Sinodo per l'Africa (4-25 Ottobre 2009)

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S_Daniele
00venerdì 23 ottobre 2009 19:31
Intervista al cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, presidente delegato dell'assemblea sinodale

In ombra nei media la vera immagine dell'Africa


di Nicola Gori

Africa e Aids. Africa e guerre. Africa e genocidi. Africa e fame. Africa e corruzione dei governanti. È solo questa la realtà del continente? È solo questa l'immagine che ne hanno data i padri sinodali? Se ne è lamentato pubblicamente il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, parlando con i giornalisti nel corso della conferenza stampa settimanale, il 14 ottobre scorso.
"L'Africa - ha detto - è molto di più. Custodisce valori e capacità tali da poter offrire, anche al resto del mondo, il contributo di questa sua ricchezza spirituale". Solo che per i mass media, è la sua denuncia, esiste solo il male dell'Africa. Le cose buone non fanno notizia.

Africa tradita dai media dunque?

Il discorso è molto più complesso di quanto appare a prima vista. Innanzitutto bisogna fare una precisazione: io non ho assolutamente generalizzato. Ho parlato solo di alcuni mezzi di comunicazione sociale che riportano soltanto aspetti negativi. Anche quando parlano della Chiesa ne parlano con toni negativi. Mi riferisco soprattutto a quando si parla dell'Hiv e dell'Aids. Penso in particolare a quei media che attribuiscono alle indicazioni della Chiesa contrarie all'uso dei preservativi il mancato successo della lotta contro l'Aids. Non riconoscono l'impegno della Chiesa nell'opera di prevenzione e nell'assistenza a chi soffre. La Chiesa vuole intervenire nella lotta contro l'Aids e lo sta facendo portando avanti direttamente delle attività che possono ricondursi a quattro. La prima è promuovere la conoscenza dell'Hiv, fornendo informazioni accurate sul modo in cui si contrae il virus e su come evitarlo. La seconda è l'assistenza vera e propria ai malati attraverso cure domiciliari e la formazione di persone che possano aiutare all'interno della famiglia coloro che hanno contratto il virus dell'Hiv. La terza è l'assistenza attraverso programmi specifici. La quarta è l'assistenza agli orfani e ai bambini.
Oltre a queste quattro attività, ve ne è una quinta, ovvero quella di prevenzione. Ci stiamo concentrando nell'esortare i giovani a rispettare se stessi e gli altri, ad astenersi dal sesso se non sono sposati e se sono sposati a essere fedeli al loro coniuge.

Però nel corso dei dibattiti al Sinodo i padri hanno dato un'immagine negativa dell'Africa. I giornali si sono limitati a registrare quanto detto.

Il fatto è che stiamo cercando di descrivere la realtà africana e, purtroppo, va riconosciuto che in molte parti del continente ci sono problemi gravi. Basti dare uno sguardo: il Congo orientale è un'area disastrata così come il Darfur e il Sudan meridionale, lo stesso si può dire delle zone intorno all'Uganda settentrionale, del Sudan meridionale, della Repubblica Centrafricana in cui è attivo il Law resistence army. È un disastro per chi ci vive. Dobbiamo sensibilizzare la comunità internazionale riguardo alle aree in cui vi sono delle crisi in atto e vi è bisogno di intervento. E questo è innegabile. Esistono, però, anche delle realtà positive: in Rwanda, il cammino verso la completa riconciliazione sociale procede spedito. Una delle suore uditrici ha raccontato di aver incontrato la persona che aveva ucciso i suoi genitori e il resto della sua famiglia e di essersi riconciliata con lui. Si sono così liberati del peso di quell'esperienza. In molti Paesi procede anche il cammino della democrazia. Adesso è possibile svolgere le elezioni libere, dove un tempo vi erano dittature che lo impedivano.
Ecco quali sono le immagini positive di quanto sta accadendo in Africa. Ci sarebbe poi da parlare della creazione di commissioni di riconciliazione e verità in molte regioni, per risolvere il problema dei conflitti e delle violenze tribali. Il Burundi sta per istituire una commissione di riconciliazione e verità. Lo Stato della Sierra Leone ha già avviato il processo e non è il solo. Molte Conferenze episcopali che nel 1994 non possedevano commissioni di giustizia e pace per far riconoscere i diritti ai cittadini, ultimamente le hanno istituite. Sarebbe bene che i giornalisti ci aiutassero a far conoscere cosa stanno facendo i vescovi veramente. Se ne ricaverebbe un'immagine migliore dell'Africa. Anche nel mio Paese, il Sud Africa, le cose ora vanno molto meglio di qualche tempo fa. Ma a volte non interessa più il nostro cammino che ci ha portato alla democrazia.

Considera esportabile in altri Paesi africani il processo di democratizzazione del Sud Africa?

Dipende dalle situazioni. Nel nostro caso si è verificata una convergenza di circostanze. L'unica cosa certa è che Dio aveva un disegno speciale per noi e crediamo che l'abbia attuato. Per almeno 13 o 14 anni tutta l'Africa meridionale ha pregato per un cambiamento pacifico nel nostro Paese. Semmai c'è da chiedersi perché è accaduto solo da noi? Forse abbiamo potuto contare sulla persona giusta al momento giusto. Mi riferisco a Nelson Mandela. Persino dal carcere in cui era stato relegato è riuscito a stimolare il Governo al cambiamento. Fortunatamente i governanti lo hanno ascoltato. Non a caso, mentre era ancora in prigione, aveva già avviato negoziati, proseguiti quando poi è stato liberato, insieme con gli altri leader del movimento. Le migliori menti del Paese si sono riunite nella Convention for a democratic South Africa (Codessa). Tra i protagonisti c'erano Nelson Mandela e Frederik Willem de Klerk. Entrambi avevano alle spalle validi collaboratori che li aiutarono nel processo di negoziazione. Ma chi ne parla?

Cosa vorrebbe dire a chi gestisce i mass media?

Dovremmo chiedere ai mezzi di comunicazione sociale di annunciare buone notizie. Ecco un esempio: l'altro giorno qualcuno mi ha chiesto: "Quali sono le notizie positive del Sinodo?". Ho risposto che più di 200 vescovi sono riuniti per discutere del continente e per esaminare l'attività della Chiesa. La buona notizia era la crescita e l'approfondimento della fede. Il giornalista mi ha fissato e ha chiesto: "Sì, d'accordo, ma qual è la buona notizia sull'Africa che arriva da questo Sinodo?".
Penso, quindi, che abbiamo bisogno di giornalisti che ascoltino, osservino e, a volte, leggano anche fra le righe, quello che viene detto veramente. A volte, quando diciamo che stanno accadendo cose brutte, pensiamo che in altri luoghi vi sono aspetti positivi.

Pensa sia stato sufficiente lo spazio che hanno dato al Sinodo i mass media in generale e quelli africani in particolare?

Assolutamente no. È stato molto poco. In Sud Africa solo un giornale, peraltro quello cattolico, si è occupato del Sinodo. In altre parti dell'Africa se ne parla solo se ci sono stazioni radiofoniche cattoliche. Prendiamo l'esempio del Sud Africa: abbiamo un'emittente radiofonica, Radio Veritas, gestita da un padre domenicano: è l'unica che sta seguendo il Sinodo con molta attenzione. Per quanto riguarda il resto della stampa non credo stia facendo molto. Le cose spirituali, le cose religiose non vengono riportate, a meno che non si tratti di questioni controverse. Allora si che le pubblicano!

(©L'Osservatore Romano - 23 ottobre 2009)
S_Daniele
00venerdì 23 ottobre 2009 19:32
Il documento sinodale presentato ai giornalisti nella sala stampa della Santa Sede

Un messaggio di speranza per l'Africa e per il mondo


Non è un sunto del sinodo e soprattutto non è una bozza dell'esortazione post-sinodale di Benedetto XVI: molto più semplicemente è la voce dell'Africa che, attraverso la sua Chiesa, grida al mondo intero la sua voglia di riscatto, la sua fame di dignità, la sua sete di giustizia nei confronti di chi sviscera la sua terra, la saccheggia e la distrugge senza preoccuparsi del sangue versato. È stato presentato così, in estrema sintesi, il messaggio conclusivo della seconda Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi. L'arcivescovo John Olorunfemy Onaiyekan, e i vescovi Joussef Ibrahim Sarraf e Francisco João Silota nella tarda mattinata di giovedì 23, ne hanno illustrato i contenuti ai giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede.
Tutti e tre - rispettivamente presidente, vice presidente e membro della commissione incaricata della redazione del messaggio - hanno concordato nel definire il testo (distribuito ai giornalisti in bozza provvisoria, non definitiva) un documento "molto diretto, molto chiaro, molto concreto", immediatamente fruibile dai sacerdoti "che quotidianamente si devono confrontare con le cose di cui abbiamo parlato e denunciato in aula".
Monsignor Onaiyekan ha spiegato le diverse fasi di lavorazione del documento e poi ne ha illustrato la composizione. "Nella prima parte - ha detto - abbiamo voluto riassumere la reale situazione dell'Africa. Sin dall'introduzione abbiamo voluto mostrare, senza filtro alcuno, tutte le luci e tutte le ombre del nostro continente". Questo perché, ha aggiunto, è necessario avere un'esatta percezione della realtà del continente. Quindi il passo successivo è stata l'esposizione di quanto fa oggi la Chiesa in Africa per la riconciliazione dei suoi figli, per la promozione di un clima di giustizia tale da consentire di vivere in pace.
Un compito enorme che coinvolge tutta la grande famiglia riunita nella Chiesa cattolica africana alle cui ricchezze spirituali sono dedicate la terza e la quarta parte del messaggio. "Ma il sinodo - ha spiegato ancora l'arcivescovo - è andato oltre i limiti della Chiesa e si è rivolto alla comunità internazionale" e ha gridato il suo "basta" allo sfruttamento selvaggio di risorse e di uomini. Ma non ha dimenticato di rivolgere il suo appello anche agli africani, soprattutto ai leaders i quali "dovrebbero cominciare ad opporsi contro tutto ciò che lede i diritti dei loro popoli". L'ultima parte del messaggio - ha poi detto l'arcivescovo - è dedicata "alle grandi risorse spirituali dell'Africa. E se queste grandi risorse spirituali non vengono prepotentemente alla luce si finisce per giustificare le lotte fratricide che insanguinano la nostra terra". Prima di concludere il suo intervento monsignor Onaiyekan si è riferito al dialogo interreligioso, con i musulmani in particolare. Auspicio del sinodo, ha spiegato, è che prosegua un dialogo fruttuoso basato sul principio della reciprocità e della libertà religiosa "garantita per tutti, poiché è parte integrante dei diritti fondamentali della persona".
Monsignor Silota ha spiegato il senso della riflessione interna alla Chiesa in Africa che si è sviluppata durante i lavori. Si è riflettuto sulle responsabilità che competono a ciascun membro della famiglia di Dio, chiamato ognuno secondo il proprio carisma a dare il suo contributo alla riconciliazione, all'affermarsi della giustizia e della pace: "vescovi, sacerdoti, religiosi e laici - ha detto il presule - devono lavorare tutti insieme secondo il principio della sussidiarietà, che tuttavia non significa agire indipendentemente e all'oscuro gli uni degli altri, ma lavorare in sinergia tra di loro ed anche con i leader politici che è possibile avvicinare".
Infine monsignor Sarraf ha sottolineato come un grande merito di questo sinodo quello di aver fatto concretamente sentire la Chiesa in Africa come parte integrante della Chiesa universale. "Questo perché - ha spiegato - a differenza della prima assemblea, a questa seconda hann0 partecipato i rappresentanti di diverse Conferenze episcopali di altri continenti. E questo, oltre naturalmente alla costante presenza del Papa, ci ha fatto capire come l'Africa e la Chiesa in Africa non dovranno affrontare da sole un futuro che è ancora tutto da scrivere. Questo spirito di comunione che è regnato in questi giorni ci ha fatto anche capire che l'Africa parlava a tutta la Chiesa. E credo che questo messaggio, sebbene come il sinodo, sia rivolto al continente africano abbia molto da dire anche oltre i suoi confini".
Alle relazioni hanno fatto seguito diverse domande dei giornalisti presenti. Molte di queste si sono concentrate sulla posizione della Chiesa nei confronti dell'aids. Monsignor Onaiyekan ha risposto che la questione non si può banalizzare o risolvere in un dibattito sulla liceità o meno dell'uso del preservativo. "Questo - ha detto - non aiuterà certo a combattere la malattia". La Chiesa, molto più concretamente, ha aggiunto, combatte informando e promuovendo campagne di sensibilizzazione.
Altro argomento spesso rilanciato è stato quello delle ingerenze internazionali: cosa intende fare la Chiesa? La proposta, ha detto l'arcivescovo, è quella di varare un codice di condotta internazionale a cui si devono conformare le multinazionali, soprattutto quelle minerarie.
A proposito della responsabilità politica di leaders cattolici il vescovo Silota ha invocato "una maggiore coerenza tra gli insegnamenti del Vangelo e la vita pubblica".

(©L'Osservatore Romano - 24 ottobre 2009)
S_Daniele
00sabato 24 ottobre 2009 06:07

Messaggio a conclusione del Sinodo speciale per l'Africa


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 23 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Nella diciottesima Congregazione generale di venerdì mattina, i Padri sinodali hanno approvato il Nuntius (Messaggio) a conclusione della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.

Pubblichiamo qui di seguito la versione in italiano del testo integrale (redatto in italiano, inglese, francese e portoghese). Il testo non è definitivo.



* * *


INTRODUZIONE

1. È stato un dono speciale della grazia, e come ultima volontà e testamento per l’Africa, quando il Servo di Dio, Papa Giovanni Paolo II, verso la fine della sua vita, il 13 Novembre 2004, annunciò la sua intenzione di convocare una Seconda Assemblea Speciale per l’ Africa del Sinodo dei Vescovi. Questa stessa intenzione fu confermata dal suo successore, il nostro Santo Padre, Papa Benedetto XVI, il 22 giugno 2005, in una delle prime grandi decisioni del suo pontificato. Mentre siamo riuniti qui per questo Sinodo, da tutti i paesi dell’Africa del Madagascar e delle isole adiacenti, coi fratelli vescovi e colleghi di tutti i continenti, insieme e sotto il Capo del Collegio Episcopale, con la partecipazione di alcuni delegati fraterni di altre tradizioni cristiane, noi ringraziamo Dio per questa possibilità provvidenziale di celebrare le benedizioni del Signore sul nostro continente, per riflettere sul nostro ufficio di Pastori del gregge di Dio e cercare nuova ispirazione e incoraggiamento per i compiti e le sfide che ci stanno davanti. Sono già passati quindici anni dalla prima Assemblea nel 1994. Gli insegnamenti e le direttive dell’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa non hanno cessato di rappresentare una valida guida per la nostra attività pastorale. In questa seconda Assemblea, comunque, il Sinodo ha potuto concentrarsi su un tema di massima urgenza per l’Africa: il nostro servizio per la riconciliazione, la giustizia e la pace in un continente che ha davvero un pressante profondo bisogno di queste grazie e virtù.

2. Abbiamo iniziato il nostro lavoro qui a Roma con una celebrazione inaugurale della Santa Eucaristia, presieduta da Sua Santità il Papa Benedetto XVI, invocando lo Spirito Santo di “condurci verso la verità tutta intera” (Gv 16,13). In quella occasione, il Papa ci ha ricordato che il Sinodo non è’ in primo luogo una sessione di studio. Piuttosto, è l’iniziativa di Dio, che ci chiama ad ascoltare: ascoltare Dio, ascoltarci a vicenda e ascoltare il mondo che ci sta attorno, in un’atmosfera di preghiera e di riflessione.

3. Mentre siamo in procinto di disperderci verso i vari luoghi della nostra missione, con rinnovato impegno e coraggio, indirizziamo questo messaggio alla Chiesa tutta intera, Famiglia di Dio, e in special modo alla Chiesa in Africa: ai nostri fratelli vescovi in nome dei quali siamo qui; ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e a tutti i fedeli laici e a chiunque Dio apra il cuore per ascoltare le nostre parole.

PARTE I
UNO SGUARDO ALL’AFRICA D’OGGI

4. Viviamo in un mondo pieno di contraddizioni e in piena crisi. La scienza e la tecnologia fanno passi da gigante in tutti gli aspetti della vita, fornendo all’umanità tutto ciò che occorre per fare del nostro pianeta un luogo meraviglioso per tutti noi. Tuttavia situazioni tragiche di rifugiati, povertà estrema, malattie e fame uccidono tuttora migliaia di persone ogni giorno.

5. In tutto questo, l’ Africa è la più colpita. Essa è ricca di risorse umane e naturali, ma molti del nostro popolo sono lasciati a dibattersi nella povertà e nella miseria, in guerre e conflitti, fra crisi e caos. Molto raramente tutto ciò è causato da disastri naturali. Piuttosto è dovuto in larga misura a decisioni e azioni umane di persone che non hanno nessuna considerazione per il bene comune e ciò spesso per tragica complicità e cospirazione criminale tra responsabili locali e interessi stranieri.

6. Ma l’Africa non deve disperare. Le benedizioni di Dio sono ancora abbondanti e aspettano di essere sfruttate con prudenza e giustizia a favore dei suoi figli. Dove le condizioni sono giuste, i suoi figli hanno dimostrato che possono raggiungere, e in effetti hanno raggiunto, il più alto grado di impegno umano e competenza. Ci sono molte buone notizie in diverse parti dell’Africa. Ma i mezzi di comunicazione moderna spesso prediligono le cattive notizie e sembrano concentrarsi sulle nostre disgrazie e difetti, piuttosto che sugli sforzi positivi che stiamo compiendo. Nazioni sono uscite da lunghi anni di guerra e si muovono gradualmente sui sentieri della pace e della prosperità. Il buon governo sta avendo un notevole impatto positivo in alcuni paesi africani, stimolando così altri paesi a riconsiderare le cattive abitudini del passato e del presente. Abbondano segnali di molte iniziative che cercano di dare un’effettiva soluzione ai nostri problemi. Questo Sinodo, proprio per la scelta del suo tema, spera di essere una di queste iniziative positive. Invitiamo tutti indistintamente a collaborare per raccogliere le sfide della Riconciliazione, della Giustizia e della Pace in Africa. Molti stanno soffrendo e morendo: non c’è tempo da perdere.

PARTE II
ALLA LUCE DELLA FEDE

7. Il nostro ufficio di vescovi ci obbliga a considerare ogni cosa alla luce della fede. Poco tempo dopo la pubblicazione di Ecclesia in Africa (EIA), i vescovi d’Africa, tramite il Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar (SECAM), pubblicarono una lettera pastorale intitolata: “Cristo nostra pace” (cfr. Documento Finale dell’ Assemblea Plenaria del SECAM a Rocca di Papa, 1-8 Ottobre 2000, pubblicato ad Accra nel 2001). Durante questa assemblea abbiamo spesso ricordato che l’iniziativa per ogni riconciliazion e pace viene da Dio. Come dice l’Apostolo Paolo: “In Cristo, Dio ha riconciliato a sé il mondo”. Questo avviene per un suo dono gratuito di perdono senza condizioni, “senza imputare loro i peccati”, per introdurci nella sua pace(cfr. 2 Cor 5, 17-20). Per quanto riguarda la giustizia, anch’essa è azione di Dio, attraverso la grazia giustificante, in Cristo.

8. Nello stesso testo San Paolo continua dicendo che Dio “affida a noi la parola della riconciliazione”, e in effetti ci ha nominati “ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro”. Questo è l’altissimo mandato che abbiamo ricevuto dal nostro Dio, misericordioso e compassionevole. La Chiesa in Africa, sia come famiglia di Dio sia come singoli fedeli, ha il dovere di essere strumento di pace e riconciliazione, secondo il cuore di Cristo, che è la nostra pace e riconciliazione. E sarà capace di far questo nella misura in cui essa stessa è riconciliata con Dio. Le sue strategie per la riconciliazione, la giustizia e la pace nella società devono andare oltre e più in profondità di quanto il mondo tratti queste questioni. Con San Paolo, il Sinodo invita tutti i popoli d’Africa: “ Vi supplichiamo in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio” ( 2 Cor 5,20). In altre parole, invitiamo tutti a lasciarsi riconciliare con Dio. È questo che apre la via alla riconciliazione vera fra persone. È questo che può spezzare il circolo vizioso dell’offesa, della vendetta e del contrattacco. In tutto questo, la virtù del perdono è cruciale, anche prima di qualsiasi ammissione di colpa. Quelli che dicono che il perdono non funziona, dovrebbero provare a vendicarsi e vedere cosa succede. Il vero perdono promuove la giustizia del pentimento e della riparazione, che conducono a una pace che va alle radici del conflitto e che fanno di quanti erano vittime e nemici, degli amici, fratelli e sorelle. Poiché è Dio che rende possibile questo tipo di riconciliazione, in questo ministero dobbiamo dare uno spazio adeguato alla preghiera e ai sacramenti, specialmente il Sacramento della Penitenza.

PARTE III
ALLA CHIESA UNIVERSALE

9. Questo proietta la sua luce di attenzione e solidarietà sul continente africano. Ringraziamo il Santo Padre per la sua vicinanza all’Africa nelle sue lotte e per la difesa che ne fa con tutto il peso della sua enorme autorità morale. Come i suoi predecessori, è sempre stato un vero amico dell’Africa e degli Africani. Confrontandoci con le nostre sfide, siamo stati arricchiti e guidati dai tesori e dalla saggezza del magistero dei Papi sugli aspetti socio-politici. A questo proposito, il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa è un vademecum e una risorsa che vivamente raccomandiamo in questo messaggio a tutti i fedeli laici, specialmente a quelli che hanno grandi responsabilità nelle nostre comunità.

10. La Santa Sede ha promosso molte iniziative mirate allo sviluppo e al benessere dell’Africa. Un caso specifico è la Fondazione per il Sahel per combattere la desertificazione nelle regioni del Sahel. Non possiamo neanche sminuire i grandi servigi che rendono i rappresentanti pontifici nelle nostre chiese locali. Oggi la Santa Sede ha Nunzi in 50 paesi africani, su 53. Questa è una forte indicazione dell’impegno della Santa Sede a servizio del continente, per il quale il Sinodo esprime un profondo apprezzamento.

11. Salutiamo con affetto fraterno la Chiesa tutt’intera, oltre le coste dell’Africa, noi tutti membri della stessa Famiglia di Dio sparsa in tutto il mondo. La presenza e la partecipazione attiva di delegati da altri continenti in questa assemblea, conferma il nostro legame di collegialità effettiva ed affettiva. Ringraziamo tutte quelle Chiese locali che si sono impegnate per offrire servizi in Africa e per l’Africa, sia nell’ambito spirituale che materiale. Nell’area della riconciliazione, della giustizia e della pace, la Chiesa in Africa continuerà a contare sull’effettivo patrocinio dei responsabili della Chiesa in quei paesi ricchi e potenti le cui politiche, azioni e omissioni contribuiscono a causare o aggravare la difficile situazione dell’Africa. C’e uno speciale legame storico fra l’Europa e l’Africa. A questo proposito, dunque, la relazione che oggi esiste fra i due organismi episcopali a livello continentale, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’ Europa (CCEE) e SECAM, deve essere rafforzata e approfondita. Accogliamo pure con gioia i nascenti rapporti fraterni tra la Chiesa in Africa e la Chiesa nelle Americhe.

12. Molti figli e figlie d’Africa hanno lasciato la loro casa per cercar dimora in altri continenti. Molti di loro stanno bene e contribuiscono validamente alla vita del loro nuovo paese di residenza. Altri lottano per sopravvivere. Li raccomandiamo tutti all’adeguata attenzione pastorale della Chiesa, Famiglia di Dio, dovunque siano. “Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35) non è solo una parabola circa la fine del mondo, ma è anche un dovere da soddisfare oggi. La Chiesa in Africa ringrazia Dio per i suoi numerosi figli e figlie che sono missionari in altri continenti. In questo santo scambio di doni, è importante che tutte le parti coinvolte continuino a lavorare per costruire una relazione cristiana trasparente, corretta, dignitosa. Durante i lavori del Sinodo, la Chiesa in Africa ha accettato la sfida di interessarsi delle persone di discendenza africana in altri continenti, specialmente d’America.

13. A questo punto, questo Sinodo sente il dovere d’esprimere profondo apprezzamento per i molti missionari, sacerdoti, religiosi e fedeli laici che da altri continenti hanno portato la fede alla maggior parte dei paesi in Africa, molti dei quali vi stanno ancora lavorando con zelo e dedizione eroica. Grazie in special modo a quelli che sono rimasti con la loro gente anche in tempo di guerra e di gravi crisi. Alcuni hanno anche pagato con la propria vita la loro fedeltà.

PARTE IV
LA CHIESA IN AFRICA

14. Ricordiamo, con giusto orgoglio, che il Cristianesimo è presente in Africa fin dai sui primi inizi, in Egitto ed Etiopia e subito dopo in altre parti del Nord Africa. Questa antica Chiesa ha arricchito la Chiesa universale con prestigiose tradizioni, teologiche e spirituali, con famosi santi e martiri, come Papa Giovanni Paolo II ha messo in evidenza così eloquentemente (EIA, n. 31). Le Chiese dell’Egitto e dell’Etiopia, che sono sopravvissute a numerose prove e persecuzioni, meritano un’alta considerazione e una collaborazione più stretta con le Chiese, molto più giovani, nel resto del continente. Tale collaborazione è particolarmente importante se consideriamo le migliaia di migranti e di giovani studenti dal sud del Sahara che fanno i loro studi superiori nel Maghreb. Molti di loro sono cattolici e portano con sé il loro attaccamento alla fede, cosa che rianima grandemente la Chiesa locale di residenza. La Chiesa, formata in questi luoghi e in altri soprattutto da stranieri, conta sulla solidarietà delle Chiese sorelle d’Africa perché mandino sacerdoti Fidei Donum ed altri missionari.

15. In tutto il continente, la Chiesa continuerà a camminare in solidarietà con il suo popolo. Le gioie e i dolori, le speranze e le aspirazioni del nostro popolo sono anche le nostre (cfr. Vat. II, Gaudium et spes, 1). Siamo convinti che il primo e specifico contributo della Chiesa ai popoli d’ Africa è la proclamazione del Vangelo di Cristo. Siamo perciò impegnati a continuare vigorosamente la proclamazione del Vangelo ai popoli d’ Africa, perché “la vita in Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo”, come Papa Benedetto XVI dice in Caritas in veritate (CV, 8). Infatti l’impegno a favore dello sviluppo proviene da quel cambiamento del cuore che deriva dalla conversione al Vangelo. In questa luce, accettiamo la nostra responsabilità d’essere strumenti di riconciliazione, di giustizia e di pace nelle nostre comunità, “ambasciatori per Cristo” (2 Cor 5,20) che è la nostra pace e riconciliazione. A questo proposito, tutti i membri della Chiesa, clero, religiosi e fedeli laici, devono essere mobilizzati a lavorare insieme nell’unità che fa la forza. Siamo provocati e incoraggiati dal proverbio africano che dice che “un esercito di formiche ben organizzate può abbattere un elefante”. Non dovremmo aver paura e ancor meno essere scoraggiati, dall’enormità dei problemi del nostro continente.

16. La Chiesa in Africa accoglie con gioia l’invito fatto nella sala del Sinodo per una collaborazione ‘Sud-Sud’ nei nostri sforzi. Molti dei problemi dell’Africa, e molte delle pressioni sull’Africa, si trovano anche in Asia e nell’America Latina. Noi crediamo che abbiamo molto da guadagnare non solo scambiandoci informazioni ma anche collaborando. Che il Signore ci mostri la via per continuare in questa direzione.

17. Il SECAM è l’istituzione della solidarietà pastorale organica della gerarchia della Chiesa in Africa (EIA, n. 16). Sfortunatamente, questo organismo insostituibile non ha ricevuto il sostegno che dovrebbe ricevere, neanche dai vescovi in Africa. Ringraziamo Dio che questo Sinodo ha rappresentato un opportunità benedetta di mettere in luce l’importanza del SECAM. Abbiamo molte ragioni di credere che gli inviti fatti da molti Padri sinodali per un maggior impegno verso il SECAM non sono caduti nel vuoto. Mentre ci prepariamo a ritornare a casa, ci siamo impegnati a dare al SECAM quel poco di cui ha bisogno per svolgere la sua missione. Creata per iniziativa del SECAM e operante in comunione leale con esso, la Confederazione delle Conferenze dei Superiori Maggiori d’ Africa e di Madagascar (COSMAM), sta crescendo gradualmente per diventare uno strumento effettivo per promuovere nel continente una solidarietà pastorale organica nella vita e nell’apostolato dei religiosi in Africa. Il Sinodo accoglie con gioia il loro valido contributo alla vita e missione della Chiesa in Africa.

18. Come vescovi accettiamo la sfida di lavorare in unità nelle nostre varie Conferenze Episcopali, dando ai nostri paesi un modello di istituzione nazionale riconciliata e giusta, pronti ad offrirci come artigiani di pace e di riconciliazione, ogni volta e in ogni luogo ne siamo richiesti. Lodiamo quei vescovi che hanno avuto tali ruoli, specialmente in ambito ecumenico e/o insieme a religioni differenti, come abbiamo visto avvenire in luoghi come il Mali, la Repubblica Democratica del Congo, il Burkina Faso, il Senegal, il Niger e altri. L’unità dell’episcopato è fonte di grande forza, mentre la sua assenza spreca le energie, rende vani gli sforzi e apre uno spazio ai nemici della Chiesa per neutralizzare la nostra testimonianza. Un’area importante dove una tale cooperazione nazionale e coesione sono molto utili è nei mezzi di comunicazione. Da quando EIA è stata pubblicata, è avvenuta una vera esplosione di stazioni radio cattoliche in Africa, da soltanto 15 circa nel 1994 a più di 163 oggi, in 32 paesi. Lodiamo quei paesi che hanno incoraggiato questo sviluppo. Invitiamo quei paesi che hanno ancora delle riserve a questo proposito, a riconsiderare le loro politiche, per il bene dei loro paesi e della loro gente.

19. Ogni vescovo deve porre le questioni della riconciliazione, della giustizia e della pace come un’alta priorità nell’agenda pastorale della sua diocesi. Dovrebbe assicurare la creazione di Commissioni di Giustizia e Pace a tutti i livelli. Dovremmo continuare a lavorare sodo nel formare le coscienze e nel cambiare i cuori, tramite una catechesi efficace a tutti i livelli. Questo deve andare oltre il “semplice catechismo” per bambini e catecumeni che si preparano ai sacramenti. Abbiamo bisogno di organizzare un programma di formazione continua per tutti i nostri fedeli, specialmente per quelli che sono in alte posizioni di autorità. Le nostre diocesi devono essere modelli di buon governo, di trasparenza e di buona gestione finanziaria. Dobbiamo continuare a fare del nostro meglio per combattere la povertà, grande ostacolo alla pace e alla riconciliazione. Qui i suggerimenti per creare programmi di micro-finanza meritano un’attenzione particolare. Come ultimo punto, il vescovo, in quanto capo della sua Chiesa locale, ha il dovere di mobilizzare tutti i suoi fedeli e coinvolgerli nei ruoli loro propri nel pianificare, formulare, attuare e valutare politiche e programmi diocesani per la riconciliazione, la giustizia e la pace.

20. Il sacerdote è “il collaboratore necessario e più stretto del vescovo”. In questo Anno Sacerdotale, cari fratelli nel sacerdozio, ci indirizziamo a voi in modo speciale: voi occupate una posizione chiave nell’apostolato della diocesi. Voi rappresentate per la gente la faccia più visibile del clero, sia all’interno della Chiesa, che all’esterno. Il vostro esempio di vita insieme e in pace, superando le barriere tribali e razziali, può essere una potente testimonianza per gli altri. Questo viene dimostrato per esempio quando accogliete con gioia chiunque la Santa Sede nomina come vostri vescovi, senza distinzioni di luogo di nascita. Molto della realizzazione dei piani pastorali diocesani per la riconciliazione, la giustizia e la pace dipenderà da voi. La catechesi, la formazione del laicato, la cura pastorale delle persone di alta responsabilità: niente di tutto questo andrà lontano senza il vostro pieno impegno nelle parrocchie e nei vari luoghi di vostra competenza. Il Sinodo vi esorta a non trascurare il vostro dovere in questo ambito. Raggiungerete un successo più grande se sarete capaci di lavorare in un ministero basato sulla cooperazione, coinvolgendo tutti gli altri agenti della comunità pastorale; diaconi, religiosi, catechisti, laici, uomini e donne e i giovani. In molti casi, il prete è fra quelli meglio formati nella comunità locale e talvolta ci si aspetta che svolga un ruolo di leader negli affari della comunità. Dovreste sapere qual è il modo migliore di offrire il vostro servizio pastorale ed evangelico, senza schieramenti di parte. La vostra fedeltà agli impegni sacerdotali, in particolare a una vita di celibato nella castità, come pure a un distacco dalle cose materiali, è una testimonianza eloquente al Popolo di Dio. Molti di voi hanno lasciato l’Africa per la missione in altri continenti. Quando lavorate con rispetto e ordine, voi date una buona immagine dell’Africa. Il Sinodo loda il vostro impegno nell’opera missionaria della Chiesa. Possiate ricevere tutti la ricompensa promessa a coloro “che hanno lasciato la loro casa ..... per causa del Regno” (Lc 18,28).

21. L’Africa in questi ultimi anni è divenuta pure un terreno fertile per numerose vocazioni: sacerdoti, fratelli e suore. Ringraziamo Dio per questa grande benedizione. Cari uomini e donne di vita consacrata, vi siamo grati per la testimonianza della vostra vita religiosa nei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, che spesso vi rendono profeti e modelli di riconciliazione, giustizia e pace in circostanze di estrema pressione. Il Sinodo vi esorta a dare la massima efficacia al vostro apostolato attraverso la comunione leale e impegnata con la gerarchia locale. Il Sinodo si congratula specialmente con voi, religiose, per la dedizione e lo zelo nel vostro apostolato nel campo della sanità, dell’educazione e di altri aspetti dello sviluppo umano.

22.Questo Sinodo si rivolge con profondo affetto ai fedeli laici d’Africa. Voi siete la Chiesa di Dio nei luoghi pubblici della società. È in voi ed attraverso di voi che la vita e la testimonianza della Chiesa sono visibili al mondo. Voi quindi condividete il mandato della Chiesa di essere “ambasciatori per Cristo” impegnati per la riconciliazione del popolo con Dio e tra di loro. Ciò esige che lasciate che la vostra fede permei ogni aspetto ed angolo della vostra vita; in famiglia, al lavoro, nella professione, in politica e nella vita pubblica. Non è un impegno facile. Per questo dovete accostarvi assiduamente alle sorgenti della grazia, tramite la preghiera ed i sacramenti. Il testo scritturistico del tema del Sinodo, indirizzato a tutti I seguaci di Cristo, si riferisce in modo particolare a voi: “Voi siete il sale della terra…Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,13-14). A questo punto vogliamo reiterare la raccomandazione di Ecclesia in Africa a proposito delle Piccole Comunità Cristiane (EIA, 93).Oltre alla preghiera, vi dovete armare con una sufficiente conoscenza della fede cristiana per essere capaci di “dare prova della speranza che portate” (1 Pt 3,15) nei luoghi pubblici dove si formano le idee. Coloro tra voi che sono più in alto hanno il dovere di acquisire un livello proporzionale di cultura religiosa. In particolare raccomandiamo caldamente le fonti basilari della fede cattolica: la Santa Bibbia, il Catechismo della Chiesa Cattolica, e ciò che è più rilevante per il tema del sinodo, il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. Tutti questi sono disponibili a prezzi accessibili. Non ci sono scuse per restare ignoranti della propria fede. Al riguardo Ecclesia in Africa raccomandava ardentemente la fondazione di università cattoliche. Ringraziamo Dio che negli ultimi 15 anni sono emerse molte di tali istituzioni, e molte altre sono in arrivo. Questo progetto ha una importanza capitale. Ma è necessario, se dobbiamo investire su un futuro di un laicato cattolico ben formato, specialmente di intellettuali, pronti e capaci di ergersi a testimoniare la propria fede nel mondo contemporaneo. Questo è certamente un campo dove la solidarietà universale della Chiesa Famiglia di Dio è imprescindibile.

23. Il Sinodo ha un messaggio molto importante e speciale per voi, cari cattolici africani impegnati nella vita pubblica. Lodiamo i tanti tra voi che si sono offerti per il servizio pubblico nel vostro popolo, senza preoccuparsi di tutti i pericoli e delle incertezze della politica in Africa, prendendolo come un apostolato per promuovere il bene comune ed il regno di Dio, che è regno di giustizia, di amore e di pace, secondo l’insegnamento della Chiesa (cfr. Vat. II Gaudium et spes, 75). Potete sempre contare sull’incoraggiamento e sull’appoggio della Chiesa. Ecclesia in Africa esprimeva la speranza che emergano in Africa politici e capi di stato santi. Questo non è certamente un desiderio vuoto. È incoraggiante che la causa di canonizzazione di Julius Nyerere della Tanzania sia già in corso. L’Africa ha bisogno di santi in rilevanti uffici politici: politici santi che sgombreranno il continente dalla corruzione, che lavoreranno per il bene della gente e che sapranno come galvanizzare altri uomini e donne di buona volontà al di fuori della Chiesa ad unirsi contro i mali comuni che assillano le nostre nazioni. Il Sinodo ha raccomandato fortemente che le Chiese locali intensifichino il loro apostolato per la cura spirituale di quanti sono in cariche pubbliche, designino zelanti cappellani per loro ed organizzino uffici di collegamento ad alto livello per evangelizzare i parlamenti. Vi esortiamo, tutti voi fedeli laici in politica, di approfittare pienamente di tali programmi là dove esistono. Molti cattolici in posizioni di prestigio deplorevolmente non hanno corrisposto adeguatamente all’esercizio delle loro cariche. Il Sinodo invita tali persone a pentirsi o a lasciare la pubblica arena e così cessare di causare rovina al popolo dare cattiva fama alla Chiesa Cattolica.

24. Rivolgiamo ora l’ attenzione alle nostre care famiglie cattoliche in Africa. Ci congratuliamo con voi per essere rimaste tenacemente fedeli agli ideali della famiglia cristiana e per aver conservato i valori migliori della nostra famiglia africana. Vi mettiamo in guardia contro gli attacchi di velenose ideologie provenienti dall’estero, che pretendono di essere cultura “moderna”. Continuate ad accogliere i bambini come dono di Dio ed allevateli nella conoscenza e nel timore di Dio, per essere persone di riconciliazione, di giustizia e di pace nel futuro. Siamo coscienti che molte delle nostre famiglie sono oggetto di grande pressione. La povertà spesso rende i genitori incapaci di prendersi buona cura dei propri figli, con conseguenze disastrose. Invitiamo i governi e le autorità civili a ricordare che il paese la cui legislazione distrugge le famiglie, lo fa a scapito proprio. La maggior parte delle famiglie chiedono solo quanto è sufficiente per sopravvivere. Esse hanno il diritto a vivere.

25. Il Sinodo ha una parola speciale per voi, care donne cattoliche. Voi siete spesso la spina dorsale della nostra Chiesa locale. In molti paesi le Organizzazioni delle Donne Cattoliche sono una grande forza per l’apostolato della Chiesa. Ecclesia in Africa raccomandava che nella Chiesa “le donne, adeguatamente formate, vengano rese partecipi, ai livelli appropriati, dell’attività apostolica della Chiesa” (n. 121). In molti luoghi si registra un progresso in questa direzione. Ma ancora molto resta da fare. Il contributo specifico delle donne dovrebbe essere riconosciuto e promosso, non solo in casa come mogli e madri, ma più generalmente anche nella sfera sociale. Il Sinodo raccomanda alle nostre Chiese locali di spingersi al di là dell’affermazione generale di Ecclesia in Africa e di creare strutture cpncrete per assicurare la reale partecipazione delle donne “a livelli appropriati”. La Santa Sede ci ha dato il buon esempio a questo riguardo nominando donne a cariche dei più alti livelli. Ovunque in Africa si parla molto dei diritti delle donne, specialmente attraverso i piani d’azione preparati da alcune agenzie dell’ONU. Molto di ciò che dicono è giusto e corrisponde a quanto la Chiesa va dicendo. Ma c’è bisogno di grande cautela nei progetti concreti da loro proposti, spesso per secondi fini. Noi incarichiamo voi, donne cattoliche, ad essere pienamente coinvolte nei programmi per le donne dei vostri paesi, con gli occhi della fede ben aperti. Munite di una buona informazione e della dottrina sociale della Chiesa, dovreste fare in modo che le buone idee non vengano distorte dagli spacciatori di ideologie straniere e moralmente velenose che riguardano il genere e la sessualità umana. Nel far questo vi guidi Maria nostra Madre, sede della Sapienza.

26. Il Sinodo chiede ugualmente a voi, cari uomini cattolici, di svolgere i vostri importanti ruoli di padri responsabili e di mariti retti e fedeli. Seguite l’esempio di S. Giuseppe (cfr.Mt 2,13-23) nella cura della famiglia, nella protezione della vita dal momento del concepimento e nell’educazione dei figli. Fate in modo di organizzarvi in associazioni ed in gruppi di Azione Cattolica che vi rendano capaci di migliorare la qualità della vita cristiana e l’impegno per la Chiesa. Ciò vi metterebbe anche in una posizione migliore per interpretare ruoli di guida nella società e per diventare testimoni più efficaci e promotori di riconciliazione, giustizia e pace, come sale della terra e luce del mondo.

27. Infine ci rivolgiamo a voi, nostri figli e figlie, giovani delle nostre comunità. Voi non siete solo il futuro della Chiesa: voi siete già il presente in grande numero. In molti paesi d’Africa più del 60% della popolazione è sotto i 25 anni. La percentuale nella Chiesa non dovrebbe essere molto differente. Voi dovete essere strumenti di pace e all’avanguardia di un cambiamento sociale positivo. Sentiamo di dover dare un’attenzione particolare a voi, giovani adulti. Voi siete spesso trascurati, lasciati alla deriva come bersagli per ideologie e sette di ogni tipo. Voi siete molto spesso reclutati ed assunti per pratiche violente. Esortiamo tutte le Chiese locali a considerare l’apostolato verso i giovani come un’alta priorità.

28. Gesù ha detto: “Lasciate che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli”(Mt 19,14). Il Sinodo non ha dimenticato voi, cari bambini. Voi siete sempre oggetto di della nostra tenera attenzione. Ma noi riconosciamo e desideriamo valorizzare il vostro entusiasmo ed impegno come forze attive di evangelizzazione, specialmente tra i vostri coetanei. A voi pure deve essere assicurato uno spazio adeguato, mezzi e direzione per abilitarvi all’apostolato. Vi raccomandiamo specialmente l’organizzazione per i bambini delle Pontificie Opere Missionarie: l’ Opera della Santa Infanzia.

PARTE V
UN APPELLO ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

29. La famiglia di Dio si estende al di là dei confini visibili della Chiesa, essa include l’umanità intera. Quando pensiamo ad argomenti come riconciliazione, giustizia e pace, tutti ci incontriamo al livello più profondo della nostra comune umanità. Questo progetto riguarda tutti e richiede un’azione comune. Noi allora alziamo la nostra voce per un appello a tutti gli uomini e donne di buona volontà. In modo particolare ci rivolgiamo a coloro con i quali professiamo la stessa fede in Gesù Cristo, e anche a uomini e donne di altre fedi.

30. In genere le agenzie dell’ONU svolgono un buon lavoro in Africa, per lo sviluppo, il mantenimento della pace, la difesa dei giusti diritti delle donne e dei bambini, la lotta alla povertà, alle malattie,al HIV/AIDS, alla malaria, alla tubercolosi ed altri problemi. Il Sinodo loda il lavoro positivo che stanno svolgendo. Tuttavia chiediamo loro di essere più coerenti e trasparenti nel realizzare i loro programmi. Raccomandiamo vivamente i paesi di Africa a valutare con attenzione i servizi che sono offerti alla nostra gente, di assicurarsi che essi sia buoni per noi. In particolare il Sinodo denuncia tutti i tentativi furtivi di distruggere e scalzare i preziosi valori Africani della famiglia e della vita umana (per esempio: il detestabile art. 14 del Protocollo di Maputo ed altre proposte simili).

31. La Chiesa non è seconda a nessuno nella lotta contro l’HIV/AIDS e nella cura delle persone infette e contagiate da esso. Il Sinodo ringrazia tutti quelli che sono generosamente coinvolti in questo difficile apostolato di amore e di attenzione. Invochiamo un appoggio prolungato perché possiamo coprire i bisogni dei molti che chiedono assistenza (EIA, 31). Con il Santo Padre Benedetto XVI, questo Sinodo avverte che il problema non può essere superato con la distribuzione di profilattici. Chiediamo a tutti coloro che sono genuinamente interessati ad arrestare la trasmissione sessuale dell’ HIV/AIDS di riconoscere il successo già ottenuto dai programmi che consigliano l’astinenza tra i non sposati e la fedeltà tra gli sposati. Questo modo di procedere non solo offre la miglior protezione contro la diffusione di questa malattia ma è pure in armonia con la morale cristiana. Ci rivolgiamo particolarmente a voi, giovani. Non permettete che nessuno vi inganni nel pensare che non potete autocontrollarvi: sì, con la grazie di Dio, lo potete.

32. Ai grandi poteri di questo mondo rivolgiamo una supplica: trattate l’Africa con rispetto e dignità. L’Africa da tempo reclama un cambiamento nell’ordine economico mondiale a riguardo delle strutture ingiuste accumulatesi pesantemente su di essa. La recente turbolenza nel mondo finanziario mostra il bisogno di un radicale cambiamento di regole. Ma sarebbe una tragedia se le modifiche fossero fatte solo negli interessi dei ricchi ed ancora a discapito dei poveri. Molti dei conflitti, guerre e povertà dell’Africa derivano principalmente da queste strutture ingiuste.

33. L’umanità ha molto da guadagnare se ascolta le parole sapienti del Santo Padre Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate. Un ordine mondiale nuovo e giusto non è soltanto possibile, ma necessario per il bene di tutta l’umanità. Un cambiamento è richiesto circa il debito che pesa sui paesi poveri, uccidendo letteralmente i bambini. Le società multinazionali devono cessare la devastazione criminale dell’ambiente per il loro ingordo sfruttamento delle risorse naturali. È una politica miope quella di fomentare guerre per ottenere profitti rapidi dal caos, al prezzo di vite umane e di sangue. E’ possibile che nessuno sia capace e voglia interrompere questi crimini contro l’umanità?

PARTE VI
“AFRICA, ALZATI!”

34. Si dice che la culla del genere umano si trovi in Africa. Il nostro continente ha una lunga storia di grandi imperi e di civiltà illustri. La storia futura del continente deve essere ancora scritta. Dio ci ha benedetto con ampie risorse naturali ed umane. Nella quotazione internazionale dello sviluppo materiale, i paesi dell’Africa sono spesso agli ultimi posti. Non è questa una ragione per disperare.. Ci sono stati gravi atti di ingiustizia storica, come la tratta degli schiavi ed il colonialismo, le cui conseguenze negative ancora persistono. Ma queste non sono più scuse per non muoverci in avanti. Di fatto molte cose stanno accadendo. Lodiamo gli sforzi per liberare l’Africa dall’alienazione culturale e dalla schiavitù politica. Ora l’Africa deve affrontare la sfida di dare ai propri figli un degno livello di condizioni di vita. A livello politico, c’è un progresso verso l’integrazione continentale: l’Organizzazione per l’Unità Africana (OAU) è diventata l’Unione Africana (AU). L’Unione Africana ed altri raggruppamenti regionali, a volte in collaborazione con le Nazioni Unite, hanno intrapreso iniziative per risolvere conflitti e per mantenere la pace in molte situazioni di crisi. A livello economico, l’Africa ha cercato di tagliarsi su misura una struttura strategica per lo sviluppo chiamata NEPAD (Nuovo Partenariato Economico per lo Sviluppo Africano). Ha previsto anche un APRM (African Peer Review Mechanism) per il monitoraggio e la misura dell’attuazione di ciò da parte dei vari paesi. Il Sinodo loda questi sforzi poiché questi programmi collegano chiaramente l’emancipazione economica dell’Africa con l’insediamento di un buon governo. Purtroppo qui sta il punto di stallo. Per la gran parte dei paesi africani i bei documenti del NEPAD restano ancora lettera morta. Ci attendiamo perciò un miglioramento generale del buon governo in Africa.

35. Il Sinodo felicemente si congratula con i pochi paesi in Africa che hanno intrapreso la strada di una genuina democrazia. Essi stanno già mostrando i buoni risultati del metodo di fare le cose bene. Alcuni di essi sono usciti da molti anni di guerre e conflitto e stanno gradualmente ricostruendo la loro nazione disastrate. Noi speriamo che il loro buon esempio solleciti altri a cambiare le cattive abitudini.

36. Il Sinodo nota con tristezza che la situazione in parecchi paesi resta molto vergognosa. Pensiamo in particolare alla triste situazione della Somalia, immersa in un conflitto virulento da quasi due decenni che coinvolge già i paesi vicini. Non dimentichiamo la tragica condizione di milioni di persone nella regione dei Grandi Laghi e la crisi che ancora perdura nell'Uganda settentrionale, nel Sudan meridionale, nel Darfur, in Guinea Conakry ed in altri luoghi. Coloro che controllano le sorti di queste nazioni devono assumersi piena responsabilità per il loro deplorevole comportamento. Nella maggior parte dei casi, abbiamo a che fare con avidità di poter e di ricchezza a spese della popolazione e della nazione. Qualunque sia l’incidenza di interessi stranieri, c'è sempre la vergognosa e tragica collusione dei leader locali: politici che tradiscono e svendono le loro nazioni, uomini d’affari corrotti che sono in collusione con multinazionali rapaci, commercianti e trafficanti di armi africani, che fanno fortuna con il commercio di piccole armi che causano grande distruzione di vite umane, e agenti locali di alcune organizzazioni internazionali che vengono pagati per diffondere letali ideologie in cui essi stessi non credono.

37. La conseguenza negativa di tutto ciò sta davanti al mondo intero: povertà, miseria e malattie; rifugiati dentro e fuori del paese e oltremare, la ricerca di più verdi pascoli che porta alla fuga dei cervelli, emigrazione clandestina e traffico di persone umane, guerre e spargimento di sangue, spesso su commissione, l'atrocità dei bambini soldato e indicibile violenza contro le donne. Come si può essere orgogliosi di “presiedere” su un tale caos? Che ne è del nostro tradizionale senso africano di vergogna? Questo Sinodo lo proclama forte e chiaro: è tempo di cambiare abitudini, per amore delle generazioni presenti e future.

PARTE VII
UNIONE DELLE FORZE SPIRITUALI

38. Noi desideriamo richiamare nuovamente ciò che il Papa Benedetto XVI ha detto nella sua omelia durante la messa di inaugurazione del Sinodo: l'Africa è il “polmone spirituale” dell'umanità di oggi. Questa è una preziosa risorsa, più preziosa dei nostri minerali e del petrolio. Ma egli ci ha messi in guardia che questo polmone corre il rischio di essere infettato dal duplice virus del materialismo e del fanatismo religioso. Nella sua determinazione a preservare il nostro patrimonio spirituale, contro tutti gli attacchi e le infezioni il Sinodo invita a una sempre più grande collaborazione ecumenica con i nostri fratelli e sorelle di altre tradizioni cristiane. Desideriamo anche che ci sia più dialogo e cooperazione con i mussulmani e gli aderenti alla Religione Tradizionale Africana (RTA) e persone di altre fedi.

39. Il fanatismo religioso si sta diffondendo in tutto il mondo. Esso è causa di rovina in molte parti dell'Africa. Dalla cultura religiosa tradizionale gli Africani hanno assorbito un profondo senso di Dio Creatore. Hanno portato questo nella loro conversione al Cristianesimo e all'Islam. Quando questo fervore religioso è male indirizzato dai fanatici o manipolato dai politici, si creano conflitti che tendono a sommergere ognuno. Ma, dirette e guidate in modo appropriato, le religioni sono una grande forza di bene, specialmente per la pace e per la riconciliazione.

40. Il Sinodo ha ascoltato la testimonianza di molti padri sinodali che hanno percorso con successo la strada del dialogo con i musulmani. Hanno dato testimonianza del fatto che il dialogo è efficace e la collaborazione è possibile e spesso efficace. I temi della riconciliazione, della giustizia e della pace generalmente interessano in intere comunità a prescindere dal loro credo. Lavorando sui molti valori condivisi tra le due fedi, musulmani e cristiani possono dare un grande contributo a ristabilire la pace e la riconciliazione nelle nostre nazioni. Questo si è già verificato in molti casi. Il Sinodo loda questi sforzi e li raccomanda per altri.

41. Il dialogo e la collaborazione prospereranno quando c’è rispetto reciproco. Come vescovi cattolici, abbiamo chiare direttive per il dialogo per restare saldi nella nostra fede, ma lasciando agli altri la libertà di scelta. Il Sinodo ha avuto buone notizie a riguardo di comunità islamiche che concedono alla Chiesa libertà di culto. Esse anche accolgono lietamente e traggono benefici dalle opere sociali della Chiesa. Nel lodare tutto ciò, noi insistiamo nel dire che questo non è sufficiente. La libertà di religione comprende anche la libertà di condividere la propria fede, di proporla, non di imporla, di accettare e accogliere coloro che si convertono. Quelle nazioni che per legge proibiscono ai loro cittadini di abbracciare la fede cristiana privano i loro cittadini del diritto umano fondamentale di decidere liberamente sul credo da abbracciare. Sebbene questo continui da molto tempo, è ora di rivedere la situazione alla luce del rispetto dei diritti umani fondamentali. Questo Sinodo denuncia tale restrizione di libertà perché sovverte un dialogo sincero e frustra un’autentica collaborazione. Poiché i cristiani che decidono di cambiare la loro religione sono ben accolti tra le fila mussulmane, ci deve essere reciprocità in questo campo. Il rispetto reciproco è la strada da percorrere. Nel nuovo mondo che sta nascendo, abbiamo bisogno di dare spazio ad ogni fede perché contribuisca pienamente al bene dell'umanità.

CONCLUSIONE

42. Cari fratelli nell'episcopato, cari figli e figlie della Chiesa, Famiglia di Dio in Africa, tutti voi uomini e donne di buona volontà in Africa e altrove, condividiamo con voi la forte convinzione di questo Sinodo: l'Africa non è impotente. Il nostro destino è ancora nelle nostre mani. Tutto ciò che essa chiede è lo spazio per respirare e per prosperare. L'Africa si è già messa in moto e la Chiesa si muove con lei, offrendole la luce del Vangelo. Le acque possono essere burrascose, ma con lo sguardo puntato su Cristo Signore (cfr. Mt 14,28-32) arriveremo sicuri al porto della riconciliazione, della giustizia e della pace.

Africa, alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina! (Gv 5,8)

“Per il resto, fratelli, siate gioiosi,
tendete alla perfezione,
fatevi coraggio a vicenda,
abbiate gli stessi sentimenti,
vivete in pace
e il Dio dell'amore e della pace
sarà con voi” (2 Cor 13,11).
Amen.

S_Daniele
00sabato 24 ottobre 2009 18:38


Una parola concreta ma spirituale
per tutta la Chiesa



Benedetto XVI ha riconosciuto il buon lavoro del sinodo per il continente africano

A conclusione della diciannovesima congregazione generale, sabato 24 ottobre, Benedetto XVI ha pranzato con i padri sinodali, numerosi collaboratori e ospiti nell'atrio dell'Aula Paolo vi. Al termine il Papa ha rivolto un breve discorso. "È adesso - ha detto Benedetto XVI - l'ora di dire grazie. Grazie anzitutto al Signore che ci ha convocato, ci ha riunito, ci ha aiutato ad ascoltare la sua Parola, la voce dello Spirito Santo. E così ha dato anche la possibilità di trovare la strada dell'unità nella molteplicità delle esperienze, l'unità della fede e la comunione nel Signore. Perciò l'espressione "Chiesa famiglia di Dio" non è più solo un concetto, un'idea, è un'esperienza viva di queste settimane. Siamo realmente stati qui riuniti come famiglia di Dio".
"Abbiamo fatto, con l'aiuto del Signore, un buon lavoro", ha proseguito Benedetto XVI, che ha sottolineato come il tema non fosse una sfida facile, con due pericoli:  "Il tema "riconciliazione, giustizia e pace" implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia, pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una metànoia, senza una novità che deve risultare proprio dall'incontro con Dio. Ma anche se è così, se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza che non è nostra".
Per evitare la politicizzazione, l'altro pericolo - ha continuato il Papa - era quello di ritirarsi in un mondo puramente spirituale, magari astratto e bello ma non realistico:  "Il discorso di un pastore deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola". Quindi la mediazione consiste nell'essere da una parte realmente attenti alla realtà, e dall'altra nel non cadere in situazioni tecnicamente politiche; cioè "indicare - ha sottolineato Benedetto XVI - una parola concreta, ma spirituale"; era questo il grande problema che il Sinodo doveva superare e "siamo, grazie a Dio, riusciti" a farlo. "E per me è anche questo motivo di gratitudine perché facilita molto l'elaborazione del documento post-sinodale".
Il Papa ha poi ringraziato i presidenti delegati - "che hanno moderato con grande sovranità e anche con allegria, le sedute del Sinodo" ha detto Benedetto XVI - e i relatori rilevando che "hanno portato il più grande peso del lavoro", anche di notte, anche di domenica, anche durante i pranzi, e che "adesso meritano realmente un grande applauso da parte nostra", ha aggiunto il Papa tra gli applausi che si sono poi moltiplicati quando ha poi annunciato di avere nominato il cardinale Turkson presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace come successore del cardinale Martino:  "Grazie, Eminenza, per  aver  accettato. Siamo contenti - ha detto Benedetto XVI - di averla tra poco fra noi. Grazie poi a tutti i Padri, ai delegati fraterni, agli uditori, agli esperti". E "grazie soprattutto al segretario generale, al suo team, che ci ha guidato e organizzato silenziosamente tutto molto bene. Il Sinodo finisce e non finisce. I lavori vanno avanti non solo con l'esortazione post-sinodale. Synodos vuol dire cammino comune. E rimaniamo - ha concluso il Papa - nel comune cammino con il Signore, andiamo avanti al Signore per preparargli le strade, per aiutarlo ad aprirgli le porte del mondo in modo che possa creare il suo regno tra di noi".


(©L'Osservatore Romano - 25 ottobre 2009)
S_Daniele
00sabato 24 ottobre 2009 18:39


Approvate le cinquantasette proposizioni dei padri sinodali

Le attese del continente africano


Con le cinquantasette proposizioni - lette dal relatore generale, cardinale Turkson, e votate in aula tra venerdì pomeriggio e sabato mattina - i padri sinodali hanno chiesto al Papa di valutare l'opportunità di un documento sulla Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Un testo, dunque, che riassuma i contenuti del sinodo e offra indicazioni e prospettive per il futuro del continente. Le proposte al Pontefice - ha spiegato il cardinale ghanese - si aggiungono così a un corpus di documenti che comprende anche i Lineamenta, l'Instrumentum laboris, le relazioni prima e dopo la discussione, tutti i testi degli interventi presentati in aula e per iscritto, le discussioni e le relazioni dei circoli minori.

Il testo definitivo delle proposizioni è stato presentato ai giornalisti - nell'ultima conferenza stampa del sinodo svoltasi sabato mattina - dal cardinale Turkson e dai due segretari speciali, l'arcivescovo Antonio Damião Franklin e il vescovo Edmond Djitangar. In apertura è stata annunciata la nomina del cardinale Turkson a presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, incarico che, per motivi pastorali, ricoprirà a partire dal 6 gennaio del prossimo anno.
Con le proposizioni, i partecipanti al sinodo hanno innanzitutto voluto comunicare a Benedetto XVI di aver vissuto il sinodo come una nuova Pentecoste, dopo che la precedente assemblea africana del 1994 era stata considerata un'esperienza di risurrezione e speranza. La prima proposta punta a raggiungere una maggiore comunione ecclesiale a ogni livello, incoraggiando la cooperazione all'interno della Chiesa. Per i padri si tratta di ravvivare le strutture di comunione ecclesiale che già ci sono ma anche di promuoverne altre:  l'idea che sottopongono al Papa è di fondare consigli continentali per il clero, per i laici e le donne cattoliche. In questa direzione c'è pure il suggerimento a dare indicazioni pratiche per una più adeguata formazione di sacerdoti, religiosi e laici nei loro ruoli specifici, anche con una presenza più puntuale e professionale dei cattolici nei media.
Le cinquantasette proposizioni riaffermano, in sostanza, tutti i punti chiave delle tre settimane di sinodo. Viene ribadita l'irreversibilità del dialogo ecumenico e interreligioso, con un approccio particolare con l'islam:  le proposizioni invitano a superare qualsiasi forma di discriminazione, di intolleranza e di fondamentalismo religioso e a prevedere una collaborazione su temi sociali e sulla riconciliazione.
Tra le proposte concrete anche una serie di appelli ai Governi perché si imbocchi, una volta per tutte, la strada della riconciliazione, della giustizia e della pace. Dunque, appelli perché si faccia di tutto per combattere la povertà, sradicare le violenze, gli sfruttamenti, le ingiustizie, le corruzioni. Da parte sua la Chiesa deve mettere in campo tutta l'efficacia della dottrina sociale. Mentre va incoraggiata la partecipazione dei cattolici alla vita pubblica, è considerato decisivo dai padri sinodali assicurare ai responsabili politici ed economici una formazione spirituale, dottrinale, pastorale e pratica. A questo proposito pensano di fondare nuove facoltà di scienze politiche nelle università cattoliche.
Tra le idee nuove, la creazione di un fondo di solidarietà continentale attraverso la Caritas e di un programma africano di pace e solidarietà per contribuire a trovare soluzioni ai conflitti. Poi la costituzione di consigli per la pace, ben forniti di personale e mezzi.
Nelle proposizioni c'è anche la proposta di appoggiare lo studio in corso per un trattato sul commercio delle armi da parte delle Nazioni Unite:  l'obiettivo dichiarato è bandire dalla faccia della terra le armi nucleari, biologiche e di distruzione di massa.
Forte risalta l'invocazione per l'abolizione totale e universale della pena di morte, accompagnata dalla denuncia che questa misura definitiva e inappellabile colpisce soprattutto la povera gente che non può difendersi da sola e viene usata per eliminare gli oppositori politici. Piuttosto, si rileva, è opportuno che i Governi provvedano a riforme penali che garantiscano almeno gli standard minimi internazionali per il trattamento dei prigionieri.
Particolarmente sentita dal sinodo è la questione dell'aids che non è un problema semplicemente medico-farmaceutico ma un'istanza di sviluppo integrale e di giustizia. I malati di aids in Africa, accusano le proposizioni, non ricevono la stessa qualità di trattamento di altri Paesi. Insomma, i fondi di aiuto devono davvero arrivare a destinazione. In una delle proposizioni è contenuta la proposta di un manuale specifico per gli operatori pastorali. Da riaffermare anche il no all'aborto e la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale.
Infine dalle proposizioni sinodali arriva anche una denuncia dei soprusi contro i bambini e le donne e il rilievo delle poche opportunità per i giovani costretti così a emigrare. Una parola di solidarietà è rivolta ai quindici milioni di migranti che cercano un futuro. Constatato che per i passeggeri africani ci sono discriminazioni anche negli aeroporti, per i padri le politiche e le leggi migratorie restrittive violano i diritti umani mentre servono regole internazionali giuste e solidali.


(©L'Osservatore Romano - 25 ottobre 2009)
S_Daniele
00sabato 24 ottobre 2009 18:40
Si conclude l'assemblea sinodale

Risvegli


È un'Africa letta con occhi di simpatia quella che esce disegnata dal secondo sinodo dei vescovi. Un continente rigenerato che guarda avanti e ritiene possibile tessere con il resto del mondo rapporti liberati dal triste ricordo dello schiavismo e del colonialismo. Riunendosi per tre settimane con Benedetto XVI a Roma anziché in una città africana, i sinodali potevano sperare in una qualche attenzione in più di quanto normalmente si riserva all'Africa da parte dei media internazionali. La soluzione dei gravi problemi delle società africane non è solo questione degli africani, ma riguarda tutti. L'Africa resta, infatti, un "polmone spirituale" per un'umanità che - per dirla con il Papa - "appare in crisi di fede e di speranza". Ma essa è anche una crescente riserva di risorse che non giova a nessuno sperperare, come finora  è  avvenuto,  senza  regole  e misura.
Il sinodo ha sviluppato giorno dopo giorno la sua riflessione ampia e libera, ha elaborato proposte sagge e lungimiranti. Ma, contrariamente alle attese, ciò è avvenuto in una quasi solitudine mediatica, a conferma che l'Africa non è una priorità nell'agenda delle politiche e dell'economia mondiali che contano. Ora che l'assemblea è terminata con un meticoloso esame sulla presenza dei cattolici africani - lanciando un appello pieno di dignità a tutta la Chiesa e alla comunità internazionale e formulando infine 57 proposte su prospettive da pensare e realizzare per il futuro - si può riconoscere che il sinodo ha immesso nel dibattito internazionale semi di possibili risvegli e resipiscenze da parte anzitutto dell'Occidente. L'Africa rientra in gioco nello scacchiere mondiale con una nuova coscienza di sé. È questa coscienza emersa nei lavori sinodali a rendere credibile la nuova partenza del continente e auspicabile una considerazione attenta dei testi sottoscritti. Sfogliandoli si avrà la sorpresa di trovarsi di fronte a un vero patrimonio:  spunti, temi, prospettive fuori dai luoghi comuni.
La Chiesa cattolica in Africa è cresciuta molto; si è inserita a pieno titolo a difesa dei traguardi raggiunti e dei diritti degli africani, ma criticando, al tempo stesso, i tanti mali sociali e politici che ancora affliggono il continente. Le denunce dei soprusi consumati da agenzie e da società multinazionali per mantenere il continente in sudditanza, vanno di pari passo con il biasimo per una classe politica e amministrativa africana, di frequente corrotta, sensibile più ai propri guadagni e alle lusinghe straniere che alla domanda di giustizia che sale da popolazioni strette tra fame e conflitti.
Per la capacità di lettura della situazione e per i rimedi suggeriti, il sinodo avrà certamente importanti ricadute sulle Chiese di altri continenti. La trattazione di questioni sociali urgenti - e a volte spinose pure in altre aree del mondo - si alterna a scelte concrete sul piano della formazione e della pastorale. Il buongoverno, l'acqua, l'immigrazione, il commercio delle armi, la giustizia, la violenza sulle donne e i bambini, il voto elettorale, la fuga dei cervelli, la distribuzione degli utili, la cura dell'Aids, sono alcuni argomenti contenuti nel vasto materiale elaborato dai padri sinodali che verrà sottoposto al papa per la pubblicazione di un documento applicativo.
Spunti interessanti riguardano temi quali la pratica individuale e comunitaria della penitenza, il dialogo ecumenico, la promozione delle donne nella Chiesa, l'inculturazione della fede e della teologia, la formazione del clero, la catechesi invitata a recepire la dottrina sociale, che costituiscono materia di riflessione anche nei Paesi di antica tradizione cristiana. Sono toccate con rinnovata chiarezza anche questioni sulle quali, nel passato e nel presente, sono state alimentate campagne polemiche nei confronti della Chiesa accusata di ritardi storici come è stato, ad esempio, pure di recente a proposito della pena di morte. Questo sinodo, invocandone l'abolizione totale e universale, rimuove possibili ambiguità.
Aprendo l'assemblea sinodale, il Papa aveva chiesto di lasciarsi guidare dallo Spirito. È ragionevole pensare che ciò sia accaduto. Benedetto XVI rilevava che "la vocazione della Chiesa, comunità di persone riconciliate con Dio e tra di loro, è quella di essere profezia e fermento di riconciliazione tra i vari gruppi etnici, linguistici ed anche religiosi, all'interno delle singole nazioni e in tutto il continente". Aprendosi alla grazia di Dio l'Africa "diventerà una benedizione per la Chiesa universale, apportando un contributo proprio e qualificato all'edificazione di un mondo più giusto e fraterno". I padri sinodali, gli uditori e le uditrici che sono intervenuti, non hanno deluso.

c. d. c.


(©L'Osservatore Romano - 25 ottobre 2009)
S_Daniele
00sabato 24 ottobre 2009 18:59
Il bilancio del Sinodo nelle parole del cardinale Turkson, nominato dal Papa nuovo presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

Al termine della congregazione di questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede ha avuto luogo l’ultima conferenza stampa a conclusione del Sinodo per l’Africa. Tra gli interventi quello del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, nominato questa mattina dal Papa presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Il porporato, finora arcivescovo di Cape Coast in Ghana e relatore generale del Sinodo, succede al cardinale Renato Raffaele Martino, dal 2002 alla guida del dicastero che lascia per raggiunti limiti di età. Ascoltiamo il cardinale Turkson al microfono di Paolo Ondarza.

R. – Grazie al Signore, stiamo per terminare il nostro lavoro, che è durato tre settimane. Mi sembra che i partecipanti siano abbastanza soddisfatti per quanto riguarda lo stile di lavoro, il metodo utilizzato e i risultati stessi. Devo dire che per i Padri sinodali questa è stata una bella esperienza: hanno potuto condividere tante questioni, dopo essersi espressi sui problemi di ciascuna diocesi. Da quanto si è svolto in aula, sono nate non soltanto soluzioni, ma il coraggio e la speranza di andare avanti. Cioè, ci sentiamo incoraggiati a fare qualcosa!

D. – E questo attraverso la comunione e lo stare insieme, l’essere Chiesa cattolica...

R. – Andiamo via da qui nella consapevolezza che la Chiesa universale sta dietro a ciascun vescovo, e questo per me è una cosa molto importante: non ci si sente soli, anche se la situazione è molto difficile nelle nostre diocesi, nelle nostre parrocchie. Questo senso di solidarietà, che abbiamo potuto esprimere in aula, è la cosa più bella che è accaduta qui.

D. – Sarebbe importante, in prospettiva, un altro Sinodo per l'Africa?

R. – Questo dipende sempre dal Santo Padre! Prima dobbiamo vedere il documento che il Santo Padre preparerà sulla base di quello che abbiamo fatto, perché ora tutti gli interventi che sono stati fatti in aula vengono sottoposti a lui; vedremo quindi cosa ne farà lui. Forse, la possibilità di un terzo Sinodo spunterà dalle indicazioni che egli stesso darà nel suo documento. Poi, dipende anche da noi, perché la celebrazione di ciascun Sinodo è anche un impegno per coloro che partecipano al Sinodo. Nel primo Sinodo – “Chiesa in Africa” – abbiamo accettato di adottare il paradigma secondo cui dobbiamo sentirci come famiglia: questo è un compito, un impegno. Ogni pastore, ogni vescovo deve ora organizzare la propria Chiesa in maniera tale che si percepisca come una famiglia.

D. - L’esortazione “Alzati Africa”: l’Africa ha le risorse per alzarsi, la capacità?

R. – Le capacità ci sono e ci sono i mezzi ma ci vuole un buon programma, ben elaborato.

D. – La Chiesa può essere importante in questo?

R. – Certo! Io credo che in questo momento ci si possa ispirare a ciò che questa stessa fede e il Vangelo hanno fatto altrove. Lo sviluppo dell’università, lo sviluppo di tante altre cose qui in Europa è stato aiutato in gran parte da questa esperienza del Vangelo. Ugualmente, credo che possiamo e che abbiamo le risorse. Cosa manca? E’ la leadership che manca: la leadership nella Chiesa e nello Stato. Questo è ciò che si deve cercare di dare al continente.

© Copyright Radio Vaticana
S_Daniele
00sabato 24 ottobre 2009 22:51

Discorso del Papa al termine della colazione offerta ai Padri sinodali

Clicca qui per ascoltare l'audio del discorso del Santo Padre.

SERVIZIO THE VATICAN
S_Daniele
00domenica 25 ottobre 2009 11:24
Il documento finale del Sinodo del Continente nero loda «il coraggio di quei Governi che combattono l'interruzione della gravidanza nella loro legislazione»

La Chiesa africana: vietare anche l'aborto terapeutico

Al via in Vaticano i negoziati con i lefebvriani per il pieno "rientro" della Fraternità San Pio X

VATICANO
No all'aborto anche se è in gioco la salute della madre o del feto, no al traffico di esseri umani, alle violenze su donne, bambini e sull'ambiente, no anche alla discriminazione e al rifiuto degli immigrati in fuga da guerre e povertà.
Il secondo
Sinodo speciale per l'Africa, che ha visto riuniti per tre settimane di fila in Vaticano 236 padri sinodali, si è chiuso con un corposo documento di 57 argomenti offerto al Papa, quattro in più dell'ultimo Sinodo generale dei vescovi di tutto il mondo svolto un anno fa.
Temi cruciali e che non riguardano solo il continente più martoriato del pianeta, anche se l'attenzione di giornali e televisioni non è stata finora delle più accese, ma di certo destinati ad influire sull'agenda della comunità internazionale dei prossimi mesi, oltre che sulla vita di milioni di persone.
Papa Ratzinger, che ha già dimostrato la sua attenzione per l'Africa con il suo intenso viaggio, ha assistito a quasi tutte le sedute e ieri, al pranzo offerto ai padri sinodali, ha espresso la sua soddisfazione per quello che ha definito «un buon lavoro» destinato a proseguire, e non solo nella sua esortazione post-sinodale che ha fin d'ora preannunciato. I pastori – ha detto il papa – devono essere «attenti alla realtà», ma senza «cadere in situazioni tecnicamente politiche», e tanto ha fatto l'assemblea, conclusa con una parola «concreta, ma spirituale».
Parole che in parte hanno ripercorso i temi del viaggio del Papa in Africa, dall'Aids al protocollo di Maputo, dalla condanna delle connivenze tra multinazionali e politici corrotti alla necessità del dialogo con l'Islam. Aggiungendone di nuovi, quali la preoccupazione per gli aiuti provenienti da «agenzie internazionali» insieme a «veleni ideologici» che minacciano la famiglia. Concrete, perchè i vescovi africani hanno chiesto precisi impegni, come quello a rivedere quell'articolo 14 del protocollo di Maputo giudicato dalla Chiesa africana «inaccettabile», perchè, indirizzando i piani regionali per la «salute riproduttiva» ammette l'aborto in caso di «violenza sessuale, stupro, incesto o quando la gravidanza rischia di compromettere la salute mentale e fisica della donna o la vita sua o del feto».
Una violazione dei diritti umani, secondo il Sinodo, come pure, a giudizio dei vescovi, «le politiche e le leggi migratorie restrittive del mondo contro gli africani» che violano «il principio della destinazione universale dei beni creati e gli insegnamenti della Chiesa». Rivendicati anche i diritti delle donne, dei bambini e dei disabili, troppo spesso calpestati.
Tra le «propositiones» del Sinodo, consegnate al Papa insieme agli altri documenti elaborati dall'assemblea, figurano appelli ai governi per la pace, la sicurezza, la riduzione del debito, la redistribuzione delle risorse, e l'offerta, da parte della Chiesa africana, di una collaborazione attiva in questo senso. Proposto anche un fondo di solidarietà continentale attraverso la rete della Caritas e chiesto un maggior controllo perchè gli aiuti arrivino dove c'è davvero bisogno. Un appello chiama poi all'abolizione definitiva della pena capitale e al rispetto dei diritti dei prigionieri, nonchè all'interruzione del traffico d'armi.
L'ultima parola spetta ora al Papa, che oggi chiuderà ufficialmente il Sinodo con una celebrazione religiosa a San Pietro, prima del consueto Angelus domenicale.
Intanto, prenderanno il via domani in Vaticano, al palazzo del Sant'Uffizio in forma riservatissima gli attesi negoziati
per riportare la Fraternità San Pio X pienamente tra le fila della Chiesa cattolica.
Sul tavolo ad attendere i membri della commissione Ecclesia Dei da un lato, e la commissione lefebvriana capitanata da mons. Bernard Fellay dall'altro, ci sono complesse questioni dottrinali, con l'accettazione del Concilio Vaticano II e in particolare il dialogo con gli ebrei e le altre confessioni, e lo studio di una struttura giuridica – prelatura personale sul modello dell'Opus Dei, preferita dai lefebvriani, o ordinariato come quello per i militari e ora per gli anglicani, le più probabili – che consenta alla Chiesa di riaccogliere i 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli che compongono oggi le fila della comunità ultratradizionalista.

© Copyright Gazzetta del sud, 25 ottobre 2009
S_Daniele
00domenica 25 ottobre 2009 11:32
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CAPPELLA PAPALE PER LA CONCLUSIONE DELLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI, 25.10.2009

Alle ore 10 di questa mattina, XXX Domenica del tempo "per annum", il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la concelebrazione dell’Eucaristia con i Padri Sinodali, in occasione della conclusione della
II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi sul tema: «La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14)».
Nel corso del Sacro Rito, dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre pronuncia l’omelia che pubblichiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli!
Cari fratelli e sorelle
!

Ecco un messaggio di speranza per l’Africa: l’abbiamo ascoltato or ora dalla Parola di Dio.
E’ il messaggio che il Signore della storia non si stanca di rinnovare per l’umanità oppressa e sopraffatta di ogni epoca e di ogni terra, da quando rivelò a Mosè la sua volontà sugli israeliti schiavi in Egitto: "Ho osservato la miseria del mio popolo… ho udito il suo grido… conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo… e per farlo salire verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele" (Es 3,7-8). Qual è questa terra? Non è forse il Regno della riconciliazione, della giustizia e della pace, a cui è chiamata l’umanità intera? Il disegno di Dio non muta.
E’ lo stesso che fu profetizzato da Geremia, nei magnifici oracoli denominati "Libro della consolazione", da cui oggi è tratta la prima lettura.
E’ un annuncio di speranza per il popolo d’Israele, prostrato dall’invasione dell’esercito di Nabucodonosor, dalla devastazione di Gerusalemme e del Tempio e dalla deportazione in Babilonia. Un messaggio di gioia per il "resto" dei figli di Giacobbe, che annuncia un futuro per essi, perché il Signore li ricondurrà nella loro terra, attraverso una strada diritta e agevole. Le persone bisognose di sostegno, come il cieco e lo zoppo, la donna gravida e la partoriente, sperimenteranno la forza e la tenerezza del Signore: Egli è un padre per Israele, pronto a prendersene cura come del primogenito (cfr Ger 31,7-9).

Il disegno di Dio non muta. Attraverso i secoli e i rivolgimenti della storia, Egli punta sempre alla stessa meta: il Regno della libertà e della pace per tutti. E ciò implica la sua predilezione per quanti di libertà e di pace sono privi, per quanti sono violati nella propria dignità di persone umane. Pensiamo in particolare ai fratelli e alle sorelle che in Africa soffrono povertà, malattie, ingiustizie, guerre e violenze, migrazioni forzate.

Questi figli prediletti del Padre celeste sono come il cieco del Vangelo, Bartimeo, che "sedeva lungo la strada a mendicare" (Mc 10,46), alle porte di Gerico. Proprio per quella strada passa Gesù Nazareno. E’ la strada che conduce a Gerusalemme, dove si consumerà la Pasqua, la sua Pasqua sacrificale, alla quale il Messia va incontro per noi. E’ la strada del suo esodo che è anche il nostro: l’unica via che conduce alla terra della riconciliazione, della giustizia e della pace. Su quella via il Signore incontra Bartimeo, che ha perduto la vista. Le loro vie si incrociano, diventano un’unica via. "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!", grida il cieco con fiducia. Replica Gesù: "Chiamatelo!", e aggiunge: "Che cosa vuoi che io faccia per te?".

Dio è luce e creatore della luce. L’uomo è figlio della luce, fatto per vedere la luce, ma ha perso la vista, e si trova costretto a mendicare. Accanto a lui passa il Signore, che si è fatto mendicante per noi: assetato della nostra fede e del nostro amore. "Che cosa vuoi che io faccia per te?". Dio sa, ma chiede; vuole che sia l’uomo a parlare.

Vuole che l’uomo si alzi in piedi, che ritrovi il coraggio di domandare ciò che gli spetta per la sua dignità. Il Padre vuole sentire dalla viva voce del figlio la libera volontà di vedere di nuovo la luce, quella luce per la quale lo ha creato. "Rabbunì, che io veda di nuovo!". E Gesù a lui: "Va’, la tua fede ti ha salvato. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada" (Mc 10,51-52).

Cari Fratelli, rendiamo grazie perché questo "misterioso incontro tra la nostra povertà e la grandezza" di Dio si è realizzato anche nell’Assemblea sinodale per l’Africa che oggi si conclude. Dio ha rinnovato la sua chiamata: "Coraggio! Alzati…" (Mc 10,49). E anche la Chiesa che è in Africa, attraverso i suoi Pastori, venuti da tutti i Paesi del Continente, dal Madagascar e dalle altre isole, ha accolto il messaggio di speranza e la luce per camminare sulla via che conduce al Regno di Dio. "Va’, la tua fede ti ha salvato" (Mc 10,52).

Sì, la fede in Gesù Cristo – quando è bene intesa e praticata – guida gli uomini e i popoli alla libertà nella verità, o, per usare le tre parole del tema sinodale, alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace.

Bartimeo che, guarito, segue Gesù lungo la strada, è immagine dell’umanità che, illuminata dalla fede, si mette in cammino verso la terra promessa. Bartimeo diventa a sua volta testimone della luce, raccontando e dimostrando in prima persona di essere stato guarito, rinnovato, rigenerato. Questo è la Chiesa nel mondo: comunità di persone riconciliate, operatrici di giustizia e di pace; "sale e luce" in mezzo alla società degli uomini e delle nazioni.

Perciò il Sinodo ha ribadito con forza – e lo ha manifestato – che la Chiesa è Famiglia di Dio, nella quale non possono sussistere divisioni su base etnica, linguistica o culturale.

Testimonianze commoventi ci hanno mostrato che, anche nei momenti più bui della storia umana, lo Spirito Santo è all’opera e trasforma i cuori delle vittime e dei persecutori perché si riconoscano fratelli. La Chiesa riconciliata è potente lievito di riconciliazione nei singoli Paesi e in tutto il Continente africano.

La seconda lettura ci offre un’ulteriore prospettiva: la Chiesa, comunità che segue Cristo sulla via dell’amore, ha una forma sacerdotale.

La categoria del sacerdozio, come chiave interpretativa del mistero di Cristo e, di conseguenza, della Chiesa, è stata introdotta nel Nuovo Testamento dall’Autore della Lettera agli Ebrei.

La sua intuizione prende origine dal Salmo 110, citato nel brano odierno, là dove il Signore Dio, con solenne giuramento, assicura al Messia: "Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek" (v. 4). Riferimento che ne richiama un altro, tratto dal Salmo 2, nel quale il Messia annuncia il decreto del Signore che dice di lui: "Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato" (v. 7). Da questi testi deriva l’attribuzione a Gesù Cristo del carattere sacerdotale, non in senso generico, bensì "secondo l’ordine di Melchisedek", vale a dire il sacerdozio sommo ed eterno, di origine non umana ma divina. Se ogni sommo sacerdote "è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio" (Eb 5,1), solo Lui, il Cristo, il Figlio di Dio, possiede un sacerdozio che si identifica con la sua stessa Persona, un sacerdozio singolare e trascendente, da cui dipende la salvezza universale.

Questo suo sacerdozio Cristo l’ha trasmesso alla Chiesa mediante lo Spirito Santo; pertanto la Chiesa ha in se stessa, in ogni suo membro, in forza del Battesimo, un carattere sacerdotale.

Ma – qui c’è un aspetto decisivo – il sacerdozio di Gesù Cristo non è più primariamente rituale, bensì esistenziale. La dimensione del rito non viene abolita, ma, come appare chiaramente nell’istituzione dell’Eucaristia, prende significato dal Mistero pasquale, che porta a compimento i sacrifici antichi e li supera.

Nascono così contemporaneamente un nuovo sacrificio, un nuovo sacerdozio ed anche un nuovo tempio, e tutti e tre coincidono con il Mistero di Gesù Cristo. Unita a Lui mediante i Sacramenti, la Chiesa prolunga la sua azione salvifica, permettendo agli uomini di essere risanati mediante la fede, come il cieco Bartimeo. Così la Comunità ecclesiale, sulle orme del suo Maestro e Signore, è chiamata a percorrere decisamente la strada del servizio, a condividere fino in fondo la condizione degli uomini e delle donne del suo tempo, per testimoniare a tutti l’amore di Dio e così seminare speranza.

Cari amici, questo messaggio di salvezza la Chiesa lo trasmette coniugando sempre l’evangelizzazione e la promozione umana. Prendiamo ad esempio la storica Enciclica
Populorum progressio: ciò che il Servo di Dio Paolo VI elaborò in termini di riflessione, i missionari l’hanno realizzato e continuano a realizzarlo sul campo, promuovendo uno sviluppo rispettoso delle culture locali e dell’ambiente, secondo una logica che ora, dopo più di 40 anni, appare l’unica in grado di far uscire i popoli africani dalla schiavitù della fame e delle malattie.

Questo significa trasmettere l’annuncio di speranza secondo una "forma sacerdotale", cioè vivendo in prima persona il Vangelo, cercando di tradurlo in progetti e realizzazioni coerenti con il principio dinamico fondamentale, che è l’amore. In queste tre settimane,
la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha confermato ciò che il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II aveva già messo bene a fuoco, e che ho voluto anch’io approfondire nella recente Enciclica Caritas in veritate: occorre, cioè, rinnovare il modello di sviluppo globale, in modo che sia capace di "includere tutti i popoli e non solamente quelli adeguatamente attrezzati" (n. 39). Quanto la dottrina sociale della Chiesa ha sempre sostenuto a partire dalla sua visione dell’uomo e della società, oggi è richiesto anche dalla globalizzazione (cfr ibid.). Questa – occorre ricordare – non va intesa fatalisticamente come se le sue dinamiche fossero prodotte da anonime forze impersonali e indipendenti dalla volontà umana. La globalizzazione è una realtà umana e come tale è modificabile secondo l’una o l’altra impostazione culturale. La Chiesa lavora con la sua concezione personalista e comunitaria, per orientare il processo in termini di relazionalità, di fraternità e di condivisione (cfr ibid., n. 42).

"Coraggio, alzati!…". Così quest’oggi il Signore della vita e della speranza si rivolge alla Chiesa e alle popolazioni africane, al termine di queste settimane di riflessione sinodale.

Alzati, Chiesa in Africa, famiglia di Dio, perché ti chiama il Padre celeste che i tuoi antenati invocavano come Creatore, prima di conoscerne la vicinanza misericordiosa, rivelatasi nel suo Figlio unigenito, Gesù Cristo.

Intraprendi il cammino di una nuova evangelizzazione con il coraggio che proviene dallo Spirito Santo. L’urgente azione evangelizzatrice, di cui molto si è parlato in questi giorni, comporta anche un appello pressante alla riconciliazione, condizione indispensabile per instaurare in Africa rapporti di giustizia tra gli uomini e per costruire una pace equa e duratura nel rispetto di ogni individuo e di ogni popolo; una pace che ha bisogno e si apre all’apporto di tutte le persone di buona volontà al di là delle rispettive appartenenze religiose, etniche, linguistiche, culturali e sociali. In tale impegnativa missione tu, Chiesa pellegrina nell’Africa del terzo millennio, non sei sola. Ti è vicina con la preghiera e la solidarietà fattiva tutta la Chiesa cattolica, e dal Cielo ti accompagnano i santi e le sante africani, che, con la vita talora sino al martirio, hanno testimoniato piena fedeltà a Cristo.

Coraggio! Alzati, Continente africano, terra che ha accolto il Salvatore del mondo quando da bambino dovette rifugiarsi con Giuseppe e Maria in Egitto per aver salva la vita dalla persecuzione del re Erode. Accogli con rinnovato entusiasmo l’annuncio del Vangelo perché il volto di Cristo possa illuminare con il suo splendore la molteplicità delle culture e dei linguaggi delle tue popolazioni.

Mentre offre il pane della Parola e dell’Eucaristia, la Chiesa si impegna anche ad operare, con ogni mezzo disponibile, perché a nessun africano manchi il pane quotidiano. Per questo, insieme all’opera di primaria urgenza dell’evangelizzazione, i cristiani sono attivi negli interventi di promozione umana.

Cari Padri Sinodali, al termine di queste mie riflessioni, desidero rivolgervi il mio saluto più cordiale, ringraziandovi per la vostra edificante partecipazione. Tornando a casa, voi, Pastori della Chiesa in Africa, portate la mia benedizione alle vostre Comunità. Trasmettete a tutti l’appello risuonato sovente in questo Sinodo alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace. Mentre si chiude l’Assemblea sinodale non posso non rinnovare la mia viva riconoscenza al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e a tutti i suoi collaboratori. Un grato pensiero esprimo ai cori della comunità nigeriana di Roma e del Collegio Etiopico, che contribuiscono all’animazione di questa liturgia. E infine voglio ringraziare quanti hanno accompagnato i lavori sinodali con la preghiera. La Vergine Maria ricompensi tutti e ciascuno, e ottenga alla Chiesa in Africa di crescere in ogni parte di quel grande Continente, diffondendo dappertutto il "sale" e la "luce" del Vangelo.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
S_Daniele
00domenica 25 ottobre 2009 13:19
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 25.10.2009

Al termine della Santa Messa celebrata questa mattina nella Basilica Vaticana per la conclusione della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre Benedetto XVI esce sul sagrato della Basilica per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini presenti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Poco fa, con la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, si è conclusa la
Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.
Tre settimane di preghiera e di ascolto reciproco, per discernere ciò che lo Spirito Santo dice oggi alla Chiesa che vive nel Continente africano, ma al tempo stesso alla Chiesa universale. I Padri sinodali, venuti da tutti i Paesi dell’Africa, hanno presentato la ricca realtà delle Chiese locali.
Insieme abbiamo condiviso le loro gioie per il dinamismo delle comunità cristiane, che continuano a crescere in quantità e qualità. Siamo grati a Dio per lo slancio missionario che ha trovato terreno fertile in numerose diocesi e che si esprime nell’invio di missionari in altri Paesi africani e in diversi Continenti. Particolare rilievo è stato dato alla famiglia, che anche in Africa costituisce la cellula primaria della società, ma che oggi viene minacciata da correnti ideologiche provenienti anche dall’esterno. Che dire, poi, dei giovani esposti a questo tipo di pressione, influenzati da modelli di pensiero e di comportamento che contrastano con i valori umani e cristiani dei popoli africani? Naturalmente sono emersi in Assemblea i problemi attuali dell’Africa e il suo grande bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace. Proprio a questo la Chiesa risponde riproponendo, con rinnovato slancio, l’annuncio del Vangelo e l’azione di promozione umana. Animata dalla Parola di Dio e dall’Eucaristia, essa si sforza di far sì che nessuno sia privo del necessario per vivere e che tutti possano condurre un’esistenza degna dell’essere umano.

Ricordando il
viaggio apostolico che ho compiuto in Camerun e Angola nello scorso mese di marzo, e che aveva anche lo scopo di avviare la preparazione immediata del secondo Sinodo per l’Africa, oggi desidero rivolgermi a tutte le popolazioni africane, in particolare a quanti condividono la fede cristiana, per consegnare loro idealmente il Messaggio finale di questa Assemblea sinodale.
E’ un Messaggio che parte da Roma, sede del Successore di Pietro, che presiede alla comunione universale, ma si può dire, in un senso non meno vero, che esso ha origine nell’Africa, di cui raccoglie le esperienze, le attese, i progetti, e adesso ritorna all’Africa, portando la ricchezza di un evento di profonda comunione nello Spirito Santo.
Cari fratelli e sorelle che mi ascoltate dall’Africa! Affido in modo speciale alla vostra preghiera i frutti del lavoro dei Padri sinodali, e vi incoraggio con le parole del Signore Gesù: siate sale e luce nell’amata terra africana!

Mentre si conclude questo Sinodo, desidero ora ricordare che per il prossimo anno è prevista
un’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.
In occasione della
mia Visita a Cipro, avrò il piacere di consegnare l’Instrumentum laboris di tale assise. Ringraziamo il Signore, che non si stanca mai di edificare la sua Chiesa nella comunione, e invochiamo con fiducia la materna intercessione della Vergine Maria.

DOPO L’ANGELUS

Rivolgo anzitutto uno speciale saluto alle migliaia di fedeli radunati a Milano, in Piazza del Duomo, dove stamani è stata celebrata la liturgia di beatificazione del sacerdote Don Carlo Gnocchi. Egli fu dapprima valido educatore di ragazzi e giovani. Nella seconda guerra mondiale divenne cappellano degli Alpini, con i quali fece la tragica ritirata di Russia, scampando alla morte per miracolo. Fu allora che progettò di dedicarsi interamente ad un’opera di carità. Così, nella Milano in ricostruzione, Don Gnocchi lavorò per "restaurare la persona umana" raccogliendo i ragazzi orfani e mutilati e offrendo loro assistenza e formazione. Diede tutto se stesso fino alla fine, e morendo donò le cornee a due ragazzi ciechi. La sua opera ha continuato a svilupparsi ed oggi la Fondazione Don Gnocchi è all’avanguardia nella cura di persone di ogni età che necessitano di terapie riabilitative. Mentre saluto il Cardinale Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, e mi rallegro con l’intera Chiesa ambrosiana, faccio mio il motto di questa beatificazione: "Accanto alla vita, sempre".

Je vous accueille avec joie, pour la prière de l’Angélus, chers pèlerins francophones. En ce jour où s’achève la deuxième Assemblée Spéciale pour l’Afrique du Synode des Évêques, la liturgie nous rappelle que seul le Christ Jésus peut guérir pleinement la personne humaine de la misère d’un cœur blessé. Que notre prière se fasse instante pour que tous les peuples de la terre, et particulièrement les peuples d’Afrique, marchent avec Lui sur les chemins de la vie, de la réconciliation, de la justice et de la paix. Que Notre-Dame d’Afrique protège et guide les hommes et les femmes de ce bien aimé continent ! Bon dimanche !

I am happy to greet all the English-speaking visitors present today in Saint Peter’s Square. We have just concluded the Second Special Assembly for Africa of the Synod of Bishops which has been a period of grace. I invite all of you to pray for our brothers and sisters of Africa. May the Lord, who granted sight to the blind man of the Gospel, renew their faith that they may always see and follow clearly the path of reconciliation, justice and peace which leads to salvation. Upon all of you and upon all the people of Africa I invoke God’s abundant blessings.

Von Herzen grüße ich die deutschsprachigen Gäste hier auf dem Petersplatz. Das Evangelium dieses Sonntags, das wir auch soeben im Petersdom bei der Eucharistiefeier zum Abschluß der Bischofssynode für Afrika gehört haben, berichtet uns von der Heilung eines Blinden. Jesus hat das inständige Rufen des Bartimäus gehört und ihm sein Augenlicht wiedergeschenkt. Das ermutigt uns, mit all unseren persönlichen Schwierigkeiten, in den Anliegen der Kirche und ebenso mit den Herausforderungen und Nöten des afrikanischen Kontinents voll Glauben und Vertrauen zu Christus zu kommen. Er schenkt auch uns Hilfe und Heil. Der Herr behüte euch und eure Familien.

Saludo con afecto a los fieles de lengua española. Con la celebración eucarística en la Basílica de San Pedro ha concluido esta mañana la Segunda Asamblea Especial para África del Sínodo de los Obispos. En un clima de profunda y fraterna comunión eclesial, hemos escuchado testimonios elocuentes del gran dinamismo misionero de la Iglesia africana, así como de los importantes desafíos que tiene que afrontar en el momento presente. Pidamos al Señor, por intercesión de la Santísima Virgen María, que conceda al Pueblo de Dios en África un renovado impulso evangelizador, al servicio de la reconciliación y la paz. ¡Feliz domingo!

Dirijo agora uma saudação cordial aos peregrinos de língua portuguesa, de modo particular aos grupos das dioceses brasileiras de Jundiaí e São Carlos, desejando que a vinda a Roma fortaleça a vossa fé e vos encha de paz e alegria em Cristo. A Santíssima Virgem guie maternalmente os vossos passos. Acompanho estes votos, com a minha Bênção Apostólica.

Pozdravljam romarje iz Kamnika v Sloveniji! Kakor nekoč sveti Frančišek ste se tudi vi, člani njegovega svetnega reda in prijatelji, podali na božjo pot v Rim in prišli na srečanje s Petrovim naslednikom. Naj vam bo to vaše romanje v pomoč, da boste tudi sami napredovali v svetosti in veselo služili Bogu v Njegovi Cerkvi!

[Saluto i pellegrini provenienti da Kamnik in Slovenia! Sulle orme di S. Francesco anche voi, membri del suo Terzo Ordine ed amici, siete venuti in pellegrinaggio a Roma e all'incontro con il Successore di Pietro. Questo vostro pellegrinaggio vi sia d'aiuto affinché anche voi possiate progredire nella santità e servire Iddio con gioia nella Sua Chiesa!]

Słowa pozdrowienia kieruję do Polaków. Zamykając prace Synodu dla Afryki, dziękuję Bogu za dar polskich misjonarzy, duchownych i świeckich, którzy służą Kościołowi na tym kontynencie. Wszystkich wierzących proszę o duchowe i materialne wsparcie tego dzieła. Niech wam Bóg błogosławi.

[Parole di saluto rivolgo ai polacchi. Concludendo i lavori del Sinodo per l’Africa, ringrazio Dio per il dono dei missionari polacchi, religiosi e laici, che servono la Chiesa in quel continente. A tutti i credenti chiedo il sostegno spirituale e materiale di quest’opera. Dio vi benedica!]

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare il gruppo di catechisti della Diocesi di Rimini e i fedeli provenienti da Lamezia Terme, Altamura e Caselle in Pittari. Saluto inoltre l’Istituto Europeo "Marcello Candia" di Seregno, i dipendenti dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci e il Cooper Club Roma. Auguro a tutti una buona domenica.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
S_Daniele
00domenica 25 ottobre 2009 13:35
VATICANO

Papa: Africa, coraggio, alzati! Segui il Signore della vita e della speranza


Gli africani che “soffrono povertà, malattie, ingiustizie, guerre e violenze, migrazioni forzate”, sono “figli prediletti del Padre celeste”. La Chiesa è segno di riconciliazione fra le molte etnie. Attuata dai missionari, da 40 anni l’enciclica Populorum progressio di Paolo VI offre la logica più adeguata per lo sviluppo del continente. È urgente correggere la globalizzazione perché sia a favore di tutti i popoli. La solidarietà della Chiesa universale.

Città del Vaticano (AsiaNews)

"‘Coraggio, alzati!…’. Così quest’oggi il Signore della vita e della speranza si rivolge alla Chiesa e alle popolazioni africane, al termine di queste settimane di riflessione sinodale”.
“Coraggio, alzati!” è
l’invito che per 4 volte Benedetto XVI ha rivolto ai partecipanti della messa per la conclusione della II Assemblea speciale per l’Africa, a cui hanno partecipato i 236 vescovi africani e migliaia di fedeli. Le parole “Coraggio, alzati!” sono pure il leit motiv del Messaggio finale del Sinodo.
L’invito è rivolto a tutta la popolazione del continente, “ai fratelli e alle sorelle che in Africa soffrono povertà, malattie, ingiustizie, guerre e violenze, migrazioni forzate”, “figli prediletti del Padre celeste”. Ma è anche rivolto alla Chiesa in Africa perché offra la “fede in Gesù Cristo – [che] quando è bene intesa e praticata – guida gli uomini e i popoli alla libertà nella verità, o, per usare le tre parole del tema sinodale, alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace”.
Il tema del sinodo è infatti “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. ‘Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo’ (Mt 5, 13.14)”.
Il pontefice sottolinea che la Chiesa è “sale” e “luce”, luogo in cui si costruisce un continente pieno di fraternità: “la Chiesa è Famiglia di Dio, nella quale non possono sussistere divisioni su base etnica, linguistica o culturale…. La Chiesa riconciliata è potente lievito di riconciliazione nei singoli Paesi e in tutto il Continente africano”, dalle molte “appartenenze religiose, etniche, linguistiche, culturali e sociali”.
L’impegno della Chiesa e di tutti i cristiani è anche un impegno “sacerdotale”, che “non è più primariamente rituale, bensì esistenziale”: da una parte esso porta a “compimento i sacrifici antichi”, e nello stesso tempo apre al servizio, “a condividere fino in fondo la condizione degli uomini e delle donne del suo tempo, per testimoniare a tutti l’amore di Dio e così seminare speranza”.
Per il papa questo messaggio di salvezza è portato dalla Chiesa attraverso il suo impegno di evangelizzazione e di promozione umana. A tale proposito egli ricorda l’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI, le cui riflessioni sono state attuate dai missionari, “promuovendo uno sviluppo rispettoso delle culture locali e dell’ambiente”, con “una logica che ora, dopo più di 40 anni, appare l’unica in grado di far uscire i popoli africani dalla schiavitù della fame e delle malattie”.
Tale logica è in pratica quella della dottrina sociale della Chiesa, molto apprezzata dai padri sinodali durante le tre settimane dell’assemblea, confermando gli insegnamenti di Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI. Citando la Caritas in veritate, il pontefice afferma l’urgenza di “rinnovare il modello di sviluppo globale, in modo che sia capace di ‘includere tutti i popoli e non solamente quelli adeguatamente attrezzati’ (n. 39). Quanto la dottrina sociale della Chiesa ha sempre sostenuto a partire dalla sua visione dell’uomo e della società, oggi è richiesto anche dalla globalizzazione (cfr ibid.). Questa – occorre ricordare – non va intesa fatalisticamente come se le sue dinamiche fossero prodotte da anonime forze impersonali e indipendenti dalla volontà umana. La globalizzazione è una realtà umana e come tale è modificabile secondo l’una o l’altra impostazione culturale. La Chiesa lavora con la sua concezione personalista e comunitaria, per orientare il processo in termini di relazionalità, di fraternità e di condivisione (cfr ibid., n. 42)”.
“Mentre offre il pane della Parola e dell’Eucaristia – ha ripetuto il papa - la Chiesa si impegna anche ad operare, con ogni mezzo disponibile, perché a nessun africano manchi il pane quotidiano. Per questo, insieme all’opera di primaria urgenza dell’evangelizzazione, i cristiani sono attivi negli interventi di promozione umana”.
“In tale impegnativa missione – ha concluso - tu, Chiesa pellegrina nell’Africa del terzo millennio, non sei sola. Ti è vicina con la preghiera e la solidarietà fattiva tutta la Chiesa cattolica, e dal Cielo ti accompagnano i santi e le sante africani, che, con la vita talora sino al martirio, hanno testimoniato piena fedeltà a Cristo”.

© Copyright AsiaNews
S_Daniele
00domenica 25 ottobre 2009 18:33
Sul tema della riconciliazione trovato il giusto equilibrio tra la dimensione politica e quella spirituale: così il Papa ieri in occasione del pranzo con i padri sinodali

A conclusione della diciannovesima congregazione generale, Benedetto XVI ha pranzato ieri con i padri sinodali nell’atrio del’Aula Paolo VI. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


Benedetto XVI ha riconosciuto il buon lavoro del sinodo per il Continente africano ed espresso la propria gratitudine:

"Cari fratelli e sorelle, è adesso l’ora di dire grazie. Grazie anzitutto al Signore che ci ha convocato, ci ha riunito, ci ha aiutato ad ascoltare la sua Parola, la voce dello Spirito Santo, e così ha dato anche la possibilità di trovare la strada dell’unità nella molteplicità delle esperienze, l’unità della fede e la comunione nel Signore. Perciò l’espressione 'Chiesa-Famiglia di Dio' non è più solo un concetto, un’idea, ma è un’esperienza viva di queste settimane: siamo stati realmente riuniti, qui, come Famiglia di Dio".

Il Papa
ha sottolineato che sul tema “Riconciliazione, giustizia e pace” è stato trovato il giusto equilibrio evitando il rischio della politicizzazione e dell’isolamento nella dimensione spirituale. Il tema – ha aggiunto - ha posto una sfida non facile:

"Il tema 'Riconciliazione, giustizia e pace' implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia e pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una metànoia, senza una novità che deve risultare proprio dall’incontro con Dio. Ma anche se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche, queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza, così, che non è la nostra".

L’altro pericolo – ha spiegato il Santo Padre - è stato quello di “ritirarsi in un mondo puramente spirituale, in un mondo astratto e bello, ma non realistico”:

“Il discorso di un pastore, invece, deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola. Quindi questa mediazione comporta, da una parte essere realmente legati alla realtà, attenti a parlare di quanto c’è, e dall’altra non cadere in soluzioni tecnicamente politiche; ciò vuol dire indicare una parola concreta, ma spirituale. Era questo il grande problema del Sinodo e mi sembra che, grazie a Dio, siamo riusciti a risolverlo, e per me questo è anche motivo di gratitudine perché facilita molto l’elaborazione del documento post-sinodale”.

Il Sinodo – ha concluso il Papa - finisce e non finisce, non solo perché i lavori proseguono con l’Esortazione Post-Sinodale:

"Synodos vuol dire cammino comune. Rimaniamo nel comune cammino col Signore, andiamo avanti al Signore per preparargli le strade, per aiutarlo, aprirgli le porte del mondo perché possa creare il suo Regno tra di noi".

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S_Daniele
00lunedì 26 ottobre 2009 17:25

Sinodo per l'Africa, penultimo atto. Le proposte finali

Sulla loro traccia Benedetto XVI scriverà il documento conclusivo. Tra i punti scottanti: gli odi interetnici, la sfida dell'islam e delle religioni tradizionali, la promozione dell'aborto, l'oppressione della donna, il concubinato del clero

di Sandro Magister




ROMA, 26 ottobre 2009 – Con la messa celebrata ieri nella basilica di San Pietro Benedetto XVI ha chiuso il secondo sinodo speciale per l'Africa, al quale hanno preso parte 231 padri.

I media internazionali hanno dato all'assise una scarsissima copertura. Per varie ragioni, non ultime la povertà del dibattito e la modestia delle proposte finali.

Benedetto XVI ha assistito di persona a numerose sessioni. Ma non è mai intervenuto direttamente nella discussione, a differenza di quanto fece in sinodi precedenti. Ha pronunciato due omelie nelle messe di apertura e di chiusura, ha tenuto una meditazione dopo l'ora terza del primo giorno dei lavori e ha detto poche battute al termine del pranzo che ha concluso i lavori sabato 24 ottobre (vedi foto).

Ma in queste poche battute il papa ha messo a nudo quelli che sono stati i limiti effettivi del sinodo, il cui tema era: "La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. 'Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo' (Mt 5, 13.14)".

Papa Joseph Ratzinger ha detto:

"Il tema, di per sé, era una sfida non facile, con due pericoli, direi. Il tema 'Riconciliazione, giustizia e pace' implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia e pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una 'metanoia', senza una novità che deve risultare proprio dall’incontro con Dio. Ma anche se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche, queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza, così, che non è la nostra.

"L’altro pericolo è stato – proprio per fuggire da questa tentazione – quello di ritirarsi in un mondo puramente spirituale, in un mondo astratto e bello, ma non realistico. Il discorso di un pastore, invece, deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola. Quindi questa mediazione comporta da una parte essere realmente legati alla realtà, attenti a parlare di quanto c’è, e dall’altra non cadere in soluzioni tecnicamente politiche; ciò vuol dire indicare una parola concreta, ma spirituale".

Nonostante questi pericoli, tuttavia, il sinodo è stato "un buon lavoro", ha detto il papa. È riuscito sufficientemente a mediare tra la dimensione politica e quella spirituale. "E per me questo è anche motivo di gratitudine perché facilita molto l’elaborazione del documento postsinodale".

Ogni sinodo, infatti, approda a una esortazione apostolica postsinodale scritta dal papa, pubblicata mesi dopo, sulla base delle proposte formulate dai padri al termine dell'assise.

In passato tali proposte restavano riservate, ma da quando Ratzinger è papa esse sono di dominio pubblico, per sua decisione.

Le proposte – in latino "propositiones" – sono state questa volta 57. E questo è il rimando al loro testo integrale:

> Elenco finale delle proposizioni


Qui di seguito eccone alcune, con i rispettivi titoli, riprodotte esattamente come nel testo diffuso dalla Santa Sede. Colpisce l'ampio spazio dato alla "riconciliazione". Sia come sacramento, sia come atto di reciproco perdono tra popoli, tribù, famiglie e individui.



Sinodo 2009. Dall'elenco finale delle proposizioni


Propositio 5

Il sacramento della riconciliazione

La grazia di Dio crea in noi un cuore nuovo e ci riconcilia con lui e con gli altri. Essenziale per la "riconciliazione" è il sacramento della riconciliazione, che si deve celebrare secondo le norme canoniche e nello spirito della Esortazione Apostolica post-sinodale "Reconciliatio et Poenitentia". Si tratta di restituire tutta la sua importanza alla celebrazione del sacramento della penitenza nella sua doppia dimensione, individuale e comunitaria.
La riconciliazione sul piano sociale favorisce la pace. Dopo un conflitto la riconciliazione ricostituisce l’unità dei cuori e la vita in comune. In virtù della riconciliazione nazioni a lungo belligeranti hanno ritrovato la pace, cittadini devastati dalla guerra civile hanno ricostruito l’unità; persone o comunità che chiedono e offrono perdono hanno purificato la loro memoria; famiglie divise rivivono ancora una volta in armonia. La riconciliazione supera le crisi, restituisce dignità al popolo e apre la strada allo sviluppo e alla durata della pace nel popolo a tutti i livelli.
I Padri sinodali lanciano di cuore un appello a tutti coloro che sono in guerra in Africa e fanno molto soffrire il loro popolo: "cessate le ostilità e riconciliatevi".
Loro chiedono a tutti i cittadini e governi dell’Africa di riconoscere la loro fraternità e promuovere iniziative di ogni tipo che potrebbero incoraggiare la riconciliazione e rafforzarla stabilmente a tutti i livelli della società.
Invitano la comunità internazionale a dare forte sostegno ai tentativi di destabilizzare il continente africano e ne provocano costantemente i conflitti.
Propongono che le nazioni africane celebrino ogni anno il Giorno della riconciliazione.

Propositio 6

La forma non sacramentale della celebrazione della riconciliazione

Sia favorita prudentemente anche la forma non sacramentale della celebrazione della penitenza, in maniera tale che riveli il carattere ecclesiale della penitenza e della riconciliazione. Ciò permetterà alle comunità sparpagliate, senza un sacerdote, di vivere un reale cammino di penitenza e riconciliazione. Permetterà a quei cristiani, privati dei sacramenti a causa della propria condizione personale, di inserirsi in un cammino penitenziale nella Chiesa. All’inizio di alcuni tempi liturgici come l’Avvento e la Quaresima, può anche servire per quelle comunità che hanno un sacerdote, come tappa verso una ricezione più fruttuosa del sacramento (cf. "Reconciliatio et Poenitentia", 37).
Sia ricordato alle Conferenze Episcopali che tocca a loro "adattare questo Rituale della Penitenza alle necessità di ogni regione" ("Reconciliatio et Poenitentia", 38) ed ai Vescovi Diocesani che tocca a loro "regolare la disciplina della penitenza nella loro diocesi" ("Reconciliatio et Poenitentia", 39).

Propositio 7

Inculturazione del sacramento della riconciliazione

Un grande numero di cristiani in Africa mostrano un’attitudine ambigua di fronte alla condotta circa la riconciliazione. Essi adottano un comportamento di rispetto scrupoloso dei riti ancestrali di riconciliazione, ma concedono poca importanza al sacramento della penitenza.
Si conferma dunque necessario effettuare uno studio serio e profondo dei riti tradizionali africani di riconciliazione, per esempio la riconciliazione verbale (dove un gruppo di saggi svolgono un arbitrato pubblico di casi giudiziari), e la ricomposizione di conflitti attraverso un "gruppo di mediatori". Simili organismi possono essere creati all’interno delle Commissioni "Giustizia e Pace", per aiutare i cristiani ad operare una conversione profonda nella celebrazione del sacramento della riconciliazione.
La grazia del sacramento della penitenza celebrato con fede è sufficiente a riconciliarci con Dio e con il prossimo e non richiede alcun rito tradizionale di riconciliazione.

Propositio 8

Prassi pastorale di riconciliazione

Per favorire lo sviluppo di una cultura della riconciliazione, le Chiese locali potranno scegliere tra le seguenti iniziative:
1. una Giornata o una Settimana di Riconciliazione all’anno, specialmente in Avvento e Quaresima, o un Anno di Riconciliazione a livello continentale, per domandare speciale perdono a Dio per tutti i mali e le ferite con cui ci affliggiamo a vicenda, e per riconciliare persone e gruppi offesi nella Chiesa e nella società. Si possono organizzare atti comunitari di riconciliazione e di perdono; e
2. un Anno giubilare straordinario durante il quale la Chiesa in Africa e nelle Isole adiacenti ringrazia Dio con la Chiesa universale e prega per il dono dello Spirito Santo. Questo periodo di riconciliazione sia distinto dai seguenti elementi:
a. una conversione personale con la confessione sacramentale ed assoluzione individuale;
b. un Congresso Eucaristico continentale;
c. la celebrazione di riti penitenziali durante i quali i partecipanti si perdonano a vicenda;
d. il rinnovo delle promesse battesimali, durante il quale il nostro essere discepoli di Gesù supera tutte le forme di asservimento al clan o a un partito politico; e
e. una vita eucaristica rinnovata.

Propositio 9

La spiritualità della riconciliazione

"Dio riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori" (2 Cor 5, 19-20). Riconciliazione implica un modo di vita (spiritualità) ed una missione. Per attuare una spiritualità di riconciliazione, giustizia e pace, la Chiesa ha bisogno di testimoni radicati profondamente in Cristo, nutriti della sua Parola e dei sacramenti. Così, essi potranno sforzarsi verso la santità, sulla base di una conversione permanente e di una intensa vita di preghiera, e darsi al lavoro di riconciliazione, giustizia e pace nel mondo, fino al martirio, sull’esempio di Cristo. Con il loro coraggio nella verità, con la loro abnegazione e con la loro gioia, essi offrono una testimonianza profetica in un modo di vita coerente con la propria fede. Maria, la Madre della Chiesa-Famiglia di Dio, che volontariamente accolse la Parola di Dio, ascoltò i bisogni umani e fu mediatrice compassionevole, ne sarà il modello.
I Padri sinodali raccomandano:
- che sia preservata la memoria dei grandi testimoni che diedero la loro vita in servizio del Vangelo, e che promossero il bene comune e difesero la verità e i diritti umani, e che siano commemorati fedelmente;
- che i membri della Chiesa sviluppino un senso di responsabilità per le proprie azioni ed una continua "metanoia", che possa essere celebrata regolarmente nel sacramento della riconciliazione; e
- la celebrazione ed adorazione dell’Eucaristia, la preghiera e meditazione sulla Parola di Dio, costituiscano profondamente la Chiesa-Famiglia di Dio nel Signore e le diano la forza di essere "sale della terra" e "luce del mondo".

Propositio 11

Dialogo interreligioso

La pace in Africa come in altre parti del mondo è ampiamente condizionata dalle relazioni tra le religioni. Perciò, la promozione del valore del dialogo è importante perché i credenti lavorino nelle associazioni dedite alla pace e alla giustizia, in mutuo spirito di fiducia e sostegno, e si insegnino alle famiglie i valori dell’ascolto paziente e del rispetto reciproco senza paura.
Il dialogo con le altre religioni, specialmente l’Islam e la religione tradizionale africana, è parte integrante della predicazione del Vangelo e dell’attività pastorale della Chiesa in nome della riconciliazione e della pace. Di conseguenza l’iniziativa del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso di intavolare il dialogo con le diverse religioni non cristiane è altamente raccomandato.
Tuttavia, poiché la religione è costantemente politicizzata, e diviene causa di conflitti, si richiede con urgenza il dialogo religioso con l’Islam e la religione tradizionale africana a tutti i livelli. Questo dialogo sarà autentico e produttivo nella misura in cui ogni religione si muove dal profondo della propria fede e incontra l’altra in verità e in apertura.
I Padri sinodali pregano che l’intolleranza e la violenza religiose diminuiscano e vengano eliminate per mezzo del dialogo interreligioso. L’importante evento ecumenico e interreligioso di Assisi (1986) ci fornisce un modello da seguire.

Propositio 12

Islam

Con il Concilio Vaticano II, la Chiesa-Famiglia di Dio "guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini" ("Nostra Aetate", 3).
Per servire la riconciliazione, la giustizia e la pace, si deve superare qualsiasi forma di discriminazione, di intolleranza e di fondamentalismo religioso. Per quanto riguarda la libertà religiosa, il diritto al culto deve essere messo in risalto.
Nei rapporti con i Musulmani, dobbiamo:
- dare la priorità al dialogo della vita e ad un partenariato su contenuti sociali e sulla riconciliazione;
- prendere in considerazione la varietà delle situazioni ed esperienze;
- confrontare onestamente i nostri fraintendimenti e difficoltà;
- fornire migliori informazioni sull’Islam nella formazione dei sacerdoti, uomini e donne religiosi, e i fedeli laici; e
- prendere iniziative che promuovano il rispetto, l’amicizia, la collaborazione e la reciprocità.

Propositio 13

La Religione Tradizionale Africana

Poiché la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa continua a vivere fianco a fianco con gli aderenti della religione tradizionale africana, i Padri sinodali hanno ricordato il saggio consiglio del Vaticano II ("Nostra aetate") il quale considera la religione tradizionale africana e le altre religioni in questa prospettiva: "Dai tempi antichi fino ad oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità a quella forza arcana che è presente al corso delle cose e sopra agli avvenimenti della vita umana…".
La gente bene informata, che si è convertita dalla religione tradizionale africana, può guidare la Chiesa ad una sempre più grande e più precisa conoscenza delle culture e religioni africane, facendo più facilmente discernimento dei veri punti di opposizione. Questo aiuterà la necessaria distinzione che deve essere fatta tra il culturale e il religioso e specialmente tra il culturale e quei perniciosi programmi di stregoneria che causano la rottura e la rovina delle nostre famiglie e delle nostre società.
Pertanto, seguendo il Concilio Vaticano II, i Padri sinodali nulla rigettano di quanto "è vero e santo in queste religioni... [La Chiesa] perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi".
Pertanto, questo Sinodo propone che:
- la religione tradizionale africana e le culture siano soggette ad una qualificata e completa ricerca scientifica nelle Università Cattoliche dell’Africa e nelle facoltà delle Università Pontificie romane alla luce della Parola di Dio;
- i Vescovi, nelle loro diocesi, dovrebbero intraprendere una energica azione pastorale contro tutti coloro che sono coinvolti nella stregoneria e decidere quali misure disciplinari siano necessarie; e
- ogni Vescovo dovrebbe nominare un esorcista, dove non ci sia.
Riguardo alla stregoneria ed ai culti,
- la Chiesa locale si deve basare su un confronto equilibrato che studi questo fenomeno alla luce della fede e della ragione, così da liberare gli africani da questa piaga; e
- una équipe pastorale diocesana multidisciplinare deve preparare un programma pastorale basato sulla razionalità, sulla redenzione e sulla riconciliazione.

Propositio 20

Protocollo di Maputo

I Padri sinodali conoscono gli aspetti problematici del Protocollo di Maputo sulle donne e la vita, ad esempio riguardo alla salute riproduttiva. Ma soprattutto ritengono inaccettabile la promozione dell’aborto nell’articolo 14,2/c: "proteggere i diritti riproduttivi delle donne autorizzando l’aborto clinicamente assistito nei casi di violenza sessuale, stupro, incesto e quando portare avanti la gravidanza comporterebbe la salute mentale e fisica della donna o la vita della donna o del feto".
Secondo l’insegnamento della Chiesa, l’aborto è contrario alla volontà di Dio. Inoltre questo articolo è in contraddizione con i diritti umani e con il diritto alla vita. Banalizza la serietà del crimine dell’aborto e svaluta il ruolo della maternità. La Chiesa condanna questa posizione sull’aborto, proclamando che per valore e dignità la vita umana sia protetta dal concepimento fino alla morte naturale.
I Padri sinodali invitano la Chiesa in Africa e nelle sue Isole a dedicarsi ad usare i mezzi e le strutture necessari per accompagnare donne e coppie tentate di abortire. Inoltre lodano il coraggio dei governi che combattono l’aborto nella loro legislazione.

Propositio 32

Rispetto per la diversità etnica

La Chiesa, a servizio della riconciliazione, ha la missione di riconciliare tutte le cose in Cristo (cf. 2 Cor 5, 19). Nell’adempiere la sua missione la Chiesa riconosce e rispetta le ricche diversità etniche culturali, politiche e religiose dei popoli africani, cercando l’unità nella diversità, piuttosto che nell’uniformità, preferendo quanto unifica a ciò che li divide e prendendo dalle diversità i valori positivi come sorgente di forza per raggiungere la concordia sociale, la pace e il progresso.

Propositio 33

Inculturazione

C’è bisogno di compiere uno studio completo sulle tradizioni e culture Africane alla luce del Vangelo, per arricchire la vita cristiana, per mettere da parte quegli aspetti che sono contrari all’insegnamento cristiano e per animare e sostenere il lavoro di evangelizzazione dei popoli d’Africa e delle loro culture.
La Chiesa in Africa sperimenta una crescita costante nel numero dei suoi membri e di coloro che servono come clero. Tuttavia esiste un’incoerenza tra alcune pratiche culturali tradizionali Africane e quanto richiesto dal Vangelo.
Per poter essere pertinente e credibile, la Chiesa ha bisogno di compiere un discernimento profondo, per identificare quegli aspetti della cultura che promuovono ed quelli che impediscono l’inculturazione di valori evangelici.
Quindi il Sinodo propone:
- che siano promossi i valori culturali positivi e inculcati in tutte le sue istituzioni di insignamento ed educazione;
- che sia incoraggiato e promosso il lavoro dei teologi autenticamente africani;
- che gli elementi positivi delle culture tradizionali africane siano incorporati nei riti della Chiesa;- che gli agenti pastorali imparino le lingue e culture locali, così che i valori del Vangelo possano toccare il cuore della gente, ed aiutarla verso una genuina riconciliazione, che porti ad una pace durevole;
- che i documenti del Magisterium siano tradotti nelle lingue locali;
- che lo scambio di documenti tra Conferenze Episcopali sia facilitato;
- che le regole canoniche e liturgiche riguardanti il ministero dell’esorcismo siano usate in un ministero di compassione, giustizia e carità; e
- che venga denunciata la simonia tra un certo numero di sacerdoti, i quali abusano dei sacramentali per venire incontro alle richieste dei fedeli, a cui piacciono simboli religiosi, come incenso, acqua santa, olio d’oliva, sale, candele, ecc.
L’insegnamento della cultura condiziona lo sviluppo integrale degli individui e gruppi. Quindi gli Africani dovrebbero promuovere l’eredità culturale della loro regione. Essi dovrebbero tenere cari certi valori e allo stesso tempo aprirli ad un incontro con altre culture, valori come il rispetto per gli anziani e per le donne come madri; rispetto per la solidarietà, aiuto vicendevole ed ospitalità, unità, rispetto per la vita; onestà, verità e la parola d’onore.

Propositio 35

Piccole Comunità Cristiane / Comunità Ecclesiali Viventi

Il Sinodo rinnova il suo appoggio alla promozione delle SCC / CEV, che edificano saldamente la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa. Le SCC / CEV, basate sulla condivisione del Vangelo, dove i cristiani si riuniscono per celebrare la presenza del Signore nella loro vita e in mezzo a loro, attraverso la celebrazione dell’Eucaristia, la lettura della Parola di Dio e la testimonianza della loro fede nel servizio amorevole tra loro e nelle loro comunità. Sotto la guida dei loro pastori e catechisti cercano di approfondire la lor fede e maturare nella testimonianza cristiana nel vivere esperienze concrete di fraternità, maternità, relazione, amicizia aperta, dove ciascuno si prende cura dell’altro. Questa Famiglia di Dio si estende al di là dei vincoli di sangue, etnia, tribù, cultura e razza. In questo modo le SCC / CEV aprono sentieri di riconciliazione con le famiglie estese, che hanno la tendenza ad imporre ai nuclei delle famiglie cristiane i loro modi e costumi sincretistici.

Propositio 36

Sfide dei nuovi movimenti religiosi

Alla luce delle sfide poste dai nuovi movimenti religiosi (culti, movimenti esoterici, ecc.), alle Chiese locali è richiesto di approntare forme di evangelizzazione che affrontino al meglio gli attuali problemi dei fedeli.
Anche le parrocchie devono promuovere nelle loro Piccole Comunità Cristiane / Comunità Ecclesiali Viventi (SCC / CEV) una vita fraterna di solidarietà. Gli operatori nell’attività apostolica devono sviluppare un ministero di ascolto spirituale e di sostegno per assistere i fedeli nel vivere ogni giorno conservando la fede.
Inoltre il Sinodo raccomanda che la catechesi conduca ad una genuina esperienza di conversione e includa la formazione alla perseveranza nella fede in tempo di prova (cf. Rm 5, 3-5) alla stessa maniera che l’iniziazione tradizionale prepara i giovani ad affrontare tutti i tipi di situazioni. Deve essere offerto ai fedeli un profondo insegnamento biblico e dottrinale. I gruppi di preghiera, i movimenti ecclesiali e le nuove comunità dovrebbero introdurre anche questa istanza nei loro programmi.

Propositio 39

I preti

Ogni prete configurato per l’ordinazione a Cristo, Capo e Buon Pastore, è chiamato ad essere un’immagine viva di Gesù Cristo, che venne a servire, non ad essere servito (Mc 10,45).
Di conseguenza i preti devono coltivare una profonda vita spirituale che comprenda l’ascolto della Parola di Dio, la celebrazione dell’Eucaristia e la fedeltà alla preghiera, specialmente delle Ore. Devono dedicarsi in modo risoluto una vita di comunità evangelica e fraterna, protetti da pressioni familiari, dedicati ad una sobria vita di disciplina e di abnegazione ("Apostolica vivendi forma"), e ad un amore speciale per i poveri. Devono essere esempi di un’amministrazione responsabile e trasparente. Dovrebbero imitare i profeti coraggiosi di fronte ai mali sociali. Divengono così "sale della terra" e "luce del mondo".
La vocazione sacerdotale comprende anche un impegno alle virtù evangeliche di povertà, castità ed obbedienza. Queste sono la loro più grande professione di amore per Cristo, per la sua Chiesa e per i loro vicini. Di conseguenza i Padri sinodali raccomandano a tutti i preti di rito latino di vivere il loro celibato generosamente e con amore.
Secondo l’Esortazione Apostolica "Pastores dabo vobis" (n. 29): "Il celibato è dunque da accogliere... come dono inestimabile di Dio, come «stimolo della carità pastorale», come singolare partecipazione alla paternità di Dio e alla fecondità della Chiesa, come testimonianza al mondo del Regno escatologico".
Inoltre il periodo di grazia dell’Anno Sacerdotale invita tutti i preti a imitare lo zelo di S. Giovanni Maria Vianney nel ministero del sacramento della penitenza.
In vista di tutto ciò e a causa dei ministeri che i preti esercitano in Cristo e in favore dei fedeli cristiani, talvolta in circostanze molto difficili, i Padri sinodali non cessano di ringraziare Dio per loro e di portarli nella preghiera a Dio, perché li aiuti. Ma i Padri sinodali desiderano anche assicurare ai loro preti una solida formazione permanente nelle rispettive zone di vita e di ministero. Raccomandano loro per il proprio mantenimento e crescita spirituale:
- giornate mensili ed annuali di ritiro;
- regolare vita di preghiera e lettura biblica;
- formazione permanente specialmente per giovani preti, che hanno bisogno di un accompagnamento amorevole, che includa la dottrina sociale della Chiesa; ed
- un’assicurazione generale e mezzi per una vita dignitosa dei preti malati e anziani.
Inoltre il Sinodo precisa, per i preti che lavorano fuori della loro diocesi, che venga raggiunta una convenzione tra la diocesi di origine e quella di destinazione, che definisca chiaramente le condizioni di vita e di lavoro e la durata della missione. Per di più questi preti devono essere considerati pienamente pastori in tutta giustizia e carità cristiana, e inseriti pienamente nel presbiterio.

Propositio 45

Eucaristia fonte di comunione e riconciliazione

All’inizio del terzo millennio del cristianesimo la nostra grande sfida non consiste nell’illustrare le differenze di origine e di cultura, ma nel costruire un’unità che rispetti la diversità. Uomini e donne di differente origine, per carattere, cultura e religione possono costruire insieme un alto grado di unità: un’unità tale da fondare la vita di ciascuno per e con gli altri per amore della stessa persona, cioè Dio fatto uomo, Gesù Cristo, che visse tra noi, sparse il suo sangue per noi con la più grande solidarietà e ci dà se stesso in cibo nella nostra vita quotidiana. Questo sangue di Cristo sparso per noi è il vincolo e il fondamento di una nuova relazione che respinge ogni parvenza di tribalismo, razzismo, etnicismo, nepotismo, feticismo, ecc.
Il Sinodo ha espresso una forte disapprovazione di certe deviazioni nella pratica sacramentale, contrarie ai sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia.
Insistiamo nel ricordare che l’Eucaristia rimane la fonte e il culmine della riconciliazione e l’intera vita cristiana e che la santità è il mezzo più efficace per costruire una società di riconciliazione, giustizia e pace. Guardiamo con attenzione alla celebrazione eucaristica e disponiamo tempi e luoghi per l’adorazione eucaristica, individuale e comunitaria, in tutte le diocesi e parrocchie. Bisogna curare che le chiese e le cappelle siano ordinariamente riservate alla celebrazione dell’Eucaristia, evitando il più possibile che esse divengano semplicemente degli spazi sociali. I Padri sinodali chiedono che le organizzazioni assistenziali siano pronte ad appoggiare le diocesi in un dialogo sincero con i vescovi locali nella costruzione di spazi di culto, convinti che essi sono essenziali per la visibilità della Chiesa e garantiscono il senso del sacro e di uno sviluppo umano autentico ed integrale.

Propositio 47

Donne in Africa

Le donne in Africa offrono un grande contributo alla famiglia, alla società e alla Chiesa con i loro molti talenti e capacità. Tuttavia non solo la loro dignità e apporto non vengono pienamente riconosciuti e apprezzati, ma i loro stessi diritti sono spesso negati. Nonostante il grande progresso fatto nell’educazione e nello sviluppo delle donne in alcune nazioni dell’Africa, lo sviluppo delle giovani e delle donne in generale è sproporzionato rispetto a quello dei giovani e degli uomini; ragazze e donne generalmente sono trattate ingiustamente.
I Padri sinodali condannano tutti gli atti di violenza contro le donne, p. e. i maltrattamenti alle mogli, la privazione dell’eredità alle figlie, l’oppressione delle vedove in nome della tradizione, i matrimoni forzati, la mutilazione genitale alle donne, traffico delle donne e tanti altri abusi come la schiavitù sessuale ed il turismo sessuale. Sono ugualmente condannati tutti gli altri atti disumani ed ingiusti contro le donne.
I Padri sinodali propongono:
- la formazione umana integrale (intellettuale, professionale, morale, spirituale, teologica, ecc.) delle ragazze e delle donne;
- la creazione di "case di accoglienza" per ragazze e donne vittime di abusi perché trovino riparo e consulenza.
-la stretta collaborazione tra Conferenze Episcopali per porre fine al traffico delle donne;
- l’integrazione più ampia delle donne nelle strutture della Chiesa e nei processi decisionali;
- l’istituzione di una commissione di studio diocesana e nazionale per trattare le questioni delle donne, per aiutarle a svolgere meglio la loro missione nella Chiesa e nella società; e
- l’istituzione di una commissione di studio sulle donne nella Chiesa all’interno del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

Propositio 51

HIV/AIDS

L’AIDS è una pandemia, che insieme alla malaria e alla trubercolosi sta decimando la popolazione africana e danneggiando fortemente la sua vita economica e sociale. Non la si deve considerare come problema semplicemente medico-farmaceutico e solamente come un’istanza di cambiamento della condotta umana. In realtà si tratta di un’istanza di sviluppo integrale e di giustizia, che richiede alla Chiesa un trattamento integrale e una risposta.
I malati di AIDS in Africa sono vittime di ingiustizia, poiché non ricevono la stessa qualità di trattamento di altri paesi. La Chiesa chiede che i fondi destinati a loro siano realmente devoluti a questo scopo e raccomanda che i pazienti africani ricevano la stessa qualità di trattamento praticato in Europa.
La Chiesa condanna decisamente ogni tentativo deliberato da parte di persone e gruppi di diffondere il virus, o come arma da guerra o con il proprio stile di vita.
Il Sinodo incoraggia tutte le istituzioni e movimenti della Chiesa che lavorano nel campo della salute e specialmente dell’AIDS, e chiede alla agenzie internazionali di riconoscerli e sostenerli nel rispetto della loro specificità. La Chiesa raccomanda urgentemente che la ricerca corrente sui trattamenti sia allargata per scongiurare questa profonda sofferenza.
Inoltre il Sinodo propone:
- l’abolizione di ogni causa di diffusione della malattia, di distruzione della vita familiare, di infedeltà coniugale, la promiscuità e uno stile di vita che disprezzi i valori umani e le virtù evangeliche;
- una pastorale che offra ai malati di HIV e AIDS di accedere alla terapia, al cibo, ad un accompagnamento per un cambiamento di condotta e una vita priva di marchio di condanna;
- una pastorale che offra ad orfani, vedove e vedovi una vera speranza di vita priva di marchio di condanna e discriminazione;
- un sostegno pastorale di aiuto alle coppie di contagiati per informarle e formare la loro coscienza perché facciano scelte giuste, con piena responsabilità per il miglior bene reciproco, la loro unione e la loro famiglia; e
- la preparazione da parte del SECAM di un manuale pastorale sull’HIV/AIDS per tutti coloro che sono coinvolti nel ministero della Chiesa per l’AIDS (preti, religiosi, medici, infermieri, consulenti, catechisti, insegnanti) nell’attuazione della dottrina morale e sociale della Chiesa nelle diverse situazioni in cui il popolo di Dio in Africa affronta le diverse sfide della pandemia.

Propositio 55

Abolizione della pena di morte

"La Chiesa vede come un segno di speranza la crescita della pubblica opposizione alla pena di morte, anche quando essa è vista come un’espressione di giustizia ed un tipo di legittima difesa da parte della società. La società moderna, infatti, ha i mezzi per una effettiva abolizione del crimine rendendo innocui i criminali senza certamente negare loro la possibilità di emendarsi" ("Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica", 405).
La dignità della persona richiede che i suoi diritti fondamentali siano rispettati anche quando essa non rispetta i diritti degli altri. La pena di morte fa fallire tale intenzione. A volte, la pena di morte è usata per eliminare gli oppositori politici. Inoltre, la povera gente che non può difendersi da sola, è più facilmente soggetta a questa pena definitiva e inappellabile.
Questo Sinodo invoca l’abolizione totale ed universale della pena di morte.

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Giorno per giorno, la documentazione ufficiale del sinodo speciale per l'Africa, 4-25 ottobre 2009:

> Synodus Episcoporum 2009 – Bollettino


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Sul viaggio del papa in Camerun ed Angola dello scorso marzo e sulle polemiche per una sua frase sul preservativo:

> Mine vaganti. In Africa il preservativo, in Brasile l'aborto  (23.3.2009)

E su una realtà poco conosciuta del cristianesimo africano:

> Etiopia, una stupefacente cristianità in terra d'Africa (18.3.2009)

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Fuori dall'aula del sinodo, l'intervista di maggiore interesse è quella data a John L. Allen Jr. dall'arcivescovo di Accra, la capitale del Ghana, Charles Palmer-Buckle, una delle figure emergenti dell'episcopato africano:

> Ghaneian Archbishop Says Church Has Failed

Fonte
S_Daniele
00mercoledì 28 ottobre 2009 10:25
Benedetto XVI: il Sinodo ha fatto un buon lavoro

Discorso ai Padri sinodali durante il pranzo con loro



CITTA' DEL VATICANO, domenica, 25 ottobre 2009 (ZENIT.org).-
 
Riportiamo di seguito le parole pronunciate da Papa Benedetto XVI questo sabato durante il pranzo svoltosi nell'Atrio dell'Aula Paolo VI con i partecipanti alla II Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa.

* * *


Cari fratelli e sorelle,
è adesso l'ora di dire grazie. Grazie anzitutto al Signore che ci ha convocato, ci ha riunito, ci ha aiutato ad ascoltare la sua Parola, la voce dello Spirito Santo, e così ha dato anche la possibilità di trovare la strada dell'unità nella molteplicità delle esperienze, l'unità della fede e la comunione nel Signore. Perciò l'espressione "Chiesa-Famiglia di Dio" non è più solo un concetto, un'idea, ma è un'esperienza viva di queste settimane: siamo stati realmente riuniti, qui, come Famiglia di Dio. Abbiamo fatto anche, con l'aiuto del Signore, un buon lavoro.

Il tema, di per sé, era una sfida non facile, con due pericoli, direi. Il tema "Riconciliazione, giustizia e pace" implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia e pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una metanoia, senza una novità che deve risultare proprio dall'incontro con Dio. Ma anche se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche, queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza, così, che non è la nostra.

L'altro pericolo è stato - proprio per fuggire da questa tentazione - quello di ritirarsi in un mondo puramente spirituale, in un mondo astratto e bello, ma non realistico. Il discorso di un pastore, invece, deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola. Quindi questa mediazione comporta, da una parte essere realmente legati alla realtà, attenti a parlare di quanto c'è, e dall'altra non cadere in soluzioni tecnicamente politiche; ciò vuol dire indicare una parola concreta, ma spirituale. Era questo il grande problema del Sinodo e mi sembra che, grazie a Dio, siamo riusciti a risolverlo, e per me questo è anche motivo di gratitudine perché facilita molto l'elaborazione del documento post-sinodale.

Vorrei adesso ritornare ai ringraziamenti. Ringrazio soprattutto i presidenti delegati, che hanno moderato, con grande "sovranità" e anche con allegria, le sedute del Sinodo. Ringrazio i relatori: abbiamo visto anche adesso e toccato - per così dire - con mano, che essi hanno portato il più grande peso del lavoro, hanno lavorato di notte e anche di domenica, hanno lavorato durante il pranzo e adesso meritano realmente un grande applauso da parte nostra.Posso qui comunicare che ho deciso di nominare il cardinale Turkson nuovo presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, successore del cardinale Martino. Grazie, Eminenza, per aver accettato; siamo contenti di averla fra poco tra noi. Grazie poi a tutti i Padri, ai delegati fraterni, agli uditori, agli esperti e grazie soprattutto ai traduttori perché hanno una parte nella trama di "creare Pentecoste". Pentecoste vuol dire capirsi reciprocamente; senza traduttore questo ponte di comprensione mancherebbe. Grazie! E grazie soprattutto anche al Segretario generale, al suo team, che ci ha guidato e ha organizzato silenziosamente tutto molto bene.

Il Sinodo finisce e non finisce, non solo perché i lavori vanno avanti con l'Esortazione Post-Sinodale: Synodos vuol dire cammino comune. Rimaniamo nel comune cammino col Signore, andiamo avanti al Signore per preparargli le strade, per aiutarlo, aprirgli le porte del mondo perché possa creare il suo Regno tra di noi. In questo senso la mia Benedizione per voi tutti. Recitiamo adesso la preghiera di ringraziamento per il pranzo.


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