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La Passione e Resurrezione di Cristo in san Giovanni

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    00 14/09/2009 16:48

    Tuttavia, per il rispetto che nutrono per chi ha dato loro una posizione, non pensano

    affatto a queste cose, ma rispettano le decisioni del re, chiunque sia colui al quale ha

    affidato il governo. Per gli ordinamenti umani vi è tanto timore riverenziale; ma

    quando si tratta di ordinamenti stabiliti da Dio, disprezziamo il suo ministro, lo

    insultiamo, lo ricopriamo di ingiurie, e, mentre ci viene proibito di giudicare i nostri

    fratelli, aguzziamo la nostra lingua per dir male dei sacerdoti. E quale perdono ci

    meriteremo se noi, non vedendo la trave nel nostro occhio, notiamo spietatamente la

    pagliuzza in quello altrui
    24? Non sai dunque che prepari per te una condanna ben più

    grave, quando giudichi gli altri in questo modo? Dico tutto questo, è ovvio, non

    perché approvo quei sacerdoti che si comportano in maniera indegna nel loro

    ministero, anzi li deploro e li compiango molto; non per questo tuttavia essi debbono

    essere giudicati dai fedeli ad essi affidati, soprattutto da quelli rozzi e ignoranti.

    Anche se la loro vita merita biasimo, tu non subisci alcun danno, se dai loro ascolto

    in quelle cose che sono state loro affidate da Dio. Se infatti Dio fece sentire la sua

    voce per mezzo di un'asina, se donò le sue benedizioni spirituali attraverso un

    indovino; se si servì della bocca di un animale e dell'impura lingua di Balaam per

    convertire i giudei che avevano peccato, a maggior ragione compirà la sua opera

    nell'interesse di voi che rettamente vivete, anche se i sacerdoti fossero dei grandi

    peccatori, e vi manderà lo Spirito Santo. L'anima pura non attira infatti lo Spirito a

    cagione della propria purezza: è la grazia che compie ogni cosa. « Tutto — dice

    l'Apostolo — è per voi, sia Paolo, sia Apollo, sia Cefa »25.

    Qualunque cosa affidata al sacerdote è soltanto dono di Dio, e quali che siano i

    progressi compiuti dall'umana filosofìa, saranno sempre inferiori alla grazia. Dico

    questo non perché conduciamo una vita accidiosa, ma perché voi, vedendo che

    qualche sacerdote preposto alla cura delle vostre anime si comporta con negligenza,

    non cerchiate di fargli del male. Ma perché parlo dei sacerdoti? Neppure un angelo,

    neppure un arcangelo può fare qualcosa di sua iniziativa per quanto riguarda le grazie

    dateci da Dio, ma solo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo le dispensano.

    24 Cf. Mt. 7, 3; Lc. 6, 41.

    25 1 Cor. 3, 22.

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    00 14/09/2009 16:48

    Il sacerdote presta la sua lingua e porge la sua mano come semplice strumento. Non

    sarebbe stato dunque giusto che coloro che hanno abbracciato la fede venissero

    danneggiati nei simboli della nostra salvezza a causa della condotta peccaminosa di

    altri. Considerato tutto ciò, temiamo Dio e veneriamo i suoi sacerdoti, rendiamo ad

    essi ogni onore, se vogliamo ricevere da Dio la ricompensa per le nostre opere e per il

    rispetto che ad essi avremo manifestato, per la grazia e la bontà del nostro Signore

    Gesù Cristo, cui sia gloria, regno ed onore, insieme con il Padre e con lo Spirito

    Santo, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Cosi sia.

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    00 14/09/2009 16:49

    Discorso ottantasettesimo

    Ma Tommaso, uno dei dodici, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù.

    Gli altri discepoli gli dicevano: « Abbiamo visto il Signore!
    ». Ma egli disse loro: «Se non vedo, non ci crederò mai », ecc. 1.

    1. - Come il credere senz'altro con semplicità è segno di buon carattere, cosi volere

    esageratamente esaminare ed indagare è segno di ottusità di mente. Per questo anche

    Tommaso viene rimproverato. Non credette infatti agli Apostoli che gli dicevano: «

    Abbiamo visto il Signore »; non tanto perché non li ritiene degni di fede, quanto

    perché considera impossibile la cosa, cioè la risurrezione dei morti. Non disse: « Non

    vi credo », ma: « Se non metterò la mia mano, non crederò ». Ma perché, mentre gli

    altri sono tutti riuniti, lui solo era assente? Probabilmente perché dopo la fuga

    generale di tutti i discepoli, egli non era ancora ritornato. Ma tu, vedendo che questo

    discepolo non crede, rifletti sulla clemenza del Signore, e come egli, a vantaggio di

    una sola anima, mostri le cicatrici delle ferite ricevute, e venga per la salvezza di uno

    solo, anche se questi mostra di avere una mente più ottusa di tutti gli altri. Perciò

    cercava la fede per mezzo del più grossolano di tutti i sensi, e non credeva neppure ai

    propri occhi.

    Non disse soltanto: « Se non avrò visto », ma anche: «
    se non avrò toccato », nel

    timore che ciò che vedeva fosse soltanto un'illusione. Eppure i discepoli che gli

    annunciarono questi fatti erano degni di fede, e degno di fede era certo il Signore,

    che aveva promesso che sarebbe tornato. Tuttavia, poiché egli chiese maggiori

    prove, Cristo non gliele fece mancare.

    1 Gv. 20, 24-25.

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    00 14/09/2009 16:50

    Perché Gesù non gli apparve subito, ma soltanto dopo otto giorni? Perché essendo già

    stato informato e preparato dai discepoli, si accrescesse il suo desiderio, e per rendere

    più salda la sua fede per l'avvenire. Ma da chi aveva saputo Tommaso che il costato

    era stato squarciato? Lo aveva sentito dire dai discepoli. Perché, dunque, credette loro

    in una cosa, e in un'altra non credette? Perché quest'altra notizia riguardava un

    evento straordinario e meraviglioso. Rifletti sulla veridicità dimostrata dagli

    Apostoli nei loro discorsi e come essi non nascondano i propri difetti, né quelli altrui

    ma, al contrario, parlino e scrivano con la massima sincerità. Gesù dunque appare di

    nuovo, e non aspetta di venire interrogato da quello, né di udire da lui qualche

    espressione di meraviglia; ma, mentre quello non diceva niente, lo previene e

    soddisfa il suo desiderio, facendogli capire che lui era lì presente, per soddisfare il

    desiderio che Tommaso aveva manifestato ai discepoli. Infatti si serve anche delle

    sue stesse parole, e severamente lo rimprovera per consolidare in avvenire la sua

    fede.

    Dopo avergli detto: «
    Porgi qua il tuo dito; ecco, guarda le mie mani! Porgi qua la

    tua mano e mettila nel mio costato! », aggiunge subito: «E non essere incredulo, macredente

    »2. Non vedi dunque che Tommaso dubita perché è incredulo? Ma si

    comporta cosi prima di ricevere lo Spirito; in seguito ciò non accadde più, e tutti

    divennero perfetti. E non soltanto con queste parole lo rimproverò, ma anche

    con quelle che seguono. Dopo che si fu accertato sulla verità del fatto, si ravvide ed

    esclamò: «
    Il mio Signore e il mio Dio! ». Gesù gli rispose: « Perché mi hai visto, haicreduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto »3. In questo infatti

    consiste la fede, nell'ammettere la verità di quello che non si vede. « La fede —

    infatti — è sostanza di cose sperate, argomento di cose che non si vedono »
    4. Qui

    però Gesù non proclama beati soltanto i discepoli, ma anche quelli che avrebbero

    creduto in seguito. « Ma anche i discepoli — tu obietterai — hanno visto ed hanno

    creduto ».

    Essi però non hanno preteso alcuna prova di quel genere: bastò loro vedere le bende e

    il sudario per credere nella risurrezione di Gesù e, prima ancora di vedere il suo corpo

    glorioso, ne furono pienamente convinti.

    2 Gv. 20, 27.

    3 Gv. 20, 28-29.

    4 Ebr. 11, 1.

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    00 14/09/2009 16:50

    Quando dunque qualcuno dice: « Vorrei esser vissuto a quel tempo per vedere il

    Cristo compiere i miracoli », rifletti su queste parole: « Beati coloro che non hanno

    visto e hanno creduto ».

    Dobbiamo a questo punto chiederci come mai un corpo incorruttibile conservava le

    cicatrici dei chiodi, e come potè essere toccato da una mano mortale. Non turbarti di

    fronte a queste cose: esse mostrano che il Cristo si abbassava al livello umile degli

    uomini. Il suo corpo era infatti tanto sottile, tanto leggero da poter entrare in una casa

    anche a porte chiuse, ed era immateriale; allo scopo di rendere credibile la sua

    risurrezione, si manifestò conservando le cicatrici della croce, ed ecco perché mangia

    con gli Apostoli. Gli Apostoli raccontarono in seguito molte volte questo episodio,

    nel corso della loro predicazione, dicendo: « Noi che con lui abbiamo mangiato e

    bevuto »
    5. Allorché, prima della crocifissione, lo abbiamo visto camminare sulleacque6, non abbiamo detto che il suo corpo era di un'altra natura, ma della nostra;

    cosi, vedendolo ora, dopo la risurrezione, portare i segni delle cicatrici, non diciamo

    che, per questa ragione, esso è corruttibile. Infatti ciò accadde proprio per soddisfare

    le richieste del discepolo.

    Veramente Gesù fece molti altri prodigi7. Questo Evangelista, siccome aveva narrato

    miracoli in minor numero degli altri, sottolinea come neanche loro li avessero

    ricordati tutti, ma solo quelli necessari per condurre gli ascoltatori allo scopo che si

    erano proposti. Infatti, egli dice: « A scriverli uno ad uno, penso che neppure il

    mondo potrebbe contenere i libri che si scriverebbero »
    8.

    2. - Donde risulta di non aver scritto queste cose per vanteria, ma avendo di mira il

    vantaggio dei suoi ascoltatori. Come possono aver scritto al solo scopo di vantarsene,

    coloro che hanno omesso di narrare molti prodigi? Perché allora non hanno narrato

    tutti i fatti? Soprattutto per il loro eccessivo numero; poi perché hanno anche pensato

    che chi non avrebbe creduto ai fatti da loro narrati, avrebbe continuato a non crederci

    anche se ne avessero narrati molti di più: mentre chi li aveva accettati come veri, non

    aveva bisogno di sapere altro per avere la fede.

    5 Atti, 10, 41.

    6 Cf. Mt. 14, 25.

    7 Gv. 20, 30.

    8 Gv. 21, 25.

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    00 14/09/2009 16:51

    Mi sembra però che l'Evangelista voglia qui alludere ai miracoli compiuti dopo la

    risurrezione: per questo precisa: « in presenza dei suoi discepoli ». Cioè, come prima

    della risurrezione erano necessari molti miracoli perché credessero che lui era il

    Figlio di Dio, cosi dopo la risurrezione ci volevano altri miracoli perché si

    convincessero che egli era risorto. Precisò poi: « in presenza dei suoi discepoli »,

    perché, dopo la risurrezione, Gesù si era intrattenuto soltanto con loro. Perciò diceva:

    « Il mondo non mi vedrà più ». Poi, perché tu apprenda che questi miracoli furono

    compiuti soltanto nell'interesse dei discepoli, soggiunse: «
    Perché credendo abbiatela vita eterna nel suo nome »9, rivolgendosi al genere umano nel suo insieme e mostrando

    che non si tratta di un beneficio per colui nel quale si crede, ma soprattutto

    per noi stessi. « Nel suo nome » significa poi per mezzo suo. Egli infatti è la vita.

    Dopo questi fatti si manifestò ai discepoli, sul Mare di Tiberiade10. Vedi che non si

    intrattiene con loro molte volte come faceva prima? Apparve infatti di sera e poi

    scomparve; ricomparve poi una volta dopo otto giorni, e di nuovo scomparve; successivamente

    si manifestò in riva al mare, ed ancora una volta essi vennero colti dal

    timore. Che vuol dire « si manifestò »? E' chiaro da questa parola che egli si fece

    vedere soltanto perché accondiscese alla loro debolezza, essendo ormai il suo corpo

    incorruttibile e immortale. Perché l'Evangelista citò il luogo in cui apparve? Per

    mostrare che Gesù era riuscito a vincere in gran parte la loro paura, tanto che ormai

    uscivano di casa e giravano dappertutto. Non se ne stavano più chiusi in casa, ma

    erano andati in Galilea, per sfuggire alle persecuzioni dei giudei. Simone dunque

    andò a pescare. Dato che Cristo non si tratteneva molte volte con loro, e lo Spirito

    non era stato loro ancora donato e neppure era stato affidato loro qualche compito,

    erano tornati al loro primitivo mestiere.

    E stavano insieme Simone e Tommaso e Natanaele, quello che era stato chiamato da

    Filippo, e i figli di Zebedeo e altri due
    11. Non avendo altro da fare, erano andati a

    pescare, e facevano questo di notte, perché avevano ancora paura.

    9 Gv. 20, 31.

    10 Gv. 21, 1.

    11 Gv. 21, 2.

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    Anche Luca narra quest'episodio, però non accenna a questo, ma ad un altro motivo.

    Anche altri discepoli li seguivano perché si erano uniti in un unico gruppo e volevano

    assistere insieme alla pesca, godendo tranquillamente di qualche ora di riposo. Essi

    dunque si affaticavano e mentre erano cosi impegnati, si presentò Gesù, senza farsi

    subito riconoscere, perché voleva prima parlare con loro. Chiede dunque ad essi: «

    Avete un po' di companatico? »12.

    Parla ancora in modo umano, come se volesse comprare qualcosa da loro. Siccome essi dicono di non aver niente, ordina di gettare la rete alla loro destra; e quando l'ebbero gettata, subito presero i pesci. Non appena

    lo riconobbero, i discepoli Pietro e Giovanni manifestarono ancora una volta, nel

    comportamento, il loro diverso carattere. Il primo era più fervoroso, l'altro di mente

    più elevata; quello più pronto, questo più perspicace. Perciò Giovanni riconobbe per

    primo Gesù, ma Pietro accorse da lui per primo: non erano trascurabili infatti i

    prodigi cui avevano assistito. Di quali prodigi si trattava? Il primo consisteva nel fatto

    di aver pescato moltissimi pesci; il secondo che la rete non si era strappata; il terzo

    che, prima di scendere a terra, trovarono un fuoco alimentato con della legna con

    sopra del pesce e del pane. Gesù non faceva tutto questo servendosi di materia

    preesistente, cosa che però qualche volta aveva fatto per i miracoli da lui compiuti

    prima della crocifissione.

    Pietro, dunque, non appena lo ebbe riconosciuto, gettò via tutto, i pesci e le reti, e si

    cinse la veste attorno ai fianchi. Non vedi quanta riverenza aveva per il Signore e

    com'era grande il desiderio che lo spingeva verso di lui? Eppure era distante duecento

    cubiti; non aspettò tuttavia di giungere a riva in barca, ma si gettò a nuoto in mare per

    raggiungerlo. Che disse allora Gesù? «
    Venite, fate colazione ». Ma nessuno osavachiedergli: « Tu chi sei? » 13. Non avevano più la fiducia e la libertà nel parlargli che

    era loro abituale, e non gli si avvicinavano per interrogarlo: ma se ne stavano seduti

    in silenzio, con gran timore e rispetto, e guardavano tutti a lui.

    Sapevano che era il Signore. Ecco perché non gli chiedevano: « Chi sei? », ma

    vedendolo con un aspetto diverso, che incuteva terrore, erano quanto mai turbati, e

    avrebbero voluto chiedergli qualcosa in proposito.

    12 Gv. 21, 5.

    13 Gv. 21, 12.

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    Ma, poiché erano intimoriti e d'altronde sapevano che egli era proprio il Signore e

    non un altro, si astennero dal porgli domande, limitandosi a mangiare il cibo che egli

    aveva creato con la sua potenza soprannaturale. In questa occasione egli non leva gli

    occhi al cielo, né compie alcunché di umano, dimostrando che in altre occasioni ha

    compiuto tali cose per abbassarsi al loro livello. E poiché Gesù non s'intratteneva più

    di frequente con i discepoli e non nella stessa maniera in cui era solito farlo prima,

    l'Evangelista precisò:
    E questa fu già la terza volta che Gesù si manifestò loro, dopoch'era risorto dai morti14. E ordinò loro di portargli del companatico, affinchè si

    convincessero che non era un fantasma. Ma l'Evangelista non dice che in questa

    occasione Gesù mangia con i discepoli. Luca invece in un altro scritto dice: « E

    mangiando con essi »
    15. Ma in qual modo mangia non spetta a noi dirlo: sta di fatto

    che egli compì queste mirabili cose, non perché la sua natura avesse ancora bisogno

    di nutrimento, ma accondiscese a farle per dimostrare la realtà della sua risurrezione.

    3. - Probabilmente, udendo queste cose, vi siete sentiti infiammati dal desiderio, e

    avete proclamato beati coloro che erano allora con lui, e coloro che si troveranno con

    lui nella futura universale risurrezione. Perciò facciamo di tutto per vedere il suo

    ammirabile volto. Se, ascoltando queste cose, tanto ci infiammiamo e desideriamo di

    essere vissuti in quei giorni nei quali egli si mostrava in terra, desideriamo di avere

    udito la sua voce, di aver visto il suo volto, di averlo avvicinato, di averlo toccato, di

    averlo servito, pensa un po' che cosa sarà mai vederlo, non più rivestito di un corpo

    mortale, e mentre non compie niente di umano, ma sta circondato dagli angeli, in un

    corpo immortale, e godere di quella felicità che non si può esprimere a parole. Perciò,

    ve ne scongiuro, facciamo di tutto pur di non perdere questa gloria. Niente è difficile,

    se vogliamo farlo, niente è gravoso, se resteremo fermi nel nostro proposito. Infatti «

    se sosterremo » con lui, con lui « regneremo »
    16. Che vuoi dire « se sosterremo »? Se

    sopporteremo le disgrazie e le persecuzioni e se percorreremo fino in fondo la via stretta.

    14 Gv. 21, 14.

    15 Atti, 1, 4.

    16 2 Tim. 2, 12.

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    Per sua natura questa via è angusta e faticosa, ma con uno sforzo della volontà

    diventa più accessibile, nella speranza della futura felicità. Infatti « quella che

    presentemente è una momentanea e leggera tribolazione, procura a noi una gloria

    immensa in cielo, se noi mireremo non alle cose visibili, ma a quelle che non si

    vedono »
    17.

    Rivolgiamo dunque gli occhi al cielo, e meditiamo continuamente sulle cose che

    stanno lassù. Se le terremo sempre presenti, le delizie di questa vita terrena non ci

    sedurranno più, e non saremo più insofferenti nelle circostanze tristi di questa vita;

    ma rideremo di queste cose e niente potrà ridurci in servitù, né farci inorgoglire, se

    ora e sempre tenderemo lassù col nostro desiderio, se avremo di mira un simile

    amore. Ma che dico, che non soffriremo più per i mali della vita presente? Non ci

    accorgeremo neppure di essi. Tale è infatti l'amore. Con la nostra immaginazione noi

    ci vediamo sempre accanto coloro che amiamo, anche se sono lontani: irresistibile è

    la forza dell'amore, che ci distacca da ogni altra cosa ed unisce l'anima all'amato

    bene. Se così ameremo Cristo, tutte le cose terrene altro non ci sembreranno che

    ombre, fantasmi, sogni. Diremo anche noi allora: « Chi mai ci separerà dalla carità di

    Cristo? forse la tribolazione o le avversità? »
    18. Non disse: « il denaro, la ricchezza, la

    bellezza (cose, queste, quanto mai meschine e ridicole) », ma parlò delle cose che

    sembrano le più gravi: la fame, le persecuzioni, la morte. Eppure egli disprezzò anche

    queste come se non fossero niente: noi invece, a causa del denaro, ci separiamo dalla

    nostra vita e dalla nostra luce. Paolo al contrario non anteponeva all'amore per il

    Cristo né la morte, né la vita, né le cose presenti, né quelle future, e neppure

    nessun'altra creatura; noi invece, non appena vediamo un po' d'oro, subito siamo presi

    dal desiderio di averlo, e calpestiamo le leggi del Cristo. Se poi queste cose ci

    sembrano insopportabili a dirsi, molto di più dovrebbero esserlo a farsi. Invece, ciò

    che è più grave, noi ci mostriamo inorriditi a sentir dire queste cose, ma non

    proviamo orrore nel farle e con grande facilità giuriamo, spergiuriamo, rubiamo,

    pretendiamo interessi da usurai, trascuriamo la continenza, ci stanchiamo di pregare

    con fervore, trasgrediamo la maggior parte dei comandamenti, e a causa del denaro

    non ci curiamo di soccorrere nessuno di coloro che sono nostre membra.

    17 2 Cor. 4, 17-18.

    18 Rom. 8, 35.

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    Chi ama il denaro procura mille mali al suo prossimo e anche a se stesso: si adirerà

    facilmente, insulterà gli altri, li chiamerà « sciocchi », giurerà, spergiurerà, tanto da

    trasgredire anche i precetti dell'antica legge: infatti chi ama l'oro, non amerà il suo

    prossimo. Eppure per entrare nel regno dei cieli ci è stata posta la condizione di

    amare il nostro nemico. Se, osservando soltanto gli antichi comandamenti, non

    potremo entrare nel regno dei cieli, poiché in tal caso la nostra giustizia non sarà

    maggiore di quella dei giudei
    19, se noi trasgrediamo anche quelli, come ci potremo

    giustificare? Chi ama infatti il denaro, non solo non amerà il suo nemico, ma tratterà

    come nemici anche i suoi amici.

    4. - Ma che dico, gli amici? Chi ama il denaro, disconosce spesso anche la sua stessa

    natura. Egli disconosce la parentela, non si ricorda della comunanza di vita con

    chicchessia, non rispetta l'età, non ha nessun amico, ma si comporta verso tutti con

    animo da nemico: ma soprattutto si comporterà così verso se stesso, e non soltanto

    perché porterà alla perdizione la propria anima, ma perché si tortura con

    innumerevoli preoccupazioni, fatiche, dolori. Affronterà infatti viaggi, pericoli,

    agguati e qualunque altro rischio, pur di portare sempre con sé la radice di ogni male,

    e poter contare somme di denaro sempre più grandi. Quale vizio è più grave di

    questo? Egli si priva infatti anche del cibo e di quei piaceri per i quali gli uomini sono

    soliti peccare, cosi come si priva della gloria e degli onori. Chi ama il denaro

    considera sospetti innumerevoli uomini, ed ha molti che lo accusano, lo invidiano, lo

    calunniano, gli tendono agguati. Coloro che sono stati da lui ingiustamente danneggiati,

    lo odiano perché hanno ricevuto del male; coloro che non sono stati ancora

    danneggiati, temono di esserlo e, spinti anche da compassione verso i danneggiati,

    cercano di osteggiarlo in tutti i modi; i ricchi poi ed i potenti, nauseati ed indignati

    per il fatto che costoro sono di condizione inferiore alla loro, ed anche per invidia nei

    loro confronti, si comportano come loro avversari e nemici.

    Ma perché parlo degli uomini? Chi ha Dio nemico, quale speranza potrà mai avere?

    quale consolazione? quale ristoro? Chi ama il denaro, non potrà mai servirsene: ne

    sarà il servo e il custode, mai il padrone.

    19 Cf. Mt. 5, 20.

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    00 14/09/2009 16:55

    Siccome si sforza di accrescerlo sempre di più, non vuole mai spenderlo, ma

    rinuncerà anche alle spese per se stesso, e sarà perciò più povero di tutti i poveri,

    perché non riesce a porre un freno alla sua avidità. Eppure lo scopo del denaro non

    deve essere quello di venire da noi tesaurizzato, ma utilizzato per i nostri bisogni. E

    se vogliamo nasconderlo sotto terra per non farne godere gli altri, chi sarà più

    miserabile di noi che corriamo a destra e a sinistra per procurarcelo, e poi lo

    sotterriamo per sottrarlo alla comune utilità? C'è infatti anche un altro vizio non meno

    grave di questo. Mentre alcuni lo nascondono sotto terra, altri lo sprecano per

    riempirsi il ventre, per procurarsi piaceri illeciti, per ubriacarsi, e così si tirano

    addosso, oltre al castigo da loro meritato per le ingiustizie commesse, anche quello

    per la loro lussuria e intemperanza. Alcuni provano soddisfazione nello sperperare il

    loro denaro per mantenere parassiti e adulatori, altri in spettacoli e in donne

    pubbliche, altri ancora in altre spese come queste, avendo imboccato innumerevoli

    vie che conducono all'inferno, dopo aver abbandonato l'unica via giusta stabilita per

    condurci al cielo. Eppure qhi si mette in cammino per questa via, non solo ne ritrae

    maggior profitto, ma si procura anche maggiori gioie di quelle che riescono a

    procurarsi costoro. Chi spreca il suo denaro con le prostitute, sarà da tutti ritenuto

    ridicolo e infamato, affronterà molte liti ed otterrà solo fugaci piaceri, anzi neppure

    fugaci perché, per quanto siano grandi le somme che spreca con le sgualdrine, non

    avrà da esse alcuna riconoscenza. « Botte senza fondo è la casa altrui »
    20. D'altra

    parte quel genere di donne sono petulanti, ed all'inferno ha paragonato Salomone il

    loro amore; esse si fermano solo quando vedono i loro amanti spogliati di tutto; anzi

    neppure allora si fermano, ma continuano a imbellettarsi e ad ingioiellarsi, insultano

    gli amanti ridotti in miseria, li mostrano in giro perché siano derisi, e fanno loro tanto

    male da non potersi neanche descrivere.

    Non queste sono le gioie di coloro che raggiungono la salvezza eterna; nessuno di

    costoro ha rivali, ma tutti godono ed esultano, tanto quelli che sono felici, quanto

    quelli che li osservano. Non l'ira, non la tristezza, non la vergogna e l'insulto tocca

    l'anima di essi; grande invece è la gioia che deriva dalla coscienza pura, molta la

    speranza nella futura felicità, grande la gloria e grande lo splendore, e ancor più

    grande è la benevolenza di Dio e la sicurezza; nessun abisso, nessun sospetto

    reciproco li minaccia, perché vivono in un tranquillissimo porto, in un'atmosfera di

    perfetta serenità.

    Riflettendo su tutto questo, e paragonando gioia con gioia, scegliamo finalmente

    quella migliore, se vogliamo conseguire i beni futuri, per la grazia e la bontà del

    nostro Signore Gesù Cristo, cui sia gloria e regno nei secoli dei secoli. Cosi sia.

    20 Prov. 23, 27.

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