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La Passione e Resurrezione di Cristo in san Giovanni

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    00 14/09/2009 16:11

    SAN GIOVANNI CRISOSTOMO

    La Passione e Resurrezione di Cristo in san Giovanni

    Dal Commento al Vangelo di san Giovanni

    Discorso ottantatreesimo

    Detto questo, Gesù se ne andò con i suoi discepoli di là dal torrente Cedron, dove

    c'era un orto, e vi entrò, lui e i suoi discepoli 1.



    1. - La morte è qualcosa che fa rabbrividire e riempie di spavento: ma non per i

    cultori della filosofia soprannaturale. Chi infatti non ha conosciuto nulla di chiaro

    riguardo alle cose future, ma crede che vi sia un dissolvimento e una fine della vita,

    con ragione rabbrividisce e si spaventa, perché pensa che cesserà di esistere. Ma noi

    che, per grazia di Dio, abbiamo appreso le cose occulte e nascoste della sua sapienza

    e crediamo che la morte sia solo un passaggio, non dobbiamo aver paura, non

    avendone un motivo valido; anzi, dobbiamo rallegrarci e stare di buon animo, perché

    da questa vita caduca passeremo ad un'altra migliore e più splendida, che non avrà

    mai fine. E il Cristo, insegnando questo con le opere, si avviò volentieri alla passione,

    non già costrettovi dalla forza e dalla necessità. « Detto questo — narra l'Evangelista

    — Gesù se ne andò con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c'era un

    orto, e vi entrò lui e i suoi discepoli ».

    Anche Giuda, che lo tradiva, conosceva il luogo, perché spesso Gesù si era riunito là

    con i suoi discepoli
    2. Gesù si incammina nel mezzo della notte, attraversa il torrente e

    si affretta al luogo che il traditore conosce, come per risparmiare ai congiurati ogni

    sforzo e ogni fatica, mostrando così ai discepoli di recarvisi volentieri, dato che

    questo soprattutto può consolarli; ed entra nell'orto come in un carcere. « Dopo che

    ebbe detto loro questo ». Che dici?

    1 Gv. 18, 1.

    2 Gv.18, 2.

    [Modificato da Cattolico_Romano 14/09/2009 16:12]
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    Aveva pregato il Padre, lo aveva supplicato. Perché dunque non dici che Gesù venne

    là dopo aver terminato la preghiera? Perché non si è trattato di una vera e propria

    preghiera, ma di un colloquio con il Padre per raccomandargli i discepoli. Anche i

    discepoli entrarono nell'orto. Li liberò cosi dalla paura, in modo che non si rifiutarono

    di entrarvi con lui. Che cosa spinse Giuda a venire proprio qui? O da chi seppe che si

    doveva andare là? Viene confermato, anche da questo episodio, che Gesù spesso

    pernottava all'aperto. Se avesse sentito il bisogno di una casa, Giuda non sarebbe

    andato a cercarlo in quel luogo deserto, ma a casa, per sorprenderlo e catturarlo nel

    sonno. Perché poi, sentendo parlare di un orto, tu non credessi che fosse venuto in

    una specie di nascondiglio, aggiunse: « Giuda conosceva quel luogo »; e non si limitò

    a questo, ma precisò: « perché spesso Gesù vi si era recato con i suoi discepoli ».

    Spesso dunque andava là, per parlare in disparte con loro delle cose più importanti,

    che non era conveniente ascoltassero anche gli altri. Questo avveniva su monti o in

    giardini, sempre cercando luoghi lontani dal chiasso e dalla confusione, in modo che

    gli ascoltatori non fossero distratti dall'insegnamento.

    Giuda dunque, presa la coorte e delle guarde dai sommi sacerdoti e dai farisei, si

    portò in quel luogo
    3. Costoro avevano mandato spesso delle guardie per prenderlo,

    ma non vi erano mai riusciti. E' chiaro dunque che allora egli si consegnò spontaneamente

    nelle loro mani. E in qual modo convinsero una coorte di soldati a compiere

    quel misfatto? Si trattava di soldati che, per il denaro, erano pronti a fare qualsiasi

    cosa.
    Gesù, sapendo tutto quello che gli doveva accadere, si fa avanti e dice loro: «Chi cercate? »4. Cioè, non seppe queste cose al loro arrivo, ma con animo tranquillo,

    come chi conosce già ogni cosa, parlò e si comportò cosi. Perché poi vengono con le

    armi per catturarlo? Avevano paura dei suoi seguaci, e perciò misero in atto il loro

    piano a notte fonda. « Egli si fa avanti e dice: Chi cercate? ».
    Gli risposero: « Gesù diNazaret »5. Vedi quanto è insuperabile la sua potenza, e come, stando in mezzo a

    loro, li accecò? L'Evangelista ci fa capire che il fatto che non lo vedessero non

    dipendeva dal buio della notte, precisando che costoro erano muniti di torce.

    3 Gv. 18, 3.

    4 Gv. 18, 4.

    5 Gv. 18, 5.

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    Ed anche se non ci fossero state le torce, potevano riconoscere Gesù dalla voce; e se i

    soldati potevano anche non riconoscerlo, come poteva non conoscerlo Giuda, che

    cosi a lungo era stato con lui? Difatti anche Giuda si trovava con loro, e non lo

    riconosceva più degli altri, anzi, cadde insieme con tutti gli altri riverso a terra. Gesù

    fece cosi per dimostrare che essi, sebbene egli si trovasse in mezzo a loro, non solo

    non sarebbero riusciti a prenderlo, ma neppure a vederlo, se egli non avesse voluto.

    Gesù chiede loro di nuovo: « Chi cercate? »6. Quale follia! Con una parola li ha fatti

    stramazzare in terra, ed essi non si ravvedono, dopo aver così sperimentato la sua

    potenza, ma ripetono il loro tentativo. Ma ora, dopo aver fatto quello che era in suo

    potere, si consegna nelle loro mani e dice loro: «
    Ve l'ho detto, sono io ». AncheGiuda che lo tradiva stava con loro7. Osserva la moderazione dell'Evangelista, e come non inveisca contro il traditore, ma esponga invece i fatti preoccupandosi di una sola cosa: dimostrare che tutto accadde perché Gesù lo permetteva. Perché non si dicesse che lo stesso Cristo, tradendo se stesso e mostrandosi a loro, li spinse a far ciò, egli, dopo aver usato ogni mezzo per farli recedere dal loro proposito, siccome si ostinavano nella loro malvagità e non avevano quindi più nessuna attenuante, finalmente si consegnò nelle loro mani, dicendo: « Se dunque cercate me, lasciate chequesti se ne vadano », mostrando cosi fino all'ultimo momento la sua benevolenza verso i discepoli.
    « Se avete bisogno di me — dice — non avete niente da spartire
    con costoro, ecco che da me stesso mi consegno a voi ».

    Si adempiva cosi la parola che aveva detto: « Non ho perduto nessuno di loro »8.


    Gesù intendeva per perdizione non questa morte, ma quella eterna. Ma l'Evangelista

    interpretò tale parola nel senso di morte fisica. Qualcuno potrebbe stupirsi per il fatto

    che non imprigionarono e percossero anche i discepoli, soprattutto dal momento che

    Pietro li istigava a opporre resistenza, ed aveva ferito un servo. Che cosa li trattenne

    dal farlo? Niente altro che quella stessa forza che un momento prima li aveva fatti

    stramazzare in terra. Questo intendeva l'Evangelista, allorché, dopo aver spiegato che

    ciò non proveniva dalla loro volontà, ma dalla potenza e dalla libera determinazione

    di colui che veniva imprigionato, aggiunse: « Si adempiva così la parola che aveva

    detto: " Nessuno di loro si è perduto " ».

    6 Gv. 18, 7.

    7 Gv. 18, 8. 5.

    8 Gv. 18, 9.

    [Modificato da Cattolico_Romano 14/09/2009 16:17]
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    2. - Pietro, dunque, incoraggiato da queste parole e dalla piega che prendevano le

    cose, si arma per difendersi dagli aggressori. « Come mai — tu mi chiederai — colui

    al quale era stato ordinato di non portare con sé né bisaccia né due tuniche, aveva con

    sé la spada? »
    9. Io credo che se ne fosse premunito già da un pezzo, temendo che si

    verificassero quei fatti. E se dirai: « Come può comportarsi da omicida uno cui è stato

    ordinato di non dare neppure uno schiaffo? », ma gli era stato soprattutto ordinato di

    non vendicarsi: qui però si trattava non di vendicarsi, ma di difendere il Maestro.

    Inoltre i discepoli non avevano ancora raggiunto la completa perfezione. Ma se tu

    vuoi vedere Pietro comportarsi da saggio, lo vedrai più tardi, quando, percosso e

    colpito da innumerevoli mali, non si adirerà; Gesù poi qui compie anche un miracolo

    per insegnarti che bisogna elargire benefici anche a chi ci offende, ed insieme per

    manifestare la sua potenza. Riattacca l'orecchio al servo e dice a Pietro: « Tutti quelli

    che metteranno mano alla spada, di spada periranno »
    10. Come ha fatto in occasione

    della lavanda dei piedi, quando con le minacce vinse la sua resistenza, cosi si

    comporta anche qui. L'Evangelista precisa anche il nome del servo, perché grande era

    il gesto di Gesù, non tanto per il fatto di averlo guarito, ma anche perché aveva

    guarito proprio quello che poco dopo gli darà uno schiaffo, impedendo così che si

    scatenasse la reazione dei soldati contro i discepoli. Per questo l'Evangelista indicò il

    suo nome, in modo che coloro che avrebbero letto allora il suo scritto potessero

    rendersi conto di tutta la verità. E non senza motivo precisa che si tratta del suo

    orecchio destro; ma, come io credo, per far notare l'energica reazione dell'apostolo,

    che mirò direttamente alla testa. Gesù però non soltanto lo frena con le minacce, ma

    con queste altre parole lo consola: « Il calice che il Padre mi ha dato, non lo berrò? »

    11, mostrando che quello che avveniva non era da attribuirsi alla forza degli

    aggressori, ma al consenso della sua volontà, e proclamando di non essere affatto

    contrario a Dio, ma che invece obbediva al Padre sino alla morte.

    9 Cf. Mt. 10, 10.

    10 Mt. 26, 52.

    11 Gv. 18, 11.

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    Allora presero Gesù e lo legarono; e lo condussero ad Anna 12. Perché ad Anna?Erano lieti per la loro impresa, come se si fossero guadagnati un trofeo. Perché era

    suocero di Caifa. Questo Caifa era quello che aveva dato ai giudei il consiglio: «

    Conviene che uno solo muoia...
    »13. Perché l'Evangelista richiama di nuovo alla

    nostra memoria quella profezia? Per farci intendere che tutto questo è accaduto per la

    nostra salvezza. E tanto grande era la forza di questa verità, che anche i nemici la

    preannunciavano. Perché, sentendo che Gesù viene incatenato, qualcuno non ne resti

    turbato, l'Evangelista ricorda questa profezia, cioè, che la sua morte significava la

    salvezza del mondo.

    Lo seguivano Pietro e un altro discepolo14. Chi è quest'altro discepolo? Lo stesso che

    ha scritto questo Vangelo. E perché non dice il suo nome? Infatti, quando, prima, ha

    reclinato il capo sul petto di Gesù, giustamente ha tenuto nascosto il suo nome; ma

    perché ora si comporta allo stesso modo? Certamente per l'identica ragione. Anche

    qui sta narrando un fatto che tornava a sua lode, perché, mentre tutti gli altri

    discepoli fuggivano, egli lo seguiva. Per questo tace il suo nome e mette al primo

    posto Pietro, anche se è costretto a far menzione di se medesimo, affinchè tu

    apprenda che egli ha narrato più diligentemente degli altri come si svolsero le cose

    nell'atrio, per esservi entrato anche lui. Osserva come evita di tessere le proprie lodi.

    Perché non si dicesse: « Come mai, mentre tutti gli altri si erano allontanati, egli

    entrò più all'interno del palazzo dello stesso Simone? », aggiunse:
    Perché eraconosciuto dal sommo sacerdote 15, in modo che nessuno si stupisca che lui segui da

    vicino Gesù e non lodi il suo coraggio. C'è invece da stupirsi che Pietro,

    timoroso com'era, mentre gli altri si erano allontanati, giungesse fino all'atrio. Fu

    il suo affetto che lo spinse fin là; ma la paura lo trattenne dall'inoltrarsi più

    all'interno. Proprio questo scrisse l'Evangelista, per preparare la strada a scusare la

    sua negazione. Non dice infatti come se fosse una cosa importante, a proposito di sé,

    che lui era conosciuto dal sommo sacerdote; poiché aveva narrato che solo lui era

    entrato nell'atrio con Gesù, perché tu non attribuisca tale gesto al suo grande

    coraggio, ne spiega il motivo.

    12 Gv. 18, 12-13.

    13 Gv. 18, 14.

    14 Gv. 18, 15.

    15 Gv. 18, 16.

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    Da quel che narra dopo, fa capire che anche Pietro sarebbe entrato con lui, se gli fosse

    stato permesso. Essendo infatti uscito fuori e avendo ordinato alla portinaia di fare

    entrare Pietro, subito questi entrò. Perché non lo fece entrare lui stesso? Perché

    voleva star vicino al Cristo e lo seguiva; per questo incaricò la donna di farlo entrare.

    Che cosa gli chiede questa donna? « Non sei anche tu dei discepoli di quest'uomo? ».

    Egli rispose: « Non lo sono » 16.

    Che dici mai, Pietro? Non dicevi forse poco fa che, se fosse necessario dare la vita

    per Gesù, tu la daresti immediatamente? Che cosa è successo? Come dunque tu non

    riesci a essere coraggioso neppure di fronte alla domanda di una portinaia? Era forse

    un soldato quello che ti interrogava? era forse uno di coloro che avevano arrestato

    Gesù? La portinaia era una donna di basso ceto, e la sua domanda non era stata fatta

    in tono impertinente. Non ti ha chiesto: « Sei forse un discepolo di quell'impostore e

    di quel criminale? ». Ma: « di quest'uomo », in tono, se mai, di commiserazione. Ma

    Pietro non considerò affatto tutto questo. Anche le parole « sei forse anche tu », ella

    le diceva perché dentro c'era Giovanni, tanto mansueto era il tono con cui la donna

    parlava. Ma Pietro non rifletteva su ciò e non se ne rendeva conto né la prima, né la

    seconda volta, né la terza, ma solo quando il gallo cantò: e non se ne rese cosciente se

    non nel momento in cui Cristo lo guardò severamente. Ed egli stava a riscaldarsi

    insieme con i servi del sommo sacerdote, mentre il Cristo era dentro in catene.

    Diciamo queste cose non per accusare Pietro, ma per far risaltare la veridicità della

    predizione di Cristo.

    Il sommo sacerdote interrogò il Cristo intorno ai suoi discepoli e alla sua dottrina 17.

    3. - Quale ipocrisia! Dopo averlo spesso ascoltato mentre parlava nel tempio e

    pubblicamente insegnava, ora vuole apprendere la sua dottrina. Poiché non avevano

    niente di cui accusarlo, lo interrogavano sui discepoli: forse gli chiesero dove si

    trovassero allora, e per qual motivo egli li aveva riuniti insieme, che cosa voleva,

    quali argomenti venivano da lui trattati.

    16 Gv. 18, 17.

    17 Gv. 18, 19.

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    Il sommo sacerdote parlava di queste cose, perché voleva accusarlo di essere un

    sovversivo ed un novatore, come se nessun altro, all'infuori dei discepoli, credesse in

    lui. Come se la sua scuola fosse un ritrovo dove si premeditavano cattive azioni. Che

    risponde dunque il Cristo? Per confutare queste accuse, dichiara: «
    Io ho parlato pubblicamente

    al mondo » 18, non in privato ai discepoli; « Ho insegnato pubblicamente,nel tempio

    ». Ma come? non ha detto mai niente in segreto? Certo che talvolta l'ha

    detto, ma non, come essi credevano, per paura e per preparare una sedizione; ma

    perché le cose di cui parlava erano al di sopra della comprensione della folla. «

    Perché lo domandi a me? Domandalo ai miei ascoltatori » 19.

    Queste parole non dimostrano arroganza, ma indicano la sua piena fiducia nella verità di quanto ha

    detto. Poiché all'inizio aveva dichiarato: « Se io testimonio di me stesso, la mia

    testimonianza non è vera »
    20, accenna anche adesso allo stesso concetto, volendo

    indicare una testimonianza degna di fede. Siccome poi gli aveva chiesto informazioni

    sul conto dei suoi discepoli come tali, che cosa risponde? « Mi fai domande riguardo

    ai miei? Interroga piuttosto i miei nemici, i miei persecutori, quelli che mi hanno

    incatenato: parlino costoro ». E' una sicura dimostrazione della verità, quando uno

    chiama a testimoniare delle sue parole i suoi stessi nemici. Che fece dunque il sommo

    sacerdote? Mentre sarebbe stato necessario condurre un'inchiesta, egli non la compì

    affatto.
    Una guardia che stava li gli diede uno schiaffo, mentre cosi parlava21.

    Quale gesto poteva essere più provocatorio e impertinente? Inorridisci, cielo; trema, terra, di

    fronte alla pazienza del Signore e alla scelleratezza dei servi. Ma che cosa aveva

    detto? Non aveva detto: « Perché mi interroghi? », per non voler rispondergli, ma per

    togliere alla loro malvagità ogni attenuante. Ed allorché, proprio per questo, venne

    percosso, e avrebbe potuto sconvolgere, distruggere, sovvertire ogni cosa, non fece

    niente di tutto questo, ma parlò in maniera tale da lenire qualsiasi ferita.

    18 Gv. 18, 20.

    19 Gv. 18, 21.

    20 Gv. 5, 31.

    21 Gv. 18, 22.

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    00 14/09/2009 16:23
    « Se ho parlato male, dimostralo » 22.
    Cioè: se trovi riprovevoli le mie parole, indicamene la ragione. « Se
    non puoi dimostrarlo, perché mi percuoti? ». Non vedi come questo processo si svolga in un clima di confusione, di rabbia e di turbamento?

    Subdolamente il capo dei sacerdoti lo interrogò: Gesù invece gli rispose

    correttamente e come si conveniva. Quale avrebbe dovuto essere la logica

    conclusione di tutto ciò? O confutare, oppure starsene zitti. Invece accadde il

    contrario; infatti un servo lo schiaffeggiò. Non si trattava quindi di un regolare

    processo, ma soltanto di violenza e di disordine. E poi, siccome non trovano più

    nessuna accusa da muovergli,
    dopo averlo legato, lo mandano da Caifa23.

    Intanto Pietro stava a scaldarsi24.
    Davvero grande era il torpore che si era impadronito di questo discepolo, già fervente e addirittura furioso, quando Gesù veniva trascinato via! Dopo però non si commuove più, ma sta li a scaldarsi, affinchè

    tu apprenda quanto sia grande la nostra debolezza, allorché Dio ci abbandona alla

    nostra natura. Interrogato, di nuovo nega. Poi, un parente di quel servo, a cui Pietroaveva tagliato l'orecchio,

    indignato da questo fatto, disse: « Non ti ho visto ionell'orto? »25. Neppure l'orto richiama alla memoria di Pietro quanto vi è accaduto, e

    non gli viene in mente quanto affetto, a parole, aveva manifestato in quel luogo; ma

    per la paura aveva dimenticato tutto. Perché gli evangelisti sono perfettamente

    concordi nel narrare questo episodio? Non certo per accusare il discepolo, ma per

    insegnarci quanto sia colpevole il non rimettere tutto a Dio, ma confidare

    presuntuosamente in sé stessi. Ammira la provvidenza del Maestro, in quanto,

    sebbene prigioniero e incatenato, si prese molta cura del suo discepolo, svegliandolo

    dal suo torpore con un solo sguardo e movendolo al pianto.

    Lo trascinano dunque da Caifa a Pilato26.

    Era stabilito che accadesse questo, perché la pluralità dei giudici dimostrasse, anche loro malgrado, che la verità era stata vagliata.
    Era di buon'ora. Prima che il gallo cantasse viene condotto da Caifa, e

    durante la mattinata da Pilato. Con queste parole l'Evangelista ci fa intendere che

    dalla mezzanotte in poi viene interrogato da Caifa, senza che si potesse provare a suo

    carico alcun reato: perciò egli lo mandò da Pilato.

    22 Gv. 18, 23.

    23 Gv. 18, 24.

    24 Gv. 18, 25.

    25 Gv. 18, 26.

    26 Gv. 18, 28.


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    Ma osserva quanto sono ridicoli i giudei. Dopo aver arrestato un innocente, benché

    armati, non entrano nel pretorio,
    per non contaminarsi. Ma quale contaminazione,

    entrare nel pretorio, dove i delinquenti vengono condannati? Coloro che pagavano le

    decime della menta e dell'aneto
    27, non credevano di contaminarsi uccidendo

    ingiustamente un uomo, mentre pensavano di contrarre impurità legale entrando nel

    pretorio. Ma perché non lo uccisero essi stessi, e lo trascinarono invece da Pilato? Già

    molta parte della sovranità e del potere era stata loro tolta, perché erano stati ormai

    completamente assoggettati dai Romani. D'altra parte temevano a loro volta di essere

    condannati, dietro accusa da parte di lui. Ma che vuol dire l'Evangelista con le parole:

    «
    per poter mangiare la Pasqua »? Il Cristo l'aveva già celebrata il giorno degli

    azzimi. O chiama « Pasqua » tutto il periodo festivo, oppure essi celebrano allora la

    Pasqua. Il Cristo invece l'aveva celebrata il giorno prima, riservando la sua morte per

    il giorno della parasceve, nel quale un tempo si celebrava la Pasqua. Essi però, pur

    portando con loro armi, cosa che non era lecita, e mentre stanno per versare il sangue

    di un uomo, si guardano bene dall'entrare in quel tal luogo, e chiamano a sé Pilato.

    Questi, uscito fuori, dice: «
    Che accusa portate contro quest'uomo? »28.

    4. - Non vedi come Pilato è ben lontano dalla loro ambizione di potere e dalla loro

    invidia? Vedendo Gesù legato e trascinato da costoro dinanzi a lui, non stima per

    nulla fondato il capo d'accusa che gli viene imputato, ma lo interroga, dichiarando

    assurdo che essi, dopo aver fatto per conto loro un giudizio sommario, gli chiedano di

    far eseguire il supplizio senza giudicare lui stesso l'accusato. Che cosa gridano allora

    i giudei? « Se
    costui non fosse un malfattore, non lo avremmo consegnato a te »29.

    Quale follia! Perché non dite quale delitto ha commesso, ma lo tenete nascosto?

    Perché non rivelate tutti i suoi misfatti? Non vedi che essi rifiutano sempre di seguire

    la procedura corretta nell'accusarlo, e che non hanno niente da imputargli? Anna lo ha

    interrogato sulla sua dottrina, e, dopo averlo ascoltato, lo ha mandato da Caifa.

    27 Cf. Mt. 23, 23; Lc. 11, 42.

    28 Gv. 18, 29.

    29 Gv. 18, 30.

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    Questi lo ha interrogato a sua volta, e non avendo trovato niente contro di lui, lo ha

    inviato a Pilato. Pilato chiede: « Quale accusa portate contro quest'uomo? ». Ed essi

    non hanno niente da rispondergli, ma di nuovo tentano di cavarsela con delle

    congetture. Pilato, rimanendo perplesso di fronte a ciò, dice: «
    Prendetelo voi e giudicatelo

    secondo la vostra legge ». Quelli gli risposero: « A noi non è permesso

    uccidere nessuno ».
    Ed essi parlavano in questo modo perché si compisse cosi laparola che il Signore aveva detto per indicare di che morte dovesse morire30. E qualesignificato era dato alla frase: « A noi non è permesso uccidere nessuno »?

    L'Evangelista così si esprime, o perché egli doveva essere ucciso, non soltanto per

    loro, ma anche per i pagani; oppure perché ad essi non era consentito crocifiggerlo.

    Ma dicendo: « non ci è permesso uccidere », intendono riferirsi solo a quel periodo.

    Infatti hanno ucciso, ed anche in un altro modo, come è provato dalla lapidazione di

    Stefano: lui però desideravano crocifiggerlo, per poter menare vanto del modo con

    cui gli avevano dato la morte. Pilato, però, per liberarsi di questa molesta faccenda,

    non lo sottopone ad un regolare processo, che può protrarsi alquanto. Entrato,

    interroga Gesù: «
    Tu sei il re dei giudei? ». Rispose Gesù: « Dici questo da te, oppure
    altri te l'hanno detto"? »31. Perché il Cristo fa questa domanda? Per scoprire il

    malvagio animo dei giudei. Pilato già da molti aveva sentito dire questo; ma dal

    momento che essi non avevano niente da dirgli, perché il dibattito non si protraesse

    troppo a lungo, fa cadere il discorso sull'accusa che portavano sempre contro di lui.

    Siccome però aveva detto loro: « giudicatelo secondo la vostra legge », essi

    rispondono: « A noi non è permesso », per dimostrare che non si trattava di un

    peccato che riguardasse i giudei; dicono: « A noi non è permesso ». Cioè: egli non ha

    peccato contro la nostra legge, ma si tratta di un reato comune. In vista di questo

    fatto, Pilato, come se lui stesso fosse in pericolo, gli chiede: « Tu sei il re dei giudei?

    ». Cristo a sua volta gli domanda: « Te lo hanno detto altri? ». Il Cristo dunque fa una

    domanda come questa non perché non sappia già tutto, ma perché vuole che i giudei

    vengano da lui accusati.

    30 Gv. 18, 31-32.

    31 Gv. 18, 33-34.

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    Ma Pilato, replicando, esclama: « Che forse io sono giudeo? La tua gente e isacerdoti ti hanno consegnato a me: che hai fatto? » 12, volendo qui scusarsi. Poi,

    siccome gli aveva detto: « Tu sei re? », Gesù in tono di rimprovero, gli risponde: «

    Questo lo hai sentito dire dai giudei. Ma perché non svolgi un'inchiesta più accurata,

    o Pilato? Costoro hanno detto che io sono un malfattore: indaga per sapere che cosa

    ho fatto di male. Ma invece non lo fai per niente, e ti limiti semplicemente a esporre

    qual è il capo di accusa ». Allora Pilato, non potendo subito rispondere a una domanda

    del genere, si limita a invocare la folla: « Ti hanno consegnato a me », dice.

    Proprio per questo dovrebbe chiederti che cosa hai fatto. Che dice dunque il Cristo? «

    Il regno mio non è di questo mondo »33. Innalza così l'animo di Pilato che non era

    tanto malvagio e non rassomigliava ai giudei; gli vuole dimostrare che non è soltanto

    un uomo, ma è Dio e Figlio di Dio. E che dice? « Se
    il regno mio fosse di questomondo, le mie guardie combatterebbero perché io non fossi consegnato ai giudei ».

    Con queste parole fece dileguare ciò che intimoriva Pilato, cioè il sospetto che egli

    aspirasse a diventare un dittatore.

    Forse che il regno di Cristo non è di questo mondo? Certo che lo è. « Come mai

    allora — tu obietterai — non è? ». Non perché egli non regni anche qui, ma perché

    regni anche in cielo, e il suo regno non è umano, ma molto più grande e splendido.

    Ma se è più grande, perché lui si è fatto arrestare da quello? Perché si è consegnato

    spontaneamente. Veramente non tace questa verità, ma che cosa dice? « Se fossi di

    questo mondo, i miei servi avrebbero certo combattuto, perché io non fossi

    consegnato ». Con queste parole mostra la debolezza dei regni terreni, in quanto

    hanno bisogno del sostegno dei servi; mentre il regno dei cieli basta a se stesso, e non

    ha bisogno di nessuno. Prendendo occasione di qui, gli eretici affermano che egli è

    estraneo al Creatore. Che significa allora, quando l'Evangelista dice: « è venuto nella

    sua casa »
    34, e quando egli stesso dichiara: « essi non sono del mondo, come io nonsono del mondo »35? Cosi dice anche che il suo regno non è di questo mondo, non per

    privare il mondo della sua provvidenza e della sua alta sovranità, ma per far capire,

    come ho già osservato, che il suo regno non è umano né effimero.

    32 Gv. 18, 35.

    33 Gv. 18, 36.

    34 Gv. 1, 11.

    35 Gv. 17, 14.

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    Che cosa replica allora Pilato? « Dunque tu sei re? ». Rispose Gesù: « Tu lo dici cheio sono re. Io per questo sono nato » 36. Se dunque è nato re, innate sono in lui anche

    tutte le altre perfezioni e non ha niente che abbia ricevuto. Perciò quando gli senti

    dire: « Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere

    la vita in se stesso »
    37, non devi intendere altro se non la generazione del Verbo.

    Anche in altri passi esprime un concetto analogo. « E per questo sono venuto, perrendere testimonianza alla verità

    ». Cioè: per insegnare a tutti la verità, e per

    convincere tutti.

    5. - Ma tu, ascoltando queste parole, e vedendo il Signore legato e trascinato da una

    parte all'altra, pensi che le cose terrene non valgono niente. Come non sarebbe

    assurdo che, mentre Cristo ha sopportato per te tante prove cosi dolorose, tu non

    riuscissi neppure a sopportare pazientemente una parola? Ma lui viene coperto di

    sputi, mentre tu ti adorni con bei vestiti e con anelli, e se non godi di ottima

    reputazione presso tutti, credi che la tua vita non meriti di essere vissuta. Egli viene

    insultato, sopporta villanie, schiaffi oltraggiosi sulle guance; tu invece vuoi sempre

    essere onorato, e non sopporteresti di venir insultato per la causa del Cristo. Non senti

    Paolo che dice: « Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo »
    38? Quando perciò

    qualcuno ti trascina in giudizio, ricordati del tuo Signore, che i giudei adoravano per

    burla mentre con parole e gesti lo disonoravano e si prendevano gioco di lui; lui però

    non solo non restituiva le offese che riceveva, ma, al contrario, manifestava

    mansuetudine e clemenza. Imitiamolo dunque anche noi: cosi potremo liberarci da

    ogni vergogna. Non è chi s'infuria, ma chi è depresso e soffre, a dare esca agli

    improperi, rendendoli più mordaci e pungenti. Se tu non mostrassi risentimento, non

    saresti toccato dall'insulto. Non è a causa di chi li arreca, ma di chi li subisce, che gli

    oltraggi divengono più gravi. Di che ti addolori? Se qualcuno ingiustamente ti ha

    oltraggiato, non devi indignarti, ma piuttosto commiserare costui; e se l'ha fatto con

    ragione, costituisce un motivo di più perché tu te ne stia calmo. Come se qualcuno

    chiamasse ricco te che sei povero, di certo non pensi che costui voglia lodarti, ma

    scherzare, cosi, se colui che ti insulta ed oltraggia dice il falso, non te ne deve

    importare niente.

    36 Gv. 18, 37.

    37 Gv. 5, 26.

    38 1 Cor. 11, 1.

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    E se la tua coscienza ti rimorde, non ti turbino le parole, ma dimostra con i fatti che

    hai cambiato in meglio la tua vita. Parlo così a proposito degli oltraggi veri e propri.

    Infatti, se ti rimproverano la tua povertà, o l'umiltà delle tue origini, ridi di tali accuse.

    Questi oltraggi non infamano chi li ascolta, ma chi li dice, perché mostrano che non

    sa che cosa sia la saggezza.

    « Ma — tu obietterai — quando queste offese ti vengono rivolte in presenza di molte

    persone che non sono al corrente circa la verità, ci viene inferta una ferita

    intollerabile ». Anzi, è proprio allora che puoi ben sopportarle, perché è presente una

    folla di testimoni che ti lodano e ti approvano, mentre biasimano e deridono quelli

    che ti offendono. Non è infatti colui che si vendica, ma chi se ne resta in silenzio, a

    suscitare l'ammirazione delle persone ragionevoli: se invece nessuno dei presenti è

    ragionevole, allora più che mai potrai deridere costoro e compiacerti di essere visto

    dagli spettatori che stanno in cielo. Lassù infatti tutti ti loderanno, ti applaudiranno e

    ti approveranno. Uno solo degli angeli può essere messo alla pari con il mondo

    intero; ma perché parlo degli angeli, quando Dio stesso ti loderà?

    Questi sono i pensieri che dobbiamo sempre meditare. Non avrà nessun danno, colui che viene

    vilipeso, se tace; ne avrà se si vendica. Se fosse danno ricevere in silenzio oltraggi e

    villanie, il Cristo non avrebbe di certo detto: « Se qualcuno ti colpisce sulla guancia

    destra, porgigli la sinistra »
    39. Se dunque dice il falso chi ci vilipende, commiseriamolo,

    perché attira sul suo capo il supplizio che spetta a chi oltraggia i fratelli, e

    non è degno neppure di leggere la Scrittura. Infatti disse Dio al peccatore: « Perché ti

    arroghi la missione di spiegare le mie leggi? sedendo sparli contro tuo fratello
    »40. Se

    invece dice la verità, anche allora è degno di commiserazione. Anche il fariseo diceva

    la verità; egli però non fece certo del danno a chi lo udiva, anzi gli arrecò

    giovamento; ma privò se stesso di mille beni, e, per questa colpa, si è perduto.

    Pertanto è l'offensore ad essere castigato in questa e nell'altra vita, non tu. Se

    veglierai, ne trarrai un duplice guadagno, sia perché con il tuo silenzio ti renderai

    propizio Dio, sia perché diverrai più modesto, sia perché coglierai occasione dalle

    parole che ti vengono rivolte per correggere i tuoi difetti, sia infine perché aumenterà

    il tuo disprezzo nei confronti della gloria umana.

    39 Mt. 5, 39.

    40 Sal. 49, 16.20.

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    E' da qui infatti che ha origine il nostro dolore, dal fatto, cioè, che moltissimi sono gli

    uomini che più di tutto si preoccupano della loro reputazione terrena. Se ci

    proporremo di essere così saggi, certamente comprenderemo che le cose umane non

    contano nulla. Apprendiamo dunque questa saggezza, ed esaminando uno per uno i

    nostri vizi, correggiamoli a poco a poco; proponiamoci di correggerne in questo mese

    uno, nel successivo un altro, nel terzo un altro ancora.

    Salendo così, come per dei gradini, sforziamoci di arrivare fino al cielo salendo la scala di Giacobbe. Mi sembra

    infatti che in quella sua visione la scala stia ad indicare appunto l'elevazione per

    mezzo della virtù, con la quale possiamo salire dalla terra al cielo, per dei gradini che

    cadono sotto i sensi, correggendo e migliorando i nostri costumi. Diamo inizio a

    questo pellegrinaggio, intraprendiamo questa ascensione, in modo che, raggiunto il

    cielo, possiamo godere lassù di innumerevoli beni, per la grazia e la bontà del

    Signore nostro Gesù Cristo, cui sia gloria nei secoli dei secoli. Così sia.

    Discorso ottantaquattresimo

    «
    Io per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per renderetestimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce » 1.

    1. - Cosa mirabile è la pazienza, che fa riposare, come in un tranquillo porto, l'anima,

    sottraendola alla furia delle onde e dei venti. Il Cristo ce la insegnò in ogni occasione;

    ma soprattutto ora che viene trascinato in giudizio e condotto di qua e di là. Infatti,

    tradotto dinanzi ad Anna, risponde alle sue domande con grande mitezza e replica al

    servo che lo percuote con parole capaci di ridurre al silenzio la presunzione di

    chiunque. Poi, condotto da Caifa e successivamente da Pilato, e avendo passato là

    l'intera notte, manifesta a costoro la sua grande mansuetudine. Mentre lo accusavano

    di essere un facinoroso, accusa che non erano in grado di provare, egli se ne restò in

    silenzio; quando invece venne interrogato sul suo regno, allora rispose a Pilato,

    istruendolo e cercando di condurlo a concetti molto elevati.

    Come mai Pilato non esamina la questione in presenza dei giudei, ma entra nel

    pretorio? Pilato aveva di lui una grande opinione, e voleva informarsi accuratamente

    di ogni cosa, lontano dalla turbolenta folla dei giudei. Poi, quando disse: « Che hai

    fatto? », Gesù non rispose a tale domanda, ma gli parlò di ciò che Pilato

    maggiormente desiderava ascoltare, cioè del suo regno, in questi termini: « Il mio

    regno non è di questo mondo », cioè: « sono certamente re, non però quale tu pensi,

    ma di gran lunga più splendido ». Con queste parole e con quelle che seguono

    dichiara di non aver fatto niente di male.

    1 Gv. 18, 37.

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    00 14/09/2009 16:28

    Infatti chi dice: « Sono venuto proprio per questo, per rendere testimonianza alla

    verità », dichiara di non aver compiuto nulla di male. Poi, dicendo: « Chiunque è

    dalla parte della verità, ascolta la mia voce », lo attira e lo convince ad ascoltare le

    sue parole. « Se uno è sincero — dice — e desidera la verità, di certo mi darà ascolto

    ». In questo modo, con poche parole, richiama l'attenzione di Pilato, tanto che chiede:

    «
    E che cos'è la verità? »2. Intanto però si preoccupa della questione più urgente. Si

    rese conto che la risposta a tale domanda richiedeva del tempo: voleva nel frattempo

    strappare Gesù dal furore dei giudei. Ecco perché uscì. E che cosa disse? «
    Io nontrovo nessuna colpa in lui ». Osserva con quanta prudenza si espresse. Non disse

    infatti: « Siccome è colpevole e merita la pena di morte, liberatelo in omaggio alla

    festa ».

    Prima di tutto vuole la discolpa da ogni accusa, poi li prega, ricorrendo ad

    ogni mezzo: se non vogliono liberarlo come innocente, almeno lo libe rino come reo,

    per rendere omaggio alla solennità pasquale; per questo aggiunse: «
    Ora, è vostra

    consuetudine che io vi liberi uno per la Pasqua », poi, quasi supplicando: « Voleteche io vi liberi il re dei giudei?

    »3. Gridarono tutti: « Non lui, ma Barabba »4. Quale

    empietà! Liberano persone che hanno costumi simili ai loro e veri delinquenti, ma

    ordinano che un innocente sia condannato: questa era già da un pezzo la loro

    consuetudine. Ma tu considera quanto è grande in ogni circostanza la benevolenza del

    Signore.

    Pilato lo fece flagellare forse con lo scopo di poterlo liberare, dopo aver calmato la

    furia dei giudei. Siccome con i mezzi usati precedentemente non lo aveva potuto

    liberare, ora, per trattenerli dal commettere il misfatto, lo fece flagellare e permise

    tutto il resto, cioè che gli mettessero addosso il mantello e la corona, allo scopo di

    calmare la loro rabbia. Perciò lo trascinò davanti ad essi incoronato di spine, affinchè

    costoro, vedendo che gli era stato fatto quell'oltraggio, frenassero la loro furia e

    vomitassero tutto il veleno che avevano in corpo. E perché i soldati facevano tutte

    queste cose, senza che il procuratore le avesse loro ordinate? Per far cosa gradita ai

    giudei: in realtà all'inizio non partirono di notte per ordine di quello, ma osavano tutto

    ciò per ingraziarsi i giudei e intascare il loro denaro.

    2 Gv. 18, 38.

    3 Gv. 18, 39.

    4 Gv. 18, 40.

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    00 14/09/2009 16:29

    Eppure, nonostante che accadessero tanti e così gravi fatti, egli se ne stava in silenzio,

    come fece anche durante l'interrogatorio: anche allora non rispose niente. Tu però non

    ascoltare soltanto il racconto di questi fatti, ma incidilo nella tua memoria, vedendo il

    re dell'universo e degli angeli, deriso dai soldati con le parole e i gesti, sopportare

    ogni cosa in silenzio, e imitalo col tuo comportamento. Quando infatti Pilato lo

    chiamò: « re dei giudei », i soldati gli misero addosso un mantello per schernirlo.

    Poi Pilato, condottolo fuori, disse: «
    Io non trovo in lui colpa alcuna »5. Uscì dunque

    con la corona in testa: ma neppure così si calmò la loro ira, tanto che gridavano: «

    Crocifiggilo! Crocifiggilo »6. Pilato allora, vedendo che aveva fatto inutilmente ogni

    tentativo, dice: « Prendetelo voi e crocifiggetelo ». E' chiaro, da queste parole, cheaveva ceduto, permettendo le cose dette prima, alla furia dei giudei: «

    In lui — eglidice — io non trovo colpa alcuna ».

    2. - Osserva ora in quanti modi il giudice lo giustifica, e con quanta insistenza

    respinge le accuse: ma non riuscì a dissuadere quei cani. Le parole « prendetelo voi e

    crocifiggetelo » vennero pronunciate col tono di uno che si era infastidito, ed ormai

    incoraggiava costoro a commettere il delitto. I giudei pertanto glielo condussero,

    perché ciò avvenisse dopo il giudizio del procuratore; accadde invece il contrario,

    cioè che dalla sentenza del giudice venisse assolto. Poi, siccome erano stati

    svergognati, dissero: «
    Noi abbiamo una legge, e secondo la nostra legge devemorire, perché si è fatto Figlio di Dio »7. Perché allora, quando il giudice vi ha detto:

    « prendetelo e giudicatelo secondo la vostra legge », avete detto: « A noi non è

    permesso di uccidere nessuno », mentre ora invocate la legge? Rifletti attentamente

    su tale accusa. Dicono che « si è fatto Figlio di Dio ». Dimmi, merita forse di essere

    incriminato chi, compiendo opere degne del Figlio di Dio, si dichiara Figlio di Dio?

    5 Gv. 19, 4.

    6 Gv. 19, 6.

    7 Gv. 19, 7.

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    00 14/09/2009 16:30

    Che faceva intanto Cristo? Mentre essi parlavano tra loro, egli taceva adempiendo

    così la profezia che dice: « Non aprirà la sua bocca: nella sua umiltà, dal tribunale è

    stato tolto di mezzo »
    8. A questo punto Pilato fu colto da paura, sentendo dire da

    quelli che egli si era fatto Figlio di Dio; al pensiero che questa sua dichiarazione

    potesse essere vera, e che lui stesso potesse apparire come uno che agisca contro la

    giustizia. Costoro invece, pur avendo appreso questa verità dalle parole e dalle opere

    di Gesù, non inorridiscono, ma lo uccidono proprio per i motivi per i quali avrebbero

    dovuto adorarlo. Perciò non gli chiede più « che cosa hai fatto? », ma, sotto

    l'impressione della paura, eleva il tono delle sue domande e dice: «
    Sei tu il Cristo? ».

    Ma Gesù non risponde. Colui infatti che aveva sentito dire: « per questo sono nato, e

    per questo sono venuto », e poi: « il mio regno non è di questo mondo », mentre

    avrebbe dovuto opporsi e strapparlo alla violenza dei giudei, non si è comportato

    cosi, ma aveva assecondato la furia dei giudei. A questo punto i giudei, dato che tutte

    le loro accuse erano state trovate infondate, si riducono ad accusarlo di delitto contro

    lo Stato, e dicono: «
    Chiunque si fa re, si oppone a Cesare »9. Pilato avrebbe dunque

    dovuto indagare con cura se veramente egli mirava alla dittatura e se stava tentando

    di estromettere Cesare dal regno. Ma Pilato non compie questa indagine; perciò egli

    non risponde, in quanto sa che invano lo interroga. D'altra parte, siccome i fatti stessi

    attestavano la verità, non voleva vincerlo con le parole e fare la propria apologia,

    dimostrando che egli era venuto spontaneamente ad affrontare quei patimenti. Mentre

    dunque egli continuava a tacere, Pilato gli chiede: «
    Non sai che io ho il potere dicrocifìggerti? »10. Vedi come finisce col condannare se stesso? Infatti, se tutto il

    potere è nelle tue mani, perché non lo lasci libero, dato che non trovi in lui colpa

    alcuna? Avendo dunque Pilato emesso il verdetto di condanna contro se stesso, Gesù

    dice: «
    Chi mi ha consegnato a te, ha un peccato ancora più grave » 11, facendo

    capire che anche lui aveva commesso un peccato; poi, per rintuzzare la sua superbia e

    la sua arroganza, dichiara: «
    Non avresti nessun potere, se non ti fosse stato dato »,

    per far capire che ciò non si è compiuto per caso, nel modo solito in cui gli

    avvenimenti umani si svolgono, ma in modo del tutto mistico e soprannaturale.

    8 Is. 53, 7-8.

    9 Gv. 19, 12.

    10 Gv. 19, 10.

    11 Gv. 19, 11.

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    00 14/09/2009 16:30

    Perché poi, sentendosi dire: « se non ti fosse stato dato... » non si ritenesse

    completamente scagionato dalla responsabilità di quel delitto, aggiunge: « Chi mi ha

    consegnato a te, ha un peccato ancora più grave ».

    « Se però era stato dato dall'alto, né questo né quelli erano colpevoli ». Questa tua

    obiezione è infondata: qui la parola « dato » è detta nel senso di « permesso »; è come

    se dicesse: « Permise che questo accadesse, ma non per questo siete liberi da ogni

    colpa ». Coi suoi discorsi lo spaventò e gli offrì chiaramente la possibilità di

    riscattarsi; per questo Pilato cercava di mandarlo via assolto. Ma essi di nuovo

    gridavano: « Se
    lo liberi, non sei amico di Cesare »12. Dato che non avevano ottenuto

    niente accusandolo di delitti commessi contro la loro legge, astutamente tentano ora

    di appoggiarsi alle leggi degli stranieri, dicendo: « Chiunque si fa re, si oppone a

    Cesare ». E dove mai Gesù si è presentato come un dominatore? Come potrete

    provare la vostra accusa? Dalla porpora regale? dal diadema? dalla foggia dei vestiti?

    dai soldati? Ma non andava forse sempre solo con dodici discepoli? non si serviva

    delle cose più umili nel cibo, nel vestire, nell'alloggio? Quale sfrontatezza e quale

    paura del tutto fuori di luogo! Pilato infatti, temendo di correre pericoli se avesse dato

    importanza a queste parole, esce come per esaminare l'accusa (questo vuole intendere

    l'Evangelista, dicendo che egli si sedette); ma poi, senza fare nessun esame, lo

    consegnò a loro, pensando di indurii a vergognarsi di loro stessi. Per capire che egli

    intendeva fare questo, senti che cosa dice: «
    Ecco il vostro re! »13. Ma siccome

    replicarono: « Crocifìggilo! », replicò a sua volta: « Devo crocifiggere il vostro re? ».

    Ma quelli gridavano: « Non abbiamo re all'infuori di Cesare » 14.

    Spontaneamente essi si assoggettarono alla futura vendetta. Per questo Dio li

    consegnò nelle mani dei nemici, dopo che essi per primi si erano sottratti alla sua

    provvidenza e alla sua protezione: e siccome avevano contestato il suo diritto a

    regnare, permise che restassero sepolti sotto le macerie delle loro case.

    12 Gv. 19, 12.

    13 Gv. 19, 14.

    14 Gv. 19, 15.

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    00 14/09/2009 16:31

    Eppure le parole che erano state dette loro, avrebbero dovuto calmare tutta la loro ira.

    Ma ebbero paura che Gesù, liberato, riunisse di nuovo il popolo, e facevano di tutto

    per evitare che ciò accadesse. Grave colpa è l'ambizione del potere, tanto che può

    portare l'anima alla perdizione. Per questo non gli prestarono mai ascolto. Ma Pilato

    vuole che lui venga liberato soltanto a parole: quelli invece gli fanno pressioni

    gridando « crocifiggilo ». E perché si sforzavano tanto di farlo morire? Perché quel

    genere di morte era infamante. Temendo dunque che nel futuro si potesse serbare

    qualche memoria di lui, si sforzano di infliggergli questo vergognoso supplizio, non

    sapendo che proprio attraverso le difficoltà e gli ostacoli la verità si leva in alto. Per

    capire che sospettavano proprio questo, senti ciò che essi dicono: « Udimmo una

    volta quel seduttore dire: — Dopo tre giorni risorgerò — »
    15. Perciò mettevano tutto a

    soqquadro, creando confusione di idee, per lasciare durevolmente ai posteri questa

    fosca e obbrobriosa memoria di lui. E gridavano: « Crocifiggilo! », folla incomposta,

    corrotta dai suoi capi.

    3. - Non leggiamo dunque semplicemente queste cose, ma imprimiamole bene nella

    nostra memoria: la corona di spine, il mantello, la canna, gli schiaffi, le percosse sul

    capo, gli sputi, gli scherni. Tali cose, se le meditiamo spesso, possono calmare qualunque

    impulso di collera. Anche se veniamo scherniti e derisi, anche se subiamo dei

    torti, diciamo spesso: « Non c'è servo da più del suo padrone »
    16, e teniamo presenti

    le frasi pronunciate dai giudei per dare sfogo alla loro rabbia: « Hai il demonio », «

    Sei un samaritano »
    17 e: « Scaccia i demoni nel nome di Belzebù »18. Egli ha

    affrontato tutti questi patimenti, perché noi seguissimo le sue orme e sopportassimo

    gli scherni che di solito provocano il nostro risentimento più di ogni altra cosa. Ma lui

    non solo sopportò questi affronti, ma fece anche di tutto per liberare quelli che

    avevano ordito contro di lui tutte queste macchinazioni, dal castigo che li aspettava.

    Inviò infatti gli Apostoli per la loro salvezza.

    15 Mt. 27, 63.

    16 Gv. 13, 16.

    17 Gv. 7, 20; S, 48.

    18 Lc. 11, 15.

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    00 14/09/2009 16:31

    Ascolta le parole che essi rivolsero a costoro: «Sappiamo che voi agiste per

    ignoranza»
    19, inducendoli cosi al pentimento. Imitiamolo anche in questo. Niente ci

    fa ottenere il perdono da Dio, come l'amare i nemici e contraccambiare con benefici

    chi ci ha offeso. Quando qualcuno ti ha procurato dei fastidi, non guardare lui, ma il

    demonio che lo istiga, e sfoga il tuo risentimento contro il demonio, ma compatisci

    lui che è istigato dal diavolo. Se la menzogna viene dal diavolo, a maggior ragione

    proviene da lui l'adirarsi senza alcun motivo. Quando vedrai chi ti deride e ti

    schernisce, pensa che lo istiga il diavolo; tali oltraggi non si addicono infatti ai

    cristiani. Colui al quale è stato ordinato di piangere e che ascolta le parole « Guai a

    voi che ridete »
    20, se ti insulta, se ti deride, se si adira contro di te, non merita certo

    da parte nostra rimproveri, ma lacrime di compassione; difatti anche il Cristo si turbò

    pensando a Giuda. Sforziamoci dunque di imitare questi esempi con le nostre opere.

    Se non faremo cosi, saremmo venuti al mondo per niente e senza uno scopo: o

    meglio, ci saremmo venuti per nostra disgrazia. La fede da sola non può aprirci le

    porte del cielo, ma può se mai rendere più grave la condanna per quelli che, pur credendo,

    vivono nel peccato. « Chi conosce la volontà del suo padrone e non la esegue,

    sarà ridotto malconcio da molte percosse »
    21; e ancora: « Se non fossi venuto e nonavessi parlato loro, non avrebbero colpa »22. Quale scusa avremo noi che, ammessi a

    vivere nella reggia, autorizzati a entrare nelle stanze segrete, fatti partecipi dei misteri

    che ci liberano dai peccati, siamo peggiori dei pagani che non godono di nessuno di

    questi privilegi? Se essi dimostrarono tante volte di saper vivere secondo i dettami

    della filosofia, a maggior ragione noi dobbiamo praticare ogni virtù, perché così piace

    a Dio. Noi invece non disprezziamo neppure il denaro e la ricchezza, mentre quelli

    spesso sono giunti a non tenere in nessun conto la loro stessa vita; in occasione di

    guerre hanno sacrificato i loro propri figli agli insani capricci del demonio e, sempre

    per accontentare il demonio, hanno disprezzato la stessa natura. Noi invece non

    disprezziamo per il Cristo neanche il denaro e la ricchezza e non riusciamo neppure a

    reprimere l'ira per renderci ben accetti a Dio, ma ci infiammiamo per cose da niente e

    non siamo affatto diversi da uno che ha la febbre alta.

    19 Atti, 3, 17.

    20 Lc. 6, 25.

    21 Lc. 12, 47.

    22 Gv. 15, 22.

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