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Sinodo per l'Africa (4-25 Ottobre 2009)

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2009 10:25
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Intervento di Mons. Emílio SUMBELELO, Vescovo di Uíje, ANGOLA


Martedì, 6 ottobre 2009

Aula del Sinodo, Città del Vaticano



S. E. R. Mons. Emílio SUMBELELO, Vescovo di Uíje (ANGOLA)



Nel nostro contesto angolano, la giustizia deve procedere di pari passo con il perdono. Senza perdono non può esservi riconciliazione e, di conseguenza, la pace, visto che lo sviluppo di qualsiasi popolo o nazione risulta ritardato indefinitamente in assenza di meccanismi di perdono.

Negli ultimi 30 anni una buona parte dei paesi africani - e l’Angola non sfugge alla regola - ha subito cambiamenti profondi. Le innumerevoli ed enormi agitazioni della popolazione, collegate alla guerra, hanno trasformato la società africana. Attualmente oltre la metà della popolazione vive in zone urbane. Una delle prime conseguenze riguarda la sua identità etnico-tribale: popoli di origine e sostrato sociale diversi ora vivono insieme nello stesso ambiente urbano, dando origine a una fusione culturale. Seconda conseguenza sono i conflitti interetnici, generati dalle condizioni di disagio economico e di grande disuguaglianza sociale.

Il vero perdono deve comprendere la ricerca della verità. Fa parte di questa verità riconoscere il male fatto e, se possibile, porvi rimedio. Infatti, il perdono non elimina né diminuisce l’esigenza di riparazione che è propria della giustizia, ma che esige di reintegrare le persone e i gruppi nella società. Passi concreti: 1) promuovere attraverso le CIP, Pro Pace, opportuni studi sulle prevaricazioni dei gruppi etnici o sulle ingiustizie, per accertare la verità come primo passo per la riconciliazione. 2) Puntare sulla “ricostruzione umana” che passa attraverso la modificazione del comportamento della personalità male impostata e/o che ha sofferto qualche scossa nelle sue strutture e/o nelle strutture della sua società. La “ricostruzione umana” è quindi un lavoro che ci si attende dalla Chiesa, affinché l’“individuo distrutto” torni a farsi persona, ad accettare se stesso e impari a dare nuovi impulsi che si trasformino in capacità di accettare gli altri.


Interventod di Mons. José NAMBI, Vescovo di Kwito-Bié, ANGOLA


Martedì, 6 ottobre 2009

Aula del Sinodo, Città del Vaticano




S. E. R. Mons. José NAMBI, Vescovo di Kwito-Bié (ANGOLA)



La cultura democratica sta progredendo, sebbene timidamente. In Angola ancora non si tengono elezioni con la periodicità che sarebbe auspicabile. Ci sono politici che desiderano un vero cambiamento della situazione, ma altri fanno resistenza, sono insensibili e si preoccupano solo dei propri interessi. I venti della democrazia si fanno sentire più nella capitale che in altre zone del paese e con pochi mezzi di comunicazione sociale. Si constata la mancanza di una vera educazione civica dei cittadini, cosa che favorisce la manipolazione. Tutto ciò, unito all’analfabetismo in ambiente rurale, rende molto precaria la situazione. La coscienza critica delle persone è debole. Alcuni ritengono vero tutto quanto detto dai mezzi di comunicazione sociale. Per questo è urgente promuovere l’educazione civica dei cittadini e rafforzare la loro coscienza critica. Ciò significa anche promuovere la difesa della libertà di espressione e di opinione come appannaggio della democrazia e spazi di sviluppo. I laici che militano nelle diverse istituzioni civili, nei partiti politici, in Parlamento, sono chiamati a dare una vera testimonianza della riconciliazione, della giustizia e della pace. Perciò riteniamo fondamentale continuare a puntare sulla loro formazione a tutti i livelli.

Il continente africano è considerato un continente ricco, ma i suoi popoli continuano ad essere poveri. Si sta facendo qualcosa di positivo per ridurre la povertà. In Angola si osserva un grande sforzo per uscire dalla povertà. A questo scopo sono stati concepiti progetti grandi e piccoli. Ciononostante la differenza fra ricchi e poveri continua ad essere enorme. La concentrazione delle ricchezze nelle mani di poche persone è impressionante e ciò genera e può sempre generare conflitti. La popolazione delle zone rurali è attratta dalla vita delle città e questo comporta varie conseguenze sociali. L’immigrazione a partire dai paesi vicini si sta acuendo e porta con sé diverse conseguenze sociali. C’è il problema delle terre occupate a danno dei piccoli agricoltori, cosa che ha causato conflitti.

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