa of the Synod Of Bishops (1994). Implications for Ekiti diocese in Nigeria, Tesi dottorale P.U.S., Roma 1996.

4. KIYINDA-MITYANA DIOCESE, Pastoral Co-Ordinator’s General Report on Building Basic Small Communities, Agosto 1997.

5. KIYINDA-MITYANA DIOCESE, Pastoral Co-Ordinator’s Report On Future Parishes 1997/1998, Ottobre 1997.



B. ARTICOLI E CONFERENZE

1. ABENG N., La pastorale de la famille – l’inculturation – l’ecclésiologie. Après le Synode des Évêques pour l’Afrique, in Revue Africaine de Théologie (Kinshasa) 18 (1994) 51-64.

2. IBWENWANNE F., Schools of Evangelization in Nigeria, in GBUJI A., New Evangelization in Nigeria, Kmensuo Educational Publishers, Onitsha 1994, pp.155-172.

3. KPODA D., Le Burkina à l’heure du Catéchisme catholique et du Synode, in Le Calao (Bobo-Dioulasso)100 (1995) 7-8.

4. LWAMINDA Peter, The African Synod and the family, in African Christian Studies (Nairobi) 11 (1995) 46-53.

5. MBUKA C., Chiesa Sinodo per l’Africa. Provocazioni alla vita religiosa, in C.I.S.M., Dal Sinodo per l’Africa: come si incultura il Vangelo, Roma 1995, p.69-75.

6. MRINGI A., Ecclesiology, Structures and Activities Within Small Christian Communities, in The Jurist 56 (1996) 200-240.

7. UZUKWU E.E., The Birth and Development of a Local Church, in AA. VV., The African Synod: Documents, Reflections, Perspectives, Orbis Books. Maryknoll, New York 1996, pp.3-8.

8. ZAGO M., La vita consacrata al Sinodo sull’Africa, in Omnis Terra (Roma) 12 (1994) 134-140, inglese, in Omnis Terra (Roma) 28 (1994) 297-303, Francese, in Omnis Terra (Roma) 33 (1994) 293-299, spagmolo, in Omnis Terra (Roma) 26 (1994) 297-303.

9. ZAGO M., Religieux dans l’Église africaine à la lumière des Synodes sur l’Église en Afrique et sur la vie consacrée, in Omnis Terra (Roma) 31 (1997) 231-240 ; inglese, in Omnis Terra (Roma) 31 (1997) 231-237.

10. ZAGO M., Religieux dans l’Église africaine à la lumière des Synodes sur l’Église en Afrique et sur la vie consacrée, in Revue Africaine des Sciences de la Mission (Kinshasa) 3 (1996) 81-94.

IX. GIUSTIZIA E PACE 

A. MONOGRAFIE

1. K’ASHA N.N., Rôle de l’Église dans la démocratisation de l’Afrique subsaharienne: une étude juridique, P.U.L., Roma 1997.

2. MBYEMEIRE J.P., A Theological Analysis of the Problem of Justice and Peace: the Contribution of the Special Synod for Africa and the Church in Uganda, P.U.U., Roma 1997.



B. STUDI, TESI DOTTORALI

1. SSERUNJOGI J., Self-Support of the Local Church based on Canon 222§ 1-2 and the Apostolic Exhortation Ecclesia in Africa –With Special Reference to Uganda, Dissertatio ad doctoratum in Facultate luris Canonici, P.U.U., Roma 1998.

2. KITENGIE R., Les enjeux de la crise morale en Afrique. Propos social des Pères du Synode Africain, dissertatio ad Licentiam in Facultate Theologiae, P.U.S.C., Roma 1998.



C. ARTICOLI E CONFERENZE

1. CHIROMBA F., The Life of the Church, in AA.VV., The African Synod: Documents, Reflections, Perspectives, Orbis Books. Maryknoll, New York 1996, pp. 9-13.

2. HENRIOT P.J., Development in the light of the African Synod: An Alternative to the Structural Adjustment Program, in Catholic International 7 (1996) 6/7, pp.285-294.

3. KABANGU J. M., Les fondements théologiques des droits humains selon le S.C.E.A.M., in Revue Africaine des Sciences de la Mission (Kinshasa) 3 (1996) 69-79.

4. KPOGO L., Sur les traces des limites du Synode des Évêques pour l’Afrique. Le problème de la justice et de la paix, in Revue de l’Institut Catholique de l’Afrique de l’Ouest (Abidjan) 7 (1994) 45-55.

5. LWAMINDA P., The African Synod and the Development, in African Ecclesial Review (Eldoret) 37 (1995) 278-291.

6. M’BOKOLO E., L’évolution démocratique de l’Afrique des Conférences nationales et le rôle des Églises, in Revue Africaine des Sciences de la Mission (Kinshasa) 2 (1995) 51-94.

7. NKAFU NKEMNIA M., La dottrina sociale della Chiesa al Sinodo per l’Africa, in La Società 4 (1994) 563-581.

8. OTIENO A. O., The Role of the Church in Development in the Light of the African Synod, in African Ecclesial Review (Eldoret) 36/5 (1994) 342-352.

9. UKPONG J. S., Option for the Poor: A modern Challenge for the Church in Africa, in African Ecclesial Review (Eldoret) 36/5 (1994) 350-365.

10. WALIGGO J-M., The Synod of Hope at a Time of Crisis in Africa, in AA.VV., The African Synod: Documents, Reflections, Perspectives, Orbis Books. Maryknoll, New York 1996, pp. 199-210.



X. SOLIDARIETÀ



A. STUDI, TESI DOTTORALI

1. SSERUNJOBI J., Self-Support of the Local Church based on Canon 222§ 1-2 and the Apostolic Exhortation Ecclesia in Africa -With Special Reference to Uganda, dissertatio ad doctoratum in Facultate luris Canonici, P.U.U., Roma 1998.

2. KITENGIE R., Les enjeux de la crise morale en Afrique. Propos social des Pères du Synode Africain, dissertatio ad Licentiam in Facultate Theologiae, P.U.S.C., Roma 1998.



B. ARTICOLI E CONFERENZE

1. GRASSO E., Les défis que posent à l’Europe l’Exhortation apostolique Ecclesia in Africa, in Cahiers de Réflexions (Mbalmayo) 2 (1996) 70-76.

2. IKE O., La Dottrina sociale della Chiesa in Africa, in La Società (Verona) 6 (1996) 697-723.

3. KARAMAGA A., Selfhood of the Church in Africa, in Current Dialogue (Ginevra) 27 (1994) 41-48.

4. KAWEESA B. M., Will the Economic Factor Shrink or Thrive the African Church of the Year 2000?, in Catholic News Report 2/4 (1997) 23-25.

5. KEMBO G., Toute communauté ecclésiale doit tendre à la maturité. Problèmes d’autosuffisance des Églises africaines, in Telema (Kinshasa) 21/3-4 (1995) 7-11.

6. KIMARYO R., A Call to Africa to Shake off the Dependent Syndrome in African Ecclesial Review 39/1 (1997) 29-36.

7. SINODO DELLA DIOCESI DI KIYINDA-MITYANA II 1997, Structures of Administration, 1997.

8. SINODO DELLA DIOCESE DI KIYINDA-MITYANA, Social and Economic Development Department, General Report, Agosto 1997.

9. NWATU F., The Church’s Prophetic Role in Africa’s Search for Selfhood, in African Ecclesial Review (Eldoret) 38 (1996) 172-187.

10. SCHLICK J., Vers une autonomie financière des Églises catholiques romaines d’Afrique subsaharienne ? Réalisations pastorales et institutionnelles après Ecclesia in Africa, in Praxis juridique et Religion (Nordheim) 12-13 (1995-96) 5-58.

11. VANDAME C., Financement des Églises d’Afrique à partir de l’Église qui est au Tchad, in Telema (Kinshasa) 21/3-4 (1995) 16-19.

Fine

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:51

Biografia di ABUNA PAULUS, Patriarca della Chiesa Ortodossa Etiope

Pubblichiamo di seguito una biografia del Patriarca della Chiesa Tewahedo Ortodossa Etiope, Abuna Paulus, intervenuto questa mattina dinanzia all'Assemblea sinodale
ABUNA PAULUS GEBRE YOHANNES

Abuna Paulus Gebre Yohannes, nato nel 1935 ad Adoua, provincia della regione di Tigrè nel nord dell’Etiopia, è dal 5 luglio 1992 alla guida della Chiesa Ortodossa Etiope, una delle più antiche comunità cristiane al mondo: la sua nascita risale addirittura al 35 d. C.. Nominato Patriarca dal Santo Sinodo, nel 1992 Abuna Paulus tornò appositamente in patria dall’esilio forzato negli Stati Uniti, dove si era rifugiato nel 1983 dopo essere stato perseguitato e per un decennio detenuto nelle carceri etiopi, sotto la dittatura di Menghistu, al potere dal 1977al 1991. Membro di una Chiesa fortemente monastica e uomo di pace, il Patriarca crede fermamente nel dialogo interreligioso e da anni è protagonista degli sforzi di riconciliazione nel Corno d’Africa. Per il suo impegno umanitario ha ricevuto in premio dall’Alto commissario per i rifugiati (Unhcr) la medaglia Nansen e dal 22 febbraio 2006 è, inoltre, tra i presidenti del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Un’istituzione, questa, che riunisce 342 esponenti di spicco delle varie confessioni cristiane di tutti i continenti, impegnati nel superamento delle specifiche divergenze dottrinali attraverso la realizzazione di opere sociali comuni.

In un’intervista raccolta da Luca Attanasio e pubblicata nel gennaio 2009 dal mensile Jesus, Abuna Paulus descrive la realtà politica e religiosa etiopica di oggi: “Questo è un momento assolutamente positivo, forse il migliore nella storia del paese. C’è vera democrazia e tutti si sentono liberi (…) Ma ormai il processo è irreversibile. I nostri giovani stanno finalmente gustando cosa significa vivere in democrazia e difficilmente torneranno indietro”.
Il Patriarca parla di una Chiesa etiope in felice crescita. Rimasta per secoli quasi isolata dal resto dell’Ecumene cristiana e poi duramente repressa durante l’era di Menghistu, oggi questa comunità copta vive un periodo di libertà ed espansione, all’insegna della recente apertura al dialogo ecumenico. Con oltre 50mila Chiese e 1.500 monasteri, è la più consistente tra le comunità “pre-calcedonesi” orientali e la sola a essere sempre stata Chiesa maggioritaria nel proprio Paese. Una sorta di “enclave cristiana in terre islamiche”. Dei circa 45mila fedeli, che includono i cittadini etiopi emigrati all’estero, numerosi sono giovani, i quali seguono con devozione le celebrazioni eucaristiche e sempre più frequentemente scelgono la vita religiosa.
“Essere monaci non significa uscire dal mondo e impigrirsi in una vita di sola contemplazione. Da noi i monaci lavorano sodo, sono muratori, agricoltori, dipingono, scrivono e si guadagnano da vivere. Tuttavia, gli impegni devono essere percepiti come una gioiosa chiamata e mai come doveri. Io ritengo che il nostro paese sia stato benedetto da Dio. Infatti, ancor prima di essere interessata dall’evangelizzazione cristiana, nel I secolo, l’Etiopia si distingueva già per una forte presenza ebraica. Si può dire che da 3.000 anni c’è una continuità giudeo-cristiana in Etiopia e ciò ha reso il mio paese una terra molto spirituale, in cui i valori della preghiera, del silenzio, della dedicazione a Dio, sono sempre stati presenti”, spiega il Patriarca. Non a caso, nella liturgia ortodossa etiope permangono vari elementi originali della tradizione ebraica come la circoncisione, la festività settimanale del Sabato e la separazione tra carni pure e impure.
La devozione di Abuna Paulus al dialogo interreligioso è testimoniata da un’assidua partecipazione ai meeting ecumenici internazionali. Tra quelli organizzati dalla Comunità di Sant’Egidio, ricordiamo Assisi nel 1994, Bucarest nel 1998, Barcellona e Milano. Il Patriarca è convinto sostenitore della necessità di un cammino comune rispettoso anche nei confronti delle antichissime Chiese d’Oriente o d’Africa, che oggi rischiano di scomparire. E sull’operato della comunità di Sant’Egidio, Abuna Paulus racconta: “Dopo il terribile periodo del regime di Menghistu, la popolazione era stremata e la Chiesa etiope distrutta. La comunità di Sant’Egidio ha lavorato moltissimo per cercare fondi in tutto il mondo da destinare alla rinascita della nostra Chiesa. Non dimenticherò mai ciò che è stato fatto da questi nostri amici in un momento di estremo bisogno (…) La Comunità ha messo in atto l’ecumenismo della carità”.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:54

Relazione di Mons. Peter William INGHAM, Vescovo di Wollongong, Australia


S. E. R. Mons. Peter William INGHAM, Vescovo di Wollongong, Presidente della "Federation of Catholic Bishops' Conferences of Oceania" (F.C.B.C.O.) (AUSTRALIA)

Lunedì 5 ottobre 2009
Città del Vaticano

Sua Santità Papa Benedetto XVI, Presidente Delegato, Relatore Generale, Segretario Generale, Arcivescovo Eterovic, fratelli e sorelle di questo Sinodo,
In qualità di Presidente della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Oceania (FCBCO), vorrei portarvi i saluti e i migliori auguri delle Chiese locali delle nostre 4 Conferenze episcopali, e più precisamente della Conferenza dei vescovi cattolici dell’Australia, della Conferenza dei vescovi cattolici della Nuova Zelanda, delle Conferenze dei vescovi cattolici di Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone e della grande Conferenza dei vescovi cattolici del Pacifico che si estende da Guam, dalle Isole Marianne, Vanuatu, Fiji, Tonga, Samoa, Kiribati e dalle Isole di Cook fino a Tahiti e a molti altri arcipelaghi.
Vorrei esprimere la nostra comunione come Federazione delle Conferenze Episcopali con il Vescovo di Roma e la Chiesa universale e la nostra solidarietà con la Chiesa delle numerose nazioni dell’Africa.
Tutte le nostre nazioni in Oceania, come molte dell’Africa, sono state colonizzate, nel nostro caso soprattutto da inglesi, francesi e portoghesi.
Come in Africa, la Chiesa esiste in Oceania grazie a missionari eroici provenienti soprattutto dall’Irlanda, dalla Francia, dalla Germania e dall’Italia.
La fede in Oceania vanta alcuni straordinari esempi di martiri e di santi, oltre a quelli che sono già stati canonizzati e beatificati, ma senza avvicinarsi alla gloriosa tradizione di santi e martiri che testimoniano la fede in Africa.
Gli Obiettivi del Millennio per lo sviluppo umano sono ben lungi dall’essere raggiunti in quella zona del Pacifico chiamata Oceania. Tuttavia, proprio perché, come leader della Chiesa di tutto il mondo, cerchiamo di essere vicini ai nostri popoli, possiamo giungere a una comprensione molto pratica dei modi in cui la povertà può completamente disumanizzare l’uomo, e di come la violenza sia così distruttiva per la vita e la dignità umane. In quanto leader della Chiesa siamo acutamente consapevoli dell’ingiustizia che pone i ricchi in una posizione privilegiata che discrimina i meno fortunati, come viene realisticamente descritto nella Parabola di Lazzaro e del ricco epulone (Lc 16, 19-31).
Mi rendo conto che queste realtà, per le nazioni dell’Africa, sono ben più minacciose di quelle che affrontano le comunità in Oceania. Voglio dare atto alla generosità dei cattolici di ciascuna delle Conferenze Episcopali dell’Oceania, che attraverso la Caritas Oceania e la Caritas in ognuno dei nostri paesi, sostiene la pace umanitaria e i programmi di sviluppo della Chiesa in Africa. Allo stesso modo le popolazioni dell’Oceania sono generose verso la Missione Cattolica Propaganda Fidei.
Eppure abbiamo tanto da ammirare e da imparare da voi, Chiesa in Africa, dalla testimonianza che offrite malgrado le schiaccianti difficoltà. Il vostro grande senso della missione di evangelizzare la vostra cultura significa che gli ostacoli posti dai governi o da altre fedi non fanno altro che intensificare la vostra fede, la vostra speranza e la vostra carità.
In Oceania, il terribile flagello dell’HIV/AIDS (IL 142) (soprattutto a Papua Nuova Guinea) e lo sfruttamento derivante dall’estrazione mineraria, sottolineano la missione della Chiesa di applicare il Vangelo di Gesù per ridurre lo stigma della vergogna sociale, per sostituire la violenza con ponti di riconciliazione, di giustizia e di pace (IL 90), per chiamare i governi civili a rispondere, per parlare a nome di chi è perseguitato e ridotto al silenzio, e per fornire istruzione e assistenza sanitaria.

In quanto leader nella fede e Pastori della comunità cristiana, grazie a Gesù, il Buon Pastore, e alla lunga e ricca tradizione di fede e cultura cattolica, abbiamo una visione più ampia della persona umana, e grazie a Gesù e alla nostra tradizione di Chiesa, una visione più ampia della giustizia, dell’amore e dell’importanza dei buoni rapporti fra le persone, le tribù e le nazioni; abbiamo una visione più ampia della riconciliazione, della pace e della cura compassionevole. Quando vi sono crisi, ingiustizia e paura, le persone si recano in massa nelle loro chiese. Ciò a sua volta sottolinea la necessità che noi, in quanto leader della Chiesa, ci concentriamo sul nostro ruolo di pastori e siamo leader attivi di speranza. In quanto cristiani ci occupiamo di speranza!
Poiché le temperature e le acque degli oceani si innalzano, saranno sempre i più poveri e i più vulnerabili a soffrire in modo sproporzionato, così come soffrono per la carestia, le inondazioni e gli scarsi raccolti, che possono generare motivi di conflitto e originare migrazioni di massa di rifugiati e richiedenti asilo. Sia in Oceania che in Africa, la Chiesa e i suoi organismi stanno facendo molto per aiutare le persone a ritrovare il proprio equilibrio in seno alle loro comunità e a gestire i rischi derivanti dalle calamità naturali. Possiamo e dobbiamo imparare gli uni dagli altri. Chiedo le vostre preghiere per Samoa e Tonga nel loro grande dolore dopo il recente terremoto e lo tsunami.
L’Australia ha iniziato nuovamente la collaborazione con l’Africa, soprattutto nelle industrie minerarie (IL 51).
Come ben sapete, l’Africa è un continente ricco di risorse naturali. Eppure vorremmo che i minatori australiani fossero responsabili verso le comunità in cui lavorano. Le miniere non devono contribuire all’instabilità e al conflitto; dovrebbero essere considerate tanto dal punto di vista del dividendo economico che da quello del dividendo di pace! Un cattolico praticante che conosco bene è dirigente di un gigante minerario australiano e viaggia molto. Lui mi garantisce che l’intento della sua compagnia è eticamente sostenibile. Afferma che il suo scopo è quello di creare una doppia situazione di vantaggio: vantaggi tangibili alle comunità africane che lavorano per loro e vantaggi per la sua compagnia. Molti di voi sono impegnati in questo dialogo e noi dobbiamo essere al vostro fianco.
L’instabilità politica e i conflitti del Pacifico (es. Fiji, Isole Salomone, Papua Nuova Guinea) non sono paragonabili a quelli dei paesi africani, ma identificando il ruolo della Chiesa come Corpo di Cristo per costruire ponti di pace e di riconciliazione, possiamo imparare dai vostri leader della Chiesa in Africa. I vostri successi in quanto Chiesa che promuove sforzi di pace e di riconciliazione in Africa sono assai utili alla Chiesa del mondo (IL 108).
Attualmente stiamo accogliendo in Australia e Nuova Zelanda molti africani che hanno iniziato una nuova vita dopo conflitti tribali, violenze e regimi oppressivi. Questi rifugiati vengono dal Sudan, dal Corno d’Africa, e, in misura minore, dai Grandi Laghi. Altri africani sono venuti in questa parte del mondo per studiare e alcuni sono venuti a operare come sacerdoti e religiosi. La mia diocesi e anche altre, attualmente, si stanno adoperando per accogliere candidati al sacerdozio provenienti da paesi africani.
In Australia abbiamo una comunità profondamente multiculturale, costituita per il 60% da migranti e rifugiati e dai loro figli. Ciò ha arricchito e rappresentato una sfida per l’Australia fin dalla Seconda Guerra Mondiale. La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, indetta dal Papa, viene celebrata da noi alla fine di agosto, per sottolineare la ricca varietà culturale che migranti e rifugiati hanno portato al nostro paese e per aiutare la nostra gente ad “accogliere lo straniero” (cfr. Eb 11, 13), affinché migranti e rifugiati dall’Africa o da qualsiasi parte del mondo si possano pienamente integrare nella nostra comunità australiana.
Sono lieto delle nostre conversazioni durante questo Sinodo e mi aspetto di imparare con voi e da voi.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 14:56
Africa: Alcune verità scomode per i Paesi più sviluppati


Intervista con Mons. Henryk Hoser, vescovo di Warszawa-Praga, uno dei Padri sinodali di nomina pontificia alla II Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa, per molti anni missionario in diversi paesi dell'Africa.
L'intervista è stata realizzata da Irena Swierdzewska per il settimanale polacco “Idziemy”.
La verità sull’Africa

Eccellenza, a suo parere che cosa costituisce oggi il problema più impellente per l’Africa? Sono veramente la fame e l’AIDS i problemi più urgenti, così come ci dicono i media?

Bisogna prima di tutto renderci conto della complessità delle problematiche di quel continente. L’Africa significa 38 milioni di kilometri quadrati di superficie, 750 milioni di esseri umani, e fra questi 150 milioni di cattolici. Quando guardiamo le tre fasce dell’Africa: quella settentrionale e cioè musulmana al nord del Sahara, poi la fascia mediana sub sahariana, e infine l’Africa meridionale è facile accorgerci che è il continente con una grande diversità di etnie, popoli, e lingue. Quindi, tutte le semplificazioni che riguardano l’Africa sono non solo inadeguate, ma in molti casi addirittura penalizzanti. Parlando dell’Africa è necessario entrare nella sua realtà più profonda e mostrare quella realtà (e non un’altra semplificata).

Da che cosa scaturisce la complessità della realtà africana? E’ solo conseguenza del periodo coloniale, quando gli Stati europei hanno tracciato le frontiere di attuali paesi in modo artificiale, generando in quel modo dei conflitti?

Le lotte fra tribù diverse sono un’eccezione. La regola è invece quella della convivenza tra le differenti tribù. Ci sono dei paesi composti da centinaia di tribù che parlano diverse lingue ma una pacifica coesistenza tra di loro è un dato di fatto. Non bisogna dimenticare che il conflitto tra le diverse tribù non è frutto della diversità di lingue o tradizioni, non ha caratteristiche di una competizione. La diversità in Africa è norma. Dietro i conflitti, in realtà, si nascondono gli interessi economici e politici che alimentano le differenze e gli antagonismi esistenti. Ci sono sempre in mezzo gli interessi dei paesi terzi. Molte volte l’Africa non è in grado di trasformare le proprie materie prime che, estratte ed esportate, arricchiscono i paesi al di fuori del continente africano. Tali materie prime vengono acquistate a prezzi più bassi rispetto a quelli del mercato. E’ la vera sfortuna dell’Africa dover mettere a disposizione le sue ricchezze a poco prezzo.

Quindi il continente africano avrebbe potuto essere autosufficiente per quanto riguarda i generi alimentari?

Sicuramente. E’ un continente che potrebbe addirittura esportare dei generi alimentari. Non dimentichiamoci che in Africa ci sono dei territori molto fertili i quali, con una produzione agricola ben organizzata, avrebbero potuto esportare molti generi alimentari di qualità. La morte per fame sul continente africano è risultato di una situazione creata artificiosamente. L’agricoltore africano non ha possibilità di produrre i generi alimentari, e soprattutto non ha possibilità di mantenersi con quella produzione poiché in pratica il suo lavoro non è retribuito. A mio parere l’Africa è vittima dell’era postcoloniale, quando le interdipendenze spesso risultano assi più forti di quanto non lo fossero in epoca coloniale. Una volta i paesi che avevano delle colonie in Africa vi facevano degli investimenti. Oggi, i paesi che sfruttano le ex colonie, non solo hanno interrotto gli investimenti, ma portano via tutto ciò che è possibile abbrancare o comprare. Penso non solo alle ricchezze naturali, alle materie prime ma anche all’abbattimento delle foreste. E inimmaginabile come vengono distrutte le giungle africane che sono delle foreste millenarie con degli alberi eccezionali. Dopo che siano state tagliate rimane solo radura, il cosiddetto bush. Le foreste non vengono ricoltivate, e così viene meno l’equilibrio dell’ecosistema, cambiano le condizioni climatiche, comincia la desertificazione e tutta una serie di altri problemi che fanno soffrire le popolazioni indigene.

Le ruberie in Africa sono accompagnate da un sistema di aiuti artificiosi che fa sì che solo una percentuale minima di ogni 100 dollari destinati dalle organizzazioni internazionali al sostegno arriva ai bisognosi. Come mai?

Degli aiuti all’Africa si appropriano gli intermediari. Per questo tali aiuti non arrivano alle popolazioni. Al più spesso rendono più forti i governi e gli Stati corrotti che per varie ragioni hanno dei deficit enormi. Non di rado questo avviene poiché le entrate di molti paesi africani vengono ricondotte verso i conti privati, oppure costituiscono i proventi di gruppi internazionali. Gli aiuti per l’Africa quindi sono spesso utilizzati per aggiustare i buchi del bilancio e non per migliorare la vita della popolazione. Nei paesi africani davvero poveri, il livello di vita cresce solo lentamente e molte persone stanno peggio che nell’epoca coloniale. Nemmeno gli sforzi eroici di vari individui, delle famiglie e dei villaggi interi sono in grado di contrastare le difficoltà di una situazione creata da altri. Accesso alle merci e ai servizi non è alla loro portata. Proprio per queste ragioni, senza una riforma profonda, la situazione non può cambiare radicalmente.

Dal 4 al 26 ottobre si svolge il Secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Perché proprio adesso? Qual è lo scopo di questo Sinodo?

Il Sinodo vuole attirare l’attenzione sui problemi dell’Africa che sono spariti dalla sfera di interessi dei paesi ricchi. Soprattutto dopo il 1994, dopo la tragedia in Ruanda numerosi paesi hanno rinunciato ad aiutare attivamente l’Africa. Penso per esempio all’intervento americano in Somalia. Questo ha fatto sì che l’Africa, nell’opinione pubblica, sia stata respinta al margine. Nei grandi media nazionali ed internazionali dell’Africa non si parla più. Oggi non abbiamo più nessuna conoscenza della situazione di quel continente, nemmeno per quanto riguarda gli eventi politici.

Perché a suo parere i media tacciono sulla situazione in Africa?

Mi sembra che l’Africa sia un grande rimorso dei paesi ricchi che non sono stati in grado di assolvere il loro ruolo. Si copre con il silenzio quello che è invece un grande peccato di omissione. E poi la situazione di oggi è diversa da quella del passato. Gli eventi sia a carattere economico che politico in vari paesi hanno una sempre minore importanza poiché le decisioni sono prese da gruppi internazionali anonimi, senza alcuna tradizione storica, senza legami nemmeno sentimentali con i relativi paesi.
Nel passato ci fu solidarietà delle metropoli con le colonie. Lavorando in Africa ho incontrato dei vecchi belgi che avevano lavorato nel Congo belga e che consideravano proprio quel paese africano. Vivevano in grande amicizia con gli abitanti indigeni del Congo. Oggi quella generazione se ne stia andando e i loro figli non hanno nessun legame con l’Africa. L’Africa è stata abbandonata a se stessa e a un gruppo di impiegati internazionali, spesso corrotti.

In che modo la Chiesa aiuta gli africani a risolvere i loro problemi?

Spesso la Chiesa è tutto per loro. E’ l’unica istituzione che organizzi la vita sociale, che protegga la gente, che offra il minimo vitale, per esempio nel campo dell’educazione, della scolarizzazione, che preservi la dignità umana, che prenda le difese dei poveri, che si occupi dei servizi sanitari, che offra nelle parrocchie e diocesi delle strutture sociali di base. E’ l’unica salda struttura che esiste lì dove spesso lo Stato è quasi assente. Solo la Chiesa accompagna la gente nei loro villaggi. La forza principale della Chiesa africana sono i cattolici laici ma non bisogna nemmeno dimenticare le religiose africane, i sacerdoti e i missionari, oggi purtroppo sempre meno numerosi.

Benedetto XVI durante il viaggio in Africa si rallegrava per le migliaia di candidati al sacerdozio. Forse la Chiesa in Africa non ha più bisogno di missionari?

In Africa è migliorata la situazione delle vocazioni che oggi sono molto più numerose di quanto non lo fossero negli anni passati. I missionari però sono meno numerosi poiché mancano i candidati nei cosiddetti “paesi millenari” come chiamo i paesi dove il cristianesimo si era radicato molti secoli fa. L’Europa occidentale che è stata la fonte principale di missionari, oggi è una fonte sempre meno generosa. La Polonia può vantare duemila missionari presenti su tutti i continenti, senza contare i paesi dell’ex Unione sovietica ma questo è un numero rilevante più da un punto di vista simbolico che non invece decisivo per quanto riguarda le necessità delle missioni.

Il Santo Padre più volte ha ribadito la necessità di considerare la dignità delle donne in Africa. Perché?

Le donne devono essere aiutate poiché in Africa sono le vere guardiane della vita. Organizzano non solo la vita famigliare ma sempre più spesso anche la vita economica. Sono pronte a molti sacrifici, sono intraprendenti e hanno molte idee. In Africa, così come in altri paesi del mondo, abbiamo oggi a che fare con la crisi del maschio e del padre, e quella crisi è compensata dalle donne, in quanto madri e mogli.

Come valuta Lei la situazione delle diocesi africane?

In molti paesi le strutture della Chiesa cattolica hanno delle grandi difficoltà materiali. E davvero un’impresa mantenere ad un livello adeguato per esempio il seminario superiore che debba essere una scuola superiore, munita di una biblioteca, dove agli studenti e ai professori sia assicurato un minimo di condizioni di vita. Questo è possibile solo grazie agli aiuti esterni, e soprattutto da parte delle Pontificie Opere Missionarie, l’unica organizzazione che sostenga i bilanci delle diocesi e delle istituzioni educative nei paesi di missione.

Quale deve essere il frutto dei lavori del Secondo sinodo dei vescovi per l’Africa?

Il Sinodo pone l’accento sulla questione di riconciliazione, della giustizia e della pace, e quindi parla della realtà dell’intero continente. Prima bisogna fare la diagnosi e capire le cause dalle quali scaturisce l’attuale situazione dell’Africa. Non ci possiamo limitare ad una semplice descrizione del presente. Bisogna capire il perché e arrivare alle fonti del male, così come individuare le fonti del bene che potrebbe portare per l’Africa dei vantaggi. Alla fine dell’Assemblea sinodale viene costituita una commissione che raccoglie tutto il materiale per redigere un documento finale. L’ultimo redattore di quel documento però è il Santo Padre. Solitamente un anno o due dopo un Sinodo viene pubblicato un documento chiamato Esortazione post sinodale che raccoglie i risultati dei lavori.

Eccellenza, lei ha partecipato al I Sinodo per l’Africa convocato da Giovanni Paolo II nel 1994. Quel sinodo ha avuto importanza solo per l’Africa o anche per l’intera Chiesa?

Quel sinodo è stato discusso a lungo e in un modo profondo si è iscritto nella coscienza della Chiesa africana. Soprattutto la sua idea della Chiesa come famiglia dei figli di Dio. Se tutti siamo una sola grande famiglia, dobbiamo vivere nella concordia e nell’amore. Questo è stato il messaggio del I Sinodo per l’Africa che oggi viene ricordato nei due ultimi capitoli del materiale introduttivi al nuovo Sinodo africano. E penso che questa sia un’immagine della Chiesa che potrebbe funzionare anche nei nostri paesi europei: la Chiesa non solo come popolo di Dio ma anche come famiglia dei figli di Dio.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 15:09

Saluto di Benedetto XVI al Patriarca della Chiesa Orstodossa Etiope, Abuna Paulus

Martedì, 6 ottobre 2009
Aula del Sinodo, Città del Vaticano

Questa mattina, dinanzi all'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, il Santo Padre Benedetto XVI ha salutato il Patriarca Abuna Paulus, con le seguenti parole: “Sua Santità, la ringrazio di cuore per la sua cortese presentazione e per aver accolto il mio invito a partecipare alla Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Sono certo che la mia gratitudine e il mio apprezzamento sono condivisi da tutti i membri dell’Assemblea.
La sua presenza offre un’eloquente testimonianza dell’antichità e delle ricche tradizioni della Chiesa in Africa. Dal tempo degli apostoli, tra i vari popoli che anelavano all’ascolto del messaggio di salvezza di Cristo vi erano quanti provenivano dall’Etiopia (cfr At 8, 26-40). La fedeltà del suo popolo al Vangelo continua a manifestarsi non soltanto con l’obbedienza alla sua legge di amore, ma anche, come lei ci ha ricordato, con la perseveranza in mezzo alle persecuzioni e col supremo sacrificio del martirio in nome di Cristo.
Sua Santità ha ricordato che la proclamazione del Vangelo non può essere separata dall’impegno a costruire una società che si adegua alla volontà di Dio, rispetta i doni della sua creazione e tutela la dignità e l’innocenza di tutti i suoi figli. In Cristo noi sappiamo che la riconciliazione è possibile, che la giustizia può trionfare e che la pace può durare! È questo il messaggio di speranza che siamo chiamati a proclamare. È questa la speranza che le popolazioni dell’Africa anelano oggi di veder realizzata.
Preghiamo quindi affinché le nostre Chiese possano avvicinarsi a quell’unità che è dono dello Spirito Santo, e rendere una testimonianza comune alla speranza che scaturisce dal Vangelo. Continuiamo a operare per lo sviluppo integrale di tutte le popolazioni dell’Africa, sostenendo le famiglie che sono il baluardo della società africana, educando i giovani che sono il futuro dell’Africa e contribuendo alla costruzione di società caratterizzate dall’onestà, dall’integrità e dalla solidarietà. Che le nostre decisioni nel corso di questa settimana possano aiutare i seguaci di Cristo di tutto il continente a essere esempi convincenti di rettitudine, misericordia e pace e una luce che guidi il cammino delle prossime generazioni.
Sua Santità, la ringrazio ancora per la sua presenza e le sue valide riflessioni. Che la sua partecipazione a questo Sinodo rappresenti una benedizione per le nostre Chiese.”

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 15:21

Riflessione di Sua Santità ABUNA PAULUS, Patriarca della Chiesa Ortodossa Etiope

RIFLESSIONE DEL DELEGATO FRATERNO SUA SANTITÀ ABUNA PAULUS, PATRIARCA DELLA CHIESA TEWAHEDO ORTODOSSA ETIOPE (ETIOPIA)

Martedì, 6 ottobre 2009
Aula del Sinodo, Città del Vaticano

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, amen!
Cari partecipanti a questo grande incontro di Cardinali e Vescovi,
è per me un onore e un privilegio essere stato invitato a questo grande Sinodo e di tenere un breve discorso sull’Africa e sulle Chiese in questo continente. Sono grato in particolar modo a Sua Santità, Papa Benedetto XVI, che ha voluto che fossi fra voi oggi e che mi ha testimoniato personalmente il suo amore per l’Africa e il suo rispetto per la Chiesa etiope ortodossa Tewahedo nel corso del nostro ultimo incontro fraterno qui a Roma nel giugno scorso.
L’Africa è, per grandezza, il secondo continente. È la patria di ogni genere di popolazioni con una grande varietà di colori, che vivono in una situazione di armonia e di uguaglianza.

Questo spettro di colori è un dono di Dio all’Africa e aggiunge bellezza al continente. È inoltre la prova che l’Africa è un continente in cui ogni genere di persone vive nell’uguaglianza a prescindere dalla differenza di colore e di razza.
Antropologi, filosofi e accademici hanno confermato che l’Africa in generale e l’Etiopia in particolare sono in effetti la culla del genere umano. E la sacra Bibbia conferma questa profonda convinzione. La storia, secondo il calendario etiope, comincia da Adamo e da Noè. Vale a dire che, per gli etiopici, l’inizio del genere umano, il nostro presente e il nostro futuro sono segnati oggi e per sempre da Dio e dalla sua salvezza.
L’Africa, la cui antica dignità di popolo è incisa sulle pietre dell’obelisco di Axum, delle piramidi egizie, dei monumenti così come nei manoscritti, non è stata solo una sorgente di civiltà. Secondo la Sacra Bibbia, l’Africa è stata anche rifugio per persone colpite dalla fame: è questo il caso degli Ebrei ai tempi di Giacobbe , quando trascorsero sette anni in Egitto.
La Sacra Bibbia afferma che gli ebrei e il profeta Geremia che soffrirono molto per l’invasione dei babilonesi trovarono scampo in Etiopia e in Egitto. Quanti vivevano nella parte mediorientale del mondo trovarono sollievo dalla fame in Etiopia e in Egitto.
Lo stesso Gesù Cristo e Maria santissima furono accolti in Egitto, mentre fuggivano dalla crudele minaccia di Erode. È evidente che gli africani si prendono cura dell’umanità!
L’Africa continua a essere un continente religioso i cui popoli hanno creduto in Dio onnipotente per secoli. La regina di Saba aveva insegnato ai suoi compatrioti l’Antico Testamento che aveva appreso da Israele. Da allora l’Arca dell’Alleanza si trova in Etiopia, nella città di Axum.
Il figlio della regina di Saba, Menelik I, aveva seguito il suo esempio ed era riuscito a portare l’Arca dell’Alleanza di Mosè in Africa, in Etiopia.
La storia dell’eunuco etiope e della Legge forte e ben organizzata di Mosè e delle profonde pratiche e culture religiose esistenti in Etiopia indicano che la Legge di Mosè in Etiopia veniva messa in pratica meglio che in Israele. Se ne può avere una testimonianza ancora adesso, studiando la cultura e lo stile di vita degli etiopi.
È ad Alessandria, in Egitto, che la santa Bibbia è stata tradotta in lingue non ebree. Questa traduzione africana è conosciuta come la “Versione dei Settanta saggi” (Sebeka Likawunt).
La Sacra Scrittura indica che, come ai tempi remoti dell’Antico Testamento, gli africani hanno l’abitudine adorare Dio secondo la legge di coscienza del periodo del Nuovo Testamento.
L’allora re dei re etiope, l’imperatore Baldassarre fu uno dei re che si recò a Betlemme per adorare il Bambino Gesù.
Il Vangelo ci dice che fu un africano, un uomo proveniente dalla Libia di nome Simone di Cirene, a prendere su di sé la croce di Gesù, mentre saliva sul Golgota.
E osservate: un eunuco etiope si era recato a Gerusalemme nel 34 dC per adorare Dio secondo la Legge di Mosè. Per ordine dello Spirito Santo l’eunuco fu battezzato da Filippo. Al suo ritorno in Africa, egli predicò il cristianesimo alla sua nazione. L’Etiopia divenne quindi la seconda nazione dopo Israele a credere in Cristo; e la Chiesa etiopica divenne la prima Chiesa in Africa.
Grandi storie di fede hanno caratterizzato i primi secoli del cristianesimo in Africa, poiché gli africani hanno sempre vissuto una profonda carità e una grande devozione per il Nuovo Testamento.
L’Africa è la regione da cui provengono eminenti studiosi e Padri della Chiesa come sant’Agostino¬,. San Tertulliano, san Cipriano, come pure sant’Anastasio e san Kerlos. Questi Padri vengono venerati sia nel continente che nel mondo.

San Yared, che ha composto bellissimi inni sacri e che il mondo onora per la sua straordinaria creatività, era parimenti originario dell’Africa. San Yared è un figlio dell’Etiopia. I suoi inni rappresentano una delle meraviglie mondiali per cui l’Etiopia è conosciuta ovunque. Le opere di tutti questi Padri caratterizzano l’Africa.
Secondo gli studiosi, è in Africa che è stato definito il primo canone della Sacra Bibbia.
La storia ci ricorda anche il martirio dei cristiani in Nordafrica, quando il loro re, un non credente, alzò la spada contro di loro nel tentativo di distruggere completamente il cristianesimo. Allo stesso tempo cristiani che venivano maltrattati e perseguitati in diverse parti del mondo sono andati in Africa, specialmente in Etiopia, e hanno vissuto in pace in quella regione.
Devoti fedeli etiopici hanno offerto la loro straordinaria ospitalità ai nove Santi e ad altre decine di migliaia di cristiani che erano stati perseguitati in Europa orientale e fuggivano in Africa in gruppi. Le abitazioni e le tombe di questi cristiani perseguitati sono state custodite come santuari in diverse parti dell’Etiopia.
In Africa e in Etiopia conserviamo pezzi della Santa Croce. La parte destra della Croce si trova in Etiopia, in un luogo chiamato la Montagna di Goshen.
Anche i cristiani in Africa si sono fatti carico della Croce di Cristo. Penso alla mia Chiesa che ultimamente ha sofferto una dura persecuzione durante la dittatura comunista, con molti nuovi martiri, tra cui il patriarca Teofilo e, prima di lui Abuna Petros durante il periodo coloniale. Io stesso, che allora ero vescovo, ho trascorso diversi anni in prigione prima dell’esilio. Quando sono diventato patriarca, al termine del periodo comunista, c’era molto da ricostruire. È stato questo il nostro compito, con l’aiuto di Dio, le preghiere dei nostri monaci e la generosità dei fedeli.
L’Africa è un continente potenzialmente ricco, con un suolo fertile, risorse naturali e una grande varietà di specie vegetali e animali. L’Africa ha un buon clima e possiede molti preziosi minerali. Poiché è un continente con molte risorse naturali non ancora sfruttate, molti le tengono gli occhi addosso. È inoltre innegabile che i progressi nella civiltà in altre parti del mondo siano il risultato delle fatiche e delle risorse dell’Africa.
Gli africani hanno fatto tante opere sante per il mondo. Cosa ha fatto il mondo per loro?
L’Africa è stata colonizzata con brutalità e le sue risorse sono state sfruttate. Le nazioni ricche che si sono sviluppate sfruttando l’Africa se ne ricordano quando hanno bisogno di qualcosa. Non hanno mai appoggiato il continente nella sua lotta per lo sviluppo.
Tutte e ciascuna delle nazioni del continente affrontano diversi problemi e sfide. I problemi possono essere sociali, politici, economici, come pure spirituali.
Mentre le condizioni di vita delle popolazioni dell’Africa sono più basse rispetto al resto del mondo, vi sono alcune cause che fanno sì che questi già poveri standard di vita peggiorino e si espandano in tutto il continente. La mancanza di accesso all’educazione rappresenta il problema più grande, perché i giovani non riescono ad avere un’istruzione adeguata. Nessun paese e nessun popolo può svilupparsi e prosperare senza istruzione e conoscenza.
Come tutti ben sappiamo, non è stato possibile sconfiggere la pandemia dell’HIV/AIDS nonostante gli sforzi incessanti. Tuttavia dobbiamo incoraggiare tutte quelle esperienze che ci mostrano come guarire e resistere alla malattia, per dare speranza creando sinergia e fornendo all’Africa gli stessi trattamenti che ha ricevuto l’Europa. Allo stesso tempo altri generi di patologie attualmente ci minacciano. Rivolgiamo un appello al mondo perché operi in armonia a questo proposito. Il Concilio delle Chiese in Africa sta facendo ogni sforzo per limitare i problemi che sono emersi nel continente, soprattutto il caos che stanno creando gli estremisti. I capi religiosi del cristianesimo e i fedeli in generale devono prendersi per mano in questa impresa.
L’Africa è oppressa da un pesante debito globale, che né questa, né la generazione futura potranno colmare.

Come possiamo condannare la guerra civile, di solito combattuta da soldati bambini, che sono le stesse vittime di questi tragici atti di violenza? Come condannare gli spostamenti e le migrazioni palesi e clandestine delle popolazioni?
La legislazione internazionale sui diritti umani afferma che ogni persona sotto i 18 anni non può far parte di un gruppo armato perché è “minore”. Tuttavia attualmente alcuni paesi stanno costringendo ad arruolarsi nell’esercito ragazzi al di sotto dei 18 anni. Questa è una palese violazione dei diritti umani. È quindi imperativo per i capi delle Chiese africane esigere a una sola voce che questi comportamenti vengano immediatamente abbandonati.
Per questo vorrei servirmi di questa assise per sollecitare tutti i capi religiosi a operare per la pace, a proteggere le ricorse naturali che Dio ci ha donato e a difendere la vita e l’innocenza dei bambini.
In numerosi paesi africani, alcune necessità basilari quali il cibo, l’acqua potabile e l’alloggio non sono disponibili. In generale la maggior parte degli africani vive in una situazione in cui scarseggiano le infrastrutture e i servizi umani fondamentali. Anche se l’Africa si è liberata dal colonialismo da tempo, esistono ancora molte situazioni che la rendono dipendente dai paesi ricchi. L’enorme debito, lo sfruttamento delle sue risorse naturali da parte di pochi, la pratica agricola tradizionale e l’insufficiente introduzione di moderni sistemi di agricoltura, la dipendenza delle popolazioni dalle piogge, che incidono negativamente sulla sicurezza alimentare, la migrazione e la fuga dei cervelli colpiscono duramente il continente.
Spero che, avendo i Signori cardinali e vescovi già discusso precedentemente questi argomenti, oggi questo Sinodo voglia dibattere e proporre possibili soluzioni.
Credo che noi, guide religiose e capi delle Chiese, abbiamo un compito e una responsabilità veramente unici: riconoscere e sostenere, quando lo riteniamo necessario, i suggerimenti che vengono dalle persone, come pure, per contro, respingerli quando contravvengono al rispetto e all’amore per l’uomo, che affondano le proprie radici nel Vangelo.
Ci si aspetta che i cristiani siano messaggeri di cambiamenti nel portare la giustizia, la pace, la riconciliazione e lo sviluppo. È quello che ho visto fare con decisione e umiltà dalla Comunità di Sant’Egidio in tutta l’Africa: frutti di pace e di salvezza sono possibili e minano ogni forma di violenza con la forza e l’intelligenza cristiana dell’amore. I capi religiosi africani non devono preoccuparsi solo delle opere sociali, ma rispondere alle grandi necessità spirituali degli uomini e delle donne d’Africa.
L’apostolato e le opere sociali non possono essere trattati separatamente. L’impegno sociale è il senso dell’apostolato. Ogni parola deve tradursi in pratica. Quindi dopo ogni parola e promessa occorre che seguano azioni pratiche. Ci si aspetta inoltre che i religiosi promuovano la consapevolezza della gente affinché rispetti i diritti umani, la pace e la giustizia. La società ha bisogno degli insegnamenti dei suoi religiosi, che la aiuti a risolvere i suoi problemi in unità e a cessare di essere la vittima di un problema.
Perciò i capi delle Chiese africane, con il potere di Dio onnipotente e dello Spirito Santo, devono dar voce al linguaggio della Chiesa. È inoltre necessario capire quando, come e con chi parlare. Ciò va fatto per la sicurezza delle Chiese.
Sono veramente molto felice di partecipare a questo Sinodo della Chiesa cattolica sull’Africa. Sono un africano. La mia Chiesa è la più antica dell’Africa: una chiesa di martiri, santi e monaci. Offro il mio sostegno come amico e fratello a questo impegno della Chiesa cattolica per l’Africa. Ringrazio Sua Santità per l’invito e gli auguro una lunga vita e un ministero ricco di frutti.
Parliamo del Vangelo di Gesù Cristo al cuore degli africani e Gesù tornerà in Africa, come fece quando era bambino con la Vergine Maria. E con Gesù torneranno la pace, la misericordia e la giustizia.
Che Dio benedica le Chiese in Africa e i loro pastori! Amen!

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 15:24
Relazione del Card. Angelo SODANO, Decano del Collegio Cardinalizio


S. Em. R. Card. Angelo SODANO, Decano del Collegio Cardinalizio (CITTÀ DEL VATICANO)

Martedì, 6 ottobre 2009
Aula del Sinodo, Città del Vaticano

Il 15 settembre del 1965 il compianto Papa Paolo VI istituiva un nuovo organismo di comunione ecclesiale tra i Vescovi ed il Successore di Pietro. E' il nostro "Synodus Episcoporum ".
1. Quest'Istituzione è ormai diventata adulta con i suoi 44 anni di vita e mi sembra che le sue assemblee (finora ben 22) abbiano contribuito grandemente ai fini specifici che il Legislatore le aveva attribuito, nel solco indicato dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Sono i fini che il nuovo Codice di Diritto Canonico, nel 1993, ha poi così sintetizzato nei seguenti tre:
a. favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice ed i Vescovi;
b. prestare aiuto alla missione del Romano Pontefice;
c. studiare congiuntamente i problemi riguardanti l'attività della Chiesa nel Mondo (Can. 342).
Personalmente sono stato testimone della grande importanza di tali incontri, avendo partecipato alle ultime 12 Assemblee Sinodali, alcune generali ed altre speciali.
Ora il Santo Padre ha voluto nuovamente invitarmi ad essere membro del Sinodo, quasi in rappresentanza del Collegio Cardinalizio, l'altra millenaria Istituzione ecclesiale che è parimenti chiamata ad assistere il Romano Pontefice nella sua missione di Pastore della Chiesa universale (cfr. Can. 349).
Certo, fra di noi vi sono già vari Confratelli Cardinali, provenienti soprattutto dall'Africa. Sono però lieto di poter qui rappresentare simbolicamente tutti i 185 Cardinali del mondo intero, che in questo momento ci sono vicini con la loro preghiera e con il loro comune impegno apostolico.
2. Ogni Sinodo, come ogni Concistoro, è così destinato ad essere un momento di intensa comunione ecclesiale. In tale contesto, vorrei accennare al Cap. IV del nostro "Instrumentum laboris", là ove si parla delle persone e delle istituzioni cattoliche chiamate ad operare nella realtà africana, in favore della riconciliazione, della giustizia e della pace. In tale capitolo si sottolinea la necessità della collaborazione dei Vescovi con le Conferenze Episcopali e di queste con il Simposio delle Conferenze dell'Africa e del Madagascar.
Sarà però bene ricordare che, in primo luogo, v'è la necessità di una stretta collaborazione, con la Sede Apostolica, e cioè con il Romano Pontefice ed i suoi Collaboratori.
Come è noto, nei vari Paesi d'Africa vi sono poi anche i Rappresentanti Pontifici: sono 26 generosi Nunzi Apostolici che mantengono i contatti con i Vescovi del Continente ed instaurano un dialogo costruttivo anche con le Autorità Civili, per favorire la libertà della Chiesa e contribuire all'opera di riconciliazione, di giustizia e di pace: le tre finalità di questo Sinodo.
Ricordando qui la missione dei Rappresentanti Pontifici, vorrei anche rendere omaggio dinnanzi a voi al compianto Nunzio Apostolico Mons. Michael Courtney, che fu barbaramente assassinato in Burundi il 29 dicembre del 2003, proprio mentre si interessava per la riconciliazione fra i differenti gruppi etnici del Paese. Purtroppo egli dovette pagare con il sangue il suo abnegato servizio per la pacificazione di quella Regione.
3. Proprio per questo, ho notato con piacere che il tema della riconciliazione ha addirittura la priorità fra i tre grandi temi da studiare in questo Sinodo: riconciliazione, giustizia e pace.
In realtà, oggi vediamo più chiaramente l'enormità dei disastri provocati dal nazionalismo e dall'esaltazione del concetto di razza. Noi qui in Europa ne abbiamo fatto una triste esperienza nel corso dei secoli, fino a giungere all'ultima guerra mondiale, che in cinque anni provocò ben 55 milioni di morti!

Ora dobbiamo tutti lavorare perché tali tragedie del passato non si verifichino più. Come dimenticare che anche in Africa la furia omicida fra differenti gruppi etnici ha sconvolto interi Paesi? Basterebbe pensare al Rwanda ed ai Paesi limitrofi! Nel 1994 e negli anni successivi l'ideologia nazionalista giunse a provocare più di 800.000 morti, fra i quali tre membri generosi dell'Episcopato, con altri membri del clero e di varie congregazioni religiose.
Credo che dovremo ripetere a tutti, con maggiore insistenza, che l'amore alla propria Nazione (in concreto, al proprio popolo, alla propria gente) è certo un dovere del cristiano, ma dovremo anche aggiungere che la deviazione del nazionalismo è totalmente anticristiana. Certo il concetto di Nazione è molto nobile. Esso si è formato in ambiente cristiano, a giudizio di molti storici, dato che nell'antichità prevalevano piuttosto le figure della piccola tribù, da una parte, e del vasto Impero, dall'altra. Il Cristianesimo ha favorito invece l'aggregazione delle genti di una determinata regione, dando vita al concetto di popolo o Nazione, con una propria specifica identità culturale. Il Cristianesimo ha però sempre condannato ogni deformazione di tale concetto di Nazione, una deformazione che sovente cadeva nel nazionalismo o addirittura nel razzismo, vera negazione dell'universalismo cristiano. In realtà, i due principi basilari della convivenza umana cristiana sono sempre stati i seguenti: la dignità di ogni persona umana, da una parte, e l'unità del genere umano, dall'altra. Sono i due confini invalicabili, entro i quali possono poi evolversi i vari concetti di Nazione, a seconda dei tempi e dei luoghi. Ed in realtà vediamo oggi in Europa che molte Nazioni vanno integrandosi, ai fini di una convivenza più solidaria, e ciò con l'appoggio degli Episcopati locali e della stessa Sede Apostolica.
4. Concludendo, vorrei dire che le attuali 53 Nazioni africane avranno un grande avvenire, nel concerto delle 192 Nazioni che compongono oggi l'intera famiglia umana, se sapranno superare le loro divisioni e cooperare congiuntamente per il progresso materiale e spirituale dei loro popoli. Da parte sua, questo Sinodo vuole dimostrare ancora una volta ai nostri fratelli e sorelle dell'Africa che la Chiesa è loro vicina e vuole aiutarli nella loro missione di essere artefici di riconciliazione, di giustizia e di pace in tutto il Continente.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 15:27

Relazione del Card. Polycarp PENGO, Arcivescovo di Dar-es-Salaam, Tanzania


S. Em. R. Card. Polycarp PENGO, Arcivescovo di Dar-es-Salaam, Presidente del Simposio di Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (S.E.C.A.M.) (TANZANIA)


Martedì, 6 ottobre 2009
Aula del Sinodo, Città del Vaticano


Il tema di questo Sinodo è oggi particolarmente urgente per la Chiesa africana. Al fine di sviluppare e approfondire tale tema, come ci è stato richiesto, problemi quali l’egoismo, l’avidità e la ricchezza materiale, le questioni etniche che sfociano in conflitto e altre istanze che sono all’origine della mancanza di pace in molte società africane devono essere affrontati coraggiosa¬mente e apertamente, e accompagnati da specifiche direttive pastorali. Le guerre e i conflitti che affliggono il nostro continente dividono i nostri popoli, seminando una cultura della violenza e distruggendo il tessuto spirituale, sociale e morale delle nostre società. È triste dover riconoscere che alcuni di noi pastori sono stati accusati di essere coinvolti in tali conflitti o per omissione o per partecipazione diretta. In questo Sinodo dobbiamo avere il coraggio di denunciare, persino contro noi stessi, l’abuso del ruolo e della pratica del potere, il tribalismo e l’etnocentrismo, lo schieramento politico dei capi religiosi eccetera... La Chiesa africana non potrà parlare a una sola voce di riconciliazione, giustizia e pace se nel continente è evidente la mancanza di unità, di comunione e il dovuto rispetto nei confronti del SECAM da parte dei singoli vescovi, nonché delle conferenze episcopali nazionali e regionali. Abbiamo bisogno di una maggior comunione e di una maggior solidarietà pastorale in seno alla Chiesa africana.

Era stato programmato che, proprio prima di questa seconda Assemblea Speciale, il SECAM dovesse celebrare la sua 15 assemblea plenaria a Frascati, sul tema “Autonomia: la via della Chiesa africana”. Sfortunatamente, e con nostro imbarazzo, l’assemblea ha dovuto essere convocata all’ultimo momento per mancanza di sostegno finanziario da parte di molti membri delle Conferenze episcopali – tutto ciò mentre stiamo celebrando i quaranta anni del SECAM. Esprimo la speranza e la preghiera che questo Sinodo porti noi tutti a impegnarci maggiormente per il SECAM!

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 15:30

Relazione di Mons. Lucas ABADAMLOORA, Vescovo di Navrongo-Bolgatanga, Ghana


S. E. R. Mons. Lucas ABADAMLOORA, Vescovo di Navrongo-Bolgatanga, Presidente della Conferenza Episcopale (GHANA)

Martedì, 6 ottobre 2009
Aula del Sinodo, Città del Vaticano

Ricopriamo spesso ruoli politici ed economici, e dobbiamo dare il nostro contributo a questioni quali educazione e salute alla luce della fede. Come individuo, il cristiano ha un bagaglio culturale diverso che potrebbe imporsi con forza, opponendosi così alla fede. Spesso l’individuo può trovarsi in contraddizione per diversi motivi, che gli impediscono di fare qualunque cosa. È naturale che i cristiani appartengano sia alla Chiesa sia alla società nelle sue varie dimensioni. Come membri dalla natura sfaccettata impegnati su molti fronti, talvolta essi potrebbero trovare difficile sapere cosa fare e quale posizione rispettare.
Nella prima Assemblea sinodale, ci siamo concentrati sulla Chiesa come famiglia universale di Dio. L’Assemblea stabilì una serie di condizioni per accrescere la credibilità della propria testimonianza: riconciliazione, giustizia e pace. In questa luce, fra le altre cose raccomandò la formazione dei cristiani alla giustizia e alla pace, che è una affermazione del ruolo profetico della Chiesa. Ciò riguardava i temi seguenti: un salario equo per i lavoratori e l’istituzione di Commissioni per la pace e la giustizia.
I principi che sottendono al documento Ecclesia in Africa sono assolutamente chiari e sono stati ripresi da molte Chiese particolari come linee-guida per le loro riflessioni. Ma non va particolarmente in fondo alla questione. Non è questa l’esperienza di molti vescovi, sacerdoti e laici africani che si recano in USA, in Europa e in altre parti del mondo. La nostra
esperienza della Chiesa in Europa e in America, ma anche quella di alcuni fratelli vescovi e sacerdoti ci fa pensare di essere membri di serie B della famiglia della Chiesa, o di appartenere a una Chiesa diversa. Si è creata l’impressione che noi abbiamo bisogno degli altri, ma non gli altri di noi. La teoria della fraternità e della comunità è forte, ma la pratica è debole.
La dinamica della Chiesa che insiste sul fatto che la comunità ecclesiale deve essere integrata, in teoria e in pratica, in modo tale che tutti vi si sentano a casa, dovrebbe essere portata avanti anche in questo secondo Sinodo. La presente Assemblea sinodale dovrebbe considerare opportuno riprendere la dinamica del Sinodo precedente, non soltanto sul piano dei temi da discutere collegialmente, ma anche nella necessaria prospettiva cristiana.
Affinché ciò accada, alcuni suggeriscono che si usi la radio, la parola stampata e le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Devono continuare gli sforzi affinché venga ricevuto tale messaggio, sempre valido in ogni tempo.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 15:32

Relazione di Mons. Fidèle AGBATCHI, Arcivescovo di Parakou, Benin

S. E. R. Mons. Fidèle AGBATCHI, Arcivescovo di Parakou (BENIN)

Martedì, 6 ottobre 2009
Aula del Sinodo, Città del Vaticano

È evidente che la presente Assemblea costituisce una positiva continuazione di quella del 1994. Se quest’ultima si era conclusa con l’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa, quella attuale si presenta con il tema: la Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Questa formula, per quanto positiva, non vuole nascondere le divisioni familiari, le tensioni interetniche con radici storiche, le guerre e la corruzione su larga scala che minano il continente.
Proseguendo il servizio a favore di questo continente, possano i padri sinodali comprendere quindi, al di là degli aspetti pratici più volte sottolineati dall’Instrumentum Laboris, come fondare esegeticamente e teologicamente la riconciliazione, la giustizia e la pace sull’unico Dio Trinità e sulla sua opera nella Rivelazione, dall’Antico Testamento fino alla venuta del Figlio dell’Uomo. Una simile impresa da parte dei padri sinodali aiuterebbe l’Africa ad assumersi la propria responsabilità storica di fronte al Vangelo che ha ricevuto e che ha il dovere di donarsi inserendosi prepotentemente nella dinamica della metanoia. Questa responsabilità la costringerebbe a liberarsi dalla paura.
In effetti, l’Africa ha paura e vive di paura. Conservando gelosamente per sé le sue scoperte riguardo al mondo e alla natura, si lascia istintivamente andare alla sfiducia, al sospetto, all’atteggiamento di autodifesa, all’aggressione, alla ciarlataneria, alla divinazione, all’occultismo e al sincretismo, tutte cose che hanno contribuito a offuscare la ricerca del vero Dio per millenni. Quanto è dunque attesa su questo continente - madre di tutti gli altri - la diffusione ancor più radiosa della luce del Cristo morto e risorto! Il mio augurio per questo Sinodo è quello di un futuro pasquale e, dopo le sue sofferenze, di una resurrezione dell’Africa.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 15:33
Relazione del Card. Franc RODÉ, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica


S. Em. R. Card. Franc RODÉ, C.M., Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica (CITTÀ DEL VATICANO)

Martedì, 6 ottobre 2009
Aula del Sinodo, Città del Vaticano

L'Instrumentum laboris, al n. 113, rileva la "forte crescita delle vocazioni" religiose
"segno del dinamismo della Chiesa in Africa" e insieme l'energia spirituale che proviene
dai Monasteri di vita contemplativa.
I Vescovi africani in visita ad limina testimoniano l'insostituibile impegno apostolico e missionario dei consacrati, uomini e donne, che offrono la propria vita per il Vangelo. La presenza dei consacrati/e è ancora oggi assolutamente predominante, in modo particolare nel campo della salute, dell'insegnamento e della carità.
Questo impegno encomiabile non può non tener conto delle grandi sfide della Chiesa in Africa, anzitutto del discernimento vocazionale e della formazione iniziale e permanente. La vita consacrata in Africa ha quindi bisogno di formatori e formatrici preparati e, insieme ad essi, di una comunità educante: la testimonianza di vita religiosa delle Comunità, la fedeltà ai consigli evangelici, alle Costituzioni e al carisma proprio, rappresentano una condizione indispensabile per formare veri discepoli di Cristo.
I religiosi e le religiose africani, inoltre, sono chiamati a vivere in pienezza il valore e la bellezza dei consigli evangelici, in una cultura in cui è difficile essere testimoni di povertà, obbedienza e castità, vissuti liberamente e per amore.
Le Conferenze dei Superiori Maggiori a livello nazionale e due organismi internazionali si occupano dell'animazione dei consacrati e delle consacrate africane e rappresentano un valido strumento per il dialogo con i Vescovi.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 15:35

Relazione di Mons. Maroun Elias LAHHAM, Vescovo di Tunis, Tunisia


S. E. R. Mons. Maroun Elias LAHHAM, Vescovo di Tunis (TUNISIA)

Martedì, 6 ottobre 2009
Aula del Sinodo, Città del Vaticano

Il mio intervento riguarda i rapporti con l’Islam in Africa. Il primo aspetto da sottolineare è che l’Instrumentum Laboris parla dell’Islam in un solo paragrafo (102), in termini generici e che interessano l’Islam nell’Africa subsahariana. Ora, la stragrande maggioranza dei musulmani africani vive in Africa settentrionale, zona geografica completamente assente nell’Instrumentum Laboris. Un altro aspetto è che circa l’80% dei 350 milioni di arabi musulmani vive nei paesi dell’Africa settentrionale.
Tutto ciò per dire che i rapporti islamo-cristiani in Africa del Nord sono diversi da quelli dell’Europa, dell’Africa subsahariana e anche dei paesi arabi del Medio Oriente. Questa omissione delle Chiese dell’Africa del Nord, quando si parla di Africa, e soprattutto questa omissione dell’Islam ci sorprende; l’abbiamo comunicato alle autorità competenti.
La specificità delle relazioni islamo-cristiane nelle Chiese dell’Africa settentrionale può arricchire le esperienze di dialogo vissute altrove (in Europa o nell’Africa subsahariana) e attenuare le reazioni di paura e di rifiuto dell’Islam che cominciano a farsi sentire in alcuni paesi. Sappiamo tutti che la paura è cattiva consigliera.
In cosa consiste la specificità dell’esperienza delle Chiese dell’Africa del Nord?
- Si tratta di una Chiesa dell’incontro. Anche se non ha tutta la libertà auspicata, non è perseguitata.
- Si tratta di una Chiesa che vive in paesi al 100% musulmani e in cui la schiacciante maggioranza dei fedeli è composta da stranieri la maggior parte dei quali resta solo qualche anno.
- Si tratta di una Chiesa che, dall’indipendenza dei paesi dell’Africa del Nord, si è fortemente impegnata nel servizio umano, sociale, culturale e educativo dei paesi che l’accolgono.
- Si tratta di una Chiesa che gode di un margine abbastanza ampio di libertà nell’esercizio del culto cristiano per le migliaia di fedeli, come per esempio in Tunisia.
- Si tratta di una Chiesa che vive in paesi musulmani in cui sta nascendo un movimento di pensiero critico nei confronti di un Islam integralista e fanatico. C’è anche una scuola “magrebina” di studio razionale dei testi e delle tradizioni musulmani.
- Viene spesso richiesta la collaborazione della Chiesa per questo nuovo modo di concepire e vivere l’Islam. Questo invito è rivolto a sacerdoti e vescovi che hanno trascorso molti anni nei paesi del Maghreb ed è stato sottolineato dalla nomina di vescovi arabi in alcune sedi episcopali.
Due proposte:
- Che il Sinodo per il Medio Oriente previsto per l’ottobre del 2010 comprenda anche le diocesi dell’Africa del Nord, soprattutto per quanto riguarda le minoranze cristiane e i rapporti e il dialogo con l’Islam.
- Un dibattito sull’Islam in Africa che tenga conto della varietà delle esperienze africane, da Tunisi a Johannesburg.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 15:37
Relazione di Mons. Simon-Victor TONYÉ BAKOT, Arcivescovo di Yaoundé, Camerun


S. E. R. Mons. Simon-Victor TONYÉ BAKOT, Arcivescovo di Yaoundé, Presidente della Conferenza Episcopale (CAMERUN)

Martedì, 6 ottobre 2009
Aula del Sinodo, Città del Vaticano

I bantù del Sud del Camerun attribuiscono un’importanza fondamentale alla vita in comunità. Si può esserne esclusi in seguito a un grave errore e poi cercare di ritrovare la comunione con tutti. È il senso del perdono offerto o accolto a seconda che si sia ricevuta un’offesa o si sia commessa una colpa.

Vi si giunge attraverso un rituale le cui tappe essenziali sono le seguenti: la discussione (palabre), la confessione pubblica, le parole rituali di richiesta di perdono, la riconciliazione e il pasto comunitario. È ciò che noi definiamo cultura della pace e della riconciliazione. Il clan sa ristabilirla ogni qualvolta la comunità si trova in situazioni di squilibrio.
L’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana, promuove la pace e la riconciliazione ma non ha ancora raggiunto la stessa capacità di conversione tra i cristiani che vi partecipano poiché il bacio della pace dato durante la messa manifesta discordanze abbastanza nette tra i fedeli. Si possono anche voltare le spalle a chi vi dà la possibilità di riconciliazione.
Si impone un’adeguata catechesi da parte dei pastori per far capire a tutti che, essendo diventati fratelli e sorelle di sangue, visto che nelle nostre vene scorre lo stesso sangue di Cristo assunto attraverso la comunione, questo sangue ci purifica da tutte le nostre impurità e dovrebbe essere più forte della tradizione del clan. Purtroppo, non è ancora così. Occorre impegnarsi sempre di più per raggiungere questo obiettivo.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 15:39

L'arcivescovo di Antananarivo in Madagascar, mons. Razanakolona, presente al Sinodo: la Chiesa in Africa educhi i giovani alla riconciliazione


La Chiesa in Africa è chiamata ad esser coscienza delle nazioni ed educatrice delle coscienze. E’ quanto espresso da uno dei Padri presenti al Sinodo per l’Africa, l’arcivescovo di Antananarivo, in Madagascar, mons. Odon Marie Arsene Razanakolona. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

R. - L’impegno della Chiesa dovrebbe essere quello di educare la gente, perché la riconciliazione non avviene così semplicemente. C’è una strada da fare: educare la gente, perché esiste una cultura della violenza. Abbiamo bisogno soprattutto di educare i giovani ad entrare in un modo di fare, di pensare e anche di agire non con la violenza. E’ questo il compito della Chiesa nel Madagascar.
 
D. - Come lei ha evidenziato, in Africa molte nazioni sono abitate prevalentemente da giovani - parlo da un punto di vista anagrafico - ed è sui giovani, lei ha detto, che bisogna puntare, evitando anche che questi abbandonino il continente...
 
R. - Sì: che abbandonino il continente perché devono trovare da mangiare, trovare lavoro per nutrire tutta la loro famiglia. Questo traguardo è molto difficile per un giovane, che non sa dove è il suo futuro e, quindi, cerca dappertutto. Qui è l’impegno dei Paesi cosiddetti sviluppati a trovare un modo affinché i Paesi emergenti trovino la maniera di nutrire la propria gente.
 
D. - La Chiesa non si stanca di difendere la giustizia e la pace e anche per questo talvolta si trova al centro di attacchi...
 
R. - Noi dobbiamo sempre parlare, aiutare la gente a svegliarsi e ricordare ai governanti le loro responsabilità, anche se non sentono o non vogliono sentire. Dovremmo essere la coscienza di una nazione.
 
D. - Il coraggio della vocazione apostolica...
 
R. - Il coraggio si deve avere, perché dobbiamo appoggiarci a Dio, alla nostra fede. Si deve camminare con la gente. L’’educazione porta una persona verso la maturità.
 
D. - Quando si parla di conflitti in Africa, spesso si pensa che questi dipendano solo dai problemi interetnici, ma è davvero così o, per lo meno, sempre?
 
R. - No, l’esistenza delle etnie è reale, ma strumentalizzare queste etnie per fare il gioco di alcune persone che vogliono il potere è un’altra cosa. Non è tanto il problema della maggioranza, ma di una parte che strumentalizza quei fatti, e allora diventa un problema vero.

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 18:08
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PAROLE DEL SANTO PADRE IN RISPOSTA ALL’INTERVENTO DEL PATRIARCA DELLA CHIESA ORTODOSSA DI ETIOPIA ALLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI, 06.10.2009

Pubblichiamo di seguito le parole che il Santo Padre Benedetto XVI ha pronunciato questa mattina, nel corso della terza Congregazione generale della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, in risposta all’intervento del Patriarca della Chiesa Tewahedo Ortodossa di Etiopia, Sua Santità Abuna Paulos:


PAROLE DEL SANTO PADRE

Pubblichiamo di seguito una nostra traduzione delle parole del Papa.

Santità,

La ringrazio di tutto cuore per il suo intervento tanto profondamente meditato e per aver accettato il mio invito a partecipare alla Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi.
Sono certo che la mia gratitudine e il mio apprezzamento sono condivisi da tutti i membri dell'Assemblea.
La sua presenza è un'eloquente testimonianza delle antiche e ricche tradizioni della Chiesa in Africa. Anche al tempo degli apostoli, fra le numerose persone desiderose di ascoltare il messaggio salvifico di Cristo vi erano gli abitanti dell'Etiopia (At 8, 26-40).
La fedeltà del suo popolo al Vangelo continua a esprimersi attraverso l'obbedienza alla sua legge d'amore, ma anche, come ci ha ricordato, attraverso la perseveranza anche nella persecuzione e nel sommo sacrificio del martirio in nome di Cristo.
Santità, lei ha ricordato che l'annuncio evangelico non può prescindere dall'impegno di edificare una società che sia conforme alla volontà di Dio, rispetti le benedizioni del creato e tuteli la dignità e l'innocenza di tutti i suoi figli.

In Cristo sappiamo che la riconciliazione è possibile, la giustizia può prevalere, la pace può durare! Questo il messaggio di speranza che siamo chiamati ad annunciare. Questa la promessa che oggi gli abitanti dell'Africa desiderano vedere avverarsi.

Preghiamo, dunque, affinché le nostre Chiese possano avvicinarsi nell'unità che è il dono dello Spirito Santo e rendere testimonianza comune della speranza trasmessa dal Vangelo! Continuiamo a operare per lo sviluppo integrale di tutti i popoli africani, rafforzando le famiglie che sono il baluardo della società africana, educando i giovani che sono il futuro dell'Africa e contribuendo all'edificazione di società caratterizzate da onestà, integrità e solidarietà! Che le nostre decisioni in queste settimane aiutino i seguaci di Cristo in tutto il continente a essere esempi convincenti di rettitudine, misericordia e pace e a essere una luce che illumina il cammino delle generazioni future.
Santità, ancora una volta la ringrazio per la sua presenza e per le sue riflessioni preziose. Che la sua partecipazione a questo Sinodo sia una benedizione per le nostre Chiese!

(©L'Osservatore Romano - 7 ottobre 2009)

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S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 18:13
Nel corso della seconda congregazione generale di lunedì pomeriggio

Le relazioni sui rapporti dei vari continenti con l'Africa

Si è svolta lunedì pomeriggio, 5 ottobre, alla presenza del Papa, la seconda congregazione generale dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi. Presidente delegato di turno era il cardinale Francis Arinze. Hanno partecipato 227 padri sinodali. Pubblichiamo i testi delle relazioni svolte dai rappresentanti delle riunioni di Conferenze episcopali a livello continentale.

La solidarietà delle Chiese dell'America Latina

Monsignor Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida (Brasile) presidente del "Consiglio Episcopale Latino Americano" (c.e.l.a.m.)
In primo luogo, in qualità di presidente del Consiglio Episcopale Latino-americano (celam), desidero ringraziare, in modo particolare, il Santo Padre Benedetto XVI per l'invito a partecipare a questa Seconda Assemblea Speciale del Sinodo dei vescovi per l'Africa. Per me, vescovo Latino-Americano, è un privilegio poter condividere il cammino della nostra Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica, nel continente africano. Voglio partecipare a questo Sinodo con molta attenzione, apertura e preghiera.
Desidero esprimere, in questo momento, la solidarietà dell'episcopato e della Chiesa Latino-americani ai cari fratelli vescovi e a tutta la Chiesa pellegrina nel Continente africano.
Siamo qui non solo per manifestare la nostra fraternità alla Chiesa in Africa, ma anche per imparare, dal momento che siamo sicuri che le conclusioni di questa seconda Assemblea Speciale aiuteranno anche la Chiesa in America
Latina nella missione di riconciliazione e nella ricerca di giustizia e pace.
L'Africa e l'America Latina sono continenti molto diversi tra loro, tuttavia è importante sapere che in America Latina la popolazione di origine africana è più numerosa della popolazione dei nostri stessi popoli originari, gli indigeni. Ci unisce anche - nella croce - il fatto che, in entrambi i continenti, c'è un alto tasso di popolazione che vive in situazioni di povertà e che ha bisogno di beni e di servizi per la sussistenza:  alimentazione, casa, istruzione e sanità.
In ambito politico e istituzionale, in molti dei nostri Paesi non c'è una democrazia sufficientemente radicata nella cultura del popolo e, per questo, essa ancora non è saldamente consolidata. Le necessità fondamentali e urgenti di gran parte dei nostri popoli, irrisolte, provocano l'insorgere di avventure politiche, con promesse populiste, che illudono, ma non risolvono i problemi strutturali della popolazione.
Sempre in ambito politico, la situazione si aggrava a causa della corruzione di cui spesso si ha notizia e che viene denunciata da vari organi dei mezzi di comunicazione di massa, fenomeno, questo, che spinge la popolazione e, soprattutto i giovani, al conformismo e alla sfiducia nei confronti della politica come arte di promuovere il bene comune.
La nuova consapevolezza, a livello mondiale, del pluralismo culturale ha risvegliato in America Latina una nuova attenzione e un nuovo modo di vedere i nostri popoli indigeni e di origine africana. Questo segna uno sforzo particolare e importante di evangelizzazione e di inculturazione. Nel documento della v Conferenza generale, svoltasi ad Aparecida nel 2007, si legge:  "Gli indigeni e gli afro-americani stanno emergendo ora nella società e nella Chiesa. Si tratta di un "kairós" per approfondire l'incontro della Chiesa con questi gruppi umani che rivendicano il pieno riconoscimento dei propri diritti individuali e collettivi e di essere presi in considerazione nella cattolicità con la loro visione del cosmo, i loro valori e le loro identità specifiche, per vivere una nuova Pentecoste ecclesiale" (DA, 91).
La Chiesa in America Latina non ha vissuto rotture così grandi e drammatiche come la Chiesa nell'Africa nera. Per questo, in America Latina c'è stata un'esperienza più continuativa della Chiesa, anche se non sono mancati sofferenze ed errori e, proprio per questo, essa possiede un'esperienza ricca e molteplice. Oggi abbiamo un'esperienza pastorale più stabile, la cui ricchezza si è espressa negli ultimi 50 anni nelle nostre cinque Conferenze generali - di natura diversa rispetto ai Sinodi - e oggi, nella grande Missione Continentale che ha come obiettivo di porre la Chiesa in America Latina in uno stato di missione permanente. I Documenti di queste cinque Conferenze generali hanno sempre dedicato una particolare attenzione ai contadini, agli indigeni e agli afro-americani, tra le varie priorità pastorali.
Desidero suggerire in questo intervento alcuni punti, che potrebbero essere tema di dialogo di un possibile scambio fraterno tra le Chiese dei due continenti. In ambito episcopale, possiamo condividere con l'Africa la grande ricchezza che hanno significato i 54 anni di vita dell'organismo episcopale che rappresento, il Consiglio Episcopale Latino-americano (celam), come strumento di comunione episcopale e di servizio reciproco in seno al nostro episcopato. Si potrebbe, con l'incentivo della Santa Sede, invitare i vescovi della Chiesa cattolica presenti in entrambi i continenti, per uno scambio di esperienze collegiali, pastorali e organizzative, che possono arricchire la missione della Chiesa. Potrebbe essere ampliata anche l'esperienza già esistente di diocesi e congregazioni religiose che inviano missionari alla Chiesa in Africa.
Per quanto riguarda i seminaristi e i sacerdoti, penso anche che sarebbe possibile e reciprocamente arricchente, offrire seminari per una prima formazione sacerdotale in alcune delle Chiese particolari in America Latina, che hanno più risorse. Tra gli altri vantaggi, sarebbe anche un'occasione per imparare una nuova lingua che servirebbe a favorire lo scambio e la comunione tra due continenti in cui la presenza cattolica è grande.
Anche il celam, con l'approvazione della Santa Sede, potrebbe accogliere sacerdoti, consacrati o laici che lavorano nella pastorale per corsi di formazione, nei suoi Istituti Pastorale e Biblico a Bogotá.
Rinnovo la mia gratitudine al Santo Padre e ai cari fratelli vescovi dell'Africa per l'invito a partecipare a questo kairós, tempo di grazia e di conversione, che è la ii Assemblea speciale dei vescovi per l'Africa. Che Nostra Signora di Guadalupe, regina e protettrice dell'America, ci accompagni durante questa Assemblea Speciale e aiuti, con la sua protezione materna, la Chiesa in Africa a trovare, con la partecipazione della società, cammini di riconciliazione, di giustizia e di pace.

Sostegno dai servizi di assistenza statunitensi

Monsignor Wilton Daniel Gregory arcivescovo di Atlanta (Stati Uniti d'America)
Colgo questa opportunità per riassumere l'importanza che questo secondo Sinodo per l'Africa riveste per la Chiesa negli Stati Uniti d'America. Noi americani ci sentiamo sempre più coinvolti nelle questioni e negli eventi che riguardano il continente africano. Noi, come i popoli di qualunque altra parte del mondo, avvertiamo in modo sempre più intenso l'impatto del carattere sempre più globale del nostro mondo.
Innanzi tutto lodiamo Dio onnipotente per il dono della fede unica che unisce la Chiesa negli Stati Uniti a tutte le altre Chiese nel mondo. La nostra comunità cattolica ha tratto diretto beneficio, nell'ultima generazione, dal numero crescente di sacerdoti e religiosi provenienti dal grande continente africano, che ora servono i cattolici in tutta la nazione, facendolo con generosità e zelo. Grazie alla loro presenza conosciamo la fede profonda e la generosità della Chiesa in Africa.
La Chiesa negli Stati Uniti è inoltre profondamente grata per l'opportunità di potere assistere le Chiese locali africane attraverso il sostegno dei Servizi di assistenza cattolici, le molte e varie attività missionarie di cooperazione che scaturiscono dal cuore generoso della nostra gente e spesso uniscono diocesi con diocesi e parrocchia con parrocchia nella preghiera reciproca, nell'aiuto finanziario e mediante i contatti personali. Sono felice e orgoglioso di poter riferire che le agenzie della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti da molto tempo lavorano insieme con le Conferenze episcopali e le associazioni di Conferenze episcopali nel continente africano nella ricerca della pace e della giustizia. Sono questi segni molto positivi che mostrano come la Chiesa nel mio Paese e la Chiesa nei Paesi africani si siano adoperate l'una con l'altra nell'opera di evangelizzazione e di assistenza sociale, rendendo in tal modo il tema di questo Sinodo - Al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace - un segno importante di come la Chiesa negli Stati Uniti e la Chiesa in Africa siano unite nella fede e nella carità.
Ma sappiamo che, ripetendo le parole del Vangelo di san Luca, possiamo soltanto dire:  "Abbiamo fatto quanto dovevamo fare!" (Luca, 17, 10). Riconosciamo che la risorsa più grande della Chiesa africana è la sua gente. La Chiesa negli Stati Uniti continua a trarre beneficio da quei popoli africani giunti di recente nel nostro Paese come visitatori e nuovi residenti. Diversamente dal passato, quando gli uomini arrivavano incatenati come bestiame umano, oggi giungono a noi operai specializzati, esperti uomini d'affari e studenti che non vedono l'ora di costruirsi una vita nuova in una terra che essi considerano promessa. Molte di queste persone portano con sé una fede cattolica profonda e dinamica con la sua ricca eredità spirituale. Queste persone straordinarie ci sfidano a riscoprire le nostre tradizioni spirituali, spesso messe da parte per gli effetti della nostra ricerca orientata a ciò che è secolare.
Mentre il mio Paese ha compiuto un eccezionale e felice progresso nella propria lotta per la riconciliazione razziale e la giustizia, non abbiamo ancora raggiunto la perfezione alla quale il Vangelo chiama l'intera umanità. Abbiamo dunque bisogno di ottenere la riconciliazione, la giustizia e la pace nella nostra propria terra fino a che, come scrisse il dottor Martin Luther King Jr, da una prigione a Birmingham, in Alabama, parafrasando il profeta Amos, non vedremo il compimento ultimo del nostro grande potenziale e lasceremo che "Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne" (Amos, 5, 24).
La grande terra d'Africa possiede molte altre risorse che il mondo oggi brama e, a volte, persegue con grande avidità e spesso con violenza. Le vostre risorse sono una benedizione per questo pianeta e possono essere usate non solo per portare prosperità ai popoli dell'Africa, ma, se considerate correttamente, anche per portare quel senso di unità della terra e di interconnessione che hanno i popoli ovunque, se le risorse naturali che Dio ha messo nelle nostre mani come patrimonio comune vengono utilizzate correttamente.
Sono profondamente grato al Santo Padre di avermi invitato a questo scambio con i miei fratelli vescovi del continente africano, apprendendo da loro alcune delle loro speranze, lotte e sogni, e a condividere con loro il profondo affetto e il rispetto per la Chiesa negli Stati Uniti d'America.

In sintonia con le aspirazioni dei cattolici asiatici

Monsignor Orlando B. Quevedo, o.m.i., arcivescovo di Cotabato (Filippine) segretario generale della Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia (f.a.b.c.)
"A servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace" - il tema della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa è in profonda sintonia con le aspirazioni della Chiesa in Asia.
Nonostante le grandi differenze, la Chiesa in Asia e la Chiesa in Africa hanno straordinarie somiglianze. Se il cristianesimo si è fatto strada all'epoca degli apostoli in Egitto e nel Nord Africa grazie all'opera di san Marco evangelista, molti cristiani in India fanno risalire le proprie origini all'apostolo san Matteo. Ma nel suo insieme la Chiesa in Africa è giovane, come la Chiesa in Asia. In molti Paesi di entrambi i continenti, il cristianesimo è stato portato da missionari stranieri durante il periodo della colonizzazione. Un ulteriore slancio missionario si è verificato nel XIX e nel XX secolo.
La ricchezza di culture, i tanti valori familiari tradizionali che sono autenticamente umani, le migliaia di lingue parlate, l'incontro tra cristianesimo, islam e religioni tradizionali locali sono tutte realtà importanti, molto simili sia in Africa che in Asia.
Le due esortazioni post-sinodali del compianto Papa Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa (1995) e Ecclesia in Asia (1998), hanno delle similitudini sorprendenti. Per esempio, a proposito delle sfide pastorali dei nostri giorni:  gli imperativi dell'inculturazione e del dialogo interreligioso, la promozione di un'emergente cultura relativista e materialista globalizzante attraverso gli strumenti della comunicazione sociale, l'impatto negativo della globalizzazione economica sui poveri, il declino dei valori morali nella vita sociale, economica e politica, e le continue minacce alla natura stessa del matrimonio e della famiglia, i diversi aspetti dell'ingiustizia e il violento conflitto che turba l'armonia delle società africane e asiatiche.
La Chiesa in Africa e la Chiesa in Asia stanno sollevando interrogativi analoghi di grande importanza:  che dire di noi in quanto comunità di discepoli, in quanto Chiesa? Come possiamo essere testimoni credibili di nostro Signore Gesù Cristo e del suo Vangelo? Come dovremmo rispondere alle numerose e complesse sfide pastorali che dobbiamo affrontare nella nostra missione di proclamare Gesù come Signore e Salvatore?
Secondo me la Chiesa in Africa sta esplorando le implicazioni teologiche e pastorali della Chiesa come famiglia di Dio. Noi, in Asia, guidati dalle Sacre Scritture e dal magistero vivo della Chiesa, riteniamo di essere stati condotti dallo Spirito Santo a studiare, nel contesto asiatico, la teologia della Chiesa in quanto Comunione e umile Servitore del Vangelo e delle popolazioni asiatiche. Questa ottica teologica ha aperto l'opzione pastorale del rinnovamento radicale in corso nella Chiesa in Asia, un'opzione più dell'essere che del fare. Infatti, comprendiamo che gli atti devono provenire dal cuore di una Chiesa che viene rinnovata nel mistero pasquale di Gesù nostro Signore.
Pertanto, nei suoi 35 anni di feconda esistenza, la Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia ha promosso un rinnovamento della Chiesa nel continente:  verso una interiorità spirituale più profonda; verso il dialogo con le culture asiatiche, con le tradizioni religiose e filosofiche antiche dell'Asia e con i popoli asiatici, specialmente con i poveri; verso un discepolato autentico, verso il rinnovamento del laicato per una leadership nella trasformazione sociale; verso un significato rinnovato di missione ad gentes; verso il rinnovamento della famiglia asiatica come obiettivo dell'evangelizzazione e verso un vivere credibile dell'Eucaristia nelle realtà dell'Asia.
Questo rinnovamento fondamentalmente è una chiamata di Dio che è Amore (Deus Caritas est), e che offre speranza e salvezza (Spe salvi), spingendoci ad amare nella verità (Caritas in Veritate).
Riguardo all'amare nella verità, la Chiesa in Africa e la Chiesa in Asia conoscono esperienze simili di dolore e di gioia. Il dolore:  per le molte forze di una cultura di morte, che sia l'Ecclesia in Africa sia l'Ecclesia in Asia trattano con profonda preoccupazione, quali l'aumento della povertà e l'emarginazione dei nostri popoli, gli attacchi continui contro il matrimonio e la famiglia tradizionale, le ingiustizie nei confronti delle donne e dei bambini, la nostra propensione a favorire le armi di distruzione rispetto allo sviluppo integrale, la nostra incapacità di competere con i potenti in un ordine economico globale che non è guidato da norme giuridiche e morali, l'intolleranza religiosa invece di un dialogo della ragione e della fede, il governo dell'avidità invece del governo della legge nella vita pubblica, le divisioni e il conflitto invece che la pace, e lo svilimento dell'ecologia umana e naturale. Inoltre, la frequenza di tifoni devastanti, inondazioni, siccità, terremoti e tsunami nel continente asiatico esige ora la nostra sollecitudine pastorale collettiva riguardo il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici.
D'altra parte, proviamo grande gioia e speranza nei movimenti di giustizia e pace, come mostrano la crescente consapevolezza e l'impegno di giovani e donne per la responsabilizzazione e la trasformazione sociale, l'impegno di numerosi gruppi della società civile per l'integrità nella vita pubblica e per la cura e l'integrità del creato, per la solidarietà delle persone di buona volontà provenienti da classi sociali e tradizioni religiose diverse, al fine di adoperarsi per un ordine sociale più giusto, più pacifico e più fraterno.
Il motivo della nostra gioia e della nostra speranza è il fatto che osserviamo molti fermenti positivi in seno alla Chiesa, nelle piccole comunità cristiane, tra molti uomini e donne nella vita religiosa e tra il clero, che portano tutti i valori del Regno di Dio nei nuovi areopaghi dell'evangelizzazione.
Con questi sentimenti di gioia e di speranza nel Signore, esprimo la solidarietà dei membri della Federazione delle Conferenze dei Vescovi dell'Asia a tutti i partecipanti alla Seconda Assemblea Speciale per l'Africa. Vi ringraziamo per aver accolto tanti missionari asiatici, come pure tanti lavoratori migranti nel vostro amato continente.
Con riferimento alla ix Assemblea plenaria della Fabc a Manila, consentitemi di esprimere la nostra gratitudine al cardinale Francis Arinze, Inviato speciale del Papa, e al cardinale Ivan Dias, che ha inviato l'arcivescovo Robert Sarah come suo rappresentante personale.
In modo particolare, a nome della Fabc desidero esprimere la nostra più profonda e affettuosa fedeltà al nostro amato Papa Benedetto XVI. La invitiamo, Santità, a visitare la nostra regione nel prossimo futuro.

Le Caritas dell'Oceania partecipano ai programmi di sviluppo

Monsignor Peter William Ingham >small 0vescovo di Wollongong (Australia) Presidente della Federazione delle Conferenze Episcopali Cattoliche dell'Oceania (f.c.b.c.o.)
Santità, presidente delegato, relatore generale, segretario generale arcivescovo Eterovic, fratelli e sorelle di questo Sinodo.
In qualità di presidente della Federazione delle Conferenze episcopali dell'Oceania (fcbco), vorrei portarvi i saluti e i migliori auguri delle Chiese locali delle nostre quattro Conferenze episcopali, e più precisamente della Conferenza dei vescovi cattolici dell'Australia, della Conferenza dei vescovi cattolici della Nuova Zelanda, delle Conferenze dei vescovi cattolici di Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone e della grande Conferenza dei vescovi cattolici del Pacifico che si estende da Guam, dalle Isole Marianne, Vanuatu, Fiji, Tonga, Samoa, Kiribati e dalle Isole di Cook fino a Tahiti e a molti altri arcipelaghi.
Vorrei esprimere la nostra comunione come Federazione con il Vescovo di Roma e la Chiesa universale e la nostra solidarietà con la Chiesa delle numerose nazioni dell'Africa.
Tutte le nostre nazioni in Oceania, come molte dell'Africa, sono state colonizzate, nel nostro caso soprattutto da inglesi, francesi e portoghesi.
Come in Africa, la Chiesa esiste in Oceania grazie a missionari eroici provenienti soprattutto dall'Irlanda, dalla Francia, dalla Germania e dall'Italia.
La fede in Oceania vanta alcuni straordinari esempi di martiri e di santi, oltre a quelli che sono già stati canonizzati e beatificati, ma senza avvicinarsi alla gloriosa tradizione di santi e martiri che testimoniano la fede in Africa.
Gli Obiettivi del Millennio per lo sviluppo umano sono ben lungi dall'essere raggiunti in quella zona del Pacifico chiamata Oceania. Tuttavia, proprio perché, come leader della Chiesa di tutto il mondo, cerchiamo di essere vicini ai nostri popoli, possiamo giungere a una comprensione molto pratica dei modi in cui la povertà può completamente disumanizzare l'uomo, e di come la violenza sia così distruttiva per la vita e la dignità umane. In quanto leader della Chiesa siamo acutamente consapevoli dell'ingiustizia che pone i ricchi in una posizione privilegiata che discrimina i meno fortunati, come viene realisticamente descritto nella Parabola di Lazzaro e del ricco epulone (Luca, 16, 19-31).
Mi rendo conto che queste realtà, per le nazioni dell'Africa, sono ben più minacciose di quelle che affrontano le comunità in Oceania. Voglio dare atto alla generosità dei cattolici di ciascuna delle Conferenze episcopali dell'Oceania, che attraverso la Caritas Oceania e la Caritas in ognuno dei nostri Paesi, sostiene la pace umanitaria e i programmi di sviluppo della Chiesa in Africa. Allo stesso modo le popolazioni dell'Oceania sono generose verso la missione cattolica Propaganda Fide.
Eppure abbiamo tanto da ammirare e da imparare da voi, Chiesa in Africa, dalla testimonianza che offrite malgrado le schiaccianti difficoltà. Il vostro grande senso della missione di evangelizzare la vostra cultura significa che gli ostacoli posti dai governi o da altre fedi non fanno altro che intensificare la vostra fede, la vostra speranza e la vostra carità.
In Oceania, il terribile flagello dell'Hiv/Aids (Instrumentum laboris, 142) (soprattutto a Papua Nuova Guinea) e lo sfruttamento derivante dall'estrazione mineraria, sottolineano la missione della Chiesa di applicare il Vangelo di Gesù per ridurre lo stigma della vergogna sociale, per sostituire la violenza con ponti di riconciliazione, di giustizia e di pace (Instrumentum laboris, 90), per chiamare i governi civili a rispondere, per parlare a nome di chi è perseguitato e ridotto al silenzio, e per fornire istruzione e assistenza sanitaria.
In quanto leader nella fede e Pastori della comunità cristiana, grazie a Gesù, il Buon Pastore, e alla lunga e ricca tradizione di fede e cultura cattolica, abbiamo una visione più ampia della persona umana, e grazie a Gesù e alla nostra tradizione di Chiesa, una visione più ampia della giustizia, dell'amore e dell'importanza dei buoni rapporti fra le persone, le tribù e le nazioni; abbiamo una visione più ampia della riconciliazione, della pace e della cura compassionevole. Quando vi sono crisi, ingiustizia e paura, le persone si recano in massa nelle loro chiese. Ciò a sua volta sottolinea la necessità che noi, in quanto leader della Chiesa, ci concentriamo sul nostro ruolo di pastori e siamo leader attivi di speranza. In quanto cristiani ci occupiamo di speranza!
Poiché le temperature e le acque degli oceani si innalzano, saranno sempre i più poveri e i più vulnerabili a soffrire in modo sproporzionato, così come soffrono per la carestia, le inondazioni e gli scarsi raccolti, che possono generare motivi di conflitto e originare migrazioni di massa di rifugiati e richiedenti asilo. Sia in Oceania che in Africa, la Chiesa e i suoi organismi stanno facendo molto per aiutare le persone a ritrovare il proprio equilibrio in seno alle loro comunità e a gestire i rischi derivanti dalle calamità naturali. Possiamo e dobbiamo imparare gli uni dagli altri. Chiedo le vostre preghiere per Samoa e Tonga nel loro grande dolore dopo il recente terremoto e lo tsunami.
L'Australia ha iniziato nuovamente la collaborazione con l'Africa, soprattutto nelle industrie minerarie (Instrumentum laboris, 51).
Come ben sapete, l'Africa è un continente ricco di risorse naturali. Eppure vorremmo che i minatori australiani fossero responsabili verso le comunità in cui lavorano. Le miniere non devono contribuire all'instabilità e al conflitto; dovrebbero essere considerate tanto dal punto di vista del dividendo economico che da quello del dividendo di pace! Un cattolico praticante che conosco bene è dirigente di un gigante minerario australiano e viaggia molto. Lui mi garantisce che l'intento della sua compagnia è eticamente sostenibile. Afferma che il suo scopo è quello di creare una doppia situazione di vantaggio:  vantaggi tangibili alle comunità africane che lavorano per loro e vantaggi per la sua compagnia. Molti di voi sono impegnati in questo dialogo e noi dobbiamo essere al vostro fianco.
L'instabilità politica e i conflitti del Pacifico (es. Fiji, Isole Salomone, Papua Nuova Guinea) non sono paragonabili a quelli dei Paesi africani, ma identificando il ruolo della Chiesa come Corpo di Cristo per costruire ponti di pace e di riconciliazione, possiamo imparare dai vostri leader della Chiesa in Africa. I vostri successi in quanto Chiesa che promuove sforzi di pace e di riconciliazione in Africa sono assai utili alla Chiesa del mondo (Instrumentum laboris, 108).
Attualmente stiamo accogliendo in Australia e Nuova Zelanda molti africani che hanno iniziato una nuova vita dopo conflitti tribali, violenze e regimi oppressivi. Questi rifugiati vengono dal Sudan, dal Corno d'Africa, e, in misura minore, dai Grandi Laghi. Altri africani sono venuti in questa parte del mondo per studiare e alcuni sono venuti a operare come sacerdoti e religiosi. La mia diocesi e anche altre, attualmente, si stanno adoperando per accogliere candidati al sacerdozio provenienti da Paesi africani.
In Australia abbiamo una comunità profondamente multiculturale, costituita per il 60 per cento da migranti e rifugiati e dai loro figli. Ciò ha arricchito e rappresentato una sfida per l'Australia fin dalla Seconda Guerra Mondiale. La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, indetta dal Papa, viene celebrata da noi alla fine di agosto, per sottolineare la ricca varietà culturale che migranti e rifugiati hanno portato al nostro Paese e per aiutare la nostra gente ad "accogliere lo straniero" (cfr. Ebrei, 11, 13), affinché migranti e rifugiati dall'Africa o da qualsiasi parte del mondo si possano pienamente integrare nella nostra comunità australiana.
Sono lieto delle nostre conversazioni durante questo Sinodo e mi aspetto di imparare con voi e da voi.

Lavoro comune con l'episcopato europeo

Cardinale Péter Erdo, >small 1arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria) Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (c.c.e.e.)
"Voi siete il sale della terra... Voi siete  la  luce  del  mondo" (Matteo, 5, 13-14) - queste parole del Signore si riferiscono a tutti i cristiani, ma, in quest'ora della storia dell'umanità, in modo speciale a voi, cari fratelli e sorelle in Africa. Durante la preparazione di questa assemblea speciale si è cristallizzato l'accento singolare di questo incontro sinodale:  "la Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia, della pace".
A voi tutti porto il saluto più cordiale e il messaggio della grande vicinanza dei vescovi europei, i quali - rappresentati dai presidenti di tutte le Conferenze episcopali - si sono incontrati in questi giorni a Parigi. Abbiamo potuto rendere conto di un lavoro comune ormai consolidato con i vescovi africani nel quadro dei programmi comuni del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa e del secam. In diverse città africane ed europee si sono svolti questi lavori comuni che avevano trattato argomenti come la migrazione, la schiavitù ed altri problemi umani e cristiani. Come sapete bene, anche la terra d'Europa è una terra bagnata di sangue. Quando, dopo il crollo del muro di Berlino, gli abitanti, e specialmente i cattolici della parte occidentale e di quella orientale del nostro continente, si sono liberamente incontrati, dovevano prendere atto di tutta la complessità della nostra storia comune. Soprattutto i popoli dell'Est europeo si sentivano spesso nella loro storia colonizzati e sfruttati. Persino nei primi secoli dell'epoca moderna c'erano interi villaggi del Sud-Est europeo di popolazione cristiana che sono finiti ai mercati di schiavi dell'Oriente.
La storia recente dell'Europa ha lasciato anche molte ferite che sono ancora lontane dalla piena guarigione. Se dopo la ii Guerra Mondiale, guerra che ha estinto il più grande numero di vite umane di tutta l'umanità, i popoli dell'Occidente, per esempio i tedeschi e i francesi, con l'aiuto sostanziale di grandi uomini cattolici come Schumann, Adenauer e De Gasperi, hanno trovato la via non soltanto della pacifica convivenza, ma anche di una riconciliazione più profonda, oggi tocca alla parte centrale ed orientale d'Europa di cercare la riconciliazione dei cuori, la purificazione della memoria e la fratellanza costruttiva. Così sono molto spesso i vescovi cattolici che alzano per primi il segno della riconciliazione, come hanno compiuto per primi i vescovi tedeschi e polacchi, un grande atto di riconciliazione, che all'inizio non è stato compreso da molti gruppi delle loro società. Alcuni grandi ecclesiastici e teologi di quel tempo, come specialmente Joseph Ratzinger, hanno trovato parole appassionate per difendere quell'atto profetico. Negli ultimi anni ci sono stati simili atti di riconciliazione e di fratellanza tra vescovi di Polonia ed Ucraina, di Slovacchia ed Ungheria, ed altri. I mass media spesso non danno molto rilievo a questi avvenimenti. Forse non mancano neppure gruppi che pensano di trovare il loro vantaggio politico ed economico, sollecitando tensioni ed ostilità tra popoli, gruppi etnici o anche religioni. "La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno vinta", come scrive san Giovanni (1, 5). Cristo è la luce del mondo. Egli illumina anche le tenebre della storia umana e nessuna oscurità, nessun odio, nessun male può vincerlo. È in lui la nostra speranza. Anche se la voce della Chiesa e la testimonianza di ciascun cristiano sembrano deboli, anche se essa spesso non appare in prima pagina dei grandi mezzi di comunicazione, questa voce sottile è più forte di ogni rumore, bugia, propaganda o manipolazione. Siamo testimoni della forza dei martiri. Adesso cominciano a essere beatificati e canonizzati i testimoni dell'Agnello, uccisi per la loro fede nel XX secolo. Essi sono quelli che "vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel Sangue dell'Agnello" (Apocalisse, 7, 14). Durante le lunghe persecuzioni, la loro memoria era coperta di silenzio. Eppure, essa è rimasta viva anche nel cuore della comunità dei credenti. E adesso apriamo le fosse. È commovente vedere da una parte, quanto è rimasto dei corpi dei martiri. Ogni traslazione delle spoglie di uno di loro scuote le anime di tutti i partecipanti di queste cerimonie. La grande tensione tra l'estrema debolezza di un essere umano che è rimasto ucciso e la forza sublime della stessa persona illuminata ormai dalla gloria dei martiri, dà un fortissimo impulso spirituale alle nostre comunità.
Cari confratelli! Noi altri, cattolici d'Europa, abbiamo imparato dalla nostra storia a seguire con attenzione anche la sorte dei cristiani africani ed abbiamo imparato anche a stimare la vostra fedeltà, la vostra testimonianza, e i martiri africani che danno la loro vita - anno per anno in numero preoccupante - per Cristo e per la Sua Chiesa, così anche per noi. La Chiesa in Africa ha meritato la nostra gratitudine e la nostra profonda stima.
Il servo di Dio Giovanni Paolo II ci insegnava con forza e lucidità sulla divina misericordia. I circoli del male che sembrano a volte persino diabolici e che possono rattristare e spingere verso la disperazione intere società umane, costruendo le strutture dell'odio, della violenza, della vendetta e dell'ingiustizia tra gruppi etnici, popoli o classi sociali, non sarebbero superabili con la sola forza umana, se non ci fosse la divina misericordia che ci rende anche capaci di seguire il comandamento di Cristo:  "siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso" (Luca, 6, 36). Se il nostro Signore ci ha comandato questo, tale comando è anche garanzia della possibilità di compierla. È lui che ci darà la forza per essere misericordiosi, e rompere ogni struttura del male.
Siamo convinti che lo scambio dei doni non è un programma che vale soltanto tra la parte occidentale ed orientale d'Europa. Questo è doveroso anche tra i fedeli, tra le Chiese particolari anche a livello continentale ed universale. La possibilità della solidarietà e della determinazione di non dimenticare i fratelli bisognosi neanche in tempi di crisi è ferma tra i cattolici d'Europa. Allo stesso tempo, desideriamo studiare meglio le vostre esperienze liturgiche, catechetiche, la dinamica delle vocazioni sacerdotali, le possibilità di costruire insieme la Chiesa di Cristo in Europa, in Africa e ovunque nel mondo.
Certamente non ci illudiamo:  le grandi forze economiche e politiche del mondo, molto spesso, non agiscono secondo la logica della carità e della giustizia, e a volte sembrano dimenticare anche la vera realtà, la natura delle cose e dell'essere umano. La dignità umana, inoltre, non dipende dalla nostra efficienza, non è proporzionata al successo di questo mondo. Ogni essere umano, come tale, ha la stessa dignità inalienabile. Perché creato a immagine e a somiglianza di Dio. La dignità umana non è incompatibile con la sofferenza. Falsa sarebbe una ideologia che dicesse che per salvare la nostra dignità, sarebbe meglio morire che soffrire. Questo era l'atteggiamento dell'antichità greco-romana, non ancora illuminata dalla luce del Vangelo. L'esempio di Cristo ci insegna che la massima sofferenza può essere il momento della massima dignità e gloria. Dopo che il traditore lasciò il cenacolo, Gesù disse:  "Ora il Figlio dell'Uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se  Dio  è  stato  glorificato  in  lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua, e lo glorificherà subito" (Giovanni, 13, 31-32).
Se nel momento attuale molti nel nostro mondo non ascoltano la voce del Creatore e non sono aperti ad accettare la verità e a praticare la carità, la natura della realtà creata rimane quello che è. La giustizia e la misericordia divina si fanno valere comunque nel funzionamento del mondo e nello svolgimento della storia. Così, cari confratelli, vi assicuriamo delle nostre preghiere e della nostra solidarietà perché possiate trovare le vie per promuovere la riconciliazione, la giustizia e la pace e che siate un conforto anche per noi con le vostre esperienze, la vostra fede e la vostra testimonianza.


(©L'Osservatore Romano - 7 ottobre 2009)
S_Daniele
00mercoledì 7 ottobre 2009 09:23
Benedetto XVI: i cristiani devono testimoniare la speranza del Vangelo

Dopo l'intervento al Sinodo del Patriarca della Chiesa ortodossa di Etiopia



CITTA' DEL VATICANO, martedì, 6 ottobre 2009 (ZENIT.org).-

Di fronte alle tragedie che attanagliano il continente africano occorre che tutti i cristiani si sforzino di dare una “testimonianza comune della speranza trasmessa dal Vangelo”.

E' l'appello risuonato questo martedì attraverso la voce di Benedetto XVI, nel giorno in cui il Sinodo dei Vescovi ha accolto la riflessione del Patriarca della Chiesa Tewahedo Ortodossa di Etiopia, Sua Santità Abuna Paulos.

“La sua presenza – ha detto il Santo Padre – è un'eloquente testimonianza delle antiche e ricche tradizioni della Chiesa in Africa. Anche al tempo degli apostoli, fra le numerose persone desiderose di ascoltare il messaggio salvifico di Cristo vi erano gli abitanti dell'Etiopia”.

“La fedeltà del suo popolo al Vangelo – ha aggiunto – continua a esprimersi attraverso l'obbedienza alla sua legge d'amore, ma anche, come ci ha ricordato, attraverso la perseveranza anche nella persecuzione e nel sommo sacrificio del martirio in nome di Cristo”.

Poco prima il Patriarca ortodosso aveva preso la parola parlando delle sofferenze patite dai cristiani in Africa e in particolare dai fedeli della sua Chiesa sottoposti a “una dura persecuzione durante la dittatura comunista, con molti nuovi martiri”.

“Io stesso, che allora ero Vescovo, ho trascorso diversi anni in prigione prima dell’esilio – ha raccontato – . Quando sono diventato patriarca, al termine del periodo comunista, c’era molto da ricostruire. È stato questo il nostro compito, con l’aiuto di Dio, le preghiere dei nostri monaci e la generosità dei fedeli”.Tra i problemi più grandi che affliggono l'Africa il Patriarca ha quindi indicato “la mancanza di accesso all’educazione” dei giovani.

Riguardo invece alla lotta contro la diffusione dell’HIV/AIDS, ha sottolineato l'obbligo morale a “incoraggiare tutte quelle esperienze che ci mostrano come guarire e resistere alla malattia, per dare speranza creando sinergia e fornendo all’Africa gli stessi trattamenti che ha ricevuto l’Europa”.

“L’Africa è stata colonizzata con brutalità e le sue risorse sono state sfruttate – ha continuato –. Le nazioni ricche che si sono sviluppate sfruttando l’Africa se ne ricordano quando hanno bisogno di qualcosa. Non hanno mai appoggiato il continente nella sua lotta per lo sviluppo”.

Il Patriarca ha poi accennato al “pesante debito globale” che grava sull'Africa e “che né questa, né la generazione futura potranno colmare”.Subito dopo ha sollecitato i capi religiosi a levare la propria voce in difesa dei ragazzi, dei bambini spesso arruolati nell'esercito, affinché “questi comportamenti vengano immediatamente abbandonati”.

Inoltre, ha continuato, sebbene l'Africa si sia “liberata dal colonialismo da tempo, esistono ancora molte situazioni che la rendono dipendente dai paesi ricchi”.

“L’enorme debito, lo sfruttamento delle sue risorse naturali da parte di pochi, la pratica agricola tradizionale e l’insufficiente introduzione di moderni sistemi di agricoltura, la dipendenza delle popolazioni dalle piogge, che incidono negativamente sulla sicurezza alimentare, la migrazione e la fuga dei cervelli colpiscono duramente il continente”, ha continuato.

Per questo, ha sottolineato, “ci si aspetta che i cristiani siano messaggeri di cambiamenti nel portare la giustizia, la pace, la riconciliazione e lo sviluppo”.
Tuttavia, ha precisato, “i capi religiosi africani non devono preoccuparsi solo delle opere sociali, ma rispondere alle grandi necessità spirituali degli uomini e delle donne d’Africa”.

“La società – ha concluso – ha bisogno degli insegnamenti dei suoi religiosi, che la aiuti a risolvere i suoi problemi in unità e a cessare di essere la vittima di un problema”.

A questo parole ha replicato il Santo Padre ricordando “che l'annuncio evangelico non può prescindere dall'impegno di edificare una società che sia conforme alla volontà di Dio, rispetti le benedizioni del creato e tuteli la dignità e l'innocenza di tutti i suoi figli”.

“In Cristo sappiamo che la riconciliazione è possibile, la giustizia può prevalere, la pace può durare! Questo il messaggio di speranza che siamo chiamati ad annunciare – ha continuato –. Questa la promessa che oggi gli abitanti dell'Africa desiderano vedere avverarsi”.“Preghiamo, dunque, affinché le nostre Chiese possano avvicinarsi nell'unità che è il dono dello Spirito Santo e rendere testimonianza comune della speranza trasmessa dal Vangelo!”, ha detto.

“Continuiamo a operare per lo sviluppo integrale di tutti i popoli africani, rafforzando le famiglie che sono il baluardo della società africana, educando i giovani che sono il futuro dell'Africa e contribuendo all'edificazione di società caratterizzate da onestà, integrità e solidarietà!”

“Che le nostre decisioni in queste settimane aiutino i seguaci di Cristo in tutto il continente a essere esempi convincenti di rettitudine, misericordia e pace e a essere una luce che illumina il cammino delle generazioni future”, ha infine concluso. 
S_Daniele
00mercoledì 7 ottobre 2009 09:25
La formazione, una necessità urgente dei cristiani in Africa

di Chiara Santomiero

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 6 ottobre 2009 (ZENIT.org).-

La necessità di un supplemento di formazione ai vari livelli è stato uno dei fili conduttori degli interventi in aula di oggi.

“La I Assemblea sinodale sull’Africa – ha ricordato mons. Lucas Abadamloora, vescovo di Navrongo-Bolgatanga e presidente della Conferenza episcopale del Ghana – raccomandò la formazione dei cristiani alla giustizia e alla pace”.

“Ricopriamo spesso – ha affermato Abadamloora – ruoli politici ed economici e dobbiamo dare il nostro contributo a questioni quali educazione e salute alla luce della fede”. E’ naturale che “i cristiani appartengano sia alla chiesa sia alla società” e “impegnati su molti fronti, talvolta essi potrebbero trovare difficile sapere cosa fare e quale posizione rispettare”.

“La vita consacrata in Africa – ha sottolineato il card. Franc Rodè, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata – ha bisogno di formatori e formatrici preparati e, insieme ad essi, di una comunità educante”. I religiosi e le religiose africane “sono chiamati a vivere in pienezza il valore e la bellezza dei consigli evangelici in una cultura in cui è difficile essere testimoni di povertà, obbedienza e castità, vissuti liberamente e per amore”.

Crescono, in base ai dati forniti dal card. Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, gli istituti cattolici di istruzione. Attualmente in Africa sono presenti 12.500 scuole materne con 1.260.000 bambini; 33.250 scuole primarie con 14 milioni di alunni e 10 mila scuole secondarie con 4 milioni di alunni. Vi sono, inoltre, 23 università cattoliche con 5 facoltà di teologia e 70 istituti affiliati.

“Tutte queste istituzioni – ha affermato Grocholewski – godono di una grande stima anche per il contributo rilevante offerto all’inculturazione della fede”. E’ necessario, però, che “si rafforzi una chiara identità cattolica” lavorando, in particolare, “sulla formazione degli insegnanti”. Un auspicio è stato formulato a proposito della formazione degli operatori della comunicazione ed esperti di mass media perché a loro volta possano contribuire a “una efficace formazione delle coscienze”.

“La giustizia sociale nel mondo – ha affermato mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat e presidente della conferenza episcopale regionale dell’Africa del nord – deve cominciare dagli studenti”.

Nel Maghreb si concentrano molti studenti dell’Africa subsahariana che non hanno la possibilità di studiare altrove: “molti – ha raccontato Landel – si avvicinano al cattolicesimo attraverso la dottrina sociale della Chiesa perché avvertono che essa ha una parola importante per il mondo”. Essi non godono di alcun tipo di sostegno economico dei loro paesi e per questo Landel ha proposto l’intervento della comunità ecclesiale.

Della necessità di una “catechesi dell’unità” ha parlato mons. Michael Bhasera, vescovo di Masvingo nello Zimbabwe, contro la “dolorosa constatazione delle divisioni presenti tra i cattolici” mentre “l’Eucarestia dovrebbe essere il sistema più efficace per unire l’Africa, segno visibile di riconciliazione e di pace”. “Diamo alla Chiesa il suo vero volto di famiglia – ha affermato mons. Thomas Kaborè, vescovo di Kaya, in Burkina Faso – lavorando insieme alle comunità di base” attraverso “metodi e programmi formativi ma soprattutto una profonda conversione personale”.

In Somalia, lo scorso 9 luglio, è stata celebrata una “giornata dei martiri” per ricordare il vescovo Colombo, ucciso ai piedi della cattedrale dopo 40 anni di servizio al suo popolo, e tanti altri cattolici, protestanti, musulmani e anche di nessuna appartenenza religiosa, che hanno sacrificato la vita per la riconciliazione e la pace.

“Occorre educarci – ha proposto al Sinodo mons. Giorgio Bertin, vescovo di Djibouti e amministratore apostolico di Mogadiscio – alla celebrazione di una memoria comune dei martiri da proporre anche nelle scuole e a pregare insieme”. Insieme “per dei tavoli di discussione sulle emergenze del Paese”, cioè la lotta contro il traffico di armi, la presenza di criminali di guerra, la pirateria, ma anche “la costruzione dello Stato”, collaborando con i “musulmani di buona volontà per neutralizzare il fondamentalismo e il terrorismo”.

Dell’approfondimento pratico e concettuale dei rapporti con l’Islam si è occupato anche l’intervento di Maroun Elias Lahham, vescovo di Tunisi che ha sottolineato la presenza nell’Instrumentum laboris di un solo accenno generico alla questione e in riferimento all’Africa sub sahariana.

“Circa l’80% dei 350 milioni di arabi musulmani – ha ricordato Lahham – vive nei paesi dell’Africa settentrionale” e “la specificità delle relazioni islamo-cristiane nelle chiese dell’Africa settentrionale può attenuare le reazioni di paura e di rifiuto che cominciano a farsi sentire in alcuni paesi”.

“Sappiamo tutti – ha affermato Lahham – che la paura è cattiva consigliera”. La Chiesa cristiana in Tunisia “gode di un margine abbastanza ampio di libertà nell’esercizio del culto” ed è richiesta la collaborazione di sacerdoti e vescovi che hanno trascorso molti anni nei paesi del Maghreb per contribuire “a un nuovo modo di concepire e vivere l’Islam che sta nascendo da un movimento in atto nei paesi musulmani di pensiero critico nei confronti dell’Islam integralista e fanatico”.

Lahham ha quindi proposto all’assemblea di approfondire questa tematica estendendo alle diocesi dell’Africa del nord la partecipazione al Sinodo per il Medio Oriente previsto per l’ottobre 2010 “soprattutto per quanto riguarda le minoranze cristiane e il dialogo con l’Islam” e un dibattito sull’Islam in Africa “che tenga conto della varietà delle esperienze africane, da Tunisi a Johannesburg”.

Vescovi del Ciad: Africa, depredata dalle multinazionali

La denuncia a margine del Sinodo dei Vescovi in corso in Vaticano




di Mariaelena Finessi

ROMA, martedì, 6 ottobre 2009 (ZENIT.org).-

«Nonostante le sue vaste risorse naturali e le sue potenzialità, l'Africa rimane ancora oggi il continente in cui il degrado, la guerra e la malattia sono situazioni comuni e dove continua a registrarsi la percentuale più alta di vittime della povertà». Monsignor Michele Russo, vescovo di Doba e monsignor Edmond Djitangar, vescovo di Sarh e segretario speciale al Sinodo dei Vescovi sull'Africa, presentano il conto all'incontro episcopale che si sta svolgendo in questi giorni in Vaticano (4-25 ottobre): un memorandum che farà da supporto alla proposta ufficiale che sarà sottoposta al vaglio dei vescovi.
A tutto questo, aggiungono i due ecclesiastici, occorre aggiungere alcuni problemi che sembrano essere diventati «partita esclusiva dell'Africa», quali «il malgoverno, la mancanza di uno stato di diritto, i conflitti e la violenza in tutte le sue forme», conseguenza quasi ovvia dei «bassi tassi di scolarizzazione, in particolare nella scuola elementare», e poi ci sono la mortalità infantile e le malattie endemiche, tra cui la malaria e l'aids, e la dilapidazione delle risorse minerali.

Ed è proprio sulla questione dello sfruttamento selvaggio delle risorse dell'Africa che i monsignori Djtangar e Russo intendono porre maggiormente l'attenzione: «L'Africa e i suoi beni suscitano l'invidia e la rivalità delle potenze mondiali, tra queste la Francia, gli Stati Uniti d'America e, più recentemente, la Cina. «Paesi che si scontrano spesso attraverso le loro industrie o le multinazionali». Eccolo allora il paradosso, racchiuso tra «l'immensa ricchezza di questo continente e la povertà in cui langue il suo popolo».

I due vescovi raccontano l'esempio del Ciad, la terra in cui vivono, «annoverato fra i 10 paesi più poveri del pianeta, con un Indice di sviluppo umano (HDI, Human Development Index) che lo colloca al 165 ° posto sui 175 totali». Taluni indicatori illustrano chiaramente la situazione: «Il 54% della popolazione del Ciad vive sotto la soglia di povertà fissata a 2 dollari; appena l'1% ha accesso all'elettricità e il 29% all'acqua potabile mentre 6 persone su 10 hanno un significativo ritardo di sviluppo in termini di longevità, salute, istruzione e welfare».

«Per sfruttare il petrolio del Ciad – ricordano i vescovi - il Governo ha convinto tutti, anche la Banca mondiale, dicendo che si trattava di un “progetto modello" che rispettava l'ambiente, i diritti umani, che l'informazione sarebbe stata trasparente e che le risorse avrebbero contribuito a ridurre la povertà». Bene, «la Banca mondiale ha detto “si” e la gente ha creduto in questo progetto: dal 10 Ottobre 2003, il Ciad è entrato nella cerchia dei paesi produttori di oro nero». Ma cosa sta accadendo in realtà?

«Ad oggi, nessuno – lamentano – né a livello governativo né a livello locale sembra conoscere quanti barili vengono estratti ogni giorno dal sottosuolo di Kome». Si dice 220 mila barili ma forse anche 300 mila al giorno. «Il progetto iniziale, quello sottoscritto, parlava di 300 pozzi perforati, ma ad oggi voci raccontano che si è arrivati a 1000-1500 pozzi». Di fatto, «si continua a trivellare l'area e nessuno controlla, mentre sarebbe sufficiente un semplice calcolo per capire che siamo di fronte ad un enorme saccheggio».

Per dare un'idea: «L'azienda arriva ad estrarre 220 mila barili al giorno (Rendiconto ufficiale 2007) e offre al Ciad 38 dollari al barile. Ovvero ogni giorno fuoriescono dal nostro sottosuolo 8.550.000 dollari, di cui l'86% (7.353.000 dollari) è destinato alle compagnie petrolifere e solo il 14% al Ciad (1.197.000 dollari). E per noi il prezzo è fermo sempre a 38 dollari il barile, anche quando sul mercato si superano i 70 dollari». «Se la popolazione della zona petrolifera prima viveva nella povertà, oggi versa nella miseria! Ci chiediamo che peccato essa stia espiando».

Dinanzi a una tale deriva, «abbiamo il diritto di porci allora questa domanda, "A chi appartengono le risorse naturali dell'Africa?”». «Se le risorse appartengono solo ai dirigenti e alle società minerarie, la Chiesa deve tacere! Ma se le risorse naturali appartengono a tutta la popolazione, un intervento della Chiesa s'impone, «attraverso i nostri Vescovi di Africa, o attraverso il Santo Padre in persona». L'invito è a lanciare «un appello urgente».

Innanzitutto alle compagnie estere, affinché sfruttino le risorse naturali «in modo trasparente, nel rispetto dei diritti umani e dell'ambiente; perché agevolino l'accesso alle informazioni e versino un risarcimento equo alle popolazioni, tali da ripagare effettivamente le perdite e i danni da queste subiti». Guidati infine dall'etica, che facciano «dello sfruttamento delle risorse naturali un modello per lo sviluppo dell'uomo e non viceversa».

Quanto «alle vecchie potenze colonizzatrici dei paesi africani», così come le chiamano i due ecclesiastici, «lascino scegliere liberamente all'Africa il suo percorso di sviluppo; evitino di saccheggiarla; aiutino i paesi africani a promuovere la democrazia di base e il buon governo». Il suggerimento più accorato è per la popolazione del Ciad: «Siate vigili e sviluppate una coscienza civica al fine di chiedere ai manager e ai dirigenti responsabili della gestione delle vostre risorse di rendervene conto in caso di invio delle stesse all'estero».

Infine una domanda che contiene in se la soluzione a tutto questo: «Perché – si chiedono - continuare ad offrire gli aiuti all'Africa quando i suoi terreni e i suoi redditi devono poi essere sistematicamente depredati?». Chiara la risposta: «Occorre cambiare il sistema economico mondiale, sviluppato anche da noi cristiani e che è completamente alla deriva, perché interessi egoistici o statali hanno prevalso sugli interessi di un intero popolo. Con energia profetica, dobbiamo dunque trovare, per poi proporla ai grandi della terra, la strada dell'uomo, la strada di una economia per l'uomo, che rispetti cioè la sua dignità, la sua libertà, la sua autodeterminazione. E liberare infine l'Africa, dandole la possibilità di giocare su scala mondiale il ruolo che le spetta».



S_Daniele
00mercoledì 7 ottobre 2009 11:12
La mediazione della Chiesa, indispensabile nei conflitti in Africa

Conflitti e riconciliazione al centro degli interventi al Sinodo di questo martedì



di Carmen Elena Villa

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 6 ottobre 2009 (ZENIT.org).-

Poiché il Sinodo dell'Africa è dedicato alla riconciliazione, i temi come la soluzione dei conflitti sono stati in primo piano nei rapporti presentati dai Vescovi nel secondo giorno di lavori del Sinodo.

Sono stati 18 gli interventi dei presuli di vari Paesi del continente africano che hanno espresso la propria preoccupazione per i vari volti del conflitto in Africa e hanno lanciato proposte per intensificare l'opera degli agenti pastorali in materia di riconciliazione.

Per il Cardinale Polycarp Pengo, Arcivescovo di Dar-es-Salaam (Tanzania) e presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar, è urgente che le questioni conflittuali “siano affrontate coraggiosamente e acompagnate da direttive pastorali. Il conflitto affligge oggi il continente distruggendo il tessuto morale”.

Il porporato si è detto preoccupato perché nel conflitto sono coinvolti anche “molti pastori” e li ha esortati ad “avere il coraggio di denunciare l'abuso di potere, il tecnocentrismo, ecc.”.

Monsignor Fidèle Agbathci, Arcivescovo di Parakou (Benin), ha sottolineato dal canto suo che la causa del conflitto è in parte attribuibile alle divisioni familiari e alle tensioni etniche che minano l'unità continentale.

“L'Africa ha paura e vive di paura”, ha detto, aggiungendo che con la sfiducia e l'aggressione appaiono consolazioni distorte come la “divinazione” e il “sincretismo”, che minano la ricerca di Dio, motivo per il quale ha detto che è urgente una “diffusione più radiosa della luce di Cristo”.

Monsignor Simon-Victor Tonyè Bakit, Arcivescovo di Yaoundé e presidente della Conferenza Episcopale del Camerun, ha ricordato che i vari credo cristiani nel suo Paese devono riconciliarsi tra loro. “Stanno in chiesa, non si parlano, non si danno il segno della pace”, il che rappresenta una “testimonianza contraria”, per cui ha raccomandato una catechesi adeguata sul tema del perdono.

Le nuove dittature sono l'elemento che preoccupa maggiormente il Cardinale Emmanuel Wamala, Arcivescovo emerito di Kampala (Uganda), anche se in teoria il regime dittatoriale è terminato da tempo nel suo Paese. Le nuove imposizioni, ha tuttavia indicato, sono “uguali o forse peggiori delle precedenti”.Il porporato ha denunciato che non si applicano i principi democratici, e ha detto che in Uganda i leader senza principi sono le cause principali dei conflitti. Per questo, serve “una Chiesa che torni al concetto della Chiesa-Famiglia dove anche le scuole abbiano il ruolo della formazione”.

Monsignor Jean-Noël Diouf, Vescovo di Tambacounda e presidente della Conferenza Episcopale del Senegal, ha detto che nel suo Paese si sta riflettendo continuamente sul sacramento della penitenza e sulla necessità di includere la riconciliazione nelle liturgie cattoliche.La causa di tanti problemi nel suo Paese, ha segnalato, è dovuta soprattutto al contesto culturale e alla mancanza di identità che provoca lo squilibrio interiore delle persone e porta a conseguenze come il materialismo, la corruzione e l'attentato contro le famiglie, così come alla perdita dei valori e all'impoverimento dell'identità culturale africana.

Per monsignor Giorgio Bertin O.F.M., Vescovo di Gibuti, amministratore apostolico "ad nutum Sanctæ Sedis" di Mogadiscio (Somalia), la principale preoccupazione della Chiesa nel suo Paese è la persecuzione religiosa, che interessa sia i cattolici che i protestanti.

In Somalia, ha indicato, si realizzano continuamente riflessioni sulla memoria di quanti hanno dato la vita per l'evangelizzazione del Paese.Il Vescovo di Ebolowa (Camerun), monsignor Jean Mbarga, ha infine sottolineato il ruolo della Chiesa come principale mediatrice della riconciliazione, per cui serve “una Chiesa che testimoni la vita evangelica nell'uguaglianza sociale per etnie che si scontrano tra loro”.

Di fronte alla costante violazione dei diritti umani, ha concluso, la Chiesa deve avere “parole di incoraggiamento” ispirate ai “veri valori della dignità dell'uomo”.

Arcivescovo del Niger non va al Sinodo per mediare la pace

Impegnato nei negoziati per superare i contrasti tra il Governo e l'opposizione



CITTA' DEL VATICANO, martedì, 6 ottobre 2009 (ZENIT.org).-
 
Tra i padri sinodali assenti al Sinodo dei Vescovi per l'Africa c'è l'Arcivescovo di Niamey (Niger), Michel Cristian Cartatéguy, della Società delle Missioni Africane.

Il presule non si è recato a Roma per partecipare all'assise episcopale perché in questi giorni è impegnato in un'opera di mediazione per la riconciliazione nel suo Paese.

Insieme all'imam della moschea di Niamey e al sultano di Agadez, l'Arcivescovo sta infatti conducendo dei negoziati per superare i gravi contrasti tra il Governo e l'opposizione del Niger, come ha comunicato egli stesso in una lettera inviata alla segreteria generale del Sinodo. Dopo il referendum costituzionale del 4 agosto scorso, contestato dalla comunità internazionale, in Niger è nata la VI Repubblica basata su un nuovo sistema presidenziale, ricorda l'agenzia Misna. Il prossimo 20 ottobre sono previste le elezioni legislative.

L'Arcivescovo Nikola Eterović, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, ha spiegato i motivi dell'assenza dell'Arcivescovo di Niamey all'apertura della II congregazione generale questo lunedì pomeriggio, commentando che per la Chiesa è una grande consolazione che l'Arcivescovo abbia un prestigio morale tale da impegnarsi insieme ad altri leader religiosi per arrivare alla pace nel suo Paese.

Nella Diocesi dell'Arcivescovo Cartatéguy ci sono 18.000 cattolici.

Una delegazione di padri sinodali in Campidoglio da Alemanno

I partecipanti al Sinodo al concerto "I giovani contro la guerra - 1939-2009"



ROMA, martedì, 6 ottobre 2009 (ZENIT.org).-

Una delegazione di padri sinodali sarà ricevuta in Campidoglio dal sindaco di Roma, on. Gianni Alemanno. L'incontro è previsto per il 7 ottobre, alle ore 9:30, in vista della giornata che il Comune di Roma dedicherà all'Africa.

Il prossimo 19 ottobre, infatti, è previsto un Convegno nella Sala della Protomoteca in Campidoglio (dalle ore 9 alle ore 13), che avrà per tema "Africa: quale partnership per la riconciliazione, la giustizia e la pace?". In serata, inoltre, avrà luogo un concerto-recital (alle ore 21) presso l'Auditorium della Conciliazione, dal titolo "Africa: Croce in mezzo al mare".

I partecipanti alla II Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, assisteranno al concerto "I giovani contro la guerra - 1939-2009", previsto giovedì 8 ottobre 2009 alle ore 18:30 presso l'Auditorium della Conciliazione di Roma, alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI.

L'evento, in occasione del 70° anniversario dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, è promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e dalla Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, dall'Ambasciata tedesca presso la Santa Sede e dal KulturForum di Mainau. Patrocina il Comitato Ebraico Internazionale per le Consultazioni Interreligiose. Finanziano enti italiani e tedeschi.

L'orchestra composta da giovani musicisti provenienti da 10 nazioni, proporrà brani musicali di Gustav Mahler e di Felix Mendelssohn Bartholdy, entrambi compositori ebrei di nascita, poi battezzati. Mahler e Mendelssohn, rispettivamente cattolico e protestante, proclamarono l'antisemitismo. Per l'occasione, la Congregazione generale del pomeriggio sarà sospesa alle ore 17:00.
S_Daniele
00mercoledì 7 ottobre 2009 13:24
Migrazioni, violenze contro i cristiani, conversione ecologica. Al Sinodo si affrontano i problemi dell'Africa

Il fenomeno tragico delle migrazioni, il dramma delle violenze contro i cristiani, la necessità di una “conversione ecologica”: è un quadro dell’Africa amaro quello emerso oggi pomeriggio dai lavori del secondo
Sinodo dedicato a questo continente e incentrato sui temi della riconciliazione, della giustizia e della pace. Ma a dominare la giornata è stato l’intervento del Patriarca Ortodosso etiope, Abuna Paulos, cui è seguito il saluto di Benedetto XVI. Il servizio di Isabella Piro:

Una presenza che testimonia in modo eloquente l’antichità e la tradizione della Chiesa in Africa. Così il Papa ha salutato il Patriarca Abuna Paulos, ricordando che la Chiesa etiope continua a testimoniare il Vangelo, nonostante le persecuzioni. Quindi ha aggiunto:

The proclamation of the Gospel cannot be separated from the commitment…

La proclamazione del Vangelo non può essere separata dall’impegno a costruire una società conforme al volere di Dio e che protegga la dignità dell’uomo. In precedenza, il Patriarca Paulos aveva ricordato che l’Africa è segnata, sì, da sfruttamento, pandemie e carestie, ma è anche un continente ricco di risorse che sono d’aiuto ad altri Paesi.

Tra gli altri temi trattati in Aula, il dialogo con l’Islam, in particolare nel Nord Africa. La regione, infatti, è a maggioranza musulmana, ma i cristiani godono comunque di una certa libertà. Di qui, l’auspicio che il Sinodo per il Medio Oriente del 2010 comprenda anche le diocesi nordafricane.

Quindi, si è aperta la pagina tragica delle migrazioni: un fenomeno che riguarda 10 milioni di africani e che colpisce soprattutto la Libia, Paese-ponte verso l’Europa. Poi, l’auspicio che la Chiesa in Africa stimoli una “conversione ecologica” attraverso l’educazione, così che il Paese non sia più vittima della deforestazione o dei rifiuti tossici. Infine, ricordate le violenze contro i cristiani, come quelle avvenute nella Repubblica Democratica del Congo, e il ruolo dei laici, definiti una “interfaccia” evangelizzatrice. A chiudere i lavori, l’appello di Giovanni Paolo II: “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”.

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